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  LA BASILICA

 INTERNO
 

Oltrepassata la porta dei Sacramenti, attuale ingresso alla basilica, si entra nella navata centrale, prolungamento della struttura basilicale compiuto da Carlo Maderno a partire dal novembre 1609. La percezione della reale vastità dell'architettura e dei suoi elementi particolari non è immediata, sia per l'attento uso delle proporzioni, sia perché le ricche decorazioni marmoree aggiunte alle strutture murarie sono state progressivamente mutate con un grande senso unitario. Al di sopra delle porte di accesso, tre iscrizioni ricordano i maggiore interventi promossi da tre diversi papi nel Seicento. La trabeazione principale all'interno della basilica corre senza interruzioni per tutto l'edificio, segnata da un fregio su fondo oro, alto m 3.00, dove una scritta in caratteri capitali romani neri, alti m 1.40, offre una ulteriore occasione per meditare sulla missione di Pietro.

Al termine della navata centrale, addossata al pilone denominato di San Longino è la statua bronzea di San Pietro. Seduto su una cattedra marmorea San Pietro è vestito con il pallio filosofico; la mano sinistra stretta al petto impugna le chiavi, la destra è sollevata nel gesto della benedizione. Il piede destro sporge dalla base, consumato dal bacio dei fedeli. La datazione e l'attribuzione della statua sono un'antica questione tuttora irrisolta, che ha visto proposte di collocazione cronologica lontanissime, oscillanti tra l'età paleocristiana, intorno al V secolo, e il tardo Duecento.
I lavori di sistemazione e decorazione nei Piloni che sostengono la cupola - edificati da Donato Bramante e completati da Michelangelo - sono stati realizzati tra il gennaio 1628 e il 1639 da Gian Lorenzo Bernini su commissione di Urbano VIII Barberini per ospitare e testimoniare la presenza delle reliquie maggiori: la Sacra Lancia del centurione romano Longino (statua di Gian Lorenzo Bernini), i frammenti della Vera Croce dell'imperatrice Elena, madre di Costantino (statua di Andrea Bolgi), il sudario della Veronica su cui è impresso il Volto di Cristo (statua di Francesco Mochi) e il capo di Sant'Andrea (statua di François Duquesnoy).

Al di sopra è la Cupola maggiore, la cui intera superficie è formata da 16 costoloni divisi in 6 parti, con 96 figure racchiuse in campiture trapezoidali e rotonde. L'interno è un vero Te Deum, un inno i cui versetti sono enunciati nel programma iconografico pensato dal cardinale Cesare Baronio e trascritti dal Cavalier d'Arpino in 65 cartoni dipinti a tempera a grandezza naturale. Nell'occhio luminoso della lanterna, circondato da otto teste di angeli, sta Dio Padre, la cui gloria si effonde su tutto. A Lui tutto il paradiso intona gloria: Te Deum laudamus, te Dominum confitemur (Noi ti lodiamo, o Dio, ti proclamiamo Signore). In tre cerchi concentrici, dall'alto verso la base, è distribuito un coro di angeli, la cui rappresentazione è ispirata dal De coelesti Hierarchia dello pseudo Dionigi (l’Areopagita): i Serafini, i più vicini al trono di Dio, raffigurati in stucco da Rocco Solaro come teste dorate con ali bianche. Angeli in adorazione li separano dai Cherubini, teste dorate circondate da sei ali azzurre su un campo dorato cosparso di stelle. Sostenuti da nuvole e in atteggiamento di preghiera sono ancora degli angeli, tre dei quali mostrano i simboli della passione: Tibi omnes angeli, tibi caeli et universae potestate. Tibi cherubim et seraphim incessabili voce proclamant (A te cantano gli angeli e tutte le potenze dei cieli. A te cantano i cherubini e i serafini con voce incessante). Alla chiesa dei puri spiriti si associa, per la gloria di Dio Padre, la Chiesa proveniente dalla terra. A capo di essa sta il Cristo, Uomo-Dio, re e giudice, assistito dalla Vergine Madre e da Giovanni il Battista. Accanto San Paolo e 12 apostoli. Entro le lunette, immagini a mezzo busto di Patriarchi e Vescovi.

