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COLLEGAMENTO TELEVISIVO TRASMESSO DALLA CNN CON LE “SCHOLAS OCCURRENTES”

PAROLE DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Auletta dell'Aula Paolo VI
Giovedì,
17 settembre 2015

[Multimedia]


 

(Da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLV, n. 214, 20/09/2015)*

La prima domanda, rivolta da uno studente di New York, ha posto la questione della responsabilità della tutela dell’ambiente.

È una delle cose che bisogna iniziare fin da giovani: farsi carico della cura dell’ambiente. L’ambiente, in questo momento, fa parte degli esclusi. Ci sta gridando di prestargli attenzione, di prendercene cura. Allora, come può un giovane farsi carico dell’ambiente? Prima di tutto, vedendo i problemi che sorgono nel tuo quartiere, nella tua città, nella tua nazione; che problemi ambientali esistono? O quando leggi le notizie, per esempio che l’orso polare in Alaska è dovuto andare ancora più a nord. Perché? Perché i ghiacciai iniziano a sciogliersi. Allora, bisogna rendersi conto che ci sono problemi seri, ma ci sono anche problemi piccoli. Nell’enciclica ci sono diverse piccole cose che possiamo fare. Indicazioni. Per esempio, possiamo usare sempre materiale biodegradabile. Voi sapete che una busta di plastica che non è biodegradabile resta lì per millenni e ciò reca un danno all’ambiente. Possiamo usare tutte cose biodegradabili. Se lavorate nella campagna, nell’orto, voi giovani dovete rendervi conto che la monocultura danneggia la terra. La coltivazione deve variare, a seconda degli anni, perché la terra si riprenda, si rigeneri. Cioè, trovare modi concreti che potete attuare. Lo spreco di carta è impressionante. E lo spreco di elettricità. Ciò obbliga le centrali a utilizzare mezzi di produzione di elettricità che contaminano l’ambiente. Bisogna prendersi cura della casa comune. L’ambiente è la casa comune. Parlando con una persona che conosce tutto ciò, tempo fa, gli ho detto: «Sì, dobbiamo prendere decisioni per le generazioni che seguiranno, per i nostri figli». Mi ha risposto: «Se le cose continuano così, mi domando, ci saranno nuove generazioni?». Il problema è serio. Bisogna prenderne coscienza, prenderne coscienza. Nell’oceano Pacifico, per esempio. Le isole dell’oceano Pacifico, pur essendo Stati indipendenti, tra vent’anni, se le cose continuano così, non esisteranno più. Allora, che cosa posso fare io nel mio piccolo? Quel poco che farò si unirà a un altro poco e a un altro ancora. Unire le volontà per salvare la nostra casa comune.

La seconda domanda, di una ragazza dell’Avana, ha riguardato le caratteristiche che deve avere un leader.

Guarda, ti dico una sola cosa: un leader è un buon leader se è capace di far nascere tra i giovani altri leader. Se solo lui vuole essere leader, è un tiranno. Cioè, la vera leadership è feconda e ognuno di voi, ognuno di voi, ha il seme della leadership dentro di sé. Fatelo crescere. Siate leader laddove vi spetterà esserlo. Leader di pensiero, leader di azione, leader di gioia, leader di speranza, leader di costruzione di un mondo migliore. È questo il vostro cammino, ma il seme lo avete dentro. I leader unici oggi ci sono e domani no. Se non seminano leadership negli altri, non servono, sono dittatori. Io non ho voglia di essere dittatore. Perciò mi piace seminare.

La terza domanda è stata formulata da una ragazza di New York che ha mostrato a Francesco una grande fotografia con un albero morto e, su un ramo spoglio dell’albero, un uccellino appollaiato.

Sì, nella foto l’albero è morto, l’uccellino è vivo. Quell’uccellino avrà bisogno, da qui a qualche mese, di fare un nido per deporre le uova e avere una nidiata, ma se l’albero è morto, come potrà fare il nido? È ciò che accade quando non ci si prende cura dell’ambiente. Una morte porta altra morte. Una morte porta altra morte e allora invece di seminare crescita, invece di seminare speranza, seminiamo morte. Il cammino è al contrario: è prendersi cura della vita. E una vita porta altra vita. L’immagine, la foto più bella sarebbe un albero vivo e un uccellino vivo. Così stiamo noi ora. Una parte dell’umanità sta morendo, ma muore sola e fa morire altri, non lascia che gli altri vivano. La foto che hai scelto è molto significativa.

La quarta domanda, rivolta al Papa da un ragazzo dell’Avana, ha ricordato la questione dell’embargo nei confronti di Cuba.

Alleluia. Farò il possibile, tutto, per non dimenticare. Costruire ponti e sbloccare, affinché ci sia comunicazione, affinché la comunicazione dia luogo all’amicizia. Una delle cose più belle è l’amicizia sociale. È questo che mi piacerebbe che otteniate: l’amicizia sociale.

Un’altra domanda, di uno studente di New York, ha affrontato il tema della possibilità e dei diritti all’educazione per i giovani.

