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VIAGGIO APOSTOLICO NEGLI STATI UNITI D’AMERICA E IN CANADA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLE ALTRE COMUNIONI CRISTIANE

Salone della residenza del Presidente dell'Università della Carolina del Sud (Columbia)
 Venerdì, 11 settembre 1987

 

Cari amici, cari fratelli e sorelle.

1. “Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli!” (Ef 1, 3). Lo ringrazio oggi in particolar modo per l’occasione che mi ha data incontrandomi con voi, rappresentanti di Chiese cristiane e di Comunità ecclesiali negli Stati Uniti. Penso che il nostro incontro è importante non soltanto per se stesso, per le riflessioni e per l’esperienza cristiana che condividiamo, ma anche come palese testimonianza da parte nostra che siamo definitivamente impegnati a percorrere la via che lo Spirito Santo ci ha dischiusa: la via del pentimento per le nostre divisioni, la via del lavoro e della preghiera per quell’unità perfetta voluta dal Signore stesso per i suoi seguaci.

Vi sono grato per la vostra presenza, e per la dichiarazione con la quale avete voluto aprire questo incontro. In una prospettiva più ampia, voglio ringraziarvi per i contatti ecumenici e per la collaborazione alla quale vi impegnate con tanta disponibilità qui negli Stati Uniti con la Conferenza episcopale nazionale e con le diocesi cattoliche. Sono profondamente grato per la seria attività ecumenica svolta in questo Paese.

2. In questi ultimi decenni, specialmente sotto la spinta del Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica ha posto una nuova enfasi sul termine “comunione” (“koinonia”) come quello che meglio descrive la realtà divina e umana nella Chiesa, corpo di Cristo, unità dei battezzati nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. La nostra comunione è prima di tutto con il Dio Trino, ma ci unisce intimamente gli uni gli altri.

Questa comunione viene accresciuta in noi nella misura in cui partecipiamo ai doni che Cristo ha elargito alla sua Chiesa. Alcuni di essi sono di natura eminentemente spirituale, come la vita di grazia: fede, speranza e carità, oltre ad altri doni interiori dello Spirito Santo (cf. Unitatis Redintegratio, 3). Vi sono inoltre doni esteriori che includono la parola di Dio nelle Sacre Scritture, il Battesimo e gli altri sacramenti, nonché i ministeri e carismi al servizio della vita ecclesiale.

Benché non siamo ancora d’accordo sul modo in cui ciascuna delle nostre Chiese e Comunità ecclesiali si pone di fronte alla pienezza di vita e di missione che scaturisce dall’atto redentivo di Dio attraverso la croce e la risurrezione di Gesù Cristo, un risultato non certo trascurabile del movimento ecumenico è che, dopo secoli di diffidenze, riconosciamo umilmente e sinceramente nelle nostre rispettive comunità la presenza e la fecondità dei doni di Cristo all’opera. Per questa azione divina nella vita di ognuno di noi, rendiamo grazie a Dio.

3. Desidero notare in particolare il riferimento, nella dichiarazione di apertura, al sentimento di ansia spirituale tra i cristiani di questo paese, un’ansia che si esplicita in parte in un interesse crescente alla vita di preghiera, alla spiritualità e all’ecumenismo. In una parola, è il desiderio di un discernimento più profondo della nostra identità di cristiani, e quindi di un rinnovamento della nostra vita ecclesiale. Questo importante fenomeno può essere riscontrato in maggiore o minor misura in tutte le Comunità ecclesiali, non soltanto negli Stati Uniti ma in tutto il mondo. È sicuramente un segno dell’azione dello Spirito Santo nel popolo di Dio. Come responsabili delle nostre rispettive Comunioni, abbiamo il compito tremendo e il privilegio di collaborare onde garantire che questa grazia non sia ricevuta da noi invano (cf. 2 Cor 6, 1).

Secondo la prospettiva cattolica, un elemento fondamentale che riguarda il coinvolgimento ecumenico con altri cristiani è stato sin dall’inizio la purificazione e il rinnovamento della vita cattolica stessa, Il decreto sull’ecumenismo del Concilio Vaticano II si è espresso così: “I fedeli cattolici nell’azione ecumenica devono senza dubbio essere solleciti dei fratelli separati, pregando per loro, comunicando a loro le cose della Chiesa, facendo i primi passi verso di loro. Ma innanzitutto devono essi stessi con sincerità e diligenza considerare ciò che deve essere rinnovato e fatto nella stessa Famiglia cattolica” (Unitatis Redintegratio, 4).

Non è difficile vedere come il rinnovamento interiore e la purificazione della vita ecclesiale di noi tutti siano essenziali per ogni passo che riusciamo a compiere verso l’unità. Infatti la chiamata di Cristo all’unità è nello stesso tempo una chiamata alla santità e una chiamata a un maggior amore. È una chiamata a rendere la nostra testimonianza più autentica. Soltanto diventando discepoli più fedeli di Cristo possiamo sperare di percorrere la via verso l’unità sotto la guida dello Spirito Santo e con la forza della sua grazia. Solo accettando senza riserve Gesù Cristo come Signore della nostra vita possiamo liberarci da ogni pensiero negativo nei nostri reciproci rapporti.

È importante per tutti noi comprendere in quale misura la conversione del cuore dipende dalla preghiera, e in quale misura la preghiera contribuisce all’unità. Il Concilio Vaticano II parlava di un “ecumenismo spirituale” descritto come “l’anima di tutto il movimento ecumenico”, identificato come “conversione del cuore e santità della vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l’unità dei Cristiani” (Unitatis Redintegratio, 8).

