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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE ALLA CONFERENZA DI ESPERTI
SULLA RIUNIFICAZIONE DELLE FAMIGLIE SEPARATE A CAUSA DELLA GUERRA
E DELLE MIGRAZIONI (CONFERENZA ORGANIZZATA DALL'ISTITUTO
DEL DIRITTO UMANITARIO E DALLA CROCE ROSSA)

INTERVENTO DI PADRE CARLO MESSORI RONCAGLIA S.J.*

16 giugno 1974

 

Il cortese invito dell’Ambasciatore Pier Pasquale Spinelli, Presidente dell’Istituto Internazionale di Diritto Umanitario, rivolto alla Santa Sede di voler partecipare a questa Conferenza sulla «Riunificazione delle famiglie separate» è stato accolto da essa con animo grato per la deferenza usatale, e con vivo interesse per l’argomento proposto.

Io sono qui, ora, in qualità di delegato della Santa Sede, sia pure come semplice osservatore. Ma colgo volentieri la cortese richiesta del Signor Presidente, di esprimere, in un breve intervento a chiusura della Conferenza, non solo la piena adesione della Santa Sede alla valorosa fatica dell’Istituto Internazionale di Diritto Umanitario e della Croce Rossa Internazionale per aver affrontato un argomento così attuale, difficile, squisitamente umano; ma anche per testimoniare la mia personale ammirazione per il successo che l’iniziativa ha realizzato. Successo per la partecipazione di Rappresentanti di tanti Stati e di tanti Organismi Internazionali, e per il valore delle relazioni tenute, e delle alte discussioni che hanno seguito.

La Santa Sede, che si ispira alla sua missione religiosa e che si preoccupa, nei limiti della sua competenza, di dare il maggior contributo possibile a tutte le cause che tendono a migliorare i rapporti tra gli uomini e ad allontanarne i motivi di conflitti, di disagi, di sofferenze che ne sono conseguenza, si è compiaciuta della scelta dell’argomento di questa Conferenza e lo considera un nuovo e ulteriore sforzo intrapreso per trovare espressioni più chiare e più comprensive alle norme del Diritte Umanitario, di fronte al dramma troppo frequente e troppo esteso delle famiglie separate.

Dalle relazioni, dalle tavole rotonde, dagli interventi che ho potuto personalmente seguire con estremo interesse, si debbono trarre conclusioni amare.

Innanzitutto la constatazione che sono molte, troppe!, le circostanze che provocano la separazione violenta tra i componenti la famiglia: operazioni militari; avvenimenti provocati direttamente dalla guerra; trasferimenti massivi di popolazioni; tensioni politiche, ideologiche, sociali, economiche; migrazioni dovute a causa della disoccupazione.

Inoltre, non c’è quasi parte del mondo che sia esente da queste drammatiche separazioni dovute a violenze o a migrazioni.

E, infine, una constatazione ben amara che risulta dalle acute analisi fatte dai relatori: esistono parecchie norme internazionali vigenti in proposito e non pochi trattati o patti bilaterali per ovviare alle angosciose separazioni delle famiglie; ma, purtroppo, non si riesce a renderle sufficientemente operative.

E ciò, soprattutto, per due grandi complessi di motivi: le difficoltà inerenti alla pratica realizzazione di tali norme; la mancanza di un costume che si sforzi di realizzare le convenzioni, le dichiarazioni o le risoluzioni proposte dalle Conferenze internazionali. Malcostume, come ci ha esposto il prof. M. Paul de LA PRADELLE nella sua appassionata relazione, che tende a sconvolgere lo stesso diritto umanitario col duplice veleno della politicizzazione e dell’interesse finanziario e commerciale.

Ma questi gravi e reali motivi di amarezza non sono stati sufficienti a gettare nello sgomento e nel pessimismo Organizzazioni e uomini, quali, anche voi qui presenti; ma anzi li hanno stimolati a ricercare nuove vie e a suggerire concrete preposte per rendere davvero umana l’esistenza degli uomini, considerati nel particolare rapporto con le loro famiglie.

In questo vostro nobile intento vi porto tutto il compiacimento, l’incoraggiamento e anche l’aiuto della Santa Sede, non tanto come potenza politica, quanto come concreta istituzione della Chiesa Cattolica.

La discrezione del tempo e la natura di questo intervento non permettono di citare tutti i documenti della Santa Sede in consonanza e in appoggio agli argomenti trattati in questa vostra Conferenza.

Ma permettetemi di dire che la Santa Sede è con voi e desidera collaborare con voi in una duplice direttiva: dottrinale e pratica.

Voi sapete che uno dei compiti fondamentali della Chiesa è quello di evangelizzare «Andate, insegnate a tutte le genti»; è la «Ecclesia docens». Orbene essa vi assicura che non desisterà da insegnamenti che sono stati sottolineati, riaffermati, richiesti dai relatori di questa Conferenza.

Eccone, appena accennati, alcuni.

