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GIOVANNI PAOLO II

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 30 maggio 1984

 

Nel brano degli Atti degli Apostoli, testé letto, abbiamo ascoltato la narrazione dell’Ascensione di Gesù al cielo. Come è noto, domani si celebra, secondo il calendario della Chiesa universale, la solennità dell’Ascensione.

È una festa che ci invita a guardare in alto, a pensare al nostro destino ultraterreno e a pregare con insistenza e costanza affinché venga il regno di Dio.

Domani pomeriggio ordinerò settantasette nuovi sacerdoti. Vi invito a pregare perché diventino, mediante il sacramento dell’Ordine, guide al cielo, pastori di uomini che si prodigano generosamente per la gloria di Dio e il servizio dei fratelli.

1. Riprendiamo la nostra analisi del Cantico dei cantici, al fine di comprendere in modo più adeguato ed esauriente il segno sacramentale del matrimonio, quale lo manifesta il linguaggio del corpo, che è un singolare linguaggio d’amore generato dal cuore.

Lo sposo a un certo punto, esprimendo una particolare esperienza di valori, che irradia su tutto ciò che è in rapporto con la persona amata, dice: “Tu mi hai rapito il cuore, / sorella mia, sposa, / tu mi hai rapito il cuore / con un solo tuo sguardo, / con una perla sola della tua collana! / Quanto sono soavi le tue carezze, / sorella mia, sposa . . .” (Ct 4, 9-10).

Da queste parole emerge che è di importanza essenziale per la teologia del corpo - e in questo caso per la teologia del segno sacramentale del matrimonio - sapere chi è il femminile “tu” per il maschile “io” e viceversa.

Lo sposo del Cantico dei cantici esclama: “Tutta bella tu sei, amica mia” (Ct 4, 7) e la chiama: “Sorella mia, sposa” (Ct 4, 9). Non la chiama col nome proprio, ma usa espressioni che dicono di più.

Sotto un certo aspetto, rispetto all’appellativo di “amica”, quello di “sorella”, usato per la sposa, sembra essere più eloquente e radicato nell’insieme del Cantico, che manifesta come l’amore riveli l’altro.

2. Il termine “amica” indica ciò che è sempre essenziale per l’amore, che pone il secondo “io” accanto al proprio “io”. L’amicizia - l’amore di amicizia (“amor amicitiae”) - significa nel Cantico un particolare avvicinamento sentito e sperimentato come forza interiormente unificante. Il fatto che in questo avvicinamento quell’“io” femminile si riveli per lo sposo come “sorella” - e che proprio come sorella sia sposa - ha una particolare eloquenza. L’espressione “sorella” parla dell’unione nell’umanità e insieme della diversità e originalità femminile della medesima nei riguardi non solo del sesso, ma del modo stesso di “essere persona”, che vuol dire sia “essere soggetto” sia “essere in rapporto”. Il termine “sorella” sembra esprimere, in modo più semplice, la soggettività dell’“io” femminile nel rapporto personale con l’uomo, cioè nell’apertura di lui verso gli altri, che vengono intesi e percepiti come fratelli. La “sorella” in un certo senso aiuta l’uomo a definirsi e concepirsi in tal modo, costituendo per lui una sorta di sfida in questa direzione.

3. Lo sposo del Cantico accoglie la sfida e cerca il passato comune, come se lui e la sua donna discendessero dalla cerchia della stessa famiglia, come se fin dall’infanzia fossero uniti dai ricordi del comune focolare. Così si sentono reciprocamente vicini come fratello e sorella, che debbono la loro esistenza alla stessa madre. Ne consegue uno specifico senso di comune appartenenza. Il fatto che si sentano fratello e sorella permette loro di vivere in sicurezza la reciproca vicinanza e di manifestarla, trovando in ciò appoggio e non temendo il giudizio iniquo degli altri uomini.