Sotto la cupola si apre la Confessione, luogo che accoglie la Tomba di San Pietro. Nella lingua latina, questo termine esprime l'affermazione di una verità sino alla morte: quando un martire versa il proprio sangue per Cristo lo confessa, proclamando con un atto di suprema testimonianza la sua fede. Per una doppia rampa di 16 gradini per lato si scende nella Confessione, esedra definita da 74 balaustri di broccatello alternati a 24 piccoli pilastri con specchiature sia in alabastro orientale sia in marmo bianco e nero. Rivestita nelle pareti e nei pavimenti con marmi policromi, essa costituisce architettonicamente la più importante opera in commesso di pietre dure eseguita a Roma nel Seicento e l'ultima opera di tale imponenza e ricchezza realizzata con questa tecnica.
Al di sopra della Confessione, sollevato da 7 gradini in marmo greco imetto, si eleva l'Altare papale, edificato in continuità verticale con i precedenti altari di Gregorio Magno e Callisto II, non al centro della cupola ma spostato verso l'abside. Rivolto verso oriente (est), incontro al sole nascente come era d'uso nelle basiliche paleocristiane, questo altare è riservato unicamente al Sommo Pontefice o a persona da lui delegata. Fu voluto da Clemente VIII Aldobrandini nel 1594 per completare con una mensa stabile la parte già ultimata della nuova basilica. Prima della attuale sistemazione berniniana, nel 1606 Paolo V Borghese aveva fatto collocare al di sopra dell'altare un baldacchino in legno del tipo processionale, alto 9 metri, sostenuto da quattro angeli, opera di Ambrogio Buonvicino e Camillo Mariani. Si trattava di una soluzione modesta, di aspetto provvisorio e certamente non intonata alla grandiosità della basilica. Sin dalla sua elezione, nel 1623, il problema fu avvertito da papa Urbano VIII Barberini il quale, già il 12 luglio dell'anno successivo, incaricò Bernini di ideare un prestigioso ciborio, non lesinando mezzi perché l'opera riuscisse degna del luogo e della sua funzione. Una fiducia ripagata dall'artista con la creazione della più importante struttura in bronzo della scultura barocca romana, che nonostante l'estrosità formale e la mole, è alta più di 28 metri, s'inserisce armoniosamente nella vastità della chiesa. Il Baldacchino, infatti, non diminuisce l'impressione di profondità della basilica ma l'aumenta, facendo apparire a chi entra ancora più lontana l'abside, inquadrata tra le colonne. Opera spettacolare, anticlassica nella sua veste formale, si riallaccia per molti aspetti alla tradizione. Per non ripetere le tipologie medioevali e rinascimentali del ciborio - composto da una cuspide o cupola marmorea retta da colonne - ed evitare di creare una sorta di tempietto entro un tempio, Bernini si ispirò al baldacchino di tipo processionale, ricercando una soluzione di effetto pittorico piuttosto che architettonico. Le colonne sono suddivise in tre sezioni, l'inferiore con scanalature elicoidali e le due superiori con rami d'ulivo e alloro, popolate da putti, lucertole e api svolazzanti, simbolo dei Barberini, invita l'occhio a spostarsi da una curva all'altra del loro avvolgimento a spirale, favorendo una visione dinamica ed ascendente. Allo stesso tempo, il baldacchino richiama la tradizione antica poiché le colonne ricordano nella forma le colonne a spirale della pergula nella basilica costantiniana, quelle stesse successivamente adattate nelle Logge delle Reliquie.

Ritornati all'ingresso, la navata laterale di destra ha inizio con la cappella della Pietà. In questa zona è visibile il retro della Porta Santa, una parete ricoperta con intonaco. Un tempo questa cappella era dedicata al Crocifisso per la presenza di una scultura lignea con il Cristo morente, inserita sulla croce di marmo ancora visibile sul fondo. Il gruppo scultoreo della Pietà fu eseguito da Michelangelo ancora ventitreenne. Terminata nel 1499, la Pietà apparve subito un capolavoro assoluto, ancor più sorprendente per uno scultore così giovane. Sulla cintura è incisa la firma per esteso, un particolare, come ricordò Benedetto Varchi nell'orazione funebre per l'artista, mai più ripetuto nelle opere successive: MICHAEL ANGELVS BONAROTVS FLORENT(inus) FACIEBAT. Pur essendo uno dei primi lavori, la Pietà testimonia la piena maturazione artistica di Michelangelo, il quale accentuò volutamente la giovinezza della Madonna discostandosi nettamente dalla consueta tradizione figurativa che voleva Maria rappresentata in età avanzata. Così, ella viene ad incarnare il simbolo della vita eterna.
A metà della navata è la cappella del Santissimo Sacramento, solenne e fastosa. Vi si accede attraverso un elegante cancello in ferro disegnato da Francesco Borromini tra il 1629 e il 1630. Pensata inizialmente come sagrestia, mutò definitivamente la sua funzione nel 1638. Epicentro della cappella è l’altare, prezioso per la rarità dei marmi. Al di sopra è il Ciborio di Gian Lorenzo Bernini, già commissionato da Urbano VIII nel 1629 ma portato a termine dopo quasi cinquant'anni sotto Clemente X Altieri. In quest'opera, che vive nel contrasto dell'oro e dell'argento con l'azzurro notte del lapislazzuli, l'artista realizzò un armonioso saggio di oreficeria monumentale. Ai lati, due grandi angeli in bronzo dorato ripropongono un tema caro a Bernini sin dai suoi esordi. Quello di destra, con le mani incrociate sul petto, si rivolge con un'espressione di estatica felicità verso i fedeli, mentre quello di sinistra, quasi assorto nella preghiera, guarda con dolcezza verso il tabernacolo.
Chiude la navata l'altare di San Girolamo, ricavato nel lato posteriore del pilone di San Longino. Volgendosi a destra si accede nella cappella Gregoriana. Sull'altare è la Madonna del Soccorso, venerata immagine che la tradizione fa risalire ai tempi di Pasquale II (1099-1118). Chiude questo lato della basilica la cappella dei Santi Michele Arcangelo e Petronilla, seconda in questo lato tra le quattro previste nel progetto di Michelangelo, e nella quale egli stesso sovrintese alla messa in opera delle fondamenta.

