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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI CARDINALI, ALLA FAMIGLIA PONTIFICIA,
ALLA CURIA E ALLA PRELATURA ROMANA
PER LA PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI NATALIZI

Giovedì, 22 dicembre 1988

 

Signori Cardinali,
venerati e cari fratelli.

1. “Si rinnova per noi, nel ricorrente ciclo annuale, l’alto mistero della nostra salvezza, che, promesso all’inizio e accordato alla fine dei tempi, è destinato a durare senza fine”.(S. Leonis Magni “Hom. in Natale Dom.”, XXII, 1). Queste parole di san Leone Magno interpretano efficacemente il clima che caratterizza il nostro incontro, che avviene, secondo la cara consuetudine, nel tempo di attesa, durante il quale la Chiesa si dispone a rivivere l’evento della nascita di Gesù, Verbo incarnato nel senso purissimo della Vergine Maria per la salvezza del mondo.

Ringrazio il signor Cardinale decano per le parole con le quali ha interpretato i sentimenti di ciascuno in questa circostanza, che segna una pausa di familiare intimità tra le assillanti attività di ogni giorno. Ricambio di cuore i voti augurali a lei, venerato fratello, ai membri del Sacro Collegio e a tutti voi, miei collaboratori della Curia romana, del Vicariato di Roma, del Governatorato della Città del Vaticano. Il mio pensiero in questo momento si porta pure, con vivo affetto, ai rappresentanti pontifici e al personale del servizio diplomatico, i quali nelle varie parti del mondo rendono presente l’universale sollecitudine pastorale del successore di Pietro.

A tutti mi sento spiritualmente vicino; verso tutti esprimo sentimenti di sincera riconoscenza; per tutti invoco copiosi doni di gioia e di pace da colui che ci apprestiamo ad accogliere nella culla di Betlem.

La vicinanza del Natale e la prospettiva dell’ormai imminente fine dell’anno ci invitano, venerati fratelli, a sostare in un esame retrospettivo e come in una spirituale rassegna delle principali vicende, che hanno caratterizzato la vita della Chiesa durante i mesi trascorsi. La fede ci dice che Dio guida con infinita sapienza la storia degli uomini, “attingens a fine usque ad finem, fortiter suaviterque disponens omnia”. E riandando col pensiero alle vicende trascorse possiamo non solo capire meglio il disegno provvidenziale, che in esse si è venuto progressivamente dipanando, ma anche maturare propositi di più generosa corrispondenza alle iniziative sempre mirabili dell’amore misericordioso di Dio per noi.

2. Il primo evento a cui il pensiero spontaneamente si porta è la conclusione dell’anno mariano, che ha visto i cristiani stringersi con più intensa fiducia intorno alla Vergine santissima per seguirla sempre più da vicino nel cammino della fede, nel quotidiano impegno della fedeltà a Cristo e alla Chiesa, già fin d’ora orientata verso la celebrazione del bimillenario della nascita del Salvatore. Per questo, l’anno, già ritualmente concluso, resta aperto nei cuori e nelle coscienze.

Il dono di questo tempo di grazia con Maria ha suscitato nelle Chiese particolari tutta una fioritura di iniziative, volte ad approfondire la conoscenza della sua missione nel mistero salvifico di Cristo e a stimolare nei fedeli una maggior corrispondenza ai suoi esempi, per il servizio della Chiesa e della comunità degli uomini, nella testimonianza della carità. Nella prospettiva del capitolo VIII della Lumen Gentium, oltre alla valorizzazione delle feste e dei tempi liturgici, sono state poste in atto iniziative culturali e religiose, per illustrare la figura di Maria in ogni suo aspetto: interventi da parte di episcopati e di singoli Vescovi, celebrazioni, pellegrinaggi, congressi e incontri di studio e di riflessione, pubblicazioni, rinnovato interesse per la mariologia nelle facoltà teologiche e nei Seminari.

