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BREVE
DEL SOMMO PONTEFICE
GREGORIO XVI

PROBE NOSTIS

 

 

A tutti i Patriarchi, Primati, Arcivescovi e Vescovi.

Il Papa Gregorio XVI. 
Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.

Sapete bene, Venerabili Fratelli, da quante sciagure, in quest’epoca funesta, sia oppressa da ogni dove la Chiesa Cattolica e in che deplorevole modo sia perseguitata; e neppure ignorate da quale colluvie di errori d’ogni sorta, da quale sfrenata audacia di corrotti sia come battuta la santa Religione e con quale astuzia e con quali frodi gli eretici e gli increduli tentino di pervertire i cuori o le menti dei fedeli. Vi è noto, in una parola, come quasi non vi sia genere d’impresa o di tentativi ai quali non si ricorra pur di distruggere dalle fondamenta, se fosse possibile, l’incrollabile edificio della Città Santa. Infatti, tralasciando ogni altra considerazione, forse che non siamo noi costretti a vedere in ogni dove (oh, dolore!) moltiplicarsi impunemente i più scaltri nemici della verità, i quali non solo coprono la Religione di scherno, la Chiesa di contumelie e i cattolici d’insulti e di calunnie, ma invadono anche città e villaggi, vi istituiscono scuole di errore e di empietà, e vi spargono con la stampa i veleni delle loro dottrine anche con l’uso delle scienze naturali e delle più recenti invenzioni per nascondere maggiormente l’inganno? Forse che non entrano nei tuguri dei poveri, non percorrono le campagne e non s’insinuano familiarmente fra l’infima plebe e i contadini? Pertanto nulla lasciano d’intentato, pur di attrarre nelle loro congreghe e di indurre ad abbandonare la fede cattolica il popolo ignorante e soprattutto la gioventù, ora con bibbie alterate e in volgare, ora con giornali pestiferi e con altri libelli di piccolo formato, ora con capziosi discorsi o con simulata carità o, infine, con elargizioni di danaro.

Accenniamo ad una realtà, Venerabili Fratelli, che non solo vi è nota, ma di cui voi stessi siete testimoni; voi che con dolore ma senza tacere (come è vostro dovere pastorale) siete costretti a tollerare nelle vostre diocesi i predetti propagatori di eresie e di incredulità e quegli arroganti araldi che, procedendo talvolta sotto le vesti di agnelli, sono nell’intimo lupi rapaci che non cessano di insidiare il gregge e di farne strage. Che altro? Non esiste ormai nel mondo una remota regione presso la quale le ben note centrali degli eretici e degli increduli, senza badare a spese, non inviino i loro agenti ed emissari che in modo subdolo o palese, a ranghi serrati e sfrontatamente, muovono guerra alla Religione Cattolica, ai suoi pastori e ai suoi ministri, strappano i fedeli dal grembo della Chiesa, ed impediscono agli infedeli di entrarvi.

Quindi è facile intuire quante tribolazioni affliggano notte e giorno Noi che, oberati dalla cura di tutto l’ovile di Cristo e dalla sollecitudine verso tutte le Chiese, dobbiamo rendere ragione di ogni cosa al divino Principe dei pastori. Pertanto con questa lettera, Venerabili Fratelli, abbiamo deciso di ricordare a Noi e a Voi le cause dei comuni affanni, affinché in raccoglimento ripensiate quanto giovi alla Chiesa che tutti i sacri Vescovi, raddoppiando il loro impegno, concentrando le loro fatiche e compiendo ogni sforzo, contrastino l’impeto di tanti frementi nemici della Religione, rendano inservibili i loro dardi, ammoniscano e premuniscano i fedeli contro le lusinghe seduttrici di cui essi fanno uso frequente. Noi, come sapete, Ci siamo adoperati per volgere a questo fine ogni occasione, né desisteremo da tale assunto: così non ignoriamo in che modo anche voi avete agito finora, e confidiamo che vi impegnerete ancora con crescente zelo.

Tuttavia, perché il coraggio non ci venga meno fra le difficoltà, «è necessario che noi tutti non dobbiamo preoccuparci di non poterle superare con le nostre forze, poiché Cristo è il nostro consiglio e la nostra forza, e senza di Lui nulla possiamo, mentre con Lui possiamo tutto. Egli, nel confermare i predicatori del Vangelo e i ministri dei Sacramenti, disse: “Io sono con voi tutti i giorni fino alla consumazione dei secoli”. E ancora: “Vi ho detto queste parole perché in me abbiate pace; sarete oppressi nel mondo, ma abbiate fiducia: Io ho vinto il mondo”. Essendo senza dubbio manifeste queste promesse, non dobbiamo lasciarci intimidire dagli scandali per non apparire ingrati verso la scelta che ha fatto Dio, il cui aiuto è tanto potente quanto sono vere le sue promesse»(circa con queste parole San Leone M. s’indirizzò per lettera a Rustico di Narbonne).