Le parole dello sposo, mediante l’appellativo “sorella”, tendono a riprodurre, direi, la storia della femminilità della persona amata, la vedono ancora nel tempo della fanciullezza e abbracciano il suo intero “io”, anima e corpo, con una tenerezza disinteressata. Da qui nasce quella pace di cui parla la sposa. Questa è la “pace del corpo”, che in apparenza somiglia al sonno (“non destate, non scuotete dal sonno l’amata, finché non lo voglia”). Questa è soprattutto la pace dell’incontro nell’umanità quale immagine di Dio e l’incontro per mezzo di un dono reciproco e disinteressato (“Così sono ai tuoi occhi, come colei che ha trovato pace”) (Ct 8, 10).

4. In relazione al precedente trama, che potrebbe essere chiamata trama “fraterna”, emerge nell’amoroso duetto del Cantico dei cantici un’altra trama, diciamo: un altro sostrato del contenuto. Possiamo esaminarla partendo da certe locuzioni che nel poemetto sembrano avere un significato chiave. Questa trama non emerge mai esplicitamente, ma attraverso tutto il componimento e si manifesta espressamente solo in alcuni passi. Ecco, parla lo sposo: “Giardino chiuso tu sei, / sorella mia, sposa / giardino chiuso, fontana sigillata” (Ct 4, 12).

Le metafore appena lette: “giardino chiuso, fonte sigillata” rivelano la presenza di un’altra visione dello stesso “io” femminile, padrone del proprio mistero. Si può dire che ambedue le metafore esprimono la dignità personale della donna che, in quanto soggetto spirituale si possiede e può decidere non solo della profondità metafisica, ma anche della verità essenziale e dell’autenticità del dono di sé, teso a quell’unione di cui parla il libro della Genesi.

Il linguaggio delle metafore - linguaggio poetico - sembra essere in questo ambito particolarmente appropriato e preciso. La “sorella-sposa” è per l’uomo padrona del suo mistero come “giardino chiuso” e “fonte sigillata”. Il “linguaggio del corpo” riletto nella verità va di pari passo con la scoperta dell’interiore inviolabilità della persona. Al tempo stesso proprio questa scoperta esprime l’autentica profondità della reciproca appartenenza degli sposi coscienti di appartenersi vicendevolmente, di essere destinati l’uno all’altra: “Il mio diletto è per me e io per lui” (Ct 2, 16; cf. Ct 6, 3).

5. Questa coscienza del reciproco appartenersi risuona soprattutto sulla bocca della sposa. In un certo senso ella risponde con tali parole a quelle dello sposo con cui egli l’ha riconosciuta padrona del proprio mistero. Quando la sposa dice: “Il mio diletto è per me”, vuol dire al tempo stesso: è colui al quale affido me stessa, e perciò dice: “E io per lui” (Ct 2, 16). Gli aggettivi: “mio” e “mia” affermano qui tutta la profondità di quell’affidamento, che corrisponde alla verità interiore della persona.

Corrisponde inoltre al significato sponsale della femminilità in relazione all’“io” maschile, cioè al “linguaggio del corpo” riletto nella verità della dignità personale.

Questa verità è stata pronunciata dallo sposo con le metafore del “giardino chiuso” e della “fonte sigillata”. La sposa gli risponde con le parole del dono, cioè dell’affidamento di se stessa. Come padrona della propria scelta dice: “Io sono per il mio diletto”. Il Cantico dei cantici rileva sottilmente la verità interiore di questa risposta. La libertà del dono e risposta alla profonda coscienza del dono espressa dalle parole dello sposo. Mediante tale verità e libertà si costruisce l’amore, di cui occorre affermare che è amore autentico.


Ai gruppi francesi

J’adresse un salut cordial aux membres de la Société Royale des Bibliophiles et des Iconophiles Belgique. L’Eglise s’intéresse à votre recherche et j’espère que vos visites au Vatican et dans Rome contribueront à enrichir votre culture archéologique et artistique. Et je souhaite la bienvenue à tous les autres pèlerins de Belgique, de France, de Suisse, du Canada, provenant de paroisses ou de collèges. De tout cœur je vous bénis dans la paix et la joie du temps pascal.