I Santuari mariani sono stati le capitali spirituali di tutto il fervore sviluppatosi intorno all’anno dedicato alla Vergine, ed il loro ruolo nell’attuazione delle sue finalità si è rivelato di primaria importanza.

In particolare, l’anno mariano è stato uno stimolo per rinnovare la catechesi sulla beata Vergine: ed ha suscitato, inoltre, una maggiore attenzione alla Vergine nella riflessione biblica, teologica e antropologica. Nel quadro di tale approfondito ripensamento deve essere collocata anche la lettera apostolica Mulieris Dignitatem, nella quale ho cercato di raccogliere il messaggio rivelato circa la dignità e la vocazione della donna nella Chiesa e nella società.

Le indicazioni emerse nel corso di questi mesi inducono a perseverare nel cammino intrapreso, vivendo con Maria e come Maria gli anni che ci separano dal grande Giubileo.

Alle soglie del terzo millennio cristiano, ogni Chiesa particolare deve impegnarsi in uno sforzo di autentico rinnovamento: nessuno, meglio di Maria, può essere di aiuto in tale impresa. Ella, che per prima ha vissuto l’incarnazione del Verbo nel proprio seno, può insegnare al credente come accogliere Cristo nella propria vita e come donarlo poi ai fratelli, per introdurli alla sua pienezza.

3. L’anno mariano ha avuto anche una sua peculiare dimensione ecumenica, secondo quanto avevo esplicitamente auspicato nell’enciclica Redemptoris Mater (cf. Redemptoris Mater, 29-34); in varie parti, infatti, ci sono state celebrazioni comuni tra cattolici e ortodossi.

Così, nella solennità dell’Annunciazione del Signore, il 25 marzo, giorno in cui le Chiese ortodosse cantano l’“Akáthistos”, ho avuto la gioia di partecipare, insieme con rappresentanti delle Chiese orientali cattoliche, al canto di questo stupendo e antico inno liturgico.

Con viva sensibilità ecumenica è stato pure celebrato il millennio del Battesimo della Rus’ di Kiev. Ciò che si compi in quella terra mille anni or sono fu un evento di enorme importanza storica: lo confermano le conseguenze che ne scaturirono non solo nell’ambito strettamente religioso, ma anche in quello culturale e sociale, perché - come osservavo nella lettera apostolica pubblicata per la circostanza - si introduceva in quei popoli “un seme destinato a germogliare e a svilupparsi sulla terra, nella quale era stato gettato, e a trasformarla nella misura del proprio sviluppo, rendendola capace di generare nuovi frutti” (Euntes in Mundum, 5). Perciò, nel messaggio indirizzato ai cattolici ucraini ho sottolineato che dal Battesimo della Rus’ ebbe origine “non soltanto la identità cristiana, ma anche quella culturale dei popoli ucraino, russo e bielorusso e, di conseguenza, la loro storia” (“Magnum Baptismi Donum”, 1).

La consapevolezza di ciò non poteva non conferire alle celebrazioni una precisa fisionomia: in esse si doveva innanzitutto lodare Dio per la mirabile iniziativa con cui, mediante i suoi servi Olga e Vladimiro, aveva chiamato nuovi popoli ad entrare nel suo regno di santità e di amore. Per questo la parte più significativa delle celebrazioni si è espressa nella preghiera. Così è stato per la Chiesa sorella del Patriarcato di Mosca, la quale ha voluto accanto a sé nel rendimento di grazie a Dio l’intero mondo cristiano. Aderendo a tale invito, ho inviato con gioia a Mosca, in rappresentanza della Chiesa cattolica, una numerosa delegazione guidata dal Cardinale Agostino Casaroli, Segretario di Stato e dal Cardinale Johannes Willebrands, Presidente del Segretariato per l’Unione dei cristiani. Io stesso poi, insieme con i figli di san Vladimiro della Chiesa di Kiev che si riconoscono in piena comunione col successore di Pietro, ho celebrato la ricorrenza nella Basilica vaticana con un solenne rito di ringraziamento.

