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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO DELL’OPERA
FEDERATIVA TRASPORTO AMMALATI A LOURDES (OFTAL)

Sabato, 24 marzo 1990

 

Cari fratelli e sorelle!

1. Con questo pellegrinaggio di fede e di preghiera, voi intendete ricordare il trentennio dalla morte del Fondatore dell’Opera Federativa Trasporto Ammalati a Lourdes (OFTAL), mons. Alessandro Rastelli, e insieme anche il trentennale di assistenza e di apostolato tra le persone che soffrono.

Ringrazio mons. Vittorio Piola, vescovo emerito di Biella, per le amabili parole che ha voluto ora rivolgermi, interpretando anche i sentimenti di tutti i presenti. Saluto i dirigenti della vostra Associazione, gli ammalati, i barellieri, le dame e i volontari. Desidero manifestarvi la viva riconoscenza della Chiesa, perché voi offrite le vostre preghiere e le vostre sofferenze, come pure la fatica e i disagi del viaggio, per chiedere la santificazione dei sacerdoti e delle persone consacrate e invocare numerose e sante vocazioni per la Chiesa. È questo un grande ideale che, mentre nobilita e conforta la vostra vita quotidiana, attira la benevolenza di Dio verso la Chiesa e l’umanità.

Gesù stesso infatti legò strettamente alla preghiera il numero e la qualità dei sacerdoti e dei religiosi, necessari per la salvezza del mondo. Sentendo compassione per le folle, che erano stanche e sfinite come pecore senza pastore, il divin Maestro disse: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe” (Mt 9, 36-38).

A questo proposito desidero ricordare le parole dell’esortazione Christifideles laici (n. 53): “Anche i malati sono mandati come operai nella vigna del Signore. Il peso, che affatica le membra del corpo e scuote la serenità dell’anima, lungi dal distoglierli dal lavorare nella vigna, li chiama a vivere la loro vocazione umana e cristiana e a partecipare alla crescita del regno di Dio in modalità nuove, anche più preziose”. Vi siano di guida e di orientamento queste parole nella vostra preghiera, nell’offerta quotidiana delle vostre sofferenze.

2. L’incontro con voi, ammalati, e con voi, amici e volontari che li assistete, ci fa riflettere sul valore della sofferenza e sulla sua efficacia espiatrice e santificatrice. Gesù, il Verbo Incarnato, ha sofferto nel corpo e nell’anima e tale passione ha acquistato un valore universale per la redenzione dell’umanità.

Nel Cristo sofferente l’umanità trova il significato dei propri patimenti. L’uomo, pur compiendo ogni sforzo per combattere ed eliminare la sofferenza, deve convincersi che essa non è un fallimento, bensì una prova di fede e un atto di amore!

François Coppée, un illustre letterato francese, che sulla via del dolore ritrovò il tesoro smarrito della fede, scriveva: “Saper soffrire! Saper amare! Ecco il prezioso segreto che ho scoperto nel Vangelo durante la mia infermità!” (“Saper soffrire”, cap. XI). E nella dolorosa malattia che lo portò in cielo si fece mettere un Crocifisso alla parete e guardando l’immagine del Cristo sofferente trovò la forza di accettare con rassegnazione e serenità la dura prova permessa da Dio per la sua purificazione e per la nostra edificazione.

3. Maria santissima, Corredentrice del genere umano accanto al suo Figlio, vi dia sempre coraggio e fiducia! E vi accompagni anche la mia benedizione, che ora di gran cuore vi imparto!

 

© Copyright 1990 - Libreria Editrice Vaticana

 



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