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SANTA MESSA «STATIO ORBIS» A CONCLUSIONE
DEL 43° CONGRESSO EUCARISTICO INTERNAZIONALE DI NAIROBI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Uhuru Park - Nairobi (Kenya)
Domenica, 18 agosto 1985

 

Sua eccellenza il presidente della Repubblica del Kenya,
cardinal Otunga e fratelli tutti nell’episcopato,
cari mariti e mogli che rinnovate le vostre promesse matrimoniali,
cari fratelli e sorelle in Cristo,
diletti pellegrini di tutti i continenti del mondo.

1. “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto” (Gv 12, 24).

Queste parole furono pronunciate dal Signore Gesù mentre pensava alla sua morte. È lui in primo luogo quel “chicco di grano” che “cade in terra e muore” Il Figlio di Dio, della stessa sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, fu fatto uomo. Egli entrò nella vita degli uomini e delle donne comuni come il Figlio della Vergine Maria di Nazaret. E infine egli accettò la morte sulla croce come sacrificio per i peccati del mondo. Precisamente in questo modo il chicco di grano muore e produce molto frutto. È il frutto della redenzione del mondo, il frutto della salvezza delle anime, la potenza della verità e dell’amore come principio di vita eterna in Dio.

In questo senso la parabola del chicco di grano ci aiuta a capire il vero mistero di Cristo.

2. Nello stesso tempo, il chicco di grano che “cade in terra e muore” diventa la promessa del pane. Un uomo raccoglie dai suoi campi le spighe di grano che sono cresciute dal semplice chicco e, trasformando il grano raccolto in farina, con essa fa il pane che è nutrimento per il suo corpo. In questo modo la parabola di Cristo sul chicco di grano ci aiuta a capire il mistero dell’Eucaristia.

Infatti, all’ultima cena, Cristo prese il pane nelle sue mani, lo benedisse e pronunciò queste parole: “Prendete e mangiatene tutti: questo è il mio corpo offerto per voi”. Ed egli distribuì agli apostoli il pane spezzato che era divenuto in modo sacramentale il suo proprio corpo.

In modo simile egli compì la transustanziazione del vino nel proprio sangue, e, distribuendolo agli apostoli, disse: “Prendete e bevete, questo è il calice del mio sangue, il sangue della nuova ed eterna alleanza. Esso sarà versato per voi e per tutti in remissione dei vostri peccati”. E aggiunse: “Fate questo in memoria di me”.

3. È così che il mistero di Cristo ci è stato tramandato per il tramite del sacramento dell’Eucaristia.

Il mistero del Redentore del mondo che sacrificò se stesso per noi tutti, offrendo il suo corpo e il suo sangue nel sacrificio della croce. Grazie all’Eucaristia si adempiono le parole del nostro Redentore: “Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi” (Gv 14, 18).

Attraverso questo sacramento egli ritorna sempre da noi.

Non siamo orfani. Egli è con noi! Nell’Eucaristia egli porta a noi anche la sua pace, e ci aiuta a superare le nostre debolezze e i nostri timori. È proprio come egli aveva annunciato:

“Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore” (Gv 14, 27).

E quindi, fin dal principio, i discepoli e i testimoni del nostro Signore crocifisso e risorto “erano assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (At 2, 42).

Essi rimasero fedeli “nella frazione del pane”. In altre parole, l’Eucaristia costituiva il vero centro della loro vita, il centro della vita della comunità cristiana, il centro della vita della Chiesa.

Così è stato fin dal principio a Gerusalemme. Così è stato ovunque siano stati introdotti la fede nel Vangelo e l’insegnamento degli apostoli. Di generazione in generazione è stato così, fra popoli e nazioni differenti. Così è anche stato nel continente africano, fin dal primo momento in cui il Vangelo raggiunse queste terre per opera dei missionari, e produsse i suoi primi frutti in una comunità raccolta per celebrare l’Eucaristia.

4. Oggi questa comunità unita in Cristo si estende su quasi tutto il continente. Questa comunità di settanta milioni di persone è un grande segno della fecondità dell’Eucaristia; la potenza del Vangelo di Cristo è stata rivelata all’Africa. Dal sorgere del sole al suo tramonto, il nome del Signore è invocato sul suolo africano. I figli e le figlie dell’Africa trasmettono fedelmente gli insegnamenti degli apostoli, e l’Eucaristia continua a essere offerta per la gloria di Dio e per il benessere di ogni essere umano su questo continente. La grande rigogliosità della vita religiosa e l’esistenza di milioni di famiglie cristiane sono la prova che il chicco di grano ha prodotto molto frutto a gloria del sangue di Gesù e a onore di tutta l’Africa.