Nell’occasione è stato posto in rilievo che il Battesimo della Rus’ si è compiuto in un tempo in cui, pur essendosi già sviluppate le forme orientale ed occidentale del cristianesimo, la Chiesa continuava a rimanere indivisa nella intera sua compagine. La ricorrenza millenaria, riportando gli animi a quelle origini benedette da Dio con tanta effusione di grazia, non ha mancato di suscitare in ogni vero seguace di Cristo la nostalgia della comunione iniziale, incitando ciascuno ad adoperarsi con rinnovato slancio per far sì che quanto prima sia ripristinata la piena unità tra queste Chiese sorelle.

Un contributo importante in tal senso è venuto anche dal fervore di studi che la ricorrenza ha suscitato. Sono stati promossi congressi ed iniziative culturali, a cui hanno preso parte studiosi di tutta l’Europa e dell’America, in una sorta di “ekumene” delle scienze storiche, che gioverà sicuramente al progresso non solo di tali discipline, ma anche della reciproca conoscenza fra persone e Chiese.

Nel ringraziare ancora una volta Dio, Signore della storia, per la gioia della celebrazione millenaria, chiedo a lui istantemente di voler confortare l’impegno di tutti a favore della libertà religiosa come presupposto e fondamento di un’equa soluzione dei problemi che ancora affliggono quelle popolazioni.

4. È ricorso quest’anno il ventesimo anniversario della pubblicazione dell’enciclica Humanae Vitae: la Santa Sede, in collaborazione con gli episcopati dei vari Paesi, ha sentito il dovere di ricordare la particolare testimonianza sulla verità dell’uomo e dell’amore umano, che il Papa Paolo VI, nel luglio del 1968, offrì al mondo con quel suo coraggioso documento. Il Pontificio Consiglio per la Famiglia ha promosso a tal fine un incontro dei rappresentanti delle Conferenze episcopali, i quali hanno riflettuto sul compito, oggi particolarmente urgente, dell’amore coniugale come dono di Dio affidato alla responsabilità dell’uomo e della donna. Ricordando ai coniugi questa fondamentale verità, la Chiesa non fa che richiamarli al senso della loro personale dignità e dei rischi a cui essa è esposta. Gli straordinari progressi della scienza ed i risultati che, sulla loro base, la tecnologia va ottenendo nel campo della bioetica, mentre offrono prospettive terapeutiche fino a ieri impensabili, portano anche con sé gravi pericoli di “degradazione” della persona: alcune loro applicazioni suppongono infatti la convinzione che la persona non debba essere frutto dell’amore di due esseri umani chiamati a partecipare - nella comunione indissolubile del coniugio - alla potenza creatrice di Dio, ma possa essere un semplice “prodotto” della tecnica.

In questo contesto si è rivelato con crescente chiarezza nel corso di questi anni, il valore profetico dell’enciclica Humanae Vitae, nella cui scia si è voluta porre l’esortazione apostolica Familiaris Consortio. In gioco è la difesa dell’“umano” in una sua dimensione essenziale. Non c’e progresso autentico quando l’“umano” è compromesso. Il credente, peraltro, sa che il garante più attendibile della dignità della persona è Dio stesso, il quale, creando l’uomo, ha impresso in lui la sua propria immagine.

L’uomo contemporaneo ode voci molteplici a questo riguardo. Le interpretazioni che gli vengono offerte circa la sua natura ed il suo destino sono spesso tra loro contrastanti.

Il risultato è un diffuso senso di smarrimento, che normalmente sfocia nel disimpegno personale e nell’acquiescenza ai modelli di comportamento, propagandati dalla moda del momento. Quando questi giungono a toccare aspetti fondamentali dell’“umano”, è la dignità stessa della persona che viene chiamata in causa, insidiata, e spesso anche compromessa. Il comportamento, su cui l’Humanae Vitae ha dato precisi orientamenti, è strettamente legato ad uno di questi aspetti fondamentali dell’“umano”. Se l’enciclica continua ad incontrare incomprensioni e critiche, ciò dimostra quanto sia necessario continuare a favorire la comprensione della sostanziale profondità del problema. Di qui lo sforzo della Chiesa, che avverte tutta la gravità di questa situazione e non si sottrae alle sue responsabilità di madre e maestra.