Sul fondo della basilica, incorniciato di monumenti a papa Urbano VIII Barberini, di Gian Lorenzo Bernini, e papa Paolo III Farnese di fra Guglielmo Della Porta, è il monumento alla Cattedra di San Pietro. Si tratta di una grande macchina bronzea all'interno della quale è custodita una Cattedra di quercia, e un'antica tradizione voleva che su di essa sedesse l'apostolo Pietro durante le prediche. L'antica Cattedra è racchiusa all'interno di una grande struttura di bronzo dorato, alto 7 metri, circondato da statue bronzee raffiguranti i Dottori della Chiesa greca e latina. Sul davanti sono Sant'Ambrogio, a sinistra e Sant'Agostino per la chiesa latina. Dietro, Sant'Atanasio, a sinistra e San Giovanni Crisostomo per la chiesa greca. Al di sopra, nel 1655 Bernini sfruttò la fonte luminosa della finestra centrale dell'abside per farne l'epicentro di una turbinosa gloria di angeli e putti che, fra nuvole e raggi saettanti, volano intorno ad una vetrata con la Colomba dello Spirito Santo. Tipico esempio di decorazione barocca e opera nella quale Bernini esprime in tutte le sue sfumature l'idea di riunire in una sola opera pittura, scultura e architettura - poetica ben sintetizzata dallo storiografo Filippo Baldinucci nella felice espressione di bel composto - il monumento esprime un'alta concezione teologica: le Chiese d'Oriente e d'Occidente, unite nella fede della Chiesa Cattolica, rendono omaggio alla Cattedra Romana.
Alla fine del passaggio a sinistra si entra nella cappella della Madonna della Colonna, così chiamata per una venerata immagine quattrocentesca della Vergine disegnata su un tronco di colonna di portasanta, proveniente dalla navata centrale della basilica costantiniana. Sul lato destro della cappella, inserito tra due colonne di granito nero orientale, è l'altare di San Leone Magno e qui sono le sue spoglie, le prime ad essere inumate all'interno dell'antico San Pietro. Sull'altare si trova l’unica pala marmorea in tutta la basilica, conclusa da Alessandro Algardi nel 1652.
Sul lato destro, al di sopra di una uscita laterale che immette entro lo Stato della Città del Vaticano, è il monumento a papa Alessandro VII Chigi di Gian Lorenzo Bernini.

Sul fondo di quest’area è la cappella Clementina, dal nome di Clemente VIII Aldobrandini, il papa promotore della sua realizzazione. Per grandezza e ricchezza di decorazione è stata paragonata all’opposta cappella Gregoriana. Nell'altare di San Gregorio Magno, consacrato nel 1628, entro un sarcofago in marmo bianco si conservano le spoglie del papa santo, la cui immagine è riportata anche in uno dei pennacchi della cappella Gregoriana. San Gregorio fu il primo a definire il papa servus servorum Dei (servo dei servi di Dio).
A metà della navata laterale di sinistra è la cappella del Coro, chiusa da una cancellata in ferro, costituita da un ampio spazio rettangolare che si apre all'esterno della navata, in corrispondente simmetria con quella opposta del Santissimo Sacramento. È destinata essenzialmente alla liturgia corale del clero della basilica, la cui preghiera continua ininterrottamente fin dal V secolo.
A fianco dell’uscita è la cappella del Battesimo, opera di Carlo Fontana. Lo spazio che accoglie il fonte battesimale è recintato da una balaustrata marmorea e nell'interno sono tre pale in mosaico. Al centro, il Battesimo di Gesù di Carlo Maratta; a destra, il Battesimo dei Santi Processo e Martiniano di Giuseppe Passeri, e sulla sinistra, San Pietro che battezza il centurione Cornelio di Andrea Procaccini, allievo di Maratta. Al centro della cappella è il Fonte battesimale, per il quale Fontana riutilizzò una ricca conca di porfido rosso, chiusa da un coperchio in bronzo dorato.

 
 

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