Ora, chi non vede anche in questa nostra età palesi frutti della divina promessa, che non vennero né verranno mai meno alla Chiesa? Essi appaiono manifesti nella irremovibile fermezza della Chiesa tra tante aggressioni dei nemici suoi, nel diffondersi della Religione tra tanti sconvolgimenti e pericoli, e nella consolazione con cui «il Padre delle misericordie e il Dio di ogni consolazione ci consola in ogni nostra tribolazione». Mentre infatti per un verso dobbiamo piangere sul danno che in alcune regioni ha patito e patisce la Religione Cattolica, d’altra parte dobbiamo rallegrarci dei frequenti trionfi che anche in quelle regioni (come sappiamo) si sono celebrati e si celebrano grazie all’invitta costanza dei cattolici e dei loro pastori: così, grande gioia Ci recano, tra tanti ostacoli, i suoi felici e mirabili progressi, a tal punto che anche i suoi avversari si rendono conto che l’oppressione e le angherie subite dalla Chiesa, non di rado contribuiscono alla sua gloria e a confermare sempre più i fedeli nella Religione Cattolica.

Ma parliamo ora delle missioni cattoliche: quale motivo di letizia non offrono a Noi e alla Chiesa tutta i copiosi frutti di quelle missioni e i progressi della fede in America, nelle Indie e anche in altre terre d’infedeli? Non ignorate infatti, Venerabili Fratelli, come, anche nei Nostri tempi, in quelle regioni siano ampiamente cresciuti il numero e lo zelo indefesso di uomini apostolici che senza alcun sostegno di danaro e di armi, ma muniti soltanto dello scudo della fede, non solo con la voce e con gli scritti, in privato e in pubblico non temono di combattere, con grande successo, «le battaglie del Signore» contro le eresie e l’incredulità, ma anche infiammati dall’ardore di carità e per nulla dissuasi dalle asperità del cammino o dal peso delle fatiche, per terra e per mare cercano coloro che giacciono nelle tenebre e nell’ombra della morte per chiamarli alla luce e alla vita della Religione Cattolica. Perciò, intrepidi al cospetto di ogni pericolo, percorrono con grande coraggio le selve e le caverne dei barbari, li attirano a poco a poco con soavità cristiana alla vera fede e li dispongono alla vera virtù: infine col lavacro rigeneratore li sottraggono alla schiavitù del demonio e li restituiscono alla libertà dei figli adottivi di Dio.

Non possiamo, senza lacrime di dolore, esecrare la crudeltà dei persecutori e dei carnefici, ma con lacrime di consolazione contempliamo invece l’eroica costanza dei confessori della fede che qui ricordano le gloriose gesta compiute dai recenti martiri dell’Estremo Oriente, le lodi dei quali abbiamo pronunciato, non molto tempo addietro, in un’Allocuzione concistoriale. Fumigano ancora le contrade del Tonchino e della Cocincina del sangue di numerosi sacri prelati, di presbiteri e di fedeli colà residenti, che, rinnovando gli esempi dei martiri cristiani, (da cui trassero luce i primi secoli della Chiesa) sono andati incontro, con animo impavido tra i tormenti, a una crudelissima morte per Cristo e per testimonianza di fede. Quale può darsi, dunque, più luminoso trionfo della Chiesa e della Religione? Quale maggiore vergogna per coloro che la perseguitano, che il vedere, anche in questi tempi, confermate nei fatti le divine promesse di protezione e di aiuto eterni per cui (usando le parole di San Leone) «la Religione fondata sul Sacramento della Croce di Cristo non può essere distrutta da alcun genere di crudeltà»?

Tutto ciò che abbiamo fin qui ricordato, Venerabili Fratelli, è motivo di consolazione e di gloria per la Religione Cattolica; ma non mancano altri motivi di conforto, fra le tante tribolazioni che affliggono la Chiesa: le pie istituzioni che si estendono per il bene della Religione e della comunità cristiana, e che talora sono un aiuto e un sostegno per le stesse sacre missioni apostoliche. Infatti, quale vero cattolico non gioisce considerando la provvidenza di Dio onnipotente che, come ha promesso, assiste e protegge sempre la sua Chiesa, e secondo l’opportunità dei tempi, dei luoghi e delle altre circostanze, suscita in essa nuove comunità le quali, sotto l’autorità della stessa Chiesa, ciascuna a proprio modo, contribuiscono con forze congiunte ai doveri della carità, alla istruzione dei fedeli e alla diffusione della fede?

Tra l’altro, un lieto spettacolo per il mondo cattolico e motivo di stupore per gli stessi acattolici offrono quelle tante e tanto diffuse comunità di pie donne che, vivendo insieme secondo le regole di San Vincenzo de’ Paoli o in altri istituti approvati, e segnalandosi per lo splendore delle loro cristiane virtù, si dedicano tutte alacremente o a distogliere le donne dalla via della perdizione, o a educare le fanciulle alla Religione, alla solida pietà, e a lavori adatti alla loro condizione, o a mitigare in ogni modo le afflizioni del prossimo, senza che siano trattenute o dalla naturale fragilità del sesso o dal timore di qualsivoglia pericolo.

