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LETTERA DEL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO PIETRO PAROLIN
ALLA PRESIDENTE DELLA CONFERENZA MONDIALE DEGLI ISTITUTI SECOLARI (CMIS)
IN OCCASIONE DELL'ASSEMBLEA GENERALE
[ROMA, 22-25 AGOSTO 2016]

 

Dal Vaticano, 17 agosto 2016

 

Gentile Signora
Sig.ra NADÈGE VÉDIE
Presidente del Consiglio Esecutivo
Conferenza Mondiale degli Istituti Secolari
Piazza San Calisto, 16
00153   ROMA

Gentile Signora,

in occasione della prossima Assemblea della Conferenza Mondiale degli Istituti Secolari, il Santo Padre desidera far giungere a Lei e a tutti i partecipanti il Suo cordiale saluto e assicurare la Sua vicinanza nell’affetto, nella sollecitudine pastorale e soprattutto nella preghiera, affinché lo Spirito Santo renda fecondo tale incontro, che ha per tema: Siete nel cuore del mondo con il cuore di Dio.

L’originalità e la peculiarità della consacrazione secolare si attua quando secolarità e consacrazione camminano insieme in unità di vita. Possiamo dire che oggi è proprio questa sintesi la sfida più grande per gli Istituti secolari.

Il beato Paolo VI colse ed esplicitò lucidamente l’essenza della vocazione secolare, come attestano queste sue parole: «Voi siete ad una misteriosa confluenza tra le due poderose correnti della vita cristiana, accogliendo ricchezze dall’una e dall’altra. Siete laici, consacrati come tali dai sacramenti del Battesimo e della Cresima, ma avete scelto di accentuare la vostra consacrazione a Dio con la professione dei consigli evangelici, assunti come obblighi con un vincolo stabile e riconosciuto. Restate laici, impegnati nei valori secolari propri e peculiari del laicato (cfr Lumen gentium, 31), ma la vostra è una “secolarità consacrata”»; e ancora: «“Consacrazione” indica l’intima e segreta struttura portante del vostro essere e del vostro agire. Qui è la vostra ricchezza profonda e nascosta, che gli uomini in mezzo ai quali vivete non si sanno spiegare e spesso non possono neppure sospettare. La consacrazione battesimale è stata ulteriormente radicalizzata in seguito ad una accresciuta esigenza di amore, suscitata in voi dallo Spirito Santo; non nella stessa forma della consacrazione propria dei religiosi, ma purtuttavia tale da spingervi ad una opzione fondamentale per la vita secondo le beatitudini evangeliche. Così che siete realmente consacrati e realmente nel mondo» (Discorso ai partecipanti al Congresso internazionale degli Istituti secolari, 20 settembre 1972).

Oggi è richiesta agli Istituti secolari una sintesi rinnovata, sempre tenendo fisso lo sguardo su Gesù ed essendo al tempo stesso immersi nella vita del mondo. Fare sintesi tra consacrazione e secolarità significa innanzitutto tenere insieme i due aspetti, senza mai separarli. Significa anche comporli, non sovrapporli: la sovrapposizione infatti porterebbe a vivere in maniera formalistica, ad osservare varie pratiche senza che ciò comporti un cambiamento nel modo di vivere le relazioni con i fratelli e con il mondo. Fare sintesi significa infine anche che non si deve subordinare un elemento all’altro: secolarità e consacrazione devono camminare insieme, l’una ha bisogno dell’altra; non si è prima laici e poi consacrati, ma nemmeno prima consacrati e poi laici, si è contemporaneamente laici consacrati. Da ciò deriva anche un’altra conseguenza importantissima: ci vuole un discernimento continuo, che aiuti a operare l’equilibrio; un atteggiamento che aiuti a trovare Dio in tutte le cose.

