DISCORSO DI PAOLO VI
AI PARTECIPANTI AL CONGRESSO INTERNAZIONALE
DEI DIRIGENTI DEGLI ISTITUTI SECOLARI
Mercoledì, 20 settembre 1972
Diletti Figli e Figlie nel Signore,
Ancora una volta ci è data l’occasione di incontrarci con voi, Dirigenti degli Istituti Secolari, che siete e rappresentate una porzione fiorente e rigogliosa della Chiesa, in questo momento della storia. La circostanza che vi ha ricondotto davanti a noi è questa volta il Congresso Internazionale che avete svolto e state per concludere qui a Nemi, presso la nostra residenza estiva di Castel Gandolfo, e nel quale avete esaminato gli statuti della erigenda «Conferenza Mondiale degli Istituti Secolari» (C.M.I.S.).
Noi non vogliamo entrare nel merito dei vostri lavori, certamente condotti con profondità e impegno, sotto la vigile cura e con la partecipazione del Sacro Dicastero competente, ed ai quali auspichiamo frutti copiosi in ordine all’incremento delle vostre Istituzioni. Desideriamo piuttosto indugiare in alcune riflessioni circa quella che potrebbe essere la funzione degli Istituti Secolari nel mistero di Cristo e nel mistero della Chiesa.
Quando guardiamo a voi, e pensiamo alle migliaia e migliaia di uomini e di donne di cui fate parte, non possiamo non sentirci consolati, mentre ci invade nell’intimo un vivo senso di gioia e di riconoscenza al Signore. Come forte e fiorente appare in voi la Chiesa di Cristo! Questa Madre nostra veneranda, che oggi taluni, anche tra i suoi figli, fanno bersaglio di critiche aspre e impietose; di cui qualcuno si diletta a descrivere fantasiosi sintomi di decrepitezza e a predire rovine; eccola, invece, divenire un gettito ininterrotto di gemme nuove, un fiorire insospettato di iniziative di santità. Noi sappiamo che dev’essere così, e non potrebbe essere altrimenti che così, perché Cristo è la divina inesauribile fonte della vitalità della Chiesa; e la vostra presenza ce ne offre una ulteriore testimonianza, ed è per tutti noi occasione di rinnovata consapevolezza.
Ma vogliamo guardare più da vicino il vostro volto, nella famiglia del Popolo di Dio. Anche voi riflettete un «modo proprio» in cui si può rivivere il mistero di Cristo nel mondo: e un «modo proprio» in cui si può manifestare il mistero della Chiesa.
Cristo Redentore è una tale pienezza, che noi non potremo mai comprendere né esprimere al completo. Egli è tutto per la sua Chiesa e, in essa, quello che noi siamo lo siamo proprio per Lui, con Lui ed in Lui. Anche per gli Istituti Secolari Egli resta dunque l’esemplare ultimo, l’ispiratore, la sorgente da cui attingere.
Basati su Cristo Salvatore e a suo esempio svolgete, in modo a voi proprio e caratteristico, un’importante missione della Chiesa. Ma anche la Chiesa, a suo modo, come Cristo, è una pienezza tale, è tale una ricchezza che nessuno da solo, nessuna istituzione da sola, potranno mai comprendere ed esprimere adeguatamente. Né sarebbe a noi possibile scoprirne le dimensioni, perché la sua vita è Cristo, che è Dio. Dunque anche la realtà della Chiesa, e la missione della Chiesa, possono essere espresse completamente solo nella pluralità dei membri. È la dottrina del Corpo Mistico di Cristo, la dottrina dei doni e dei carismi dello Spirito Santo.
Il discorso ci conduce qui, voi l’avete compreso, ad interrogarci sul modo a voi proprio di compiere la missione della Chiesa. Qual è il vostro dono specifico, il vostro ruolo caratteristico, il «quid novum» da voi apportato alla Chiesa di oggi? Oppure: in che modo siete voi Chiesa oggi ? Voi lo sapete; l’avete ormai chiarito a voi stessi e alla comunità cristiana. Noi lo supponiamo.
Voi siete ad una misteriosa confluenza tra le due poderose correnti della vita cristiana, accogliendo ricchezze dall’una e dall’altra. Siete laici, consacrati come tali dai sacramenti del battesimo e della cresima, ma avete scelto di accentuare la vostra consacrazione a Dio con la professione dei consigli evangelici, assunti come obblighi con un vincolo stabile e riconosciuto. Restate laici, impegnati nei valori secolari propri e peculiari del laicato (Lumen Gentium, 31), ma la vostra è una «secolarità consacrata» (PAOLO VI, Discorso ai Dirigenti e Membri degli Istituti Secolari nel XXV della «Provida Mater», AAS 64, 1972, p. 208), voi siete «consacrati secolari» (PAOLO VI, Discorso ai partecipanti al Congresso Internazionale degli Istituti Secolari, 26 settembre 1970, AAS 62, 1970, p. 623).