Sì, l’educazione è uno dei diritti umani. Un bambino ha diritto a essere amato. Un bambino ha diritto — diritto umano — a giocare. Un bambino ha diritto a imparare a sorridere. Un bambino ha diritto all’educazione. E potremmo continuare a enumerare i diritti. Credo che siamo in un momento di crisi nel mondo riguardo all’educazione. Pensa a quanti bambini, nei Paesi che sono in guerra in questo momento, non hanno educazione. Migliaia e migliaia di bambini. Pensa alle migliaia e migliaia di bambini esclusi dalla possibilità dell’educazione. È una sfida. È una sfida che va affrontata. E dobbiamo iniziare noi. Educarci tra noi. Il servizio di educarci. Non aspettare che gli Stati si mettano d’accordo o i Governi si mettano d’accordo. Passeranno molti anni perché è difficile. Il patto educativo è infranto. Educarci tra noi. Quanti ragazzi della vostra età, quanti ragazzi e ragazze il fine settimana, i giorni festivi, vanno a educare, a dare lezione ad altri, a insegnare loro! È un diritto umano, l’educazione. Un popolo che non è educato, o per la guerra o per tutte le ragioni che ci sono per non avere educazione, è un popolo che decade, decade, decade, e può addirittura cadere fino al livello degli istinti. Quindi voi, se volete fare qualcosa, organizzatevi per aiutare i Governi, gli Stati, a educare i ragazzi che non hanno accesso diretto all’educazione. Un bambino ha diritto a giocare. E parte dell’educazione è insegnare a giocare ai bambini perché s’impara a essere sociali nel gioco, s’impara la gioia della vita. Impegnatevi nell’educazione dei ragazzi. L’educazione è un diritto umano.

La domanda successiva ha riaffermato il diritto dei bambini a giocare, a vivere in pace e in allegria. In questo contesto, il Papa ha preso dalla tasca un piccolo proiettile che gli è stato dato da un ragazzo di un Paese in guerra e lo ha mostrato.

Diritto a giocare. Diritto alla gioia. Diritto a sorridere. Ti racconto solo una cosa: questa mattina ho ricevuto un gruppo di giovani. Un giovane era di un Paese in guerra e mi ha regalato questo. Questo è un proiettile di quelli che cadono continuamente sulla sua città e i ragazzi, per sopravvivere, devono rimanere chiusi in casa, non hanno diritto a giocare. Ci sono altri luoghi in cui un bambino non ha diritto a giocare, semplicemente perché vive l’angoscia della fame, della solitudine, della strada. Sapete quanti bambini vivono in strada? Noi abbiamo perso la nozione di quanti bambini non hanno la gioia del gioco o per la guerra o per la povertà o perché vivono in strada. E quei ragazzi che non sanno comunicare con la gioia del gioco, sono preda dei trafficanti. Li usano per la delinquenza giovanile, per i furti, per la droga, per la prostituzione, per tante altre cose. Forse il modo migliore di iniziare a educare i ragazzi è dare loro la possibilità di giocare. Ricordatevi di questo piccolo progetto. Centinaia di ragazzi nascosti, senza poter giocare per non essere uccisi.

In conclusione, il moderatore dell’incontro ha invitato il Papa a piantare simbolicamente un ulivo in un vaso. E ha chiesto a Francesco di dargli il proiettile per deporlo nella terra, alla base dell’ulivo.

Seppellire il proiettile come segno. È stato un piacere aver trascorso questo tempo con voi. Andate avanti. Non abbiate paura, non abbiate paura. La paura paralizza. Voi muovetevi. Ci sono tante cose da fare. Il futuro è nelle vostre mani. È lì. Portatelo avanti. Che Dio vi benedica! A ognuno di voi chiedo, in base alla propria confessione religiosa, di pregare per me. Grazie. Grazie.


* È stato un dialogo a tutto campo con dieci giovani su questioni cruciali, a cominciare dall’embargo fino ai diritti essenziali negati e alle tragedie provocate dalle guerre, quello che il Papa ha avuto alla vigilia del suo viaggio a Cuba e negli Stati Uniti d’America. Un confronto diretto e franco, reso possibile dal collegamento televisivo satellitare, proprio con cinque studenti dell’Avana e cinque di New York. A organizzarlo è stata Scholas occurrentes, la rete educativa argentina, ormai cresciuta a livello internazionale, che vuole «favorire la cultura dell’incontro secondo le indicazioni di Francesco» creando «nuove piattaforme per il dialogo» ha spiegato il direttore José Maria del Corral, che ha preso parte al dialogo nella veste di moderatore. Il Papa ha partecipato al collegamento nel pomeriggio di giovedì 17 settembre in un’auletta dell’aula Paolo VI. E al termine ha benedetto simbolicamente un ulivo nella cui terra è stato posto, come segno di speranza per la pace, un proiettile che a Francesco era stato consegnato, in mattinata, da un giovane proveniente da un Paese in guerra. La trasmissione è stata resa possibile dal Centro Televisivo Vaticano e dalla Radio Vaticana e ha potuto contare anche sulla collaborazione dell’Unicef e della CNN per il collegamento satellitare. È andata in onda proprio sul canale dall’emittente televisiva statunitense venerdì 18 settembre alle 20 di New York. Pubblichiamo di seguito una sintesi delle domande e una nostra traduzione delle risposte del Pontefice.

 


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