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VISITA ALLA PARROCCHIA DEL SACRO CUORE DI GESÙ
AGONIZZANTE A VITINIA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 25 febbraio 1990

 

“Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6, 33).

1. Carissimi fratelli e sorelle, il discorso della montagna che ci ha accompagnati nella liturgia di queste prime domeniche del tempo ordinario, giunge oggi in certo senso alla sua conclusione. “Cercate prima il regno di Dio . . .”. Con queste parole Gesù vuole introdurre i suoi discepoli nella conoscenza di ciò che veramente conta e perciò deve essere posto a fondamento della vita personale e comunitaria.

Il regno di Dio! Annunciato già nell’Antico Testamento e pienamente rivelato in Cristo, esso si identifica col dono della comunione, alla quale Dio invita e ammette gli uomini che lo riconoscono nella verità e fedelmente lo servono. Un dono gratuitamente offerto, da accogliere nella fede come germe di vita nuova e da far crescere fino a che non giunga a maturazione, allorché Dio sarà tutto in tutti.

Un’esperienza, nella quale si è introdotti e si vive, nella misura in cui Dio e la sua volontà sono collocati al primo posto nella scala dei valori e degli obiettivi da perseguire. Un bene da desiderare e ricercare quotidianamente vivendo “secondo giustizia”, testimoniando nella propria vita la sovranità del padre celeste e orientando a lui e al suo progetto di comunione tutti gli avvenimenti e le realtà terrene.

2. Essere discepoli di Cristo comporta quindi l’impegno di compiere con coraggio la scelta prioritaria di Dio e del suo regno. Una scelta che consente a chi liberamente la fa, illuminato e guidato dallo Spirito, di realizzare tutto il resto: di discernere con sapienza evangelica ciò che veramente conta nella vita per costruire la comunione; di soppesare nel modo giusto, e cioè nell’ottica del progetto di Dio, i beni creati e la stessa attività umana.

Gesù pone dunque i suoi di fronte a una scelta radicale: o Dio e il suo regno, oppure la ricchezza, il potere e il successo. Quando tutte queste cose vengono considerate “beni assoluti”, si trasformano inevitabilmente in “idoli” e l’uomo finisce per diventarne schiavo. E “chi è schiavo delle ricchezze diventa schiavo anche di colui che il Cristo ha definito principe di questo mondo” (Giovanni Crisostomo, In Matth. Om., 21, 4). L’uomo perde così il senso pieno della sua esistenza, è diviso in se stesso e diviene artefice di divisioni e di ingiustizia nella società di cui è cittadino.

3. Il primato di Dio nella vita del discepolo esige da lui un atteggiamento interiore che appartiene al dinamismo stesso della fede: la fiducia in lui e l’abbandono alla sua volontà e alla sua provvidenza. Dio, infatti, è un Padre che ama i suoi figli ed è sollecito per il loro bene, così come è attento a tutte le sue creature: “nutre gli uccelli del cielo” e “veste i gigli del campo”, conferendo ad essi una bellezza e uno splendore che superano quelli delle corti di questo mondo.

Dubitare dell’amore di Dio, che è di gran lunga superiore alla tenerezza che una madre ha nei confronti del suo bambino, è un peccato. “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio del suo grembo? Anche se vi fosse una donna che si dimenticasse, io invece non ti dimenticherò mai” (Is 49, 15). Alla luce di questa fiducia sta la certezza che Dio è fedele, mantiene sempre le sue promesse e veglia su tutte le sue creature, dando a ciascuna il cibo a suo tempo. Egli è fedele nonostante le infedeltà degli uomini e le loro continue cadute nell’“idolatria”. È la “rupe” a cui bisogna aggrapparsi per essere salvati; è la “roccia” di difesa che consente di non vacillare e cadere (salmo responsoriale).

4. Tuttavia, il “non affannarsi” che Gesù chiede ai suoi discepoli non è affatto cieco fatalismo o attesa passiva di ciò che è necessario all’uomo per vivere; e neppure è un rifiuto d’impegnarsi a costruire un mondo più giusto e fraterno, lasciando ogni cosa all’azione di Dio. Tutt’altro!

Il cristiano, consapevole della sua responsabilità, vive, soffre e lavora come se tutto dipendesse da lui; al tempo stesso però, memore di questa rassicurante parola del suo Maestro, resta fiducioso e sereno, come se tutto dipendesse da Dio. Egli è, perciò, disposto a posporre ogni cosa al progetto di Dio e alla sua volontà. Il dovere prioritario di cercare il regno di Dio e la sua giustizia non elimina, dunque, ma potenzia e dà pieno significato all’attività del cristiano per la piena realizzazione di sé, l’integrale promozione dell’uomo e l’autentico sviluppo della società. “L’attività umana individuale e collettiva - ha ricordato il Concilio -, ossia quell’ingente sforzo col quale gli uomini nel corso dei secoli cercano di migliorare le proprie condizioni, corrisponde al disegno di Dio . . .” (Gaudium et spes, 34).

5. Carissimi fratelli e sorelle della comunità parrocchiale di Vitinia, il Sinodo pastorale diocesano deve costituire per voi e per tutta la Chiesa di Roma un importante momento di verifica: occorre cioè esaminare se e come l’insegnamento di Gesù, che abbiamo appena ascoltato, è accolto e vissuto da coloro che si professano suoi discepoli. Ciascuno dovrà perciò interrogarsi: Cerco davvero prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia, oppure cedo alla tentazione dell’“idolatria”, che rende schiavi e genera schiavitù intorno a me? Il mio lavoro e tutte le mie azioni sono fondati sulla fiducia in Dio e orientati alla costruzione del regno di Dio nella società?

