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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AGLI EX ALUNNI DEL LICEO STATALE
«EVANGELISTA TORRICELLI» DI FAENZA

Sabato, 1° marzo 1986

 

Sono lieto di accogliervi, cari ex alunni ed ex alunne del Ginnasio-Liceo “Evangelista Torricelli” di Faenza, insieme con le vostre famiglie, e vi porgo un saluto molto cordiale. So che il vostro gruppo è nato dai legami di amicizia stretti sui banchi di scuola, nell’età piena di promesse in cui i giovani, attraverso lo studio, si aprono alla vita. Questa età ha coinciso per voi con anni di privazioni e di ansietà, nel tempo della guerra; ma le difficoltà hanno contribuito a far crescere più robusta l’amicizia, fondata su scambievole fiducia, sulla capacità di ascolto e di dialogo, sull’aiuto vicendevole.

Così, l’amicizia non si è perduta con il trascorrere del tempo, negli anni dell’Università, e neppure dopo, quando ciascuno ha assunto responsabilità professionali e molti hanno costituito la propria famiglia: essa si è fatta anzi più intensa e si è allargata a consorti, figli e nipoti, che sono venuti ad aumentare il vostro gruppo e che in gran parte sono oggi qui con voi.

Un’affettuosa e costante continuità di scambio vi ha mantenuti uniti e solidali. So quanta parte abbia avuto nell’animarla il dottor Silvano Ciottoli, che ragioni di salute hanno costretto a rimanere assente da questo incontro desideratissimo: interpretando i vostri sentimenti gli invio un saluto beneaugurante e cordiale. Questa fedeltà nell’amicizia ha dato ai vostri figli l’esempio di un rapporto umano forte e schietto, radicato in un comune patrimonio di valori fatto di onestà, di culto per la famiglia, di servizio agli altri, di senso del lavoro e di responsabilità professionali e civili.

Mi pare anche di intuire che per tutti voi è motivo di gioia il fatto che dal vostro gruppo è sorta una vocazione al sacerdozio. Credo che mons. Silvestrini sia felice di mettere a disposizione di tutti qualche espressione del suo ministero episcopale e che ciò sia accolto con gratitudine.

La fede in Gesù Cristo morto e risorto per noi, è un valore che non ha confronti perché dà un significato e una forza spirituale alla nostra vita. Essa è anche garanzia indistruttibile della nostra comunione di preghiera e di affetti con le persone care che ci hanno già lasciato: so che le avete ricordate in questo incontro e che alcuni dei loro familiari sono qui con voi.

La fede è un dono dello Spirito, che dobbiamo custodire con amore. Vi auguro che possa accrescersi e svilupparsi in tutti voi, nel senso religioso delle vostre case, nell’amore delle vostre famiglie, nelle attese dei vostri figli, nel sorriso dei vostri nipoti.

Con questo augurio, vi prego di portare un saluto alla vostra cara Faenza che mi appresto a visitare il 10 maggio, e vi benedico di cuore.

 

© Copyright 1986 - Libreria Editrice Vaticana

 


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