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XXVI SESSIONE ORDINARIA DEL CONSIGLIO DEI DIRITTI DELL'UOMO
SULLA SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE E DIRITTI DELL'UOMO

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO SILVANO TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE
E ISTITUZIONI INTERNAZIONALI A GINEVRA*

Ginevra
Venerdì, 13 giugno 2014

La solidarietà non è un’opzione ma un dovere

 

Signor Presidente,

Mentre gli Stati e la società civile proseguono i loro sforzi intensi per programmare in modo strategico lo sviluppo futuro del nostro pianeta e dei suoi popoli, in questo momento della storia continuiamo a portare il fardello di una crisi finanziaria a lungo termine. Essa ha colpito profondamente non soltanto le economie ad alto reddito nelle quali ha avuto inizio, ma anche quelle in difficoltà che dipendono largamente dalle opportunità globali per uscire dalla secolare oppressione della grande povertà o delle vestigia del colonialismo, o anche delle politiche commerciali ingiuste più recenti.

Inoltre, tenendo conto dell’aggravarsi di conflitti interni e tra diversi Stati, la famiglia umana spesso appare incapace di salvaguardare la pace e l’armonia nel nostro mondo agitato. Né possiamo ignorare gli effetti distruttivi che i cambiamenti climatici causano sia al patrimonio naturale della terra, sia a tutti gli uomini e le donne che sono stati resi custodi del creato.

Tra le diverse cause della sofferenza umana dobbiamo considerare anche il ruolo dell’avidità personale, che porta a una vera “schiavitù” di milioni di donne, bambini e uomini, in evidenti situazioni di abuso e di totale disprezzo della persona umana. Allo stesso modo dobbiamo tener conto anche della situazione delle persone che hanno un impiego sottopagato e lavorano in condizioni estremamente negative, dalle quali non vedono via di fuga. Dinanzi a queste sfide che appaiono insormontabili dobbiamo riconoscere il ritornello costante: i cittadini poveri ed emarginati del nostro mondo subiscono gli effetti più negativi e trovano sempre più difficile uscire dalle loro sofferenze quotidiane.

Queste situazioni tragiche e ingiuste di recente hanno spinto Papa Francesco a esclamare: «L’inequità è la radice dei mali sociali » (Tweet di Papa Francesco @pontifex, 28 aprile 2014), e a insistere sul fatto che «il denaro deve servire e non governare!» (Evangelii gaudium, n. 58). Di fatto, le disuguaglianze nella società attuale fanno aumentare il divario tra ricchi e poveri e creano spaccature nelle relazioni tra le persone a livello locale, nazionale, regionale e globale.

Signor Presidente,

Basandosi sulla ben articolata Dottrina Sociale della Chiesa cattolica, la mia Delegazione propone il principio e la pratica della solidarietà come unico mezzo efficace per uscire dal circolo vizioso della povertà, del profitto a spese altrui e dei conflitti nel mondo. La solidarietà non è un semplice sentimento di vaga compassione ma, piuttosto, come ha detto Papa Giovanni Paolo II, «è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siamo veramente responsabili di tutti» (Sollicitudo rei socialis, n. 38). L’Esperto indipendente sui diritti umani e la solidarietà internazionale, a sua volta, si focalizza sull’applicazione di questo principio nelle relazioni tra gli Stati osservando che esso «è una componente fondamentale del dovere degli Stati di fornire e cercare la cooperazione e l’assistenza internazionale nell’attuazione dei loro obblighi rispetto ai diritti umani» (Rapporto dell’Esperto indipendente, A/HRC/26/34).

La storia recente ha già confermato che l’interdipendenza globale oggi è evidente in ambiti quali la salute pubblica, l’economia e l’ambiente. Tuttavia, tale interdipendenza deve essere animata e mossa da uno spirito di solidarietà. Così intesa e applicata, la solidarietà può prevenire, o almeno mitigare, l’impatto delle sfide globali, che sono fin troppo note in tutti i settori della società attuale. La mera cooperazione internazionale, per esempio, può essere percepita come una forma di “cura palliativa” politica, che non affronta mai le cause che sono alla radice degli squilibri tra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, né elimina gli ostacoli strutturali che generano povertà nel mondo. D’altro canto, la piena applicazione del principio di solidarietà può spostare l’interesse dalla cooperazione basata su una logica del profitto che un paese trae da un altro a una cooperazione basata sull’aiuto reciproco in uno spirito di fratellanza esercitato in maniera incondizionata.

Nel piccolo, il riconoscimento del principio di solidarietà può aiutare a ottenere il sostegno degli individui e delle comunità, anzitutto per resistere, poi per risolvere quei problemi in apparenza irrisolvibili come il traffico di esseri umani. Pertanto, l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine ha lanciato una campagna di sensibilizzazione, chiedendo alle persone di riflettere su questa piaga sociale e di evitare qualsiasi coinvolgimento economico in affari basati su tali attività illegali. L’Esperto indipendente fa riferimento alla «solidarietà preventiva» (Rapporto dell’Esperto indipendente, A/HRC/26/34) quale risposta appropriata e necessaria alle catastrofi legate al clima. Quanti di noi rispondono immediatamente, donando denaro o beni materiali, quando avvengono queste catastrofi e vedono concretamente la massiccia distruzione di case, infrastrutture comunitarie e vite umane? Ma non sarebbe meglio se dimostrassimo solidarietà unendo capacità, competenze, esperienza e risorse per rafforzare gli sforzi per prepararsi alle catastrofi e costruire strutture solide per resistere alle forze della natura? In modo analogo, a quante altre tragedie di migranti e di potenziali migranti dobbiamo ancora assistere prima di suggerire un approccio comprensivo che privilegi la prevenzione rispetto a una cosiddetta “cura”?

Di fatto, nell’arena globale «sentita è pure l’urgenza di trovare forme innovative per attuare il principio di responsabilità di proteggere e per attribuire anche alle Nazioni più povere una voce efficace nelle decisioni comuni. Ciò appare necessario proprio in vista di un ordinamento politico, giuridico ed economico che incrementi ed orienti la collaborazione internazionale verso lo sviluppo solidale di tutti i popoli» (Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 67).

Signor Presidente,

la solidarietà nasce da un’etica assolutamente vincolante; non è solo un’opzione, ma un dovere. Pertanto, è urgente proseguire gli sforzi e giungere al pieno riconoscimento e all’applicazione legale del principio di solidarietà. Al fine di attuare pienamente tale principio, tutti i membri della famiglia umana sono chiamati a modificare gli «atteggiamenti [...], che definiscono i rapporti di ogni uomo con se stesso, col prossimo, con le comunità umane, anche le più lontane, e con la natura, in virtù di valori superiori, come il bene comune, o [...] il pieno sviluppo “di tutto l’uomo e di tutti gli uomini”» (Sollicitudo rei socialis, n. 38).


*L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n. 138, Giov. 19/06/2014.