Il Sinodo chiede a tutti un corale “esame di coscienza” a tale riguardo. Da esso - se preso sul serio - matureranno nuove scelte e impegni più decisi per una maggiore fedeltà a Dio e alla sua parola e ne verrà un impulso più forte alla testimonianza evangelica e quindi a una “nuova evangelizzazione”.

Si vive oggi in un clima di secolarismo, che fa perno più sull’“avere” che sull’“essere”. Ciò crea in molti una sete mai paga di possesso e una corsa sfrenata verso la ricchezza, considerata talvolta come unico fattore per contare nella società. D’altra parte lo sviluppo disordinato e il consumismo esasperato ingenerano la convinzione che si valga in base a ciò che si produce e a ciò che si possiede. Sono le nuove forme del peccato di idolatria, che mentre cancellano Dio dall’orizzonte della propria vita, determinano anche situazioni drammatiche di emarginazione e di ingiustizia, che sono in aperto contrasto col regno di Dio e col progetto di fraternità e di comunione rivelatoci da Cristo, e per il quale egli ha dato la vita.

6. In questo contesto il ruolo dei cristiani nella comunità degli uomini diventa determinante. Si tratta di superare la logica diffusa dell’affanno e dell’accumulo dei beni materiali, la brama del successo ad ogni costo e del potere senza scrupoli, la tentazione di traffici illeciti per arricchire sempre di più.

Ciò è possibile solo a chi si fida di Dio e crede nella sua sovranità e nella sua provvidenza. Egli assume di fronte alle cose un atteggiamento di libertà interiore: si serve di esse per la gloria di Dio e per costruire una convivenza umana più giusta e fraterna e non ne rimane asservito.

7. Pericolo grave per molti cristiani che vivono in una società pluralistica è quello del compromesso. Formalmente ed esplicitamente Dio non viene eliminato dall’orizzonte dei propri interessi, anzi si cerca in qualche modo di rispettare e onorare il suo nome con atti di culto e di ossequio. Solo che tutto questo lo si vorrebbe poi accordare con scelte e comportamenti di vita che obbediscono ad altri criteri: quelli dell’interesse, della ricchezza e del potere. Ciò contraddice totalmente il messaggio che abbiamo appena ascoltato.

Gesù lo afferma con chiarezza e con forza: Dio non sopporta la coabitazione dell’idolo accanto a lui. “Io sono il Signore tuo Dio: non avrai altri dei di fronte a me” (Es 20, 2). Egli non tollera nessun comodo compromesso tra il bene e il male: non sopporta cuori e comunità divisi. O Dio o il denaro; o la giustizia che rende figli di Dio o l’ingiustizia che produce il peccato e la divisione; o il regno di Dio o il regno dell’uomo. “Nessuno può servire due padroni . . .” (Mt 6, 24).

Una testimonianza di fedeltà e di coerenza, di distacco e di servizio, è richiesta a tutti i cristiani, ma particolarmente a coloro che hanno pubbliche responsabilità nella vita sociale e politica. Ad essi è richiesta una fede robusta, che non sia smentita sul piano dei fatti; è richiesta la trasparenza nella gestione dei beni di tutti; il rigore morale che non sopporta compromessi e l’impegno generoso - anche se non sempre compreso - per il bene comune.

Il Sinodo attende anche da questi un contributo forte e concorde per l’integrale promozione umana, che è strettamente connessa con l’evangelizzazione.

8. Carissimi fratelli e sorelle di Vitinia! Di fronte a compiti tanto ardui e non conformi al corrente modo di pensare e di agire, potreste provare un senso di timore e di scoramento. Vi sostenga la certezza che l’amore fedele di Dio e la sua provvidenza vi accompagnano. Il Papa è qui, tra voi, per portarvi la sua parola di incoraggiamento e di sostegno. Ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio. Coraggio, dunque!

Sono lieto di vedervi numerosi a questa celebrazione eucaristica. A tutti rivolgo il mio saluto cordiale, con un particolare pensiero per il signor cardinale vicario e per il vescovo ausiliare del settore, mons. Clemente Riva. Saluto pure il vostro parroco, don Marino Bruno, con i sacerdoti e il diacono che lo coadiuvano. Una parola di apprezzamento rivolgo pure alle religiose dei due Istituti presenti sul territorio, esortandole a perseverare nella loro testimonianza evangelica e nella collaborazione alle molteplici attività della parrocchia.

Un saluto particolarmente caloroso va, poi, ai laici impegnati negli organismi parrocchiali, nelle associazioni, nei gruppi, nei movimenti. La comunità ha bisogno del vostro apporto generoso per raggiungere un più intenso spirito di solidarietà, grazie al quale affrontare e risolvere i problemi che la angustiano. Di voi ha bisogno la parrocchia per far risuonare l’annuncio evangelico nei diversi ambienti e farlo giungere anche agli indifferenti e ai lontani. Occorre ritrovare fiducia nella potenza liberatrice della parola di Dio e riproposta al mondo non contando sulle proprie capacità di convincimento ma sulla forza rinnovatrice che da essa si sprigiona.

“Confida sempre in lui, o popolo; davanti a lui effondi il tuo cuore. Il potere appartiene a Dio; tua, Signore, è la grazia” (salmo responsoriale). Sì, la grazia di Dio è con voi, carissimi fedeli di Vitinia. Con voi essa rimanga sempre, affinché il regno di Dio e la sua grazia siano in cima ai vostri pensieri e al centro delle vostre anime di discepoli del Signore nella città degli uomini! Amen.

 

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