5. Un’altra espressione della maturità della comunità cristiana e della crescita della Chiesa è il fatto che per la prima volta un Congresso internazionale eucaristico ha luogo nel cuore del continente africano: il mondo intero ringrazia Dio per il 43° Congresso eucaristico internazionale di Nairobi.

Oggi questo Congresso tocca il suo apice. Da questa “Statio Orbis” l’Africa, unita attraverso i suoi vescovi, raccolta attorno al successore di Pietro, proclama davanti al mondo intero la verità salvifica dell’Eucaristia.

Questo Congresso è come un grande riflesso di quella prima comunità cristiana di Gerusalemme che fu “assidua nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nell’unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere” (At 2, 42).

Il mistero dell’Eucaristia è annunziato con gioia dal Congresso eucaristico davanti a tutta la Chiesa e al mondo intero.

Nel messaggio che questo Congresso annuncia al mondo c’è una forte e chiara eco delle parole di Cristo: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno” (Gv 6, 51).

6. Il messaggio del Congresso eucaristico contiene il mistero stesso dell’Eucaristia, un invito all’amore. Durante la prima Eucaristia, la sera prima di donare a noi la sua vita sulla croce, il nostro Salvatore disse ai suoi discepoli: “Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13, 34-35).

L’amore di Cristo, che è ricevuto come un dono, deve a sua volta essere dato come un dono. L’amore di Cristo, elargito a noi in abbondanza nel pane e nel calice, deve essere diviso con i nostri simili: con il nostro prossimo che è povero o senza casa, con il prossimo che è ammalato o si trova in prigione, con il nostro prossimo che appartiene a una differente tribù o razza o che non crede in Cristo.

7. L’invito di Cristo ad amarci, che ci viene ancora una volta rivolto in questo Congresso eucaristico, è indirizzato prima di tutto alla famiglia cristiana.

È come se il Signore parlasse a ogni singolo membro della famiglia. Mogli, che amiate vostro marito come Cristo ha amato voi. Mariti, amate le vostre mogli “come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa” (Ef 5, 25). “Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto . . . E voi, padri, non inasprite i vostri figli, ma allevateli nell’educazione e nella disciplina del Signore” (Ef 6, 1. 4). Prendete a modello la Sacra Famiglia di Nazaret: la purezza e l’amorosa tenerezza di Maria, la fedeltà e l’onestà di Giuseppe, e la sua dedizione al lavoro quotidiano, l’umiltà e l’obbedienza di Gesù.

E l’invito di Cristo all’amore assume un particolare rilievo nel campo dell’amore coniugale. La piena e indissolubile unione di marito e moglie si esprime al meglio nel reciproco dono di sé. Le coppie che cercano costantemente di amarsi e aiutarsi vicendevolmente partecipano in modo speciale della vita della santissima Trinità. Esse riflettono come uno specchio il sempre fedele amore di Dio per il suo popolo. L’amore matrimoniale è fecondo, e questa fecondità si mostra esemplare nei figli. E ogni figlio reca con sé un rinnovato invito ad amarsi con ancor più grande generosità.

8. Nutrire, vestire e prendersi cura di ciascun figlio richiede molto sacrificio e duro lavoro. Oltre a ciò, i genitori hanno il dovere di educare i loro figli. Come afferma il Concilio Vaticano II: “Questa loro funzione educativa è tanto importante che, se manca, può a stento essere supplita. Tocca infatti ai genitori creare in seno alla famiglia quell’atmosfera vivificata dell’amore e della pietà verso Dio e verso gli uomini, che favorisce l’educazione completa dei figli in senso personale e sociale. La famiglia dunque è la prima scuola delle virtù sociali, di cui appunto hanno bisogno tutte le società” (Gravissimum educationis, 3).

Mentre l’amore matrimoniale è unico nella sua più intima espressione di dono di sé, esso è anche caratterizzato dalla facoltà di accogliere generosamente i figli e di estendersi in sollecitudine e dedizione ai membri della famiglia allargata, alla comunità locale e all’intera società. La famiglia cristiana adempie a un ruolo chiave nelle piccole comunità cristiane e nella vita e nella missione della Chiesa. Mentre nessuna famiglia è immune dal peccato e dall’egoismo, e dalle tensioni che queste due cose provocano, ciò può essere perdonato e superato per l’intercessione dello Spirito Santo, e la famiglia può contribuire all’impegno della Chiesa per la riconciliazione, l’unità e la pace.