La dignità della persona umana, fondamento e motivo dello stesso Diritto Umanitario (che è, poi, l’antico Ius gentium). Dignità che è oggi insidiata soprattutto dalla politicizzazione, dall’interesse economico. Questa dignità che è stata riaffermata dai relatori della vostra Conferenza di fronte alle mostruosità delle deportazioni, delle separazioni, delle migrazioni disumane e affaristiche.

La parola del Papa, come quella dei Vescovi di tutto il mondo cattolico rivendica instancabilmente questa dignità dell’uomo. Una citazione, per tutte, da un recentissimo discorso del Santo Padre tenuto al Comitato Speciale delle Nazioni Unite sull’apartheid il 22 maggio 1974:«Nous proclamons de nouveau et sans hésitation la dignité de la personne humaine et la fraternité de tous les hommes. Elle s’appuie sur la communauté d’origine, de nature, et de destinée... et sur l’égalité de leurs droits fondamentaux.... On doit donc regarder comme légitimes les aspirations des hommes à jouir des droits qui découlent de la dignité de la personne humaine».

Il valore della famiglia. Illustri relatori e vari interlocutori hanno brillantemente dissertato sul concetto di famiglia; sull’universalità o meno di tale concetto, sul senso demografico, statistico, giuridico più strettamente proprio della famiglia. E tutti hanno ammesso non solo la sua realtà specifica e il suo fondamento della società, ma anche il diritto alla protezione da parte dello Stato e della società stessa.

Orbene, la Santa Sede e tutto il Magistero della Chiesa Cattolica affermano, difendono, approfondiscono il valore della famiglia. Valga, per tutti, il Concilio Ecumenico Vaticano II. Nella sua Costituzione pastorale Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo il Concilio dedica un intero capitolo sulla «dignità della famiglia e sua valorizzazione» ponendolo come primo tema della II parte, dove sono affrontati «alcuni problemi più urgenti che toccano in modo specialissimo il genere umano».

Una brevissima citazione: «La famiglia è veramente il fondamento della società. Tutti coloro che hanno influenza sulla società e le sue diverse categorie debbono collaborare al bene della famiglia. Le autorità civili dovranno considerare come un sacro dovere rispettare, proteggere, favorire la vera natura della famiglia e la prosperità domestica. In particolare dovrà essere difeso il diritto dei genitori di generare la prole e di educarla in seno alla famiglia». A fare tale affermazione erano, insieme col Santo Padre, 3000 Vescovi di tutto il mondo.

E in un documento del 23 luglio 1973 indirizzato alla Conferenza Permanente dei Ministri Europei dell’educazione, a Strasburgo, la Santa Sede così apertamente dichiara :«Il sera enfin d’une grande importance de permettre et de favoriser la réunion de la famille, et donc d’assurer la vie familiale commune, grâce à des dispositions adéquates pour sanctionner et défendre la dignité et la légitime autonomie de la famille elle-même, ceci en permettant aux parents d’éduquer leurs enfants selon leur foi».

Accanto alla direttiva dottrinale, la direttiva pratica.

La Santa Sede da Roma, la Chiesa Cattolica in tutte le parti del mondo esercitano una pastorale pratica soprattutto verso le persone più indigenti, povere, bisognose, sofferenti. E «l’uomo che soffre» è pure il soggetto del Diritto Umanitario.

La Chiesa Cattolica, sotto l’impulso della Santa Sede, opera, con voi, mediante la sua pastorale pratica per realizzare lo sviluppo integrale dell’uomo, ch’essa non considera pura «main-d’oeuvre»; né un numero sperduto nell’anonimato e nell’emarginazione.

La pastorale diventa: vicinanza, contatto personale, comprensione, educazione, istruzione, tutela di diritti, sollievo nelle sofferenze e nelle privazioni, forzate.

E questo perché, come ha affermato Paolo VI nell’Enciclica Populorum progressio :«Il nuovo nome della pace, è lo sviluppo integrale dell’uomo».

Signor Presidente, Signori congressisti indulgete a questo mio intervento che ha voluto soprattutto assicurarvi che la Santa Sede, la Chiesa tutta, è con voi per confermarvi nella vostra radiosa dottrina; per confortarvi nel nobile sforzo che state facendo e che farete per renderla operativa.

E’ con voi nella diritta linea del Vangelo: di giustizia, di pace, ma soprattutto di amore.

E’ con voi per riaffermare decisamente la necessità di porre termine all’odio e alla violenza di ogni livello e di ogni specie.

E’ con voi, nel nome di Dio, per aiutarvi ad abbattere le barriere del razzismo, dell’egoismo economico, dell’intrigo politico, delle lotte sanguinanti.

E ripete con voi a tutti gli uomini l’appello per edificare vere comunità, più mature e più ecumeniche, dove diventa regola di vita: il riconoscimento dell’altro, la partecipazione con l’altro. (cfr. Paolo VI, Discorso sul1’Apartheid,22/V/74; Discorso al Convegno Paneuropeo sull’emigrazione,18/X/73)

 

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