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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELLA TOSCANA
IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"

21 dicembre 1981

 

1. Con senso di intima gioia rivolgo a voi il mio saluto cordiale, venerati fratelli nell’Episcopato, accogliendovi per questa visita “ad limina”, che il Diritto Canonico sancisce come un dovere per ogni vescovo della Chiesa cattolica, ma che la carità ecclesiale sollecita come singolare e preziosa espressione di quella “collegialità”, in forza della quale – come ha opportunamente sottolineato il Concilio Vaticano il Romano Pontefice, successore di Pietro, e i vescovi, successori degli Apostoli, sono uniti fra di loro” (Lumen Gentium, 22).

Siate, pertanto, i benvenuti, o degni Pastori delle arcidiocesi e diocesi dell’amata Regione Toscana, universalmente nota nel mondo per le suggestive bellezze del suo paesaggio, per i tesori insigni della sua arte, per le radiose figure dei suoi santi. L’animo sosterebbe volentieri, se il tempo non lo vietasse, a ragionare delle gloriose tradizioni, che hanno fatto grande la vostra terra in tutti i campi nei quali l’uomo esprime la forza creatrice del suo spirito immortale. Sia lecito qui menzionare, almeno, alcuni dei nomi, che le vostre Chiese hanno iscritto nell’albo dei santi: chi non conosce santa Caterina e san Bernardino da Siena, san Giovanni Gualberto, i sette santi Fondatori, sant’Antonino da Firenze, san Giovanni Leonardi, sant’Andrea Corsini, san Filippo Neri, san Leonardo da Porto Maurizio, sant’Antonio Maria Pucci, santa Giuliana Falconieri, santa Margherita da Cortona, santa Gemma Galgani, per non ricordare che alcuni fra i nomi più noti?

I loro insegnamenti e i loro esempi costituiscono un luminoso patrimonio di santità, a cui la Toscana può guardare con legittima fierezza, e sono un’espressione di quella fede profonda che unisce gli italiani delle varie Regioni, per altri aspetti pur così diverse. Essi formano, tuttavia, anche un’eredità spirituale impegnativa, di cui le nuove generazioni cristiane debbono mostrarsi degne con la coerenza della loro condotta di vita. Per la verità, non mancano, anche nei tempi recenti, testimonianze di cristianesimo vissuto da parte di persone che hanno saputo calcare coraggiosamente le orme dei maggiori. Penso a figure come quella del Cardinale Elia della Costa, per molti anni Arcivescovo di Firenze; o di Giuseppe Toniolo, anch’egli per lungo tempo professore all’Università di Pisa; o di don Giulio Facibeni, fondatore dell’Opera “Madonnina del Grappa”; o, infine, di Giorgio La Pira, la cui inesauribile carica di ottimismo cristiano, alimentato alle sorgenti pure della Parola di Dio, ha contagiato felicemente innumerevoli persone.

2. A questa eletta schiera di autentici testimoni del Vangelo, ed a quanti nella loro scia si studiarono di vivere con coerenza gli impegni del loro battesimo, è dovuto il formarsi, nel corso dei secoli, di quel ricco “humus” cristiano, nel quale affonda le radici non solo la fede delle persone praticanti, ma anche il sostanziale attaccamento ai valori del cristianesimo, che è proprio di molti che oggi purtroppo non praticano più.

Impegno primario della Chiesa toscana, in questo nostro tempo, sembra essere quello di un rinnovato dissodamento di tale “humus”, grazie al quale, sarchiate le superficiali durezze e rimossi gli sterpi nocivi, il buon seme della Parola di Dio possa nuovamente accestire e giungere a produrre una messe copiosa di virtù autenticamente cristiane.

Il popolo toscano ha tradizioni morali fondamentalmente sane, come testimoniano l’attaccamento alla famiglia, la dedizione al lavoro, il senso della giustizia, il rispetto degli altri nella convivenza civile, la solidarietà generosa verso il prossimo provato dal bisogno e dalla malattia. Questo non toglie, tuttavia, che gli influssi negativi di ideologie distorte o di non retti modelli comportamentali abbiano fatto breccia in non poche coscienze, introducendovi il veleno di principi non compatibili con gli insegnamenti del Vangelo.

Si assiste così all’affermarsi di un relativismo di comodo che, assumendo la libertà come valore assoluto, tende a giustificare tutte le scelte teoretiche e i comportamenti pratici, a cui spingano gli impulsi interni o la moda dell’ambiente circostante. Conseguenza di ciò è che, mentre da una parte s’è notevolmente affievolito in molti il senso del peccato, dall’altra s’è in loro offuscata, o addirittura spenta, la percezione di certi valori, insiti nella norma morale.

3. Una diagnosi accurata di tali situazioni non stenta a riconoscere, tra le cause profonde che ne stanno all’origine, la carenza di istruzione religiosa circa le verità fondamentali del messaggio rivelato e le implicazioni morali che da esso derivano. Si impone, pertanto, con urgenza il compito di una nuova evangelizzazione delle nostre popolazioni in quei casi – abbastanza rari, per fortuna – in cui la conoscenza della “buona novella” recata da Cristo è stata soffocata dai pregiudizi e dall’ignoranza. Si impone, soprattutto, il dovere di una catechesi organica, rivolta in speciale modo agli adulti, al fine di introdurli progressivamente e con metodi adeguati alla pienezza dell’esperienza cristiana.

Una rinnovata vita di fede, frutto di tale azione evangelizzatrice e di un assiduo impegno di catechesi, non potrà che suscitare una nuova fioritura di quella cultura cristianamente ispirata, che ha avuto in passato nella vostra terra espressioni superlative nella letteratura e nell’arte, e testimonianze quanto mai significative nelle scienze sperimentali.

4. So bene, venerati fratelli, che queste mie considerazioni sono da voi pienamente condivise.

Questo è stato, infatti, l’impegno al quale, nelle risoluzioni prese collegialmente, voi avete dato la precedenza su tutti gli altri. Giustamente, però, riflettendo sui modi concreti per tradurlo in atto, voi avete sottolineato la necessità di rilanciare la pastorale delle vocazioni: i sacerdoti, i religiosi, le religiose sono infatti coloro che più da vicino vi possono coadiuvare nel compito nobilissimo di annunciare Cristo al mondo di oggi. Ma le vocazioni scarseggiano da qualche tempo in molte parti della Chiesa. La vostra Regione conciliare non sfugge, purtroppo, a questa situazione di crisi.

È necessario, pertanto, concentrare gli sforzi in questa direzione, concordando opportunamente le iniziative sia fra diocesi e diocesi, sia fra diocesi ed Istituti religiosi, per assicurare innanzitutto una stimolante presenza accanto ai giovani che Cristo attrae a sé, e per costituire, poi, le strutture atte a seguirli passo passo nel loro cammino verso la totale donazione alla causa del Regno.

A questo proposito, vorrei dedicare una parola particolare alla funzione che possono tuttora svolgere i Seminari minori nella cura dei germi di vocazione, posti da Dio nell’animo dei ragazzi anche nella prima adolescenza. Non deve essere, infatti, sottovalutato il rischio che per il delicato virgulto della vocazione è rappresentato dal clima che si respira nell’odierna società secolarizzata e dalla mentalità permissivistica, che ha contagiato, in qualche misura non poche famiglie cristiane. Un ambiente sereno, vivace e sano, dal quale siano tenute lontane le influenze nocive di un costume, che spesso ha ben poco di cristiano, si rivela indispensabile per assicurare lo sviluppo delle vocazioni.

5. L’ansia apostolica, che pulsa nei vostri cuori, fratelli carissimi e venerati, vi ha indotto ad interrogarvi su tutto ciò che può esservi di aiuto nell’adempimento del mandato, affidatovi da Cristo, di annunciare il Vangelo ad ogni creatura (cf. Mt 28,18-20). Ora, fra i diversi canali mediante i quali la Chiesa può far giungere il messaggio cristiano alle popolazioni, uno ve n’è che in Toscana ha una presenza veramente privilegiata: intendo alludere all’arte sacra, che nella vostra Regione ha raggiunto vertici altissimi di purezza e di autenticità.

È ben noto l’apprezzamento con cui la Chiesa ha sempre guardato alle varie forme di espressione artistica. Essa è, infatti, convinta che le arti “per la loro natura hanno relazione con l’infinita bellezza divina” e, nel corso dei secoli, ha sempre ricordato agli artisti che il vero fine, a cui debbono mirare nel loro lavoro, è “di contribuire il più efficacemente possibile con le loro opere ad indirizzare religiosamente le menti degli uomini a Dio” (cf. Sacrosanctum Concilium, 122).

Docili a tale insegnamento, numerosissimi artisti, fioriti nella vostra terra soprattutto durante il medioevo e il rinascimento, hanno consegnato nelle loro produzioni le emozioni religiose tratte dalla contemplazione delle vicende mirabili e misteriose attraverso le quali s’è realizzata l’umana redenzione. Ne è risultato un imponente patrimonio artistico che, mentre testimonia alle nuove generazioni la fede degli avi, costituisce per esse uno stimolo impareggiabile alla riscoperta ed all’approfondimento di genuini valori cristiani.

Come non preoccuparsi, pertanto, di salvaguardare tali ricchezze dell’ingegno umano, illuminato dalla fede? Come non adoperarsi perché il messaggio cristiano, in esse contenuto, possa essere adeguatamente proposto a quanti, anche oggi, cercano un’esperienza del Divino attraverso la bellezza artistica?

So bene, venerati fratelli, quanto questo aspetto della vostra missione vi stia a cuore e quanto voi andiate facendo per difendere e valorizzare tali beni, che le generazioni cristiane del passato hanno affidato alla Chiesa, perché essa se ne facesse custode e garante di fronte ai posteri. È pertanto con sincero compiacimento che ho appreso di alcune iniziative, da voi promosse in questi ultimi anni. Esprimo l’auspicio che, in tale impegno, voi possiate valervi della solerte collaborazione delle Pubbliche Autorità, le quali, nel rispetto degli ambiti propri della competenza ecclesiastica, non possono lasciar mancare la loro opera a favore di una parte tanto rilevante del patrimonio culturale della Nazione.

6. Uno dei valori, sui quali la catechesi odierna deve particolarmente impegnarsi perché su di esso converge oggi l’azione corrosiva di molteplici forze disgregatrici, è il valore della vita umana. È necessario risvegliare nelle coscienze il senso della “sacralità” della vita di ogni essere umano, in ogni stadio della sua esistenza. È necessario, altresì, chiamare a raccolta e coordinare tutte le energie disponibili, per assicurare un’azione efficace di tutela e di promozione di tale fondamentale valore dal cui rispetto fattivo dipende la qualità di una convivenza, che voglia dirsi civile.

In questo senso desidero esprimere, venerati fratelli, il mio apprezzamento per l’opera di sensibilizzazione, svolta nelle vostre diocesi a tale proposito e voglio esortare tutti a proseguire con costanza in questo impegno, senza cedere allo scoraggiamento di fronte ad incomprensioni e contraddizioni, ma traendo anzi da queste un più forte incitamento a ricercare nuovi argomenti e vie più efficaci, per persuadere ciascuno di questa verità basilare: fare violenza alla vita in qualunque stadio del suo sviluppo significa offendere la dignità dell’uomo.

7. La difesa e la promozione della vita dell’essere umano già dal momento del suo concepimento nel seno materno non è, del resto, un’espressione moderna di quello spirito di amore cristiano e di solidarietà umana, che fece sorgere a suo tempo in ogni centro di qualche importanza della vostra Regione le cosiddette “Misericordie”? L’imponente opera assistenziale che esse da secoli svolgono, valendosi unicamente del contributo volontario di persone generose, mosse dal desiderio di “lodare Dio con opere di misericordia”, costituisce una testimonianza impressionante di quanto può realizzare la fede, se portata coerentemente alle sue logiche conseguenze. Essa, infatti, al dire dell’apostolo, chiede di “operare per mezzo della carità” (cf. Gal 5,6), giacché, come osserva san Giacomo, “la fede senza le opere è morta” (Gc 2,26).

Tale “operatività” della fede, per altro, non può non manifestarsi anche nel campo sociale, stimolando l’evoluzione delle strutture verso impostazioni più rispettose dei diritti della persona e suscitando, altresì, forme complementari di servizio all’uomo, che meglio rispecchiano la dignità trascendente della sua vocazione alla figliolanza divina. La fede investe tutto l’uomo, nella dimensione privata e in quella sociale, e lo impegna non solo a conformare il proprio intimo con la legge divina, ma ad “inscrivere” tale legge anche “nella vita della città terrena” (cf. Gaudium et Spes, 43).

Nella scia, pertanto, degli esempi lasciati dagli avi, è importante che anche i cristiani di oggi si adoperino a sostenere e vivacizzare le varie istituzioni sociali, che la generosità di cristiani antichi e recenti ha suscitato per recare conforto al prossimo in difficoltà. Tali istituzioni, del resto, si rivelano pienamente conformi con lo spirito e con la lettera della Costituzione italiana la quale, col sancire la libertà dell’assistenza privata (cf. Costituzione della Repubblica Italiana, art. 38), impegna i Pubblici Poteri a tutelare la loro esistenza ed a favorirne l’azione.

8. Ecco, cari fratelli nell’Episcopato, le riflessioni che ho desiderato sottoporre alla vostra considerazione, per testimoniarvi la mia viva partecipazione all’assillo pastorale che urge nei vostri animi e per confermarvi, al tempo stesso, nella volontà di perseverante dedizione alla quotidiana fatica del servizio apostolico.

Scenda copiosa su di voi la grazia divina e renda fecondo il vostro lavoro nella “vigna”, nella quale il Signore vi ha posti. Affido questo auspicio all’intercessione della Vergine santissima, che i fedeli delle Chiese toscane hanno sempre venerato con intensa e tenerissima devozione. Ella, che i vostri pittori hanno raffigurato in tele mirabili per ispirazione artistica e per trasporto religioso, accolga le preghiere che sgorgano fiduciose dai vostri cuori, lenisca le inevitabili sofferenze a cui il ministero vi espone, corrobori i proposti di generosa donazione, che in questo incontro di fraterna comunione avete rinnovato.

A pochi giorni ormai dalle Festività natalizie, è nel nome di Maria, la mistica “rosa in che il Verbo divino / carne si fece”, per usare le parole di un Grande della vostra Terra (Dante Alighieri, La Divina Commedia, “Paradiso”, XXIII, 73-74), che imparto a voi ed ai fedeli delle Chiese a voi affidate la propiziatrice benedizione apostolica.



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