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VISITA PASTORALE A PALERMO

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA NELLO STADIO DELLA «FAVORITA»

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Palermo - Giovedì, 23 novembre 1995

 

1. “Ecco la dimora di Dio con gli uomini!” (Ap 21, 3).

Le parole dell’Apocalisse richiamano il tema di questo III Convegno ecclesiale della Chiesa italiana. Il precedente, al quale ebbi la gioia di intervenire, si svolse a Loreto nel 1985; mentre il primo, che ebbe luogo a Roma, risale a quasi vent’anni fa, durante il pontificato del mio Predecessore, il Papa Paolo VI di venerata memoria.

Ci incontriamo oggi a Palermo. La liturgia orienta i nostri pensieri verso la realtà della Chiesa, che è al tempo stesso mistero di comunione e popolo del Dio vivente, in cammino attraverso la storia dei popoli del mondo intero verso la nuova Gerusalemme. Il destino della Chiesa è quel “nuovo cielo” e quella “nuova terra”, dove non vi sarà più morte, dove Dio asciugherà ogni lacrima e non vi sarà né lutto né sofferenza, poiché le cose di prima sono passate (cf. Ap 21, 4).

Ogni giorno, nella celebrazione del divin Sacrificio, i nostri pensieri si rivolgono verso questa Chiesa del Cielo, verso la comunione gloriosa dei Santi. Nella preghiera eucaristica ci uniamo all’intero popolo di Dio: a quanti sono già nella gloria celeste, a coloro che si stanno ancora purificando mentre tendono verso le dimore eterne, e a quelli in cammino nella storia. Ci uniamo con tutti questi nostri fratelli e sorelle, noi pellegrini sulla terra, consapevoli che la Chiesa è per noi il dono del Dio vivente.

2. L’apostolo Giovanni mostra nell’Apocalisse la città santa, la nuova Gerusalemme che scende dal cielo, da Dio (cf. Ap 21, 2).

Sì, la Chiesa, in Cristo “Lumen gentium”, è a sua volta luce delle nazioni. Questa luce le proviene incessantemente da Cristo stesso e fa sì che essa, popolo peregrinante sulla terra, diventi “Sposa di Cristo”, “una Sposa adorna per il suo sposo” (Ap 21, 2).

Contemporaneamente la Chiesa è la “dimora di Dio con gli uomini” (Ap 21, 3), nella quale tutti abitiamo e della quale tutti siamo in vario modo responsabili. Espressione di tale responsabilità ecclesiale è anche questo Convegno, nel quale la Chiesa che è in Italia si stringe intorno al Vescovo di Roma, Successore di Pietro, e con lui celebra il Sacrificio eucaristico.

L’odierna liturgia ci esorta a sentirci responsabili nei confronti della Chiesa. Conformemente all’esortazione del Profeta, siamo chiamati a verificare il nostro comportamento, dobbiamo in un certo senso presentare davanti al giudizio di Dio tutto ciò che fa la Chiesa in Italia. La prima Lettura, tratta dal Libro di Isaia, ci ha ricordato i criteri fondamentali che guidano il cristiano nel suo esame di coscienza. Il Profeta mette in rilievo che ciò che conta maggiormente è la carità operosa: “Se offrirai il pane all’affamato, se sazierai chi è digiuno, allora brillerà fra le tenebre la tua luce, la tua oscurità sarà come il meriggio” (Is 58, 10).

3. Queste parole profetiche costituiscono quasi un “preludio” a quanto la Liturgia ci dice nell’odierno Vangelo. Conosciamo bene il testo di san Matteo, questa grande visione del giudizio universale, in cui ciò che risulta decisivo è proprio l’amore. “Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi” (Mt 25, 35-36). Sono coloro ai quali il Giudice dirà: “Venite, benedetti del Padre mio” (Mt 25, 34).

Poi dirà a quelli radunati alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno” (Mt 25, 41). Perché? Perché il “conto” delle vostre opere è “negativo”: “Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato” (Mt 25, 42-43). È chiaro dunque che “alla sera della vita saremo giudicati sull’amore” (S. Giovanni della Croce, Parole di luce e d’amore, 59), sia nella dimensione personale che in quella sociale. Sarà, in un certo senso, un giudizio sui figli della Chiesa, per ciò che essi sono stati nel mondo. La Costituzione dogmatica conciliare Lumen Gentium viene infatti completata da quella pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et Spes.

4. Carissimi Fratelli e Sorelle, dopo l’incontro di stamane, durante il quale ho avuto modo di esprimervi i miei pensieri sull’attuale momento ecclesiale italiano, gioisco ora di ritrovarmi con voi in assemblea eucaristica. Vi saluto tutti con affetto! Abbraccio i Confratelli Vescovi, cominciando dall’Arcivescovo di Palermo, Cardinale Salvatore Pappalardo.

Grazie, Signor Cardinale, per le parole che mi ha rivolto all’inizio della celebrazione. Grazie per l’accoglienza della sua Palermo! Alla Chiesa palermitana e a tutte le Comunità dell’amata Sicilia va in questa Messa un affettuoso pensiero, accompagnato da una speciale preghiera propiziatrice di pace e di bene. Chiesa di Palermo, continua a proclamare senza tentennamenti il Vangelo della verità e della pace! Chiese della Sicilia, perseverate nella vostra missione senza paura né compromessi! Mostrate il volto di Cristo, donate a tutti il suo amore misericordioso. “E poi è con grande gioia che saluto i Delegati fraterni presenti a questa Celebrazione ed al Convegno ecclesiale”.

Carissimi Fratelli e Sorelle, qui convenuti da ogni parte d’Italia! So con quanta generosità ed entusiasmo siete tutti impegnati nell’annunciare e testimoniare il Vangelo. Docili all’azione dello Spirito Santo, in questi giorni non vi siete sottratti agli interrogativi di fondo. Con coraggiosa franchezza vi siete domandati: Che cosa sei, Chiesa italiana, nel mondo di oggi, nei riguardi della società nazionale e di tutti gli uomini che attendono il tuo aiuto? Come è la tua vita, discepolo e confessore di Cristo qui, in questa società, in questo Paese che si estende dalle Alpi alla Sicilia? Quanto sono attenti il tuo amore e la tua comprensione alle necessità spirituali e materiali di cui parla il testo di Matteo? Quanto fattivamente impegnati verso le sofferenze e le povertà dell’uomo contemporaneo?

Chiesa che sei in Italia, non dimenticare mai che tutto ciò che fai guidata dall’amore per un fratello o per una sorella, lo fai a Cristo! Ma ugualmente ciò che non fai per un fratello o per una sorella, lasciandoti condurre dall’egoismo, anche questo tu non lo fai a Cristo!

“Signore, – domandano i primi – quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?” (Mt 25, 37-39). Ed allo stesso modo i secondi chiedono spiegazioni. Cristo risponde ai giusti: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40). E agli altri: “Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me” (Mt 25, 45).

Forse in nessun altro luogo come nella parabola del giudizio universale si manifesta la verità che la Chiesa è cristocentrica. E non solo la Chiesa! La vita dell’umanità è cristocentrica! L’amore è cristocentrico! Questo è importante, in ogni epoca, sempre. Ma è particolarmente importante ora, all’approssimarsi del passaggio dal secondo al terzo millennio cristiano. Ci aiuta infatti a comprendere perché la Chiesa e l’umanità intera si preparino a celebrare i duemila anni dalla venuta di Cristo, che con la sua incarnazione “si è unito in certo modo ad ogni uomo” (Gaudium et Spes, 22).

5. “Ecco la dimora di Dio con gli uomini”.  

La Chiesa in Italia è chiamata a rendere grazie a Dio in modo particolare per la santa Casa di Loreto, per quel Santuario unico al mondo di cui ricorre quest’anno il 7 centenario e nel quale è custodita una singolare icona della presenza di Maria. È significativo che proprio quest’anno si siano incontrati a Loreto, in un grande pellegrinaggio, giovani provenienti da tutta l’Europa.

Quello lauretano è un Santuario mirabile. In esso è inscritta la trentennale esperienza di condivisione che Gesù fece con Maria e Giuseppe. Attraverso questo mistero umano e divino, nella casa di Nazaret è come inscritta la storia di tutti gli uomini, poiché ogni uomo è legato ad una “casa”, dove nasce, lavora, riposa, incontra gli altri. La storia di ogni uomo è segnata in modo particolare da una casa: la casa della sua infanzia, dei suoi primi passi nella vita.

Ed è eloquente ed importante per tutti che quest’Uomo unico e singolare, che è il Figlio unigenito di Dio, abbia pure voluto legare la sua storia ad una casa, la casa di Nazaret. Secondo il racconto evangelico, quella casa ospitò Gesù di Nazaret lungo l’intero arco della sua infanzia, adolescenza e giovinezza, cioè della sua misteriosa maturazione umana.

6. Tuttavia, non sono soltanto i trent’anni di vita di Gesù ad essere legati alla casa di Nazaret. Le dimensioni del mistero oltrepassano le sue mura e quel breve volgere di anni. Ascoltiamo ancora una volta le parole dell’Apocalisse, proclamate nell’odierna liturgia: “Io sono l’Alfa e l’Omega, il Principio e la Fine. A colui che ha sete darò gratuitamente acqua della fonte della vita. Chi sarà vittorioso erediterà questi beni; io sarò il suo Dio ed egli sarà mio figlio” (Ap 21, 6-7).

La casa del Figlio dell’uomo è dunque la casa universale di tutti i figli adottivi di Dio. La storia di ogni uomo, in un certo senso, passa attraverso quella casa. La storia dell’intera umanità in quella casa riannoda le sue fila.

La Chiesa che è in Italia, alla quale la Provvidenza ha legato il Santuario della casa di Nazaret, ritrova lì una viva memoria del mistero dell’Incarnazione, grazie al quale ogni uomo è chiamato alla dignità di figlio di Dio. Chiesa che cammini in Italia, rispondi fedelmente a questa chiamata! Il Convegno ecclesiale di Palermo, per intercessione della Vergine Maria, di san Francesco d’Assisi e santa Caterina da Siena, ti prepari a compiere con gioia e con amore il tuo servizio in questi anni che introducono al terzo millennio cristiano. Amen.  

Al termine della Santa Messa, il Papa, rivolgendosi ai fedeli, ha detto:  

Grazie Sicilia; grazie Palermo, grazie per la tua ospitalità. Lo dico nel nome di tutti quelli che hanno partecipato a questa Santissima Eucaristia. Qui sono rappresentate le Diocesi italiane attraverso queste croci. Lo dico nel nome di tutti i Pastori che hanno concelebrato questa Eucaristia con il Papa. Lo dico ringraziando. Sicilia, grazie! Saluto ancora quelli che hanno dovuto partecipare a questa Celebrazione Eucaristica fuori dello stadio, o anche attraverso la radio e la televisione.

Sia lodato Gesù Cristo!

 



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