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EPISTOLA 
MULTIPLICES QUIDEM
DEL PAPA BENEDETTO XV
AL CARDINALE DI SANTA ROMANA CHIESA
GIOVANNI CSERNOCH,
ARCIVESCOVO DI ESZTERGOM
CON LA QUALE CONDANNA QUANTI MIRANO A SOVVERTIRE L’ORDINE GERARCHICO DELLA CHIESA
E I POTERI IN MATERIA AMMINISTRATIVA DEI BENEFICI
 

Diletto Figlio Nostro,
salute e Apostolica Benedizione
.

La guerra tanto crudele, protrattasi per così lungo tempo, Ci ha davvero recato molteplici motivi di ansietà, ma nulla Ci rende tanto ansiosi e preoccupati quanto il rivolgimento sociale che, originatosi da quella, si è riversato non solo nella società civile, ma anche negli stessi comportamenti religiosi delle genti. Soprattutto Ci turba assai la situazione di quei popoli che costituivano l’Impero Austro-Ungarico e che sono ormai orientati a darsi una forma di governo che corrisponda ai voti delle singole nazioni. Infatti, dal momento che una parte notevole di questi popoli è costituita da fedeli affidati per volontà divina alla Nostra cura pastorale — fedeli che si sono sempre distinti per il devoto ed intenso ossequio a questa Sede Apostolica — si comprende facilmente come Ci stia particolarmente a cuore che non venga pregiudicato in qualche modo il loro sentimento religioso. Speriamo davvero che tutti coloro che hanno in mano le sorti politiche di quelle Comunità, come si preoccupano di consolidare la pace e la prosperità dei loro popoli, così avranno cura di preservare i diritti e le leggi della Chiesa, se vogliono realmente che siano salvaguardati i fondamenti della giustizia e del pubblico bene nella società.

Infatti, nessuno ignora quanto questa Sede Apostolica tenga alla tranquillità interna ed al bene delle nazioni, e quanto sia sempre pronta ad adoperarsi in ogni modo per dare a questo scopo il proprio contributo. Ché, anzi, per meglio indirizzare in questo senso il corso degli eventi, essa ha sempre cercato di stabilire legami e rapporti con le legittime autorità degli Stati che mostrassero di condividere le stesse finalità. Pertanto, i Vescovi dovranno opportunamente illustrare la favorevole disposizione di questa Sede Apostolica, sottolineando di quanta utilità pubblica sia foriera la collaborazione fra i due poteri. Nel ruolo che le è stato assegnato per volontà divina, la Sede Apostolica confida sia nel prudente zelo dei Vescovi, sia nell’operosa disciplina dell’Ordine religioso e dei laici. Infatti, Satana, l’antico nemico del genere umano, approfittando dell’opportunità che scorge in questi rivolgimenti civili, si adopera per dissolvere la solida compagine della Chiesa e per impedirne l’opera salutare.

Pertanto abbiamo visto con preoccupazione alcuni appartenenti al Clero tuffarsi recentemente in modo troppo dichiarato e ostentato nei flutti delle correnti politiche, e ingerirsi nelle più aspre contese nazionalistiche, suscitando gli odi di parte nei confronti della dignità del sacro ministero. Ma una tristezza molto maggiore Ci colse quando apprendemmo che alcuni membri del clero hanno avuto l’ardire di tenere pubblici comizi per suggerire l’abolizione di santissime leggi della Chiesa. È assoluto dovere dei Vescovi esprimere la propria fortissima protesta per una così grave e deplorevole inosservanza dei doveri, in modo che gli erranti siano ricondotti alla verità e alla salvezza. Costoro ricorderanno allora che devono piena obbedienza ai «Vescovi, che lo Spirito Santo pose al governo della Chiesa di Dio », poiché, come dice il martire Ignazio, « quanti sono di Dio e di Gesù Cristo, questi sono con il Vescovo » (Philad., III, 2); perciò coloro che non sono con il Vescovo, non sono né di Dio né di Gesù Cristo.

Così pure vogliamo che si ricordi loro quanto sia disdicevole per un sacerdote cattolico, che dovrebbe essere superiore agli altri nel controllo delle passioni, mostrarsene egli stesso assai schiavo. Per questo motivo i Vescovi proclameranno ad alta voce e con forza come la Sede Apostolica non possa nel modo più assoluto permettere che sia posta in discussione la legge sulla continenza sacerdotale, legge che essa stessa considera anzi come l’ornamento peculiare della Chiesa Latina e la principale fonte della vita operosa. È necessario inoltre rintuzzare d’autorità la dissennata audacia di coloro che non temono di sostenere le seguenti norme: « I beni, sia mobili, sia immobili, dei singoli benefici e degli istituti ecclesiastici, o anche di qualsivoglia fondazione pia che sia in qualsiasi modo pertinente alle chiese e a tali istituti, siano di proprietà inalienabile di tutti i cattolici esistenti in Ungheria; e la loro amministrazione ed il diritto di disporne liberamente, non soltanto per i fini istituzionali, ma altresì per qualsiasi altro fine, siano da trasferire alle cosiddette assemblee dei cattolici ».

Invero, secondo simili princìpi, totalmente estranei allo spirito sacerdotale, non solo si sovverte l’ordine gerarchico ed ogni disciplina ecclesiastica, ma si violano anche gli stessi divini precetti del Decalogo. Contemporaneamente esortiamo poi i Vescovi, con tutta la forza che è in Noi, affinché ciascuno di loro stringa a sé il proprio clero con tutto l’ardore della carità paterna; si accerti con cura delle varie necessità dello stesso clero, sia di quelle cosiddette materiali, sia di quelle morali, e non tralasci nulla di quanto serve a soccorrerle. Certamente non dubitiamo che essi abbiano già in animo di fare ciò. Parimenti si informino di quanto abbia bisogno il popolo, in relazione alle esigenze imposte dal mutare dei tempi, e provvedano opportunamente. Se sarà necessario, ne riferiscano alla Sede Apostolica.

Rivolgendoti con paterna fiducia questi consigli, diletto Figlio Nostro, che ti trovi esposto alla battaglia e alla lotta, impartiamo a te e a tutto il tuo gregge, con grande affetto, la Benedizione Apostolica, quale auspicio dei doni celesti e quale testimonianza della Nostra particolare benevolenza.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 12 marzo 1919, festa di San Gregorio Magno, nell’anno quinto del Nostro Pontificato.

BENEDICTUS PP. XV

 

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