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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA E UNGHERIA
(13-20 AGOSTO 1991)

CERIMONIA DI BENVENUTO IN UNGHERIA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II

Aeroporto internazionale «Ferihegy» di Budapest - Venerdì, 16 agosto 1991

 

1. Gradisca, Signor Presidente, il mio rispettoso e riconoscente apprezzamento per le elevate e cordiali parole con cui ha accolto il mio arrivo in terra magiara. A ciascuno dei presenti indirizzo un saluto affettuoso e grato. Saluto in particolare il Signor Cardinale, Arcivescovo di Esztergom, i miei Confratelli nell’Episcopato, i Membri del Governo della Repubblica di Ungheria, il Sindaco di questa meravigliosa Capitale, tutti i presenti e coloro che assistono attraverso la televisione.

Un particolare pensiero rivolgo ai cattolici che vivono in questo Paese e contribuiscono con generoso impegno al comune benessere. Il mio saluto si allarga poi ad abbracciare con vivo affetto tutti i figli e le figlie della Nazione ungherese, i residenti in Patria e quanti sono giunti da fuori, in special modo quelli che vivono nei Paesi confinanti.

Quando, qualche minuto fa, ho baciato la terra della vostra Patria, ho voluto esprimere ciò che riempie il mio cuore in questo momento: stima profonda verso il vostro Paese, intima gioia di stare fra voi e sincero desiderio di esservi accanto nel cammino che l’Ungheria sta compiendo verso un futuro migliore. Conosco questa Terra, la bellezza e fecondità delle sue vaste pianure, lo spirito generoso del suo popolo fiero, il patrimonio di cultura e di arte che ne arricchisce la storia.

2. Di questi sentimenti la mia venuta tra voi vuol essere espressione. So bene che anche voi sentite la gioia di poter di nuovo ricevere liberamente i vostri amici - tutti i vostri amici, da qualunque parte provengano - e penso che mi consideriate uno di questi. Ricordo che, nell’agosto 1988, l’invito rivoltomi a visitare il vostro Paese fu interpretato come uno dei primi segni del nuovo clima di libertà, che andava annunciandosi. A quattro anni di distanza, sono lieto di essere qui per felicitarmi con voi dei passi già compiuti nella nuova direzione, anche se le esperienze accumulate nel frattempo vi hanno mostrato che il cammino della libertà non è esente da rischi, ma comporta un suo prezzo che può essere a volte anche pesante. Voi siete ora pienamente consapevoli che il nuovo clima di libertà non risolve da solo tutti i problemi della vostra vita.

Nel secolo scorso uno dei vostri poeti scriveva che “il Cielo dà ad ogni paese un tesoro”, ed aggiungeva che il tesoro della vostra Nazione è “un sacro dolore” (J. Eötvös, 1836). Quante sofferenze hanno segnato la vostra terra! Quanti eserciti si sono schierati in questa pianura, di fronte alla fortezza di Buda! Quanti incendi hanno arrossato questo orizzonte, mentre sangue e lacrime irrigavano i vostri campi! Questo dolore antico è sacro, perché non è restato sterile tristezza. I vostri antenati ripetevano una frase, divenuta tradizionale: “Vive l’ungherese, stanno ancora salde le mura di Buda” (Kisfaludy K., 1824). Questa serena certezza si alimentava alla fede del vostro primo santo Re, il quale, in un momento doloroso, seppe coraggiosamente esclamare: “Se Dio è con me, chi può essere contro di me?” Ecco perché la vostra indomabile stirpe ha saputo riprendere, dopo ogni grande calamità nazionale, la ricostruzione del Paese.

Anzi, i vostri padri non si limitarono mai a restaurare ciò che era stato distrutto, non si contentarono del ritorno al passato, ma vollero sempre costruire qualche cosa di nuovo, di più conforme alle nuove possibilità e alle nuove esigenze.

Io posso condividere le vostre tradizioni e l’attuale vostro sforzo concorde per costruire un futuro più felice e più umano, perché sono figlio della Nazione polacca, che tante cose ha in comune con la storia ungherese, e provengo anch’io da questa regione dell’Europa che si trova ora sulla soglia di una nuova era, nella quale spera di poter contribuire al formarsi di una pacifica comunità di Nazioni fra loro solidali.

3. Carissimi fratelli e sorelle, l’immane guerra e i decenni successivi hanno devastato il vostro Paese. Adesso, però, voi siete in condizioni di costruire un mondo nuovo sulle rovine di quello passato, seguendo l’esempio dei vostri antenati, i quali hanno sempre saputo mantenere viva la speranza e dopo ogni disastro nazionale hanno avuto il coraggio e la forza di ricominciare da capo per rinnovare le loro esistenze.

Voi dunque volete sollevare le sorti della vostra Patria, ma non intendete ritornare ai modelli ormai anacronistici del passato, seppure glorioso. Voi considerate vostro compito costruire una nuova casa, in cui le generazioni future possano svilupparsi felicemente. Vi adoperate a svolgere questo compito con impegno sofferto. Ebbene, carissimi fratelli e sorelle, io sono venuto tra voi per aiutarvi in questa fatica con la parola e con la preghiera.

Uomini e donne di Ungheria! Chi vi parla è uno che si considera vostro compatriota, partecipe con voi del vostro stesso destino. Il Papa condivide le vostre gioie e le vostre sofferenze, i vostri progetti e i vostri sforzi, tesi verso l’edificazione di un futuro migliore. Egli simpatizza con voi. Le sue parole provengono dalla “Buona Novella” di Cristo, dalla fede della Chiesa, la quale conosce bene “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono” (Gaudium et spes, 1).

4. Molte volte nel corso dei tempi voi siete stati costretti a combattere con forze esterne per difendere la vostra indipendenza nazionale. La storia ungherese conosce tempi amari di invasioni straniere e guerre di indipendenza coraggiose, anche se concluse tragicamente. Adesso il vostro Paese ha conquistato la propria sovranità e voi potete edificare la vita nazionale in modo autonomo. Altri nemici, però, s’affacciano ora all’orizzonte, altre difficoltà da superare, altre illusioni da combattere: sono i conflitti all’interno della vostra società, gli interessi egoistici dei singoli e dei gruppi che pongono gli uni contro gli altri. La vostra storia vi insegna che tutto ciò può compromettere il vostro futuro e distruggere i vostri sforzi per raggiungere condizioni sociali più giuste ed umane.

Questo appello all’unità, alla giustizia e alla pace non è semplicemente il risultato di negoziati politici od economici, nei quali si possono attuare utili compromessi. Giustizia e pace, queste indispensabili condizioni per l’edificazione di una società veramente umana, si basano soltanto su quei valori morali ultimi ed eterni, su cui poggia ogni vita umana.

Lo scopo di questa mia visita al vostro Paese è duplice: io vengo per confermare nella fede i fratelli e le sorelle che appartengono alla Chiesa, e vengo per offrire a tutti gli Ungheresi la visione cristiana del mondo: “Si tratta di salvare la persona umana, si tratta di edificare l’umana società” (Gaudium et spes, 3). Vengo per prender atto del vostro impegno in ordine alla ricostruzione del Paese, per condividere le vostre gioie e le vostre preoccupazioni ed offrire a tutti la forza immensa della fede religiosa.

Questo orientamento religioso è ciò che propongo come base indispensabile ed efficace della rinascita della vostra Patria, e lo propongo con le parole del Concilio “non solo ai figli della Chiesa cattolica, né solamente a tutti coloro che invocano il nome di Cristo, ma indistintamente a tutti gli uomini” (Gaudium et spes, 2). Come potremmo infatti conoscere il nostro vero bene, se non ascoltando Colui che ci ha plasmati e sa meglio di noi di che cosa abbiamo bisogno? Come potremmo accogliere il vero bene, il comune bene, anche a scapito di piccoli interessi egoistici del momento, se non adorando Colui che ci ha creati a sua immagine e somiglianza, e ci impegna a far rifulgere sempre più perfettamente questa sua divina impronta!

5. Ben sappiamo, tuttavia, quanto deboli siano le nostre forze nell’accettare la verità che ci libera e ci rende capaci di praticare la giustizia, postulata dalla nostra coscienza. Con i nostri soli sforzi non possiamo fare nulla che ci valga di entrare nella pace con Dio.

Perciò sono venuto anche per pregare insieme con voi. La nostra preghiera comune intende dar voce ai più sacri desideri del nostro cuore.

Dio benedica gli Ungheresi!



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