5. Non vi si sottrae, in verità, in ogni altro campo in cui sia in gioco l’uomo con il suo futuro: l’uomo come persona e l’uomo come comunità. Proprio per questo, interpretando la sollecitudine della Chiesa per la dimensione sociale dell’uomo, ho voluto celebrare il ventesimo anniversario di un’altra enciclica di Paolo VI, la Populorum Progressio, con uno speciale documento magisteriale, dedicato al problema dello “sviluppo”. L’enciclica Sollicitudo Rei Socialis ha avuto, nel corso di quest’anno, ampia eco, anche presso i responsabili delle società civili, nonché delle istituzioni internazionali, suscitando anche numerose sessioni di studio, nel corso delle quali gli specialisti della materia hanno portato il contributo delle loro riflessioni sui vari aspetti della società contemporanea.

Esprimo l’auspicio che, grazie all’operoso impegno di tutte le persone di buona volontà, sia promosso uno sviluppo della società rispettoso della persona umana in tutte le sue dimensioni. Qui è in gioco l’“umano” nella dimensione della società e dell’intera umanità.

6. A nessuno sfugge che, più che in ogni altra epoca, la Chiesa si trova oggi dinanzi a compiti, che hanno un’importanza, un’estensione e una molteplicità forse non mai prima conosciute; sono sfide a cui essa deve rispondere, e a cui, in particolare, si sente chiamata la Santa Sede in forza del ministero Petrino. Questo ha suggerito di rivedere la struttura della Curia romana, per meglio adeguarne il funzionamento in rapporto alle presenti esigenze della Chiesa. Nel Concistoro del 28 giugno ho avuto la gioia di apporre la firma alla costituzione apostolica Pastor Bonus, concludendo così un lungo lavoro di studi e di consultazioni. “Mia preoccupazione - ho scritto nell’introduzione - è stata quella di andare risolutamente avanti affinché la conformazione e l’attività della Curia corrispondano sempre di più all’ecclesiologia del Concilio Vaticano II, siano sempre più chiaramente idonee al conseguimento dei fini pastorali della Curia, e vengano incontro, in forma sempre più concreta, alle necessità della società ecclesiastica e civile” (Pastor Bonus, 13). Ia Curia è per sua natura collegata col ministero Petrino e, come tale, è finalizzata al servizio sia della Chiesa universale che delle Chiese particolari, del Collegio dei Vescovi e delle Conferenze episcopali. suo scopo, pertanto, è di rafforzare l’unità e la comunione del Popolo di Dio e di promuovere la missione propria della Chiesa nel mondo.

Da tali finalità discende l’articolata fisionomia dei Dicasteri, e, con essa, la meglio definita tipologia dei Dicasteri e degli organismi, per cui le strutture “nuove”, conciliari e post-conciliari, prevalentemente “promozionali”, sono collocate in posizione di parità giuridica con quelle “antiche”, caratterizzate da finalità di governo, giurisdizionali ed esecutive; discendono pure da tali finalità le innovazioni giuridiche dirette a promuovere e potenziare la mutua collaborazione tra i Dicasteri, e, infine, il rilievo dato ai rapporti con l’episcopato nel suo insieme e con i singoli Vescovi, le cui “visite ad limina” sono viste come momento privilegiato di espressione della “sollicitudo omnium Ecclesiarum”, come dell’“affectus collegialis” esistente tra il successore di Pietro e i suoi confratelli, successori degli apostoli.