Ai pellegrini di lingua inglese

I offer a special word of welcome to the members of the South African Legion and to the participants in the BIPAVER World Congress. I hope that your visit to Rome will be a time of joy and spiritual renewal. May you return to your homelands with deeper faith in our Lord and greater trust in his loving providence.

May God bless all the visitors at today’s audience, in particular those coming from England, Sweden, South Africa, Japan, Australia, Canada and the United States. And my special blessing to all the Sisters of the various religious Institutes.

Al “Rotary Club” di Tokyo

Sia lodato Gesù Cristo!

Dilettissimi membri del “Rotary Club” di Tokyo.

Vi ringrazio di cuore per essere venuti a visitarmi qui in Vaticano.

Vi auguro di lavorare ogni giorno di più per il bene del Giappone e per il bene del mondo.

Sia locato Gesù Cristo.

Ai pellegrini di lingua tedesca

Herzlich grüße ich mit dieser kurzen Betrachtung alle anwesenden Gruppen und Pilger aus Deutschland, Osterreich und der Schweiz; darunter namentlich die Pilgergruppe vom Auslandsekretariat in Bonn. Einen besonderen Willkommensgruß richte ich an die Mitglieder des Internationalen Paneuropa-Union und der Ludwig-Frank-Stiftung. Gern ermutige ich Sie in Ihren gemeinsamen Bemühungen mit all denen, die sich für eine geistige Erneuerung Europas aus den christlichen Wurzeln der adendländischen Kultur einsetzen. Möge die Besinnung auf das gemeinsame christliche Erbe die Völker des gesamten europäischen Kontinents zu ihrer ursprünglichen Einheit zurückführen, damit sie ihre spezifische Aufgabe in der Welt von heute wirksam zu erfüllen vermögen. Von Herzen erteile ich Ihnen und allen anwesenden deutschsprachigen Pilgern meinen besonderen Apostolischen Segen.

Ai numerosi pellegrini di lingua spagnola

Y ahora un saludo a todas las personas y grupos aquí presentes venidos de España, de Puerto Rico, Guatemala, Colombia y Argentina. En particular a las Religiosas de Jesús-María y Adoratrices del Santísimo Sacramento, con mi palabra de aliento a ser fieles a su vocación consagrada.

* * *

Un especial recuerdo a los miembros de la Asociación Latino-Mediterránea de Psiquiatría. Al expresaros mi viva estima por la generosa entrega a vuestra profesión, os animo a ejercerla con profundo sentido ético y con gran respeto a los valores de la persona humana. A todos os bendigo de corazón.

Ai pellegrini di espressione portoghese

Quero saudar, em especial, os Senhores Oficiais, Cadetes, Alunos e Tripulação do navio-escola “Custódio de Mello”, do Brasil. Aprecio a vossa grata presença; e desejo que a vinda a Roma vos seja proveitosa, para viverdes os vossos ideais e a Fé cristã. Que nas viagens pelo mundo, com as indispensáveis virtudes de coragem, disciplina, solidariedade e amizade, cresçam nos vossos corações desígnios de amor, fraternidade e paz entre os homens, como Deus quer. Com a minha Bênção Apostólica.

Ai pellegrini polacchi

Serdecznie witam wszystkich obecnych: ks. biskupa Czesława Domina z Katowic, tak bardzo zasłużonego dla duszpasterstwa charytatywnego w Polsce i dla kontaktów z całym Kościołem w tej dziedzinie; witam pielgrzymów z archidiecezji warszawskiej, Kurię Warszawską; kapłanów z archidiecezji wrocławskiej, obchodzących 25-lecie kapłaństwa; pielgrzymów z Wrocławia, z parafii św. Stanisława i Doroty; z Poznania, z parafii św. Michała Archanioła; z diecezji opolskiej, z dekanatu Kluczbork; pielgrzymkę grekokatolików z diecezji tarnowskiej i przemyskiej; z Krakowa: Bronowice, parafia św. Wojciecha; jeszcze z Poznania, z parafii Świętego Zbawiciela; z Legnicy, z parafii świętych Piotra i Pawła. Prócz tego pielgrzymkę pracowników gdańskiego biura kolejowego; pielgrzymkę z Żor - diecezja katowicka, z parafii świętych Apostołów Filipa i Jakuba oraz św. Stanisława Biskupa; pielgrzymkę kolejarzy z Katowic i Bielska-Białej oraz bardzo licznych pielgrzymów indywidualnych z całej Polski oraz emigracji: ze Szwecji, Francji i Stanów Zjednoczonych, w szczególności pielgrzymów z Chicago.

