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MESSAGGIO LETTO DAL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II
DURANTE LE ESEQUIE DEL
CARDINALE ANTONIO POMA

 

Desidero unirmi al dolore e alle preghiere di suffragio di quanti sono raccolti in codesta cattedrale per rendere l’estremo saluto ad un pastore buono e sapiente, la cui figura ha avuto grande rilievo nella vita della Chiesa in Italia, e che è stato per l’arcidiocesi bolognese una guida sicura e infaticabile nell’opera di evangelizzazione e di santificazione.

Ho avuto modo di conoscere e apprezzare il cardinale Antonio Poma durante il Concilio, specialmente quando insieme abbiamo collaborato nella medesima commissione alla preparazione dello schema della costituzione pastorale Gaudium et spes.

Come arcivescovo di Cracovia lo visitai a Mantova e poi a Bologna, dove mi accolse con fraterna amicizia. A Bologna lo incontrai di nuovo quando, come successore di Pietro, feci, nell’aprile del 1982, la visita pastorale che egli aveva desiderato e preparato con tanto ardore.

Il mio predecessore Paolo VI lo scelse come presidente della Conferenza episcopale italiana durante un decennio difficile, nel corso del quale egli diede prova di saggezza e di equilibrio, di zelo pastorale e amore alla Chiesa. Un decennio carico di tensioni, durante il quale l’episcopato italiano dovette affrontare non lievi problemi, sotto la sfida dei tempi, per rinnovare l’impegno e le forme del ministero pastorale alla luce del Concilio Vaticano II. Il cardinale Poma affrontò con tenacia e chiaroveggenza le istanze di quel decennio, sostenuto da un attento e rigoroso criterio teologico e da viva speranza nell’azione di Dio che agisce nella sua Chiesa.

Nel periodo della sua presidenza, caratterizzato da una serena, accogliente bontà e da un’avveduta saggezza, l’episcopato italiano ha svolto un intenso lavoro che si è concretizzato in un organico piano pastorale proposto al clero e ai fedeli, articolato su temi fondamentali, quali: evangelizzazione e sacramenti; evangelizzazione e promozione umana; evangelizzazione e ministeri. Egli visse questo servizio alla Chiesa guidato da una carica spirituale non comune. Schivo e restio a parlare di sé, poteva invece esprimere il suo animo, quando esponeva il suo pensiero sulle esigenze della missione sacerdotale alla luce delle istanze del nostro tempo.

Basterebbe citare, al riguardo, una sua espressione detta al Congresso eucaristico nazionale nel 1972 a Udine: “L’esperienza ci avverte quanto possa contribuire all’opera di salvezza la persona del ministro, che rende testimonianza con l’adesione non solo ai precetti, ma anche ai consigli evangelici, quasi a continuazione dell’invito e dell’esempio del Signore” (Il volto e lo spirito della Chiesa in Italia, p. 389). Sono parole rivelatrici della sua spiritualità e della sua intimità con Dio.

Il suo dialogo con il Signore, fattosi più contemplativo in questi ultimi anni di ritiro e di sofferenza, ora si è compiuto, come tutti speriamo, con l’incontro con Cristo risorto. La ricerca delle vie per l’annuncio del Vangelo, che fu il suo assillo lungo la strada del ministero, ora è diventata il canto del possesso della piena verità nella patria del cielo.

A quanti sono presenti alla celebrazione eucaristica nella città, che più di altre fu testimone della sua sollecitudine pastorale e a quanti sono uniti spiritualmente, invio la confortatrice benedizione apostolica, nella luce delle supreme certezze della fede.

Dal Vaticano, 27 settembre 1985.

GIOVANNI PAOLO II

 

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