Se il “munus Petrinum” è diaconia d’amore, per cui il Papa è, per antonomasia, il “Servus servorum Dei”, la Curia non può che essere volta all’attuazione concreta di tale diaconia, di tale servizio, sull’esempio di Cristo Gesù, Buon Pastore che dà la vita per le sue pecore. È stato perciò mio intento rendere sempre più evidente ed operativa la dimensione pastorale della Curia stessa, non soltanto nelle sue finalità, ma anche nello spirito che deve animare coloro che vi operano (cf. Pastor Bonus, 33). Ad essi, pertanto, mentre esprimo anche in questa circostanza la mia gratitudine, ricordo che il loro lavoro comporta una responsabilità ecclesiale da vivere in profondo e costante spirito di fede. La loro collaborazione con la Sede apostolica - come pure quella di coloro che operano nei diversi organi che compongono la struttura amministrativa della stessa Sede apostolica - non si esaurisce in un mero rapporto di “dare e avere”, come avviene per gli enti esistenti nella società civile, ma è un servizio prestato a Cristo nei fratelli.

Il rinnovamento delle leggi della Chiesa, voluto dai Papi Giovanni XXIII e Paolo VI e dal Concilio Ecumenico Vaticano II, è giunto così alla sua fase conclusiva: il Codex Iuris Canonici è già in vigore; il Codex Iuris Canonici Orientalis sarà pubblicato prossimamente; come parte essenziale di entrambi, si pone la costituzione apostolica Pastor Bonus. Il perfezionamento da essa apportato alle strutture giuridiche, anche se necessario, non sarà tuttavia sufficiente, da solo, al raggiungimento degli scopi desiderati. Occorrerà per questo che quanti, pur in mansioni diverse, servono la Sede apostolica si sentano responsabilmente parte di una peculiare “comunità di lavoro”, qualificata da una specifica missione ecclesiale e siano sorretti nell’adempimento del loro impegno quotidiano da spirito di mutua carità e da costante anelito missionario.

7. Altri eventi, che mi limito ad accennare, riempiono il mio cuore di consolazione, in questo scorcio dell’anno. Non posso infatti dimenticare le mie visite apostoliche in Italia e fuori, specialmente i viaggi pastorali in America Latina, in Africa meridionale, in Austria ed a Strasburgo.

Così rimane viva la grande esperienza di Chiesa, che, il 28 e 29 giugno scorso, abbiamo potuto vivere insieme con la creazione di 24 nuovi Cardinali.

E la testimonianza della sempre rinnovantesi santità della Chiesa è stata data ancora una volta dalle numerose canonizzazioni e beatificazioni avvenute nel corso dell’anno, che hanno proposto ai fedeli di tutto il mondo figure eminenti di amore a Dio e di carità operosa e sofferta ai fratelli.

Di tutto ancora siano rese grazie al Signore e alla Vergine!

8. Venerati fratelli.

In questo quadro, ricco di così vive e stimolanti esperienze, che hanno irradiato di luce il corso dell’anno che sta per chiudersi, non sono mancate purtroppo ombre, che recano al cuore pena e preoccupazione.

a) Anzitutto l’esito, purtroppo non riuscito, del tentativo di evitare l’instaurarsi di una situazione oggettivamente scismatica da parte di una ben nota comunità. Le trattative furono condotte con grande pazienza e carità, nel rispetto della dignità delle persone, con costante impegno di fedeltà allo Spirito Santo, che sempre assiste la Chiesa e che l’ha guidata con speciale amore nel Concilio Vaticano II. La Chiesa cattolica ha serena consapevolezza di aver percorso tutte le strade consentite dalla “coscienza di verità” che le è propria; rispettando sempre le sensibilità soggettive e anche le reazioni, che deprecabili abusi avevano potuto suscitare.

Tutto ciò, purtroppo, non ha sortito l’effetto desiderato: tanto che si è reso inevitabile il ricorso, pur con profondo dolore, all’applicazione della più grave sanzione canonica. Non ho voluto, tuttavia, che quella restasse l’ultima parola. Nel desiderio di aiutare chi, animato da retta intenzione e da amore per la Chiesa, voleva dissociarsi da un simile gesto di rottura, ho ritenuto opportuno costituire una speciale commissione, la quale potesse consentire ai fedeli ben disposti di esprimere nella comunione ecclesiale i valori positivi della propria formazione culturale e spirituale.