Per questo è di fondamentale importanza la formazione, che deve guidare i membri degli Istituti secolari a rispondere pienamente alla missione dei rispettivi Istituti, suscitando un impegno sempre nuovo e profondo con il Cristo che chiama e che invia, e nello stesso tempo a mettersi in gioco nella realtà del mondo di oggi. Tale formazione è particolarmente esigente, perché richiede uno sforzo continuo per fare unità tra consacrazione e secolarità, tra azione e contemplazione, senza il supporto di una organizzazione comunitaria della vita di preghiera e di lavoro. Tuttavia, se si cercherà di rimanere costantemente aperti alla volontà di Dio, si avrà quello sguardo di fede che porta a scoprire Cristo presente sempre e dovunque. Per questo è necessario educare ad un intenso rapporto personale con Dio che sia nello stesso tempo arricchito dalla presenza dei fratelli. La vita comunitaria non è richiesta, ma è essenziale la comunione con i fratelli. Tutta la vita dev’essere animata e improntata dalla comunione con Dio e con il prossimo.

L’impegno nella secolarità si muove con un ampio respiro, su vasti orizzonti. Occorre pertanto un’attenzione continua ai segni dei tempi: la storia va letta, compresa e interpretata, e bisogna inserirsi in essa in modo costruttivo e fecondo, per lasciare un’impronta evangelica, contribuendo, secondo le diverse responsabilità, a orientarla verso il Regno di Dio. Questa vocazione comporta pertanto una costante tensione a operare una sintesi fra l’amore di Dio e l’amore per gli uomini, vivendo una spiritualità capace di coniugare i criteri che vengono “dall’alto”, dalla grazia di Dio, e i criteri che vengono “dal basso”, dalla storia umana. La crescita nell’amore per Dio conduce inevitabilmente a una crescita nell’amore per il mondo, e viceversa.

Guidati dallo Spirito Santo nelle vostre azioni, immettete nel mondo la logica di Dio, contribuendo a realizzare quell’umanità nuova che Egli vuole. E’ Dio che opera la sintesi fra secolarità e consacrazione. Grazie a Lui si può esercitare una profezia che implica discernimento e creatività suscitati dallo Spirito. Discernimento come fatica di capire, di interpretare i segni dei tempi, accettando la complessità, la frammentarietà e la precarietà del nostro tempo. Creatività come capacità di immaginare nuove soluzioni, inventare risposte inedite e più adeguate alle nuove situazioni che si presentano. Farsi compagnia dell’umanità in cammino è una realtà teologica per voi.  Ne è parte essenziale la ricerca del dialogo e dell’incontro, che vi chiede di farvi uomini e donne di comunione nel mondo.

Dunque, siete chiamati in Cristo ad essere segni e strumenti dell’amore di Dio nel mondo, segni visibili di un amore invisibile che tutto pervade e tutto vuole redimere per ricondurre ogni cosa alla comunione trinitaria, origine e compimento ultimo del mondo.

In sintesi, possiamo dire che è particolarmente urgente curare la vita di preghiera: essere donne e uomini di preghiera, di intima amicizia con Gesù, lasciando che sia Lui il Signore della nostra vita; e curare la vita di famiglia: non avete l’obbligo di vivere in comunità, ma dovete essere un focolare acceso al quale molti uomini e donne possano attingere luce e calore par la vita del mondo, come vi disse san Giovanni Paolo II (cfr Discorso ai partecipanti al Simposio internazionale sulla “Provida Mater Ecclesia”, 1 febbraio 1997). Proprio perché dispersi come il lievito e il sale, dovete essere testimoni del valore della fraternità e dell’amicizia. L’essere umano non è un’isola; dobbiamo evitare di cadere nell’indifferenza verso gli altri. Se il vostro compito è quello di trasfigurare il mondo, ripristinando l’ordine della creazione, bisogna gridare con la vita all’uomo di oggi che è possibile un nuovo modo di essere, di vivere, di rapportarsi con il mondo e con gli altri, essere uomini e donne nuovi in Cristo. Con la castità mostrare che esiste un modo diverso di amare con cuore libero come quello di Cristo, nell’oblazione di sé; con la povertà reagire al consumismo che divora specialmente l’occidente e denunciare con la nostra vita e anche la parola, laddove necessario, le tante ingiustizie contro i poveri delle terra; con l’obbedienza essere testimoni di libertà interiore contro l’individualismo, l’orgoglio, la superbia. Essere “l’ala avanzata” della Chiesa nella nuova evangelizzazione. Ma nessuna nuova evangelizzazione è possibile se non parte dalla novità della vita, che fa suoi i sentimenti di Cristo e la sua oblazione fino alla morte. Allora la sfida più grande, anche per gli Istituti secolari, è quella di essere scuole di santità. Un peculiare stile di santità dovrebbe emergere da ogni Istituto, santità incarnata nelle attività di ogni giorno, nei piccoli e grandi eventi dove fiorisce la creatività della fede, della speranza e della carità. La Vergine Maria è modello perfetto di questa spiritualità incarnata. Costantemente unita al Figlio nella vita quotidiana e nelle preoccupazioni familiari, conduceva un’esistenza del tutto normale, simile a quella di tanti altri, e così collaborava all’opera di Dio. Rimanendo uniti a Lei, sicuramente si avrà la garanzia di camminare sulla strada della santità secolare.

Un altro elemento indispensabile per dare un contributo fattivo alla nuova evangelizzazione è vivere l’amore fraterno. Ho accennato prima all’importanza della comunione: tutti i membri degli Istituti secolari sono chiamati a viverla, nelle situazioni ordinarie del mondo, da soli, in famiglia, in gruppi di vita fraterna, secondo le proprie costituzioni, partecipando attivamente alla vita dell’Istituto. Nell’Ultima Cena Gesù pregò il Padre per tutti i suoi discepoli, chiedendo per loro la grazia dell’unità. Soltanto una comunità che, pur con i limiti umani, manifesta l’amore tra i suoi membri è credibile e rende visibile l’amore di Dio, la gratuità, la fedeltà e la tenerezza del suo amore. Il Figlio di Dio, con la sua incarnazione, ha portato agli uomini il dono della fraternità. In Cristo siamo tutti fratelli e tutti figli di Dio. L’amore di ciascuno di noi verso tutti gli altri, dai più vicini fino ai più lontani, è appunto il solo modo che Gesù ci ha indicato per trovare la via della salvezza.

Quale è l’umanità che avete davanti? Persone che hanno perso la fede o che vivono come se Dio non esistesse, giovani senza valori e ideali, famiglie sfaldate, disoccupati, anziani soli, immigrati… «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro» (Mt 11,28). Dicendo questo, Gesù vi indica la via. Quanti volti  incrociate per la strada, recandovi al lavoro, o andando a fare la spesa! Quante occasioni avete per dare ristoro, incoraggiare, dare speranza, portare consolazione! E’ questa vita nel mondo (“in saeculo viventes”, dice il canone 710) che costituisce la “secolarità”, la nota comune a tutti gli Istituti secolari, ma che viene vissuta in modi differenti dai diversi Istituti, soprattutto da quelli dei chierici rispetto a quelli dei laici. Il sacerdote secolare e il laico sono entrambi nel mondo, ma il loro rapporto con il mondo è diverso. I sacerdoti secolari sono impegnati a coltivare una viva sollecitudine nei confronti delle persone afflitte da varie povertà, accompagnando tutti coloro che vivono la propria fede nel cuore degli impegni umani; e soprattutto attraverso l’Eucaristia il sacerdote secolare partecipa in modo peculiare all’offerta di Cristo al Padre, offerta che ottiene la grazia che viene a rigenerare l’umanità.

Questa è la via: chiamati dal Signore a seguirlo nel mondo, portate amore per il mondo, amando prima di tutto Lui con tutto il cuore e amando ogni fratello con cuore paterno e materno. Non fatevi prendere dall’abitudine diventando “insipidi”. «Se anche il sale perde il sapore, con che cosa verrà salato?» (Lc 14,34).

Cara Signora, queste sono le riflessioni e le esortazioni che il Santo Padre mi incarica di farvi giungere. Egli le accompagna con una speciale preghiera per voi e per tutti i membri degli Istituti secolari, mentre vi chiede per favore di pregare per Lui e di cuore vi imparte la Benedizione Apostolica.

Nel porgerLe i miei personali auguri per la vostra Assemblea, profitto della circostanza per confermarmi con sensi di distinto ossequio

Pietro Card. PAROLIN
Segretario di Stato