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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI STATUNITENSI DEL NEW ENGLAND


IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»

Martedì, 21 settembre 1993

 

Eminenza,
Cari fratelli Vescovi,

1. “Ringrazio il mio Dio ogni volta ch’io mi ricordo di voi, pregando sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera, a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del Vangelo” (Fil 1, 3-5). Con questi sentimenti dell’Apostolo Paolo accolgo cordialmente voi, Vescovi del New England. I viaggi di Paolo a Gerusalemme per incontrare Pietro (cf. Gal 1, 18; 2, 1-2), forniscono il primo esempio di quegli incontri fraterni che sono ora divenuti le visite “ad limina Apostolorum” da parte dei Vescovi. Abbiamo conversato e pregato insieme come fratelli nel Signore. Quindi, questi incontri accrescono i vincoli di comunione gerarchica e affettiva fra noi. Attraverso di essi ci rafforziamo reciprocamente, come dice la Lumen gentium, “con l’apporto di tutte, che sono in comunione le une con le altre, e coi loro sforzi verso la pienezza dell’unità” (n. 13).

Oggi desidero ringraziare l’intera Chiesa negli Stati Uniti, in particolare l’Arcidiocesi di Denver per aver ospitato l’VIII Giornata Mondiale della Gioventù. La mia visita nello Stato delle Montagne Rocciose, dove centinaia di migliaia di giovani si sono riuniti per professare la loro fede in Cristo, per sperimentare la comunione con la Chiesa e per impegnarsi nell’urgente compito della nuova evangelizzazione, ha costituito un momento di grande gioia e di rinnovata speranza. L’amore gioioso e spontaneo dei giovani verso Dio e verso la Chiesa mi ha spesso commosso. Essi ci hanno raccontato le loro storie di sofferenza per il Vangelo, di apparentemente insormontabili superati ostacoli con l’aiuto divino e della loro angoscia di fronte a un mondo tormentato dalla disperazione dal cinismo e dai conflitti. Ho lasciato Denver lodando Dio che rivela ai giovani i segreti del suo Regno (cf. Mt 11, 25). Tutti noi, Vescovi della Chiesa, dovremmo riflettere nuovamente sul nostro ministero per i giovani e sulla responsabilità di presentare loro la verità piena di Cristo e della sua Chiesa.

I giovani riuniti a Denver hanno certamente meritato di ascoltare le parole di San Paolo che ho riportato durante la Messa conclusiva: “Sono molto franco con voi e ho molto da vantarmi di voi. Sono pieno di consolazione, pervaso di gioia” (2 Cor 7, 4). Fra le moltissime lettere che ho ricevuto, condivido con voi ciò che una giovane donna, che sta per iniziare i suoi studi universitari, mi ha scritto. Essa dice: “Eravamo addormentati nelle braccia di Cristo: è stata la Giornata Mondiale della Gioventù a svegliarci dai nostri incubi di autogiustificazione e solitudine, per guardare negli occhi di quel Dio-Uomo che è la nostra via, la nostra verità e la nostra vita”. In queste parole noi Pastori dobbiamo leggere una costante sfida ad accompagnare i giovani nel loro pellegrinaggio di fede, il viaggio che essi compiono in risposta alla grazia di Dio che opera nei loro cuori, quel viaggio che di tanto in tanto necessita di momenti di particolare intensità, come i pellegrinaggi, gli incontri di preghiera e i ritiri. Ascoltare i giovani, insegnare loro, incoraggiarli richiede tempo e attenzione. L’apostolato dei giovani deve costituire una priorità della Chiesa alle soglie del terzo millennio.

2. Non possiamo ignorare le aspirazioni profonde che animano i cuori delle persone oggi. Nonostante segnali negativi, molti hanno farne di una spiritualità autentica e coraggiosa. Esiste “una nuova scoperta di Dio nella sua trascendente realtà di Spirito infinito” (Dominum et vivificantem, 2) e in particolare i giovani cercano un solido fondamento su cui edificare le proprie vite. La gioventù americana si rivolge a voi perché la conduciate a Cristo, che è la sola “risposta esistenzialmente adeguata al desiderio di bene, di verità e di vita che è nel cuore di ogni uomo” (Centesimus annus, 24). Permettetemi di ripetere ciò che ho detto ai Vescovi il mese scorso a Denver: “Siamo sempre pronti ad aiutare i giovani a scoprire gli elementi trascendenti della vita cristiana? Dalle nostre parole e dalle nostre azioni essi deducono che la Chiesa è veramente un mistero di comunione con la Santissima Trinità e non semplicemente un’istituzione umana con obiettivi temporali?” (Omelia 13 agosto 1993, n. 2).

3. Fra le lezioni concrete della Giornata Mondiale della Gioventù non dovremmo trascurare la capacità e il desiderio di preghiera dei giovani. Essi si aspettano che i loro Pastori insegnino una preghiera autenticamente cristiana, che porta alla condivisione del dialogo filiale del Figlio con il Padre in accordo con la meravigliosa espressione di San Paolo nella Lettera ai Galati: “E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà Padre!” (Gal 4, 6). La preghiera non è un’occupazione fra tante ma si trova al centro della nostra vita in Cristo. Essa distoglie la nostra attenzione da noi stessi e la rivolge al Signore. La preghiera riempie la mente con la verità e dà speranza al cuore. Senza una profonda esperienza di preghiera, la crescita nella vita morale sarà scarsa. L’autentico rinnovamento delle vostre diocesi richiede l’apostolato di preghiera radicato nella fede, rafforzato dalla vita sacramentale e liturgica e attivo nella carità (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2558).

4. La promozione della vitalità spirituale dei giovani e delle giovani va di pari passo con la sfida di presentare loro la “pienezza della verità che Dio ci ha fatto conoscere intorno a se stesso” (Redemptoris missio, 5). È chiaro che le controversie e il dissenso dei decenni passati non sono di grande interesse per loro. Essi non sono ispirati da un Vangelo che è diluito, mascherato e reso apparentemente passivo. Si dovrebbe compiere ogni sforzo per garantire che i programmai educativi religiosi e catechetici, le scuole e le istituzioni cattoliche di grado superiore e in particolare il ministero della predicazione della Chiesa presentino serenamente e fermamente, ma senza imbarazzo o compromessi, l’intera ricchezza dell’insegnamento della Chiesa.

Soltanto educando i giovani a un’autentica spiritualità cattolica e alla pienezza della dottrina cattolica potrete aiutarli ad assumere pienamente il proprio ruolo e le proprie responsabilità nella Chiesa, e di questo essi sono consapevoli. Con il loro entusiasmo e con la loro illimitata energia essi dovrebbero essere incoraggiati a divenire “ protagonisti dell’evangelizzazione e artefici del rinnovamento sociale” (Christifideles laici, 46). Essi non solo vengono evangelizzati, ma sono essi stessi evangelizzatori che portano il Vangelo ai loro coetanei, compresi coloro che sono estranei alla Chiesa e che non hanno ancora udito la Buona Novella. Allo stesso modo, molti giovani hanno un enorme potenziale di generosità, di devozione e di impegno e sono attratti da forme di volontariato, in particolare dal servizio ai bisognosi. Con essi i responsabili della Chiesa negli Stati Uniti dovrebbero continuare a sperimentare modi in cui i loro talenti e il desiderio di partecipare alla missione della Chiesa possano essere pienamente realizzati. I metodi ordinari di “ministero per i giovani” basati sulla parrocchia, dovrebbero continuare cosicché i giovani non vengano isolati dalla più ampia comunità. Ma, come la vostra esperienza personale vi insegna, è spesso utile integrare questo con associazioni, movimenti, centri e gruppi speciali che soddisfino le loro necessità particolari (cf. Redemptoris missio, 37).

5. Come dimostrano il rinnovato interesse per le questioni etiche e il crescente dibattito circa i “valori” nella vita americana, la necessità di una formazione morale attuata attraverso l’opera delle famiglie, delle scuole e di altre istituzioni è sempre più sentita. Data questa situazione, i Pastori, hanno molte opportunità di fornire una guida nel settore dello sviluppo morale, portando la verità di Cristo e la saggezza di Dio (cf. 1 Cor 1, 24) che ci rende liberi (cf. Gv 8, 32). Tuttavia, la guida e l’orientamento saranno efficaci solo quando si creerà un accordo sullo stile di vita. La Chiesa ha questa visione secondo la quale il significato e lo scopo della vita risiedono nell’“unica fede” del Vangelo. Non è forse vero che la domanda posta dal giovane uomo nel Vangelo “che cosa devo fare per avere la vita eterna?” (Mc 10, 17) ci viene rivolta oggi con un’urgenza che esige la massima attenzione?

Il necessario rinnovamento della vita politica e sociale può aver luogo soltanto se l’intrinseca connessione fra fede e morale risulta chiara. I giovani cattolici sono sensibili alla necessità di coerenza fra fede professata e fede vissuta. Essi hanno bisogno di comprendere chiaramente che cosa significhi concretamente essere cattolici. I Pastori devono dare con nuova fiducia e rinnovato zelo “la risposta” circa la morale che il Signore ha affidato alla sua Chiesa. Fra i temi di questa Buona Novella è essenziale il vincolo fra libertà umana e verità, nel senso che una libertà che rifiuta di essere legata alla verità perde il suo fondamento (cf. Centesimus annus, 41). I giovani percepiscono, a volte senza sapere perché, che il relativismo religioso, morale e culturale non conduce alla felicità e che la libertà senza la verità è illusoria.

Uno dei principali problemi pastorali che dobbiamo affrontare è il diffuso fraintendimento del ruolo della coscienza, laddove la coscienza e l’esperienza individuali vengono ritenute superiori o vengono contrapposte all’insegnamento della Chiesa. I giovani d’America e in realtà di tutto il mondo occidentale, che sono spesso vittime di teorie educative il cui fondamentale principio morale consiste nel “creare” i loro propri valori e nell’“essere soddisfatti di sé”, chiedono di essere liberati da questa confusione morale. Tutti coloro che insegnano nel nome della Chiesa dovrebbero onorare senza timore la dignità della coscienza morale come il santuario in cui viene ascoltata la voce di Dio (cf. Gaudium et spes, 16); ma con lo stesso impegno essi dovrebbero proclamare, contro il soggettivismo, che la coscienza non è un tribunale che crea il bene, ma deve formarsi alla luce di regole di moralità universali e oggettive. Un chiaro insegnamento su tali questioni è anche parte essenziale del necessario ritorno alla pratica del Sacramento della Penitenza. Le migliaia di confessioni ascoltate dai sacerdoti a Denver rivelano che i giovani conoscono il valore di questo Sacramento nonostante la profonda crisi che lo colpisce (cf. Reconciliatio et paenitentia, 28).

6. Un chiaro insegnamento su tali questioni è liberatorio perché propone l’autentico significato dell’essere discepoli: Cristo esorta i suoi seguaci a essere suoi amici (cf. Gv 15, 15). Infatti, seguire personalmente Cristo è il fondamento essenziale della morale cristiana. L’obbedienza della fede (cf. Rm 16, 26) costituisce sia un assenso intellettuale alla dottrina sia un impegno di vita che ci porta a un’unione sempre più perfetta con Cristo stesso. La Chiesa deve stare sempre attenta a non ridurre la “parola di verità” (Col 1, 5) a un codice astratto di etica e morale, o a un trattato di norme di buon comportamento. L’annuncio della morale cristiana, così strettamente legato alla nuova evangelizzazione, non deve svuotare la Croce di Cristo del suo potere (cf. 1 Cor 1, 17).

Confido nel fatto che i Vescovi degli Stati Uniti continueranno a rivolgere una particolare cura pastorale ai giovani, nei quali la Chiesa riconosce la sua stessa giovinezza che le è stata donata divinamente in quanto Sposa di Cristo (cf. Ef 5, 22-33). Affido tutti i sacerdoti, i religiosi e i fedeli delle vostre diocesi a Maria, Madre del Redentore, affinché possa rimanere con voi nella preghiera (cf. At 1, 14) e rendervi messaggeri di speranza e portatori di vita nel mondo. Con affetto nel Signore imparto di cuore la mia benedizione apostolica a voi e a tutti i fedeli del New England.

 

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