I primi risultati dell’applicazione del “Motu Proprio” “Ecclesia Dei” offrono motivi di speranza. Auspico che, grazie alla prudente azione di tale organismo, alla generosa e leale collaborazione dei Vescovi, del clero e dei fedeli delle Chiese particolari più direttamente interessate, oltreché, ovviamente, alla buona volontà degli stessi destinatari delle norme emanate, l’unità cattolica possa essere consolidata, conforme alla suprema volontà da Cristo manifestata nella preghiera dell’ultima cena: “Che tutti siano una cosa sola . . .” (cf. Gv 17, 21 ss).

b) In secondo luogo, è nota l’enorme risonanza della soluzione adottata dalla Commissione anglicana, durante la Conferenza di Lambeth, il 1° agosto scorso, che “ciascuna provincia rispetti la decisione e gli atteggiamenti di altre province nell’ordinazione e nella consacrazione delle donne all’episcopato”.

Purtroppo - ed è con sincero dolore che qui ne parlo - si è trattato di una iniziativa unilaterale che, come ho recentemente scritto al carissimo fratello Robert Runcie, Arcivescovo di Canterbury, non ha tenuto adeguatamente in conto le dimensioni sia ecumeniche che ecclesiologiche del problema, in contrasto con la via sempre chiaramente seguita dalla Chiesa cattolica, come dalla Chiesa ortodossa e dalle antiche Chiese orientali.

Tale presa di posizione non favorisce certamente gli sforzi congiunti di preghiera e di studio dei membri della seconda Commissione Internazionale Anglicana-Cattolico Romana, e pone anzi seri ostacoli a quel progresso nella reciproca riconciliazione, che nel corso di questi ultimi decenni è arrivato ad esiti così promettenti.

Invito i responsabili a compiere ogni tentativo affinché si evitino conseguenze dolorose e deplorevoli non solo nei rapporti ecumenici, ma anche all’interno della stessa Comunione anglicana, nella sua estensione attraverso il mondo: la linea costante della Tradizione comune a tutte le Chiese non può essere così facilmente interrotta in un modo di procedere che nessuno di noi ha il potere e la competenza di autorizzare.

L’anelito di Cristo all’unità della sua Chiesa deve anche qui sorreggere la buona volontà di tutti per salvaguardare il tesoro di ortodossia e di ortoprassi, che egli stesso ci ha affidato, e che lo Spirito Santo ci aiuta a mantenere.

9. Ecco, venerati fratelli: abbiamo ripercorso insieme alcuni momenti particolarmente significativi di questo “anno del Signore”, che volge ormai al suo termine. Rivedendo in prospettiva di fede uomini e vicende, traiamo nuovi motivi di umile riconoscenza verso colui che col suo Spirito riempie l’universo (cf. Sap 1, 7). A lui siamo grati non solo per le gioie che ci ha concesso, ma anche per le prove a cui ci ha sottoposto, perché crediamo che, nella sua onnipotenza, egli sa trarre il bene anche dal male.

Il mistero che ci apprestiamo a celebrare ci invita alla speranza. Dio s’è fatto uomo come noi; ha accettato di condividere fino in fondo la nostra condizione umana: come non essere fiduciosi circa il nostro futuro? “Descendit Deus, ascendit homo; Verbum caro factum est, ut caro sibi Verbi solium in Dei dextera vindicaret” (S. Ambrosii “Expos. Ps CXVIII”, 3, 8). Confortati da questa consapevolezza, noi ci disponiamo a vivere nella gioia le prossime festività, al fine di perseverare con rinnovata alacrità nei nostri rispettivi compiti a servizio della Chiesa, perdurante epifania di Cristo nel mondo.

Con la mia particolare benedizione.

 

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