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VIAGGIO APOSTOLICO IN TANZANIA, BURUNDI, RWANDA E YAMOUSSOUKRO

SANTA MESSA NEL «KILIMANJARO STADIUM»

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Moshi (Tanzania) - Mercoledì, 5 settembre 1990

 

“La Buona Novella della Salvezza ha inondato il mondo di luce”.  

Cari fratelli e sorelle,

1. Questa celebrazione Eucaristica è un grande inno di ringraziamento per il dono della salvezza che giunge a noi da Dio attraverso Gesù Cristo. Qui, a Moshi, noi rendiamo grazie a Dio perché la Buona Novella della salvezza ha raggiunto tutta questa regione a nord-est della Tanzania, fino a Chaggaland.

Il Vangelo di Giovanni ci dice che “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito” (Gv 3, 16). La salvezza è l’opera dell’amore di Dio. Ed è proprio questo amore che è stato rivelato in Gesù Cristo, Figlio unigenito di Dio. Nella sua persona, attraverso la sua Croce e la sua Resurrezione, la promessa della salvezza è divenuta realtà. Questo grande mistero è enunciato nel tema di questa Liturgia: “La Buona Novella della Salvezza ha inondato il mondo di luce”.

La luce salvatrice di Cristo apparve per la prima volta in questa regione un secolo fa.

È una grande gioia per me celebrare insieme a voi il centenario dell’evangelizzazione di questa parte della Tanzania. Desidero ringraziare il Vescovo Amedeus Msarikie per le sue gentili parole di benvenuto. Saluto inoltre il vostro Arcivescovo Metropolita Cardinale Laurean Rugambwa, gli altri Vescovi presenti, e tutti voi, sacerdoti, religiosi e laici della Diocesi di Moshi e delle diocesi vicine e altri che provengono dal Kenya e dallo Zambia. Il mio grande e rispettoso saluto va anche ai Rappresentanti dei Governi Regionali e Municipali e ai capi di Partito che oggi hanno voluto onorarci con la loro presenza.

È giusto che insieme lodiamo il Signore per gli abbondanti frutti dell’attività missionaria, passata e presente, per il dono della salvezza che ha trovato dimora nei cuori dei figli e delle figlie di questa terra.

2. Quando noi siamo testimoni dell’opera qui compiuta da Dio, quando consideriamo i doni meravigliosi della grazia che riempiono la vita della vostra Chiesa locale, dobbiamo chiederci: da dove sono venuti?

Nella lettura del Vangelo di oggi, l’Evangelista Matteo ci conduce in Galilea, sulla montagna dove Cristo Risorto disse ai suoi Apostoli: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra” (Mt 28, 18). Questo è lo stesso Cristo che prima essi avevano visto crocifisso e deposto nel sepolcro. Ora, lo vedono parlare, nel suo corpo glorificato, nella gloria della Risurrezione, che è la fonte del suo potere “in cielo e in terra”. Questo potere è il potere di ordinare. È il potere di giudicare. Ma è, sopra ogni altra cosa, il potere di salvare. In virtù di questo potere, Cristo manda gli Apostoli in tutte le Nazioni del mondo: “Andate . . . e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28, 19).

Ma questo non è tutto. La nostra lettura degli Atti degli Apostoli getta una luce ulteriore sulla diffusione del Vangelo. Prima di tornare al Padre, mentre era a tavola con gli Apostoli, Cristo Risorto disse loro: “Voi sarete battezzati in Spirito Santo, fra non molti giorni” (At 1, 5). Sappiamo che queste parole furono realizzate nel giorno della Pentecoste, quando il potere salvifico di Cristo venne trasmesso agli Apostoli e alla Chiesa.

Gesù disse: “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (At 1, 8).

E alla luce della storia, noi possiamo aggiungere: “Voi mi sarete testimoni in Tanzania”. sì, anche in Tanzania. Il Vangelo e il dono della salvezza sono giunti qui, come giunsero ovunque - iniziando da Gerusalemme, dalla Giudea e dalla Samaria - per mezzo dei testimoni di Cristo che vennero fortificati dallo Spirito Santo. Oggi la Chiesa in Moshi rende grazie per la luce del Vangelo, per la Buona Novella della salvezza. Da dove sono venuti questi doni, se non da quella montagna della Galilea? Essi hanno la loro sorgente nell’unico potere della Resurrezione, la cui pienezza appartiene a Cristo, Redentore del mondo.

3. Un secolo fa, i Padri dello Spirito Santo Commenginer e Le Roy, sotto il loro Vescovo, J. M. de Courmont, decisero di edificare una missione a Kilema. E fu da lì che la Chiesa Cattolica si diffuse nelle altre aree che costituiscono oggi la Diocesi di Moshi, iniziando da Kibosho nel 1892 e Rombo-Mkuu nel 1896. Come i primi Apostoli, questi missionari furono mossi dallo Spirito Santo, da cui il loro Istituto Missionario prese il nome. La loro storia, e la storia degli altri missionari che li seguirono, è una lezione di pazienza, di perseveranza e di umiltà, di fronte alle molte difficoltà, ai pericoli, alle prove. Ma è anche una storia piena di quella fiducia e di quella gioia descritte dal Salmista che scrive: “Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo. Nell’andare, se ne va e piange, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con giubilo, portando i suoi covoni” (cf. Sal 125, 5-6).

Voi, cari fratelli e sorelle, siete il felice raccolto del lavoro dei missionari; voi siete la nuova creatura dello Spirito Santo, che scese sugli Apostoli nel giorno della Pentecoste affinché “la Buona Novella della salvezza” potesse “inondare il mondo di luce”. Ed ora, per mezzo della Provvidenza, che fa si che il Vangelo avanzi attraverso il tempo e lo spazio, è il vostro momento di divenire testimoni di Cristo nella Diocesi di Moshi, in Tanzania, nel Continente Africano e “fino agli estremi confini della terra”.

4. “La Chiesa peregrinante per sua natura è missionaria” (Ad gentes, 2) ed, evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda (cf. Evangelii nuntiandi, 14). Ognuno di noi, cari fratelli e sorelle, è chiamato a predicare il Vangelo, “perché la parola del Signore si diffonda e sia glorificata come lo è anche tra voi” (cf. 2 Ts 3, 13). I Vescovi e i loro collaboratori nel sacerdozio, svolgono un ruolo speciale nel condurre a Cristo nuovi discepoli; ma anche i religiosi, uomini e donne, e tutti i laici devono ardere dello stesso zelo. Tutti sono chiamati a rendere al Redentore del mondo una testimonianza che sia viva, efficace, entusiasta (cf. Ad gentes, 21).

Perché questo possa verificarsi, è necessario un vero spirito “Cattolico” che superi ogni confine nella sua determinazione a portare Cristo tra quanti sono vicini e quanti sono lontani: Questo tipo di Cattolicità esprime se stesso nella preghiera per le necessità della Chiesa universale, nell’aiuto materiale, nello scambio di personale, e nella cooperazione nelle opere di evangelizzazione, a livello locale, nazionale ed internazionale.

È una manifestazione dell’amore vero della Chiesa, il fatto che, nonostante i vostri numerosi bisogni, molti sacerdoti e religiosi di Chaggaland prestino la loro opera in altre regioni e Paesi. In questo modo, il ruolo svolto dalla Chiesa in questa regione è parte effettiva della missione di Cristo: “Voi mi sarete testimoni . . . fino agli estremi confini della terra” (At 1, 8).

Desidero rivolgere speciali parole di incoraggiamento alle Sorelle Religiose che sono così numerose, e svolgono un servizio di importanza vitale per la Chiesa della Tanzania. Care Sorelle, la testimonianza della vostra vita consacrata e del vostro operato d’amore, arricchisce di enorme vigore la comunità Cristiana e appare come un emblema sfavillante del regno dei cieli (cf. Perfectae caritatis, 1). Non perdete mai il coraggio e non cessate mai di rendere grazie per la vostra chiamata speciale e misteriosa nel cuore della Chiesa. Possa Dio benedire ognuna di voi e accrescere il vostro nucleo, per adempiere a tutto ciò che ancora resta da fare.

5. La stessa testimonianza che gli Apostoli resero a Cristo risorto - e che è al cuore stesso dei duemila anni di storia delle “missioni” nella Chiesa - è l’obbiettivo principale con cui si confronta la Chiesa in Africa. Un’Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi esaminerà modi e mezzi con cui i Cristiani del Continente possono raccogliere la sfida dell’evangelizzazione all’approssimarsi del nuovo millennio. I Vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i laici della giovane Chiesa Africana sono oggi chiamati a fare sempre maggiore assegnamento sulle loro giovani energie, perché la conoscenza di Cristo sia più diffusa, affinché “La Buona Novella della Salvezza inondi il mondo di luce”.

La Chiesa sa per esperienza che il contributo più durevole che può essere fatto alla diffusione della fede è vivere una vita profondamente cristiana nella quotidianità (cf. Ad gentes, 36). Una Chiesa locale si rivela efficace strumento di evangelizzazione nella misura in cui essa ha fatto realmente proprio il Vangelo “in modo vitale, in profondità e fino alle radici” (Evangelii nuntiandi, 20). Perché questa testimonianza sia fruttuosa, è necessario trasmettere con le parole e con le azioni quel vero messaggio di fede e di vita morale che le prime generazioni di Cristiani accolsero con tutto il loro cuore. I molti santi e martiri delle giovani Chiese Africane dimostrano che quanto è stato portato avanti fin dai tempi apostolici, non deve essere sminuito se si vuole penetrare nel fertile suolo dell’Africa. La risposta eroica alle richieste di conversione e alla sfida del martirio rappresenta una pagina gloriosa nella storia delle vostre Chiese particolari.

Nello stesso tempo, dovete confrontarvi con la sfida di accogliere e diffondere il messaggio del Vangelo in maniera autenticamente africana. Ogni popolazione, ogni lingua della terra è chiamata a professare e ad esprimere “nel suo proprio linguaggio” (cf. At 2, 8) il Vangelo della salvezza (cf. Lineamenta per l’Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, 47). Sotto la guida dei Vescovi e in completa comunione con la Chiesa universale, le giovani Chiese giustamente “attingono” alle consuetudini e alle tradizioni delle loro genti, alla loro saggezza e ai loro insegnamenti, alle arti e alle scienze, e a tutto quanto rende più accessibili le verità della fede e fornisce una più approfondita esperienza della grazia e favorisce una buona organizzazione della vita cristiana (cf. Ivi, 49; Ad gentes, 22). Illuminati e purificati dal Vangelo e assunti nell’unità Cattolica, questi elementi della vita locale rappresentano una meravigliosa ricchezza per tutta la Chiesa. Possa Maria, Madre del Redentore, preparare i fedeli dell’Africa ad una nuova effusione dello Spirito Santo, così come la sua presenza tra i discepoli preparò la prima Pentecoste nel Cenacolo di Gerusalemme.

6. La mia visita pastorale in Tanzania sta per terminare e desidero ringraziare tutti i Tanzaniani. Ho trascorso questi giorni fra di voi, rendendo continuamente lode a Gesù Cristo Nostro Signore per la grazia che è in voi; per il modo gioioso con cui adorate Dio e vi riunite in associazioni; per la vitalità delle vostre Diocesi e delle vostre Parrocchie, delle vostre associazioni e movimenti; per la promessa che voi offrite in favore della venuta del regno di Cristo su questa terra. Generata dall’opera missionaria, la Chiesa della Tanzania consegue ora la sua maturità, divenendo essa stessa missionaria. Non è forse questo il ringraziamento più grande che può essere reso a Dio per i doni del secolo passato: che voi, che così chiaramente avete recepito la Buona Novella, dobbiate ora trasmetterla agli altri? Proseguite per raccogliere la grande sfida dell’evangelizzazione, confidando nella promessa del Signore: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20).

Cristo è con voi.

Il Vangelo è con voi.

La luce della salvezza è con voi.

Possa Dio rafforzarvi in questa convinzione e benedirvi come testimoni della verità del suo amore salvifico, fino a quando tutte le genti d’Africa potranno gioire e proclamare: “La Buona Novella della Salvezza ha inondato il mondo di luce”. Amen.

Il Santo Padre ha poi aggiunto le seguenti parole:

Vi ringrazio molto, fratelli e sorelle, per questa celebrazione ai piedi del Kilimanjaro. Il Kilimanjaro è una montagna che rappresenta l’Africa. Nelle Sacre Scritture le montagne sono sempre state un segno della presenza Divina. Nell’Antico Testamento, il Sinai; nel Nuovo, il Calvario.

Così questa ultima celebrazione in Tanzania è piena di significati . . . è una celebrazione di grazie per questi cento anni di evangelizzazione, è una celebrazione per una nuova missione in Africa ed in ogni parte del mondo . . . per ognuno di noi . . . voi qui in Tanzania e per noi che veniamo da Roma, e specialmente per il Vescovo di Roma.

Conserviamo nella memoria il Segno del Kilimanjaro, noi continueremo ad essere uniti con ognuno di voi, miei fratelli Vescovi e sacerdoti, fratelli nella consacrazione, miei fratelli e sorelle nel Battesimo . . . continueremo assieme a voi ad essere testimoni di Cristo.

Grazie per questo meraviglioso dono che viene da voi per il Papa.

 

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