4. Quando parlo della priorità del rinnovamento interiore e della preghiera nell’impegno ecumenico non intendo affatto minimizzare altri elementi importanti quali il nostro comune servizio cristiano ai bisognosi o il nostro comune studio, svolto nei dialoghi teologici.

Per quanto riguarda i dialoghi, i risultati conseguiti finora attraverso di essi meritano l’esame più approfondito e la gratitudine di tutti noi. Sono intesi ad accrescere la reciproca comprensione secondo indirizzi che hanno già cambiato profondamente e migliorato il nostro rapporto. Il nostro incontro odierno ne è testimonianza.

Questi dialoghi continuano inoltre a rendere palesi le sorgenti profonde della nostra comune fede e la misura in cui questa fede, anche se restiamo separati, è condivisa autenticamente dalle nostre Chiese e Comunità ecclesiali. Così questi scambi ci aiutano ad affrontare le nostre restanti differenze in un contesto più intelligibile. È compito del dialogo affrontare queste differenze e lavorare in vista del momento in cui sarà possibile per i cristiani professare insieme l’unica fede e celebrare insieme l’unica Eucaristia.

Sul piano internazionale, la risposta della Chiesa cattolica al documento “Battesimo, Eucaristia e Ministero”, che è stato inviato ora alla Commissione per la Fede e l’Ordine, rappresenta uno sforzo per contribuire a questo processo il cui obiettivo è di professare insieme l’unica fede. Sono convinto che il Signore ci darà luce e forza per proseguire insieme su questa strada per la gloria del suo nome.

Per quanto indispensabile sia l’opera del dialogo, e per quanto l’atto stesso del dialogo cominci a migliorare le nostre reciproche relazioni, il nostro obiettivo finale va oltre le dichiarazioni e i rapporti delle commissioni ecumeniche. Queste dichiarazioni devono essere attentamente valutate dalle nostre rispettive Chiese e Comunità ecclesiali per definire il livello di comunione ecclesiale realmente esistente, in modo che possa riflettersi correttamente nella linfa vitale della vita ecclesiale. È motivo di grande gioia per noi scoprire in quale misura siamo già uniti, pur riconoscendo con rispetto e serenità gli elementi che ancora ci dividono.

5. Per quanto riguarda il nostro servizio comune e la nostra collaborazione, la dichiarazione che avete presentata mette in evidenza per tutti noi questioni importanti. In che modo possiamo collaborare per promuovere la giustizia, esercitare la compassione, ricercare la pace, portare la testimonianza del Vangelo ai non credenti, manifestare la nostra koinonia? Questi problemi sono una sfida per tutti noi. Dobbiamo sforzarci di scoprire insieme modi concreti per poter rispondere in comune.

Avete giustamente chiamato questi problemi “punti di conversazione” tra di noi. Come approccio iniziale, come introduzione alla nostra conversazione, vorrei fare le seguenti brevi osservazioni. Primo, siamo tutti convinti che le più profonde lezioni che un cristiano possa imparare in questa vita, vengono apprese ai piedi della croce. Quando le nostre Chiese e Comunità ecclesiali si rivolgono l’una all’altra e all’intera famiglia umana, dobbiamo farlo dai piedi della croce di Gesù Cristo, fonte di sapienza e fonte della nostra testimonianza. Dalla croce impariamo le qualità necessarie nella nostra ricerca ecumenica dell’unità. “Poiché il desiderio dell’unità nasce e matura dal rinnovamento della mente (cf. Ef 4, 23), dall’abnegazione di se stesso e dalla liberissima effusione della carità” (Unitatis Redintegratio, 74). L’ecumenismo non è un fatto di potenza e di “tattica” umana. È servizio della verità nella carità e nella umile sottomissione a Dio.

Analogamente, la nostra collaborazione nei settori importanti da voi menzionati non si riduce a un puro calcolo di precisione. Non collaboriamo semplicemente per amore dell’efficienza, o per motivi di pura strategia o per trarre vantaggi e acquisire influenza. Collaboriamo per amore di Cristo, che ci sollecita ad essere una cosa sola in lui e nel Padre, affinché il mondo creda (cf. Gv 17, 21).

6. La comunità ecumenica mi ha già dato due volte il benvenuto in questo Paese. A mia volta, ho avuto l’occasione gioiosa di dare a molti di voi il benvenuto a Roma, la città degli apostoli e dei martiri Pietro e Paolo. Credo che questi e altri incontri cordiali abbiano avuto l’effetto, con la grazia di Dio, di abbattere le barriere di incomprensione che ci hanno afflitti per secoli. Quante volte leggiamo nelle Scritture di incontri che sono occasione di grazia, che si tratti d’incontri del Signore con i suoi discepoli o di incontri dei discepoli con altri ai quali portano la parola. Sono sicuro che nel corso di incontri come questi, dove due o tre o più sono riuniti nel suo nome, Cristo è qui in mezzo a noi, per chiedere a ciascuno di noi un impegno più profondo a servire in suo nome, e quindi un maggior grado di unità tra di noi.

Unisco la mia preghiera alla vostra, perché le comunità cristiane degli Stati Uniti possano continuare a incontrarsi fra di loro, a lavorare l’una con l’altra, e a pregare l’una con l’altra, affinché il Padre sia glorificato nell’adempimento della preghiera di Cristo:

Perché siano perfetti nell’unità.
E il mondo sappia che tu mi hai mandato,
e li hai amati come hai amato me” (Gv 17, 23).
Amen
.

 

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