Né arrecano minor gioia a Noi e a tutti i buoni le altre associazioni di fedeli che del pari si sono formate in molte tra le più illustri città; il loro scopo e il loro impegno consistono nell’opporre ai libri perversi le loro o le altrui opere utili, alle aberrazioni intellettuali la purezza della dottrina, alle ingiurie e alle calunnie la mansuetudine e la carità.

Infine, come si potrà parlare, senza grande lode, di quella celebre Società che non solo nei Paesi cattolici ma anche in terre di acattolici e di infedeli raggiunge sempre nuovi sviluppi e a tutti i fedeli di ogni condizione apre una facile via per rendersi benemeriti delle missioni apostoliche e per diventare essi pure partecipi dei beni spirituali che ne derivano? Già avete compreso che stiamo parlando della notissima società che va sotto il nome di «Propagazione della Fede».

Ora, dopo aver confidato a Voi, Venerabili Fratelli, le angosce che Ci provengono dalle sventure, ma anche le consolazioni che Ci procurano i trionfi della Religione Cattolica, non resta che comunicare a voi la sollecitudine, che Ci assilla, per la maggiore prosperità delle Società tanto benemerite verso la Religione. Pertanto vi esortiamo caldamente nel Signore di favorire, proteggere e accrescere quelle Società entro i confini delle vostre diocesi.

Soprattutto poi vi raccomandiamo la ricordata società di «Propagazione della Fede» fondata fin dall’anno 1822 nell’antichissima e nobilissima città di Lione e poi diffusa ovunque con mirabile rapidità e successo. Né certo con minor calore seguiamo le altre consimili comunità che, formatesi a Vienna o altrove, sia pure con altro nome, concorrono con pari entusiasmo a questa opera di propagazione della fede, sorretta anche dal favore religiosissimo dei Principi cattolici. Opera, questa, veramente grande e santissima, che si sostiene, si allarga, si accresce con le modeste offerte e con le quotidiane preci innalzate a Dio dagli amici di quella; opera che, rivolta a sostenere gli operai apostolici, a esercitare la carità cristiana verso i neofiti, a liberare i fedeli dall’impeto delle persecuzioni, è da Noi considerata degnissima di ammirazione e di amore da parte di tutti i buoni. Né si può credere che senza un particolare disegno della Provvidenza divina sia toccato alla Chiesa, in questi ultimi tempi, un vantaggio, una utilità così grande. Mentre infatti con artifici di ogni genere il nemico infernale tormenta la diletta Sposa di Cristo, nulla di più opportuno poteva accaderle che la difesa e gli sforzi congiunti di tutti i fedeli che sono infiammati dal desiderio di diffondere la verità cattolica e di guadagnare tutti a Cristo.

Perciò Noi, collocati, benché indegni, nella suprema specola della Chiesa, non abbiamo tralasciato alcuna opportunità per testimoniare chiaramente (seguendo le vestigia dei Nostri Predecessori) la Nostra propensione per tale insigne opera e per spronare verso di essa, con opportuni incitamenti, la carità dei fedeli. Anche Voi dunque, Venerabili Fratelli, che siete stati chiamati a condividere la Nostra sollecitudine, agite con impegno affinché quell’opera così grande raggiunga di giorno in giorno un maggiore incremento nel gregge a ciascuno affidato.«Suonate la tromba in Sion», e fate sì che con le ammonizioni e con la persuasione paterna, coloro che non si sono ancora uniti come compagni a questa piissima Società, vi entrino gioiosamente, e che coloro che già ne fanno parte, perseverino nel loro proposito.

Per certo è questo il tempo «in cui, incrudelendo il diavolo in tutto il mondo, la schiera cristiana deve combattere» (circa con queste parole San Leone M. s’indirizzò per lettera a Rustico di Narbonne); perciò questo è il tempo di provvedere con ogni cura che ai sacerdoti che piangono, pregano e soffrono per la fede, si uniscano in questa santa cospirazione i fedeli. Pertanto Noi Ci innalziamo alla fermissima speranza che Dio continuerà a sostenere, con la destra della sua onnipotenza, la sua Chiesa in un frangente così grave per la Religione e in una battaglia così dura e duratura contro i nemici, e che la rallegrerà con la costanza, la carità e la devozione dei fedeli; propiziato dalle insistenti preghiere e dalle pie azioni dei pastori e del gregge, possa Egli concederle finalmente con misericordia la pace e la tranquillità desiderate.

Frattanto a Voi, Venerabili Fratelli, e a tutti i chierici e laici affidati alle vostre cure, impartiamo con affetto l’Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso Santa Maria Maggiore, sotto l’anello del Pescatore, il 18 settembre 1840, anno decimo del Nostro Pontificato.



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