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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE
AL SESTO COMITATO DELLA 69ª SESSIONE DELL'ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE
SULLO STATO DI DIRITTO

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO BERNARDITO AUZA

New York
Lunedì, 13 ottobre 2014

 

Signor Presidente,

In seguito al primo Incontro d’Alto livello in assoluto sullo Stato di diritto a livello nazionale e internazionale nel settembre 2012, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato una dichiarazione nella quale veniva riaffermato l’«impegno per lo Stato di diritto e la sua importanza fondamentale per il dialogo politico e la cooperazione fra tutti gli Stati e per l’ulteriore sviluppo dei tre pilastri principali sui quali le Nazioni Unite sono costruite: la pace e la sicurezza internazionale, i diritti umani e lo sviluppo» (RES/67/1). La Delegazione della Santa Sede ha accolto con piacere questo sostegno dato allo Stato di diritto.

Mentre l’impegno per lo Stato di diritto potrebbe apparire universale, restano tuttavia disaccordi persistenti circa la definizione di “Stato di diritto”. La Delegazione della Santa Sede ha appoggiato una definizione dello Stato di diritto basata sia razionalmente che moralmente sui principi fondamentali della giustizia, compresi l’inalienabile dignità e il valore di ogni persona umana prima di qualsiasi legge o consenso sociale; e, come conseguenza del riconoscimento di tale dignità, gli elementi della giustizia fondamentale quali il rispetto del principio di legalità (nullum crimen sine lege), la presunzione d’innocenza e il diritto a un giusto processo. Allo stesso modo, per quanto riguarda i rapporti tra gli Stati, Stato di diritto significa massimo rispetto dei diritti umani, uguaglianza di diritti delle nazioni; e rispetto del diritto consuetudinario internazionale, dei trattati (pacta sunt servanda) e delle altre fonti del diritto internazionale. Questa definizione, che ha come punto di riferimento la legge naturale, evita strutture di definizione autoreferenziali e fissa l’orientamento dello Stato di diritto nell’obiettivo ultimo e fondamentale di ogni legge, vale a dire quello di promuovere e garantire la dignità della persona umana e il bene comune.

Per questa ragione, nei futuri dibattiti sullo Stato di diritto la mia Delegazione apprezzerebbe una maggiore attenzione per la persona umana e la società in cui vive, poiché, al di là delle forze di polizia, le corti, i giudici, i pubblici ministeri e tutto il resto dell’infrastruttura legale, lo Stato di diritto non si può ottenere senza fiducia sociale, solidarietà, responsabilità civica, buon governo ed educazione morale. La famiglia, le comunità religiose e la società civile svolgono ruoli indispensabili nel creare una società in grado di promuovere l’integrità pubblica e sostenere lo Stato di diritto. Come ha affermato Papa Francesco: «Quando la società — locale, nazionale o mondiale — abbandona nella periferia una parte di sé, non vi saranno programmi politici, né forze dell’ordine o di intelligence che possano assicurare illimitatamente la tranquillità» (Evangelii gaudium, n. 59). Per questo è indispensabile che la promozione dello Stato di diritto venga sostenuta e dimostrata dando priorità allo stanziamento di risorse pubbliche per lo sviluppo umano integrale.

Signor Presidente,

Al centro del quadro internazionale che governa lo Stato di diritto ci sono la Carta delle Nazioni Unite e i mandati contenuti nei suoi fini e nei suoi principi. Nell’esercizio di questi poteri, è opportuno enfatizzare l’impegno degli Stati ad adempiere i loro obblighi di promuovere il rispetto universale di tutti i diritti umani e le libertà fondamentali di ciascuno, nonché di favorirli e di proteggerli. Se lo Stato di diritto internazionale vuole rispecchiare la giustizia, le strutture per la protezione internazionale delle persone devono essere applicate in modo corretto e imparziale dagli Stati, al fine di garantire uguale ricorso alle protezioni disponibili in base alla Carta delle Nazioni Unite. Mi riferisco qui in particolare alle minoranze religiose ed etniche in Medio Oriente e in altre regioni, che attendono misure urgenti per realizzare questa protezione, anche attraverso un’ulteriore elaborazione giuridica della responsabilità di proteggere.

La “responsabilità di proteggere” è un riconoscimento dell’uguaglianza di tutti dinanzi alla legge, basata sull’innata dignità di ogni uomo e di ogni donna. La Santa Sede desidera ribadire che ogni Stato ha il dovere fondamentale di proteggere la propria popolazione contro gravi e prolungate violazioni dei diritti umani e dalle conseguenze di crisi umanitarie. Se gli Stati non sono capaci di garantire tale protezione, la comunità internazionale deve intervenire con i mezzi giuridici forniti nella Carta delle Nazioni Unite e in altri strumenti internazionali. L’azione delle istituzioni internazionali, purché rispetti i principi che sono alla base dell’ordine internazionale, non può essere interpretata come imposizione ingiustificata o limitazione della sovranità.

La Santa Sede spera che l’allarmante fenomeno crescente del terrorismo internazionale, nuovo in alcune sue espressioni e profondamente spietato nella sua barbarie, possa essere l’occasione per uno studio più approfondito e urgente su come attuare nuovamente il quadro giuridico internazionale di applicazione multilaterale della nostra comune responsabilità di proteggere le persone da ogni forma di aggressione ingiusta.

Grazie, Signor Presidente.