9. L’invito di Cristo all’amore, rivolto alla famiglia cristiana, può essere visto in una nuova prospettiva qualora considerato alla luce della prima lettura dell’odierna liturgia. Il Signore dice al suo popolo per mezzo del profeta Osea: “Ti farò mia sposa per sempre, ti farò mia sposa nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell’amore; ti fidanzerò con me alla fedeltà” (Os 2, 21-22).

La famiglia cristiana è chiamata ad essere un segno nel mondo dell’amore fedele di Dio per il suo popolo. Ma per far ciò, la famiglia cristiana è prima di tutto chiamata ad accogliere e a colmarsi dell’amore di Dio. Perché la famiglia è destinata dalla provvidenza ad essere una comunità in dialogo con Dio. È per questo che la preghiera e i sacramenti dovrebbero assolvere a un ruolo fondamentale nella vita familiare.

Importantissimo fra tutti è l’Eucaristia, nella quale l’alleanza d’amore di Cristo con la Chiesa è commemorata e rinnovata, e nella quale un marito e una moglie trovano forza e nutrimento per la loro stessa alleanza matrimoniale.

Il sacramento della Penitenza offre ai membri della famiglia la grazia necessaria per la conversione e per superare qualsivoglia divisione che il peccato abbia prodotto nella casa. “Mentre nella fede scoprono come il peccato contraddica non solo l’alleanza con Dio, ma anche all’alleanza dei coniugi e alla comunione della famiglia, gli sposi e tutti i membri della famiglia sono condotti all’incontro con Dio “ricco di misericordia”, il quale, elargendo il suo amore che è più potente del peccato, ricostruisce e perfeziona l’alleanza coniugale e la comunione familiare” (Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, 58).

La preghiera è essenziale nella vita di ogni cristiano, ma la preghiera della famiglia ha un suo posto speciale. Dal momento che essa è una forma partecipativa di preghiera, deve essere modellata e adattata alle particolarità e alla composizione di ciascuna famiglia. Poche attività influiscono su una famiglia quanto la preghiera in comune. La preghiera alimenta il rispetto per Dio e il rispetto reciproco. Essa pone le gioie e i dolori, le speranze e le delusioni, ogni evento e ogni situazione, nella prospettiva della divina misericordia e provvidenza. La preghiera della famiglia apre il cuore di ciascuno al Sacro Cuore di Gesù, e aiuta la famiglia a essere più unita, e ancora più pronta a servire la chiesa e la società.

10. L’Eucaristia è il sacramento della vita. Essa riempie l’animo umano di vita divina, ed è il pegno della vita eterna. Per mezzo dell’Eucaristia Cristo ci ripete continuamente le stesse parole che pronunciò durante la sua passione e morte: “Nella casa del Padre mio vi sono molti posti . . . io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io” (Gv 14, 2-3).

La celebrazione eucaristica ci eleva dalla routine della vita quotidiana. Essa guida ed eleva spiritualmente il nostro sguardo. L’Eucaristia ci aiuta qui e ora “tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede” (Eb 12, 2). Essa ci aiuta anche a tenere presente nella mente l’ultimo traguardo della corsa che iniziammo nel Battesimo, l’autentico scopo della nostra vita, il nostro destino ultimo. Cristo ci vuole con lui per sempre nell’eternità; ci vuole per sempre nella casa del Padre, dove ha preparato un posto per noi. L’Eucaristia accresce il nostro desiderio di pienezza di vita e unità in Cristo che troveremo nel cielo soltanto. E l’Eucaristia è una sicura promessa di ottenerla.

11. Cari fratelli e sorelle, cardinal Otunga e fratelli vescovi e sacerdoti, diletti religiosi uomini e donne, genitori, bambini e giovani, gente sola e anziani, tutti voi che prendete parte a questo Congresso eucaristico con la vostra presenza fisica o spirituale: la Chiesa di Gesù Cristo, che ha messo ovunque radici sulla terra, offre al mondo con gioia e gratitudine, per mezzo del mio ministero di Vescovo di Roma e successore di Pietro, il messaggio eucaristico di questo Congresso.

La Chiesa vede in questo Congresso un risultato importante di tutto il lavoro missionario e pastorale svolto fin dai primi tempi dell’evangelizzazione del continente africano, e per questo risultato essa loda e ringrazia il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

Allo stesso tempo, attingendo alla giovane e genuina fede dell’Africa, l’intera Chiesa desidera rinnovare il suo zelo missionario proprio come il Concilio Vaticano Il manifestò venti anni orsono; perché la Chiesa è per sua stessa natura missionaria! Possa Cristo nell’Eucaristia, come “il chicco di grano” caduto sul suolo d’Africa, produrre nel suo corpo, la Chiesa, molto frutto di vita eterna!

Amen.

 

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