Pur essendo «secolare», la vostra posizione in certo modo differisce da quella dei semplici laici, in quanto siete impegnati negli stessi valori del mondo, ma come consacrati: cioè non tanto per affermare l’intrinseca validità delle cose umane in se stesse, ma per orientarle esplicitamente secondo le beatitudini evangeliche; d’altra parte non siete religiosi, ma in certo modo la vostra scelta conviene con quella dei religiosi, perché la consacrazione che avete fatto vi pone nel mondo come testimoni della supremazia dei valori spirituali ed escatologici, cioè del carattere assoluto della vostra carità cristiana, la quale quanto più è grande tanto più fa apparire relativi i valori del mondo, mentre al tempo stesso ne aiuta la retta attuazione da parte vostra e degli altri fratelli.
Nessuno dei due aspetti della vostra fisionomia spirituale può essere sopravvalutato a scapito dell’altro. Ambedue sono coessenziali. «Secolarità» indica la vostra inserzione nel mondo. Essa però non significa soltanto una posizione, una funzione, che coincide col vivere nel mondo esercitando un mestiere, una professione «secolare». Deve significare innanzitutto presa di coscienza di essere nel mondo come «luogo a voi proprio di responsabilità cristiana». Essere nel mondo, cioè essere impegnati nei valori secolari, è il vostro modo di essere Chiesa e di renderla presente, di salvarvi e di annunziare la salvezza. La vostra condizione esistenziale e sociologica diventa vostra realtà teologica, è la vostra via per realizzare e testimoniare la salvezza. Voi siete così un’ala avanzata della Chiesa «nel mondo»; esprimete la volontà della Chiesa di essere nel mondo per plasmarlo e santificarlo «quasi dall’interno a modo di fermento» (Lumen Gentium, 31), compito, anch’esso, affidato precipuamente al laicato. Siete una manifestazione particolarmente concreta ed efficace di quello che la Chiesa vuol fare per costruire il mondo descritto ed auspicato dalla Gaudium et spes.
«Consacrazione» indica invece l’intima e segreta struttura portante del vostro essere e del vostro agire. Qui è la vostra ricchezza profonda e nascosta, che gli uomini in mezzo ai quali vivete non si sanno spiegare e spesso non possono neppure sospettare. La consacrazione battesimale è stata ulteriormente radicalizzata in seguito ad una accresciuta esigenza di amore, suscitata in voi dallo Spirito Santo; non nella stessa forma della consacrazione propria dei religiosi, ma purtuttavia tale da spingervi ad una opzione fondamentale per la vita secondo le beatitudini evangeliche. Così che siete realmente consacrati e realmente nel mondo. «Siete nel mondo e non del mondo, ma per il mondo», come altra volta noi stessi vi abbiamo descritti (PAOLO VI, Discorso ai partecipanti al Congresso Internazionale degli Istituti Secolari, 26 settembre 1970, AAS 62, 1970, p. 623). Vivete una vera e propria consacrazione secondo i consigli evangelici, ma senza la pienezza di «visibilità» propria della consacrazione religiosa; visibilità che è costituita, oltre che dai voti pubblici, da una più stretta vita comunitaria e dal «segno» dell’abito religioso. La vostra è una forma di consacrazione nuova e originale, suggerita dallo Spirito Santo per essere vissuta in mezzo alle realtà temporali, e per immettere la forza dei consigli evangelici - cioè dei valori divini ed eterni - in mezzo ai valori umani e temporali.
Le vostre scelte di povertà, castità e ubbidienza sono modi di partecipazione alla croce di Cristo, perché a Lui vi associano nella privazione di beni altrove pur leciti e legittimi; ma sono anche modi di partecipazione alla vittoria di Cristo risorto, in quanto vi liberano dal facile sopravvento che tali valori potrebbero avere sulla piena disponibilità del vostro spirito. La vostra povertà dice al mondo che si può vivere tra i beni temporali e si può usare dei mezzi della civiltà e del progresso, senza farsi schiavi di nessuno di essi; la vostra castità dice al mondo che si può amare con il disinteresse e l’inesauribilità che attinge al cuore di Dio, e ci si può dedicare gioiosamente a tutti senza legarsi a nessuno, avendo cura soprattutto dei più abbandonati; la vostra ubbidienza dice al mondo che si può essere felici pur senza fermarsi in una comoda scelta personale, ma restando pienamente disponibili alla volontà di Dio, come appare dalla vita quotidiana, dai segni dei tempi e dalle esigenze di salvezza del mondo di oggi.
