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VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA
(1°-9 GIUGNO 1991)

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI SEMINARISTI DELLA DIOCESI DI ŁOMŻA

Seminario di Łomża - Mercoledì, 5 giugno 1991

 

1. “Siamo . . . collaboratori di Dio” (1 Cor 3, 9).

Le parole dell’Apostolo delle Nazioni, che abbiamo udito ieri nella liturgia, dovrebbero essere ricordate oggi - alla benedizione della parte nuova dell’edificio del seminario di Lomza. Occorre anche meditare oggi un’altra volta il Vangelo di ieri: la parabola del seminatore. Infatti il vocabolo latino stesso “seminarium”, parla della semina. Comprendiamo pienamente questo nome classico (nel linguaggio della tradizione della Chiesa) quando seguiamo il pensiero di San Paolo, il quale scrive ai Corinzi da una parte come ai “collaboratori di Dio”, e dall’altra chiama i destinatari della sua Lettera “il campo di Dio, l’edificio di Dio” (1 Cor 3, 9). La semina e la costruzione: queste due immagini si uniscono nel testo paolino.

Contemporaneamente l’Apostolo sottolinea che i “collaboratori di Dio” sono i “ministri”: essi sono quei ministri per mezzo dei quali i Corinzi sono venuti alla fede “ciascuno secondo che il Signore gli ha concesso” (1 Cor 3, 5). Così dunque egli stesso, il Signore, è l’artefice del bene salvifico e gli uomini, Paolo o Apollo, sono dei ministri i quali, secondo le possibilità umane, e soprattutto sostenuti dalla grazia del Signore, aiutano nell’opera di Dio. L’Apostolo scrive: “Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere” (1 Cor 3, 6). E aggiunge: “Ora né chi pianta, né chi irriga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere” (1 Cor 3, 7).

2. La costruzione del seminario di Lomza (della sua parte nuova) è giunta al termine, ma tutto il senso dell’esistenza di questo edificio dipenderà dal fatto se si compirà la costruzione spirituale nei suoi abitanti. Questa dovrebbe continuare qui incessantemente. Siete infatti qui, cari Seminaristi, perché lo Spirito Santo vi formi come “collaboratori di Dio” nell’estendere a tutto il mondo l’opera salvifica di Cristo.

Come sapete, l’ultimo Sinodo dei Vescovi era dedicato al problema della formazione sacerdotale. Nelle mie riflessioni domenicali durante i preparativi di quel Sinodo, ho fatto tra l’altro notare che il posto del sacerdote nel mondo viene determinato dalla sua chiamata al ministero dell’Eucaristia: “Senza sacerdote non vi può essere offerta eucaristica . . . i candidati al sacerdozio saranno formati alle intime disposizioni che l’Eucaristia promuove: la riconoscenza per i benefici ricevuti dall’alto, poiché l’Eucaristia significa azione di grazie, l’atteggiamento oblativo che li spinge a unire all’offerta eucaristica di Cristo la propria offerta personale; la carità nutrita da un sacramento che è segno di unità e di condivisione; il desiderio di contemplazione e di adorazione davanti a Cristo realmente presente sotto le specie eucaristiche” ((Ioannis Pauli PP. II, Angelus, 1° lug. 1990: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIII, 2 (1990) 6).

Voglio rivolgere una particolare attenzione ad una caratteristica di questo atteggiamento oblativo che dovrebbe risultare dal nostro amore per l’Eucaristia. Ho in mente il giusto rapporto verso le questioni materiali. I tempi di oggi come mai finora, richiedono sacerdoti disposti al sacrificio, autenticamente poveri e disinteressati. Ho parlato di questo nello stesso ciclo di meditazioni durante l’Angelus, una settimana dopo: “La formazione impartita nel seminario porrà i giovani nella prospettiva di quella povertà che Cristo ha praticato e ha voluto per coloro ai quali ha affidato il primo compito pastorale . . . Essa li preparerà ad essere dei testimoni del regno spirituale, mediante la rinuncia ad inseguire le ricchezze materiali. Essa darà loro il gusto della semplicità nel modo di vivere, ponendoli al riparo da ogni tentazione di lusso o di comodità eccessiva. È, questa, una testimonianza importante in un mondo che è spesso dominato da lotte d’interesse e da conflitti d’ordine pecuniario”. Aggiungerei che oggi in Polonia c’è particolare bisogno di una tale testimonianza. - Il sacerdote ha la missione di mostrare che il destino umano non sta nell’accumulare beni terreni, perché vi sono altri valori, molto superiori, che meritano di essere perseguiti con perseveranza, quelli cioè che nobilitano la persona e la fanno entrare in comunione di vita con Dio. “La formazione sacerdotale tenderà pure a favorire nei seminaristi il desiderio di aiutare i poveri e di annunciare loro la buona novella secondo l’esempio e l’insegnamento di Cristo. Essa li stimolerà ad aver disposizioni di simpatia e di predilezione per i più bisognosi” ((Ioannis Pauli PP. II, Angelus, 8 lug. 1990: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XIII, 2 (1990) 73).

3. Con grande gioia benedirò l’edificio del seminario a Lomza. Però ricordatevi, cari Superiori, Professori e Amati Seminaristi, che l’essenziale consacrazione si compirà ogni giorno in questo edificio - attraverso il vostro buon servizio quotidiano di Dio, mediante la formazione in voi di uno spirito autenticamente eucaristico, di cui necessariamente dovete colmarvi come futuri ministri della parola e dell’Eucaristia e pastori del Popolo di Dio.

La necessità di ampliare questo seminario è un segno molto eloquente di crescita spirituale della comunità della Chiesa di Lomza. E le vocazioni sacerdotali sono una particolare misura di vitalità della Chiesa. A sua volta, alla crescita del numero delle vocazioni deve corrispondere la profondità della vita spirituale. Bisogna augurare a questa Chiesa e pregare che questa casa mai si svuoti, che si accresca il numero delle vocazioni, così che alla Chiesa di Lomza bastino i sacerdoti non solo per soddisfare i bisogni locali, ma perché possa con generosità mandare i suoi missionari in altri Paesi, “fino agli estremi confini della terra” (At 1, 8).

4. Oggi esprimo la gratitudine a Dio per questa casa. Essa è potuta sorgere grazie alla sollecitudine di Mons. Giulio e di tutti coloro che lo aiutavano. Dietro a questa costruzione si nasconde anche la commovente generosità dei fedeli e dei sacerdoti della diocesi di Lomza, e anche dei vostri amici di diversi Paesi d’Europa e del mondo. Alcuni sono oggi qui presenti: li saluto cordialmente e condivido la loro gioia per la compartecipazione a questa bella opera.

Prima di tutto però ringraziamo Colui, che solo “dà la crescita” - per questa costruzione spirituale che si compie negli abitanti di questo edificio. Che tutta quest’opera, che doniamo oggi a Dio, cresca - ora e nelle generazioni future - in virtù del suo Spirito e sotto il premuroso sguardo della Madre della Chiesa di Lomza.



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