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PAOLO VI

UDIENZA GENERALE

Mercoledì, 30 ottobre 1968

 

L'autenticità e l'integrità della fede fondamento della vita relamente cristiana

IL «CREDO DEL POPOLO DI DIO»

Diletti Figli e Figlie!

In occasione della festa di Cristo Re, celebrata domenica scorsa, è stata recitata in molte chiese nel mondo la professione di fede, che Noi stessi abbiamo pronunciata il 30 giugno, sulla piazza di San Pietro, a conclusione della commemorazione centenaria del martirio dei santi Apostoli Pietro e Paolo, la quale fu celebrata come «Anno della Fede», e fu perciò conclusa con quel Nostro solenne atto di fede, che prese il nome di «Credo del Popolo di Dio». Voi lo ricordate: è una ripetizione, amplificata con espliciti riferimenti ad alcuni punti dottrinali, del Simbolo di Nicea, che è, come sapete, la celebre formula della fede, secondo il primo Concilio ecumenico, quello appunto di Nicea (dell’anno 325; pochi anni dopo la libertà riconosciuta alla Chiesa dall’editto costantiniano dell’anno 313); formula divulgata nella lingua latina principalmente dalla traduzione di S. Ilario di Poitiers (cfr. De Synodis, 84; P. L. 10, 536), ed ancora sostanzialmente ripetuta da noi nelle sante Messe, che comportano, secondo le rubriche, la recita del Credo.

L'INIZIO DELL'UMANA SALVEZZA

Da breve sintesi delle principali verità credute dalla Chiesa cattolica, sia latina che orientale, questo Credo ha assunto la solennità d’un atto ufficiale della nostra fede; al valore dottrinale oggettivo si è così aggiunto, com’è ovvio, il valore soggettivo della nostra personale e comunitaria adesione a quelle stesse verità, che la Chiesa ritiene derivate dalla Rivelazione; e perciò il Credo viene ad inserirsi con autorità decisiva e con vigore fortificante nel groviglio delle nostre confuse e agitate coscienze per mettervi, in punti fondamentali, luce e ordine in relazione alle questioni religiose, che sono le più importanti e le più difficili della nostra vita. Bisogna perciò tenere sempre presente, recitando il Credo, questa coincidenza della fede oggettiva (le verità credute) con la fede soggettiva (l’atto virtuoso di assenso a quelle verità).

Perché Noi abbiamo impegnato l’attenzione della Chiesa sopra questa bivalente professione di fede? Anche questo sapete. Per due ragioni. La prima, perché la fede, come dice il Concilio di Trento, facendo proprio con scrupolosa fedeltà il pensiero di San Paolo (cfr. Rom. 3, 21-28), «fides est humanae salutis initium, fundamentum et radix omnis iustificationis» (Sess. VI, c. 8), la fede è l’inizio dell’umana salvezza, il fondamento e la radice d’ogni giustificazione, cioè della nostra rigenerazione in Cristo, della nostra redenzione e della nostra presente ed eterna salute. «Senza la fede è impossibile piacere a Dio» (Hebr. 11, 6). La fede è il primo nostro dovere; la fede è per noi questione di vita; la fede è il principio insostituibile del cristianesimo; è la fonte della carità; è il centro dell’unità; è la ragion d’essere fondamentale della nostra religione. E la seconda ragione è questa: perché oggi, contrariamente a ciò che dovrebbe succedere col progresso umano, la fede (diciamo l’adesione alla fede) è diventata più difficile. Filosoficamente, a causa della crescente contestazione alle leggi del pensiero speculativo, alla razionalità naturale, alla validità delle umane certezze; il dubbio, l’agnosticismo, il sofisma, la spregiudicatezza dell’assurdo, il rifiuto della logica e della metafisica, ecc., sconvolgono le menti dei moderni. Se il pensiero non è più rispettato nelle sue intrinseche esigenze razionali, anche la fede - che, ricordiamolo bene, esige la ragione; la supera, ma la esige - ne soffre; la fede non è fideismo, cioè credenza priva di basi razionali; non è soltanto ricerca crepuscolare di qualche esperienza religiosa; è possesso di verità, è certezza. «Se il tuo occhio è torbido, dice Gesù, tutto il tuo corpo sarà nelle tenebre» (Matth. 6, 23).

DEVIAZIONI ED ERRORI DEL NOSTRO TEMPO

Possiamo pur troppo aggiungere: l’atto di fede è diventato oggi più difficile anche psicologicamente. Oggi l’uomo conosce principalmente per via dei sensi; si parla di civiltà dell’immagine; ogni conoscenza è tradotta in figure e in segni; la realtà è misurata da ciò che si vede e da ciò che si ode; mentre la fede esige l’impiego della mente, la quale si rivolge in una sfera di realtà, che sfuggono alla osservazione sensibile. E diciamo inoltre che le difficoltà sorgono anche dagli studi filologici, esegetici, storici, applicati a quella prima fonte della verità rivelata, che è la sacra Scrittura: privo del complemento fornito dalla Tradizione e dell’autorevole assistenza del magistero ecclesiastico, anche lo studio della sola Bibbia è pieno di dubbi e di problemi, che più sconcertano che non confortino la fede; e lasciato all’iniziativa individuale, genera un pluralismo tale di opinioni da scuotere la fede nella sua soggettiva certezza, e da toglierle la sua sociale autorevolezza; così che una tale fede produce ostacoli all’unità dei credenti, mentre la fede deve essere la base della ideale e spirituale convergenza: una è la fede (Eph. 4, 5).

Parliamo con dolore; ma è così. Anche perché i rimedi, che da tante parti si cerca di apprestare alle moderne crisi di fede, sono spesso fallaci. V’è chi per ridare credito al contenuto della fede lo restringe ad alcune proposizioni basilari, che pensa siano l’autentico significato delle fonti del cristianesimo e della stessa sacra Scrittura: non è da dire quanto sia arbitrario, anche rivestito di apparenze scientifiche, e quanto disastroso un tale procedimento. Vi è chi invece, con criteri di uno sconcertante empirismo, si arroga di fare una selezione fra le molte verità insegnate dal nostro Credo, per respingere quelle che non piacciono, e per mantenerne alcune ritenute più gradevoli. E vi è poi chi cerca di adattare le dottrine della fede alla mentalità moderna, facendo spesso di questa mentalità, profana o spiritualista che sia, il metodo ed il metro del pensiero religioso: lo sforzo, ben degno per sé di lode e di comprensione, operato da questo sistema, di esprimere le verità della fede in termini accessibili al linguaggio e alla mentalità del nostro tempo, ha talora ceduto al desiderio d’un più facile successo, tacendo, temperando o alterando certi «dogmi difficili». Pericoloso, anche se doveroso, tentativo; e meritevole di favorevole accoglienza soltanto allorquando alla più accessibile presentazione della dottrina esso le conserva la sua sincera integrità; «Sia il vostro discorso, dice il Signore, si, si, no, no» (Matth. 5, 37; Jac. 5, 12), escludendo ogni ambiguità artificiosa.

CUSTODIRE E VIVERE IL MIRABILE DONO

Questa drammatica situazione della fede nei nostri giorni Ci fa pensare alla sapiente sentenza del Concilio: «La sacra Tradizione, la sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti da non potere indipendentemente sussistere» (Cost. Dei Verbum, n. 10). Sta bene: per la fede oggettiva; cioè per sapere esattamente ciò che dobbiamo credere. Ma per la fede soggettiva, che cosa faremo, dopo d’aver ascoltato, studiato, meditato onestamente, assiduamente? avremo la fede?

Possiamo rispondere affermativamente, ma tenendo però sempre conto d’un aspetto fondamentale e, in un certo senso, tremendo della questione; e cioè che la fede è una grazia. «Non tutti, dice S. Paolo, ascoltano il Vangelo» (Rom. 10, 16). E allora, che sarà di noi? Saremo noi fra i fortunati che avranno il dono della fede? Sì, rispondiamo; ma è dono che bisogna avere prezioso, bisogna custodirlo, bisogna goderlo, bisogna viverlo. E per intanto bisogna implorarlo con la preghiera, come l’uomo del Vangelo: «Sì, credo, o Signore, ma Tu aiuta la mia incredulità» (Marc. 9, 24). Vogliamo, Figli carissimi, pregare, ad esempio, così:

PREGHIERA DEL PAPA PER CONSEGUIRE LA FEDE

Signore, io credo; io voglio credere in Te.

O Signore, fa’ che la mia fede sia piena, senza riserve, e che essa penetri nel mio pensiero, nel mio modo di giudicare le cose divine e le cose umane;

O Signore, fa’ che la mia fede sia libera; cioè abbia il concorso personale della mia adesione, accetti le rinunce ed i doveri ch’essa comporta e che esprima l’apice decisivo della mia personalità: credo in Te, O Signore;

O Signore, fa’ che la mia fede sia certa; certa d’una esteriore congruenza di prove e d’un’interiore testimonianza dello Spirito Santo, certa d’una sua luce rassicurante, d’una sua conclusione pacificante, d’una sua assimilazione riposante;

O Signore, fa’ che la mia fede sia forte, non tema le contrarietà dei problemi, onde è piena l’esperienza della nostra vita avida di luce, non tema le avversità di chi la discute; la impugna, la rifiuta, la nega; ma si rinsaldi nell’intima prova della Tua verità, resista alla fatica della critica, si corrobori nella affermazione continua sormontante le difficoltà dialettiche e spirituali, in cui si svolge la nostra temporale esistenza;

O Signore, fa’ che la mia fede sia gioiosa e dia pace e letizia al mio spirito, e lo abiliti all’orazione, con Dio e alla conversazione con gli uomini, così che irradi nel colloquio sacro e profano l’interiore beatitudine del suo fortunato possesso;

O Signore, fa’ che la mia fede sia operosa e dia alla carità le ragioni della sua espansione morale, così che sia vera amicizia con Te e sia di Te nelle opere, nelle sofferenze, nell’attesa della rivelazione finale, una continua ricerca, una continua testimonianza, un alimento continuo di speranza;

O Signore, fa’ che la mia fede sia umile e non presuma fondarsi sull’esperienza del mio pensiero e del mio sentimento; ma si arrenda alla testimonianza dello Spirito Santo, e non abbia altra migliore garanzia che nella docilità alla Tradizione e all’autorità del magistero della santa Chiesa. Amen.

E si concluda così, anche per Noi, per voi tutti, l’Anno della Fede, con la Nostra Benedizione Apostolica.


PATERNO SALUTO ALLE RELIGIOSE CAPITOLARI DI VARI ISTITUTI

Ci sentiamo ora, ora, particolarmente obbligati verso i cinque gruppi di Religiose, che, in rappresentanza di altrettante Congregazioni femminili, partecipano ai loro Capitoli Generali Speciali per l’aggiornamento delle rispettive Costituzioni, alla luce e nello spirito del Concilio Ecumenico Vaticano II: le Suore Mercedarie; le Suore Francescane dei Poveri; le Figlie del Divino Zelo; le Suore Trinitarie di Valance; e, infine, le Suore Francescane Missionarie di Maria Ausiliatrice.

Dilette Figlie in Gesù Cristo.

La vostra presenza, la vostra missione, la vostra consacrazione alla Chiesa e alle anime meriterebbero una ben più cospicua distinzione di quanto Ci possa permettere lo scarso tempo a disposizione. Ma siamo lieti di ricevervi qui, perché possiamo indicarvi anzitutto all’ammirazione e alla gratitudine di questa assemblea, per il servizio, umile, generoso, