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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI PARTECIPANTI ALLA XV ASSEMBLEA GENERALE
DELLA «CARITAS INTERNATIONALIS»

Sabato, 13 maggio 1995

 

Cari Fratelli nell’Episcopato,
Cari amici,

1. La quindicesima Assemblea generale della Caritas internationalis che sta per concludersi, mi offre la lieta opportunità di accogliere voi, rappresentati degli uomini e delle donne del mondo intero che costituiscono l’ammirevole rete della Caritas. Voi siete tra i più attivi e i più competenti nell’esortare tutti i fedeli della Chiesa a rispondere generosamente al comandamento fondamentale dell’amore verso il prossimo, a cui il Signore ha conferito lo stesso valore di quello dell’amore verso Dio, per riassumere tutta la Legge e per orientare la vita cristiana (cf. Mt 22, 34-40).

Ringrazio il vostro Presidente, Monsignor Affonso Gregory, per le parole che mi ha rivolto a vostro nome, presentando i vostri lavori.

Avendolo voi appena riconfermato nel suo incarico, gli porgo i miei auguri e gli esprimo la mia fiducia.

2. Papa Paolo VI volle che, presso il successore di Pietro, il Pontificio Consiglio Cor unum si occupasse del coordinamento armonioso dei numerosi e diversi movimenti che operano per una carità concreta nella Chiesa. È bene che la Caritas internationalis figuri in prima fila tra coloro che lavorano secondo lo spirito che presiede alla missione di questo Consiglio che mi è così vicino.

Prima di sottolineare alcuni aspetti della vostra attività, vorrei esprimere tutta la stima e la gratitudine della Chiesa per l’opera svolta dalle diverse Caritas in tutto il mondo. Penso a tutti coloro che si prodigano nei vostri vari organismi, a volte da diversi decenni, senza mai stancarsi.

Do il benvenuto alle Caritas fondate di recente in Europa e in Africa, che si uniscono a voi in questo incontro internazionale, così come ai responsabili del nuovo gruppo istituito per l’Oceania.

Con i membri della Caritas, desidero salutare anche i vostri invitati, gli osservatori presenti presso di voi che sono testimoni della vastità e della diversità della grande famiglia della carità attiva della Chiesa.

E come non ricordare la grande generosità dei benefattori, senza i quali voi non potreste operare? Come non ricordare l’impegno del personale fisso e dei volontari che, sia nei Paesi vicini sia nelle missioni lontane, fanno del loro meglio per accogliere e per sostenere il loro prossimo più povero? Penso con commozione ai tanti uomini e alle tante donne che hanno pagato un elevato prezzo personale, spesso fino al sacrificio della loro vita, per rimanere fedeli fino alla fine alla loro missione d’amore.

3. Le vostre assise costituiscono un luogo di scambi preziosi affinché si sviluppi, senza arrestarsi dinanzi alle frontiere, la collaborazione necessaria in vista di una migliore diaconia della carità su scala mondiale. Dovete riprendere e approfondire incessantemente le motivazioni teologiche e spirituali che guidano la vostra azione e che distinguono la Caritas da altre organizzazioni non governative.

4. Per ispirare e per organizzare efficacemente le diverse forme di reciproco aiuto fraterno, è importante che ogni comunità locale abbia i propri organi caritativi, senza pertanto delegare ad altri ciò che resta un dovere fondamentale di tutti.

Gli animatori, permanenti e volontari, dei vostri diversi servizi hanno una particolare responsabilità. Essi hanno bisogno di ricevere una buona formazione, non solo in funzione delle competenze tecniche indispensabili, ma anche per vivere essi stessi e per comunicare ai loro fratelli l’autentico dinamismo evangelico della carità. Si tratta di mettere in pratica la dottrina sociale della Chiesa comprendendone bene lo spirito: ho già detto che essa “ha di per sé il valore di uno strumento di evangelizzazione” (Centesimus Annus, 54). Desidero qui aggiungere quanto, in questa epoca ecumenica, sia auspicabile che tutti coloro che si riconoscono discepoli di Cristo si uniscano per lottare contro la povertà e per promuovere lo sviluppo integrale dell’uomo.

È nel contatto quotidiano con le realtà più umili dell’umanità e della sua sofferenza che valutate l’importanza reale dell’insegnamento sociale della Chiesa, delle esigenze di rispetto della vita e della dignità della persona. La carità è innanzitutto presenza attenta e caritatevole presso i più bisognosi; tuttavia sapete che bisogna anche preoccuparsi di sostenere le famiglie, di garantire il diritto al lavoro e all’alloggio, l’accesso alle cure sanitarie di fronte alle epidemie e alle carenze di ogni sorta, l’educazione e la formazione professionale dei giovani. Dovete essere tra i difensori di un’economia sana che non schiacci i poveri e non disgreghi la società.

Nel citare questi pochi esempi, penso sia alle azioni di aiuto reciproco a livello locale e personale, sia all’auspicabile influenza della vostra organizzazione in contesti più ampi. Che la vostra competenza e il vostro spirito fraterno facciano di voi dei portavoce convinti dell’insegnamento sociale della Chiesa presso i responsabili dell’economia e le autorità civili. Esponete con chiarezza e con discernimento le esigenze della giustizia, che, ai nostri occhi del resto non sono che un’altra espressione del rispetto e dell’amore per l’uomo, nel cui nome auspichiamo il miglioramento delle condizioni di vita di tutti.

5. In questi ultimi anni, le terribili prove sostenute da Nazioni come la Bosnia ed Erzegovina e il Rwanda, per citarne alcune, hanno suscitato da parte dei cristiani che operano nelle Caritas del mondo uno slancio di solidarietà e interventi importanti sul posto. Tuttavia voi siete i primi a sottolineare che l’azione in situazioni di emergenza resta insufficiente. Viviamo in un mondo dove l’ineguaglianza e l’ingiustizia restano drammatiche. La povertà rimane un flagello grave in interi Paesi, così come in fasce consistenti della popolazione dei Paesi più ricchi. Continuate ad agire subito e con azioni a lungo termine. Non possiamo rassegnarci a vedere milioni di esseri innocenti vittime della denutrizione, scacciati dalle loro terre, o colpiti da molti altri mali che il mondo attuale ha i mezzi per sconfiggere. Voi siete agenti efficaci di una solidarietà effettiva che non deve tuttavia dispensare i responsabili politici ed economici dall’agire per il vero bene dei popoli, mobilitando tutti i mezzi degli Stati e della comunità internazionale.

6. Nel piano di lavoro elaborato in occasione della vostra Assemblea, ho notato con viva soddisfazione che intendete inserire la vostra attività nella preparazione del grande Giubileo d’inizio del terzo millennio cristiano. L’anno 1999 sarà posto in particolare sotto il segno della carità. È incoraggiante sapere che voi contribuirete a questo slancio cristiano così necessario in questo tempo; è infatti importante che la voce di Cristo sia udita e che il comandamento dell’amore sia un motore potente per l’edificazione di una società in cui la solidarietà di tutti consolidi la pace.

Cari amici, portate a tutti i vostri fratelli l’incoraggiamento del Vescovo di Roma. Invocando su di voi di tutto cuore la Benedizione divina, prego con voi il Padre misericordioso, Cristo Salvatore e lo Spirito d’amore.

 

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