Ai gruppi italiani

Rivolgo un cordiale saluto a tutti i gruppi di lingua italiana, che sono venuti in pellegrinaggio per rinnovare la loro professione di fede sulle tombe degli Apostoli.

In particolare, desidero ricordare coloro che stanno seguendo il corso, organizzato dal Centro Internazionale della Gioventù Lavoratrice (Centro ELIS), e che provengono da parecchie Nazioni.

Nel rivolgervi un sincero augurio per lo studio che state compiendo in questo periodo, auspico che ritornando nei vostri Paesi portiate non soltanto il contributo delle specializzazioni acquisite, ma soprattutto lo spirito di unione, di solidarietà, di fraternità, che deve sempre animare i rapporti degli uomini e dei popoli.

A tutti la mia Benedizione Apostolica.

* * *

Rivolgo inoltre, il mio saluto ai numerosi gruppi di giovani, di ragazzi e di bambini, i quali sono venuti ad allietare con la loro vivace presenza questo incontro settimanale. Carissimi, sono lieto di vedervi, e vi ringrazio per la testimonianza di gioia e di fede, che voi qui portate.

La festa dell’Ascensione, che cade domani, anche se la celebrazioni è stata trasportata per l’Italia a Domenica prossima, vi insegni a sapervi elevare e a porre la vostra vita su un piano soprannaturale; vi insegni a considerare i destini ultimi che ci attendono e quindi a sapervi orientare verso i beni che non passano, senza lasciarvi impigliare nella rete dei piaceri ingannevoli, avendo sempre una visione dall’alto della vostra vita. Vi conforti la mia Benedizione.

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Anche  voi, ammalati, che partecipate a questa Udienza e a quanti soffrono nelle corsie di ospedali e nelle proprie case, desidero rivolgere la mia parola di conforto, di incoraggiamento e di partecipazione alla vostra sofferenza e alla vostra solitudine.

Anche voi guardate al Signore che sale in Cielo: egli porta con sé tutta l’umanità da lui redenta; porta anche le vostre sofferenze perché siano per voi titoli di merito davanti al Padre. Sappiate elevarvi spiritualmente, per non soffrire invano. In segno di affetto e di conforto vi imparto una speciale Benedizione.

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Un saluto speciale, infine, va agli sposi novelli. Carissimi, vi esprimo il mio apprezzamento per aver voluto suggellare l’inizio della vostra vita matrimoniale con la benedizione del Papa. Volentieri corrispondo al vostro proposito, esprimendovi l’augurio che la vostra vita si svolga sempre sotto il segno della gioia, dell’armonia e della grazia del Signore. La luce che si irradia dal mistero dell’Ascensione vi dia il senso vero della vita, che è fatta per salire ogni giorno verso la perfezione cristiana. Vi benedico invocando sulle vostre nascenti famiglie copiosi favori celesti.

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Desidero raccomandare alle preghiere di voi qui presenti e di tutti i cattolici sparsi nel mondo, il dialogo tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse. Oggi la commissione mista incaricata di questo dialogo si incontra nell’Accademia ortodossa di Creta e tratterà il tema del rapporto tra “Fede, sacramenti e unità”. Il Concilio Vaticano II ha con vigore affermato che proprio per mezzo dei sacramenti cattolici e ortodossi restiamo ancora uniti da strettissimi vincoli (cf. Unitatis Redintegratio, 15). Possa lo studio comune, la preghiera di tutti e il dialogo, franco e leale, far superare tutte le difficoltà ancora esistenti per ristabilire la piena unità e finalmente celebrare insieme l’Eucaristia del Signore.

 

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