Così, dalla vostra vita consacrata, anche la vostra attività nel mondo - sia personale che collettiva, nei settori professionali in cui siete singolarmente o comunitariamente impegnati - riceve un più spiccato orientamento verso Dio, restando in certo qual modo anch’essa come coinvolta e trasportata nella stessa vostra consacrazione. E in questa singolare e provvidenziale configurazione, voi arricchite la Chiesa di oggi di una particolare esemplarità nella sua vita «secolare», vivendola come consacrati; e di una particolare esemplarità nella sua vita «consacrata», vivendola come secolari.
A questo punto vorremmo soffermarci su un particolare aspetto di fecondità delle vostre Istituzioni. Vogliamo alludere al folto gruppo di coloro che, consacrati a Cristo nel sacerdozio ministeriale e desiderando di unirsi a Lui con ulteriore vincolo di donazione, abbracciano la professione dei consigli evangelici, confluendo a loro volta negli Istituti Secolari. Noi pensiamo a questi nostri fratelli nel sacerdozio di Cristo, e li vogliamo incoraggiare, mentre ammiriamo in loro, ancora una volta, l’azione dello Spirito, instancabile nel suscitare l’ansia di sempre maggiore perfezione. Quanto fin qui detto, vale certamente anche per loro, ma abbisognerebbe di altri approfondimenti e precisazioni. Essi infatti pervengono alla consacrazione nei consigli evangelici e all’impegno dei valori «secolari» non già come laici, bensì come chierici, cioè portatori di una mediazione sacra nel Popolo di Dio. Oltre al Battesimo e alla Cresima, che costituiscono la consacrazione di base del laicato nella Chiesa, essi hanno ricevuto una susseguente specificazione sacramentale nell’Ordine Sacro, che li ha costituiti titolari di determinate funzioni ministeriali nei confronti dell’Eucaristia e del Corpo Mistico di Cristo. Ciò ha lasciato intatta l’indole «secolare» della vocazione cristiana, ed essi possono quindi arricchirla, vivendola come «consacrati» negli Istituti Secolari, ma ben diverse sono le esigenze della loro spiritualità, nonché certe implicanze esteriori nella loro pratica dei consigli evangelici e nel loro impegno secolare.
Vogliamo ora concludere rivolgendo a tutti un pressante e paterno invito: quello di coltivare e incrementare, di avere a cuore sempre e soprattutto, la comunione ecclesiale. Voi siete articolazioni vitali di questa comunione, perché anche voi siete la Chiesa; non vogliate giammai attentare alla loro efficienza. Non si potrebbe concepire né comprendere un fenomeno ecclesiale al di fuori della Chiesa. Non vi lasciate mai sorprendere, neppure sfiorare dalla tentazione oggi troppo facile, che sia possibile un’autentica comunione con Cristo senza una reale armonia con la comunità ecclesiale retta dai legittimi pastori. Sarebbe ingannevole e illusorio. Che cosa potrebbe contare un singolo o un gruppo, pur nelle intenzioni soggettivamente più alte e perfette, senza questa comunione? Cristo ce l’ha chiesta come garanzia per ammetterci alla comunione con Lui, allo stesso modo che ci ha chiesto di amare il prossimo come documentazione del nostro amore per Lui.
Voi siete dunque di Cristo e per Cristo, nella sua Chiesa; Chiesa è la vostra comunità locale, il vostro Istituto, la vostra parrocchia, ma sempre nella comunione di fede, di Eucaristia, di disciplina e di fedele e leale collaborazione con il vostro Vescovo e con la Gerarchia. Le vostre strutture e le vostre attività non dovranno mai condurvi - siate sacerdoti o laici - ad una «bipolarità» di posizioni, né ad un «alibi» di atteggiamento interiore ed esteriore, né tanto meno a posizioni antitetiche con i vostri pastori.
A questo vi invitiamo; questo vi auguriamo, perché possiate essere in mezzo al mondo operatori autentici dell’unica missione salvifica della Chiesa, nel modo a voi proprio, a cui siete stati chiamati e inviati. Così il Signore vi aiuti a prosperare e fruttificare ancora, con la nostra Benedizione Apostolica.
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