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VIAGGIO APOSTOLICO IN BRASILE

CELEBRAZIONE DELLA PAROLA PER I
FEDELI DELL'ARCIDIOCESI DI MACEIO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

«Conjunto Virgem dos Pobres» (Maceio) - Sabato, 19 ottobre 1991

 

1. “Andate anche voi nella mia vigna” (Mt 20, 4).

Così dice nel Vangelo il padrone della vigna, agli operai che assume per lavorare in diverse ore del giorno. Così dice anche, sin dall’inizio della storia dell’uomo sulla terra il Dio - creatore, il Signore Assoluto dell’universo: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela” (Gen 1, 28). Questa frase del libro della Genesi indica le linee essenziali della vocazione dell’uomo sulla terra: famiglia e lavoro. Infatti tutti gli uomini e le donne devono nascere e crescere in una famiglia, che trova il sostentamento nel lavoro dei suoi membri.

“Andate a lavorare!” dice il Divino Signore alle generazioni sempre nuove, nei diversi momenti della storia e nei più diversi luoghi in cui abita l’essere umano. Anche qui, in questo grande e vasto Paese, patria di tante generazioni, del passato del futuro e di oggi, Egli ripete: “Andate anche voi nella mia vigna”. A tutti, Egli ripete: “Andate a lavorare nella mia vigna”.

2. Il lavoro, la vocazione al lavoro, è la vocazione di tutti gli uomini. L’uomo deve prender parte all’opera di creazione di Dio, deve completarla in modo creativo, trasformando la natura sulla base delle sue necessità e dei suoi obiettivi, “umanizzando” l’enorme materia del mondo creato, secondo la volontà del creatore e secondo le leggi che Egli ha dato alla creazione. L’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio, deve riflettere questa somiglianza attraverso il lavoro e la sua intelligenza. “La gloria di Dio è l’uomo vivo” (S. Ireneo, Adversus haereses, IV,20,7: PG 7,1057). Tutto il creato visibile, tutto il mondo materiale chiama l’uomo a glorificare il Creatore svolgendo il compito che Egli gli ha affidato: Andate a lavorare nella mia vigna!

3. Entriamo così nel tema che ci ha condotto oggi qui, nel quale si uniscono due temi di importanza capitale per l’uomo: il lavoro e l’alloggio. Il lavoro umano deve rivestirsi di amore soprattutto in quel piccolo spazio vitale, in cui gli uomini vivono in comune come famiglia: la coppia e i figli. Vi è uno stretto collegamento fra il lavoro e la casa. L’uomo ha una dimora, per lavorare. Ma, allo stesso tempo, l’uomo lavora per avere una dimora, per raggiungere le condizioni per rivestire di amore la sua vita nel focolare domestico.

Il Concilio Vaticano II ha affermato che “con il lavoro, l’uomo ordinariamente provvede alla vita propria e dei suoi familiari, comunica con gli altri e rende servizio agli uomini suoi fratelli, può praticare una vera carità e collaborare con la propria attività al completarsi della divina creazione” (Gaudium et spes, 67). Queste condizioni ideali conferiscono al lavoro umano un valore e una dignità tali che lo rendono capace di accostarsi a quello che lo stesso Cristo ha compiuto nella sua umile casa di Nazaret. Il Signore ci ha insegnato il senso profondo di questa verità, oggi, senza dubbio, patrimonio comune della nostra fede, e il Concilio l’ha promulgata definitivamente, chiamando tutti alla santità nel mondo attraverso il proprio lavoro. Perché, allora, questo sembra, a volte un sogno irrealizzabile, un’utopia?

Pensiamo ai problemi del lavoratore rurale che attraversa grandi difficoltà e incomprensioni a causa della mancata applicazione delle leggi sociali, da parte dei proprietari terrieri. Abbandonati e senza l’appoggio di coloro che, giustamente, dovrebbero aiutarli, la gran parte dei poveri che lavorano nei campi, sente la mancanza di condizioni adeguate per far crescere, nella propria casa, la speranza di una vita migliore e più dignitosa. La vita del lavoratore urbano non si differenzia molto da quella degli altri lavoratori. L’esodo dalle campagne verso le grandi città, con lo spaventoso aumento delle “favelas”, senza la dovuta assistenza ospedaliera e scolastica, la difficoltà di trovare un impiego fisso e i bassi salari, sono problemi comuni che ci sfidano e dimostrano una completa ignoranza del senso cristiano della vita. E che dire dei disoccupati, dei minori abbandonati, vittime premature del vizio della droga che riserva loro una morte crudele e implacabile!

Cari fratelli, care sorelle, è forse possibile che ancora oggi risuoni il grido del Re Davide durante la sua prigionia: “Nessuno mi riconosce. Non c’è per me via di scampo, nessuno ha cura della mia vita” (Sal 141, 5)? È pur vero che vi sono esempi di cittadini, uomini e donne, disposti, sia nelle campagne che in città, a non lasciare che siano abbandonati i loro fratelli che vivono in povertà, senza un lavoro ed un tetto. Di certo, Dio Nostro Signore li ricompenserà per la loro sensibilità verso i problemi dei loro simili, solidarizzando, attraverso misure concrete, non risparmiando sforzi per la promozione sociale, nella città e nei campi, dei lavoratori e delle loro famiglie.

4. No, cari brasiliani, non è un’utopia!

Dio vuole che gli uomini vivano come fratelli!

Permettetemi di insistere sul tema della Campagna di Fratellanza proposto dall’Episcopato brasiliano per quest’anno: Solidali nella dignità del lavoro! Nel Messaggio trasmesso dalla televisione, dicevo a tutti che “l’uomo deve cercare di affrontare il proprio lavoro, non solo come strumento indispensabile per il progresso della società e come mezzo più efficace per i rapporti umani, ma anche come segno dell’amore di Dio verso le sue creature e dell’amore degli uomini fra loro e verso Dio”. Ma come potrà verificarsi questo se non vi saranno donazione reciproca, generosità solidarietà?

Quando si pensa che tutti hanno il diritto di conseguire i beni necessari per una vita dignitosa e raggiungere il loro fine predestinato da Dio, si comprende l’angoscia, e persino l’impazienza, di molti cittadini del vostro Paese che non si rassegnano all’ingiustizia personale e sociale in tanti settori della società. Tutti sentono l’esigenza che si faccia giustizia e che venga applicata la legge, che i beni della terra siano distribuiti e che le vite umane siano rispettate. Esse sono sante poiché vengono da Dio, e non possono essere trattate come semplici cose, mediante innumerevoli forme di intolleranza e di discriminazione. Tutti reclamano un alloggio dignitoso, condizioni di lavoro tutelate da leggi giuste ed effettivamente rispettate, una politica di riforme efficace, un servizio ospedaliero e un’assistenza per la vecchiaia giusta e responsabile. Noi cristiani, come esigenza della nostra fede e della nostra fedeltà a Cristo, che ci mostra il suo volto divino nel povero, nell’affamato, nell’uomo della strada o nel detenuto, dobbiamo essere i primi in questa missione. Essa non ha motivazioni ideologiche o politiche. È l’espressione del nostro amore e servizio a Cristo attraverso i nostri fratelli. Solo così, la famiglia brasiliana potrà essere quella “chiesa domestica”, dove regneranno la pace e l’armonia, diventando la culla di una società cristiana.

5. Cari fratelli e sorelle di Alagoas e del Brasile!

Dalla vostra bella terra che ha dato tanti figli illustri alla patria, desidero elevare a Dio la mia preghiera per l’uomo brasiliano che ha bisogno di un lavoro e di un tetto. Dio illumini tutti, in modo particolare coloro che conducono i destini del Paese, affinché trovino vie sagge ed efficaci per la soluzione del problema del lavoro e dell’alloggio. Un paese così giovane ha bisogno ogni anno di veder aumentare i posti di lavoro. Un paese con un simile andamento demografico, necessita con urgenza di una politica dell’alloggio intelligente, basata sul fatto evidente che la casa non è una cosa in più, bensì una componente fondamentale di qualsiasi politica autentica! Ricambio di tutto cuore le parole di saluto che attraverso voi ha inviato il Signor Presidente della Repubblica. Tutti sentiamo la sua presenza qui.

 Ringrazio il caro fratello nell’Episcopato, Mons. Edvaldo Gonçalves Amaral e tutti i Vescovi qui presenti per l’accoglienza fraterna al Vescovo di Roma e Successore del Principe degli Apostoli. Mi congratulo con l’Arcidiocesi di Maceió, in occasione del novantesimo anniversario della sua istituzione, con l’insediamento del primo Vescovo di Alagoas Mons. Antônio Brandao. Possa la continuità dell’operato di esimi Pastori essere di stimolo ai miei fratelli per proseguire sulla via da loro intrapresa.

Questa celebrazione della Parola ha come scenario questo complesso abitativo che ha ricevuto il suggestivo nome di “Virgem dos Pobres”. Il Papa è felice di essere fra voi, cari sorelle e fratelli che abitate qui. Il nome del vostro quartiere mi richiama alla mente una presenza costante nella mia vita e nel mio ministero: la Vergine Maria! Che Ella, che in questa città è venerata in modo speciale, con l’appellativo di Nossa Senhora dos Prazeres, vi benedica tutti! Possa, la sposa di Giuseppe, il falegname di Nazaret, la Madre di Gesù, proteggere tutti i lavoratori di Alagoas e del Brasile!

Ella, che non ha trovato una casa dove poter dare alla luce suo figlio Gesù, non permetta che continui a mancare un alloggio dignitoso per le famiglie brasiliane. Che Ella vi faccia sentire sempre la sua protezione materna! Con la sua intercessione, benedico tutti coloro che sono impegnati nella causa del Vangelo di Cristo in questa diocesi, laici, sacerdoti, religiose e religiosi, diaconi e i seminaristi speranza della Chiesa di Alagoas. Desidero, infine, che questa benedizione scenda su tutte le autorità qui presenti, come i Governatori di Alagoas e di Ergife, affinché Dio gli dia la forza necessaria per servire il popolo brasiliano.

Dio vi benedica tutti!

6. “Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore:

Chiama gli operai e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi” (Mt 20, 8).

La parabola degli operai della vigna ha come tema il lavoro dell’uomo, che secondo i principi della giustizia richiede un’adeguata retribuzione. Ma, al tempo stesso, questa parabola presenta l’immagine della vita dell’uomo sulla terra nel suo insieme. La vita dell’uomo nel suo insieme si orienta verso la giustizia definitiva, che è superiore a quella terrena. Noi crediamo, e questa è una delle verità fondamentali della fede, che Dio premi il bene e castighi il male. Il criterio per accedere alla gloria del suo Regno è il servizio al fratello bisognoso, presenza viva di Cristo fra noi, nell’amore e nella giustizia (cf. Mt 25, 31-46).

La parabola del Vangelo conferma questa verità. Ma, al tempo stesso, la supera. Così si spiega il perché gli operai della prima ora reclamassero, poiché non ricevevano un salario maggiore. Ciò che Dio, Signore della grande vigna della storia, vuole offrirci, nell’eternità del suo Regno, supera qualsiasi confronto con la giustizia terrena. “Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano” (1 Cor 2, 9). Questo è, senza dubbio, il dono soprannaturale, il dono della partecipazione alla vita intima della Santissima Trinità, quando ci troveremo al cospetto di Dio.

7. Cari fratelli e sorelle, vogliate accogliere l’esortazione che San Paolo rivolgeva ai Colossesi, e che oggi ripete per noi: “E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre” (Col 3, 17).

Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che quale ricompensa riceverete dal Signore l’eredità” (Col 3, 23).
Sì. Riceverete l’eredità!
“Servite a Cristo Signore”! (Col 3, 24).
Amen!

 



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