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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PELLEGRINI ITALIANI

Aula Paolo VI - Sabato, 10 marzo 1984

 

Carissimi fratelli e sorelle.

1. Sono lieto di questo incontro che vede riuniti fedeli appartenenti a differenti diocesi: Carpi, Montalto, Ripatransone, San Benedetto del Tronto.

È presente inoltre una larga rappresentanza dell’Unitalsi laziale.

Lo scopo però del vostro pellegrinaggio a Roma è il medesimo per tutti: acquistare l’indulgenza giubilare e incontrarvi il Papa.

Mediante il Giubileo voi sperimentate la profondità della Redenzione offerta dalla Chiesa in questo Anno Santo. Mediante l’incontro col successore di Pietro voi aprite la vostra fede nell’orizzonte della comunità cattolica.

Vi accolgo tutti con gioia e vi saluto con sincero affetto.

2. Rivolgo innanzitutto il mio pensiero ai fedeli della diocesi di Carpi, guidati dal loro vescovo, monsignor Alessandro Maggiolini, che da poco ha iniziato il suo ministero episcopale in mezzo a loro.

Carissimi fratelli e sorelle, nel 1979 avete celebrato il bicentenario di erezione della diocesi. Quest’anno vi accingete a celebrare l’ottavo centenario della consacrazione della chiesa “La Sagra” ad opera di papa Lucio III. Un tale ritorno alle origini cristiane della vostra cultura vi trova ancora in unità col Papa e vi stimola a rinnovare il vostro impegno di fede nella situazione attuale.

Vorrei esprimervi qualche parola di esortazione perché la riscoperta della tradizione diventi motivo di rinnovamento della vita cristiana.

In particolare vi invito a curare con ogni premura la formazione religiosa. Come dicevo ai vescovi della vostra regione nella loro “Visita ad limina” (4-1-1982), siate animati da un’autentica “passione per la catechesi”. Nelle varie forme, in famiglia, in parrocchia, nella scuola, nelle diverse associazioni e nei diversi movimenti, sappiate trasmettere una fede essenziale, solida, in piena consonanza col magistero della Chiesa. Così riuscirete a superare molti pregiudizi che inclinano a considerare il cristianesimo come un “insieme da museo”, mentre esso rivela il significato vero e decisivo della realtà, del pensiero e dell’azione dell’uomo di oggi e di sempre. E tale opera di catechesi si interiorizzi fino a diventare preghiera convinta, costante, crescente, si radichi fino a provocare fede solida e fierezza culturale; si concretizzi fino a suscitare un’esperienza di vita nuova nel singolo e nella comunità.

L’adesione al Signore Gesù costituisca per voi un motivo di gioia e di pienezza di vita, così che vi sentiate sempre più incaricati di annunciare il Vangelo alle persone che incontrate nei diversi ambienti e nelle varie circostanze.

La vostra proposta cristiana abbia “il timbro della sicurezza umile e coraggiosa”, come mi esprimevo ancora ai vescovi della vostra regione. Non abbiate paura di presentare le certezze della fede che vi è stata donata. Tali certezze rispondono alle esigenze umane che invano le ideologie o le effimere esaltazioni del benessere tentano di soffocare. E non si tratta soltanto di nozioni astratte, ma di un’esistenza globale e originale che recupera e rinnova tutte le dimensioni umane.

Nonostante le difficoltà che potete incontrare, sforzatevi di essere presenti, con la vostra peculiarità cristiana, e di operare nella società sia in modo individuale, sia in modo comunitario.

La Redenzione che il Signore Gesù ci ha recato, trasforma tutto l’essere del credente: dà i criteri supremi per un giudizio cristiano e umano sui fatti della vita di ogni giorno; dà il vigore per uno stile di esistenza che sia punto di riferimento profetico per ogni persona di retto sentire. Vi esorto, nel rispetto di un sano pluralismo e nella piena tutela della vera libertà, ad adoperarvi perché si instauri nella società in cui vivete una cultura cristiana e popolare che avveri sempre più la civiltà della verità e dell’amore. Anche in questo modo difendete la dignità della persona e aiutate i poveri.

3. Mi rivolgo ora a voi, fedeli della diocesi di Montalto e di Ripatransone-San Benedetto del Tronto. Il vostro pellegrinaggio odierno si pone come momento forte per una fervorosa immersione nella corrente di rinnovamento spirituale, alla quale siete chiamati dalla sollecitudine del vostro pastore, monsignor Giuseppe Chiaretti, in quest’anno di misericordia, di grazia e di conversione.

Fratelli e sorelle carissimi, quest’aula posta accanto alla basilica che custodisce la tomba di san Pietro, raccoglie il vostro atto di fede in Cristo Gesù, nostro Signore e Salvatore, impegnandovi in una promessa di fedeltà. La fede deve infatti tradursi in fedeltà. Essa esige una professione, una logica di pensiero e di vita, una coerenza vissuta; comporta perciò una testimonianza, uno sforzo, un sacrificio, un “martirio”, come tante generazioni cristiane, tanti eroi della fede ci hanno insegnato.

La fede ci obbliga alla fedeltà. Innanzitutto nei riguardi della verità religiosa che Cristo ha confidato agli apostoli e che la Chiesa, madre e maestra, ci trasmette. Essa richiede l’adesione salda e autentica alla verità rivelata dal Signore e garantita dal magistero ecclesiastico, ma è un’adesione che riempie la mente di luce e la volontà di forza. Aiuta a pensare, aiuta ad agire. Un principio fecondo in due sensi; primo, nella capacità di conoscere, di pregare, di arrivare all’esperienza spirituale della verità; secondo, nella capacità di operare a partire dalla fede, che ci traccia la via della vita e ci infonde le forze per camminare su questa strada.

Accogliete questo invito a una testimonianza coerente come ricordo di questo vostro Giubileo romano.

4. Il mio pensiero va, infine, alla qualificata rappresentanza laziale dell’Unitalsi, accompagnata dal cardinale vicario e dai monsignori Filippo Pocci, Luigi Boccadoro, Marco Caliaro, Girolamo Grillo, Luigi Liverzani ed Enrico Compagnone. È con affetto che vi parlo, perché, proprio in ragione della vostra opera tra i sofferenti, partecipate in modo particolare alla natura penitenziale dell’Anno Santo. E l’ideale ripetutamente proposto dal rinnovamento interiore per voi significa una più prossima adesione al Signore Gesù.

Vi sia di conforto sapere che vi sono vicino, ben conoscendo quanto siano preziosi, nell’economia della salvezza, il sostegno nella sofferenza e l’offerta che di essa contribuite a fare quotidianamente a Dio, per adempiere quello che manca alla passione di Cristo.

E mentre per tutti voi, cari fratelli e sorelle oggi qui presenti, chiedo il dono di una pace, di una serenità, di una letizia che non tramonti mai dal vostro orizzonte, di cuore vi imparto la mia particolare confortatrice benedizione apostolica.

5. Aggiungo un cordiale saluto anche agli altri pellegrini che si sono uniti a questo incontro. In modo particolare saluto:

- il pellegrinaggio della parrocchia di San Giuseppe artigiano in Prativero di Trivero;

- il pellegrinaggio della parrocchia di San Donnino martire in Montecchio Emilia, in occasione del V centenario del santuario della Beata Vergine dell’Olmo;

- il pellegrinaggio della parrocchia di Santa Teresa di Gesù Bambino in Scandiano; il pellegrinaggio della parrocchia di San Giovanni Battista in Oderzo.

A tutti imparto di cuore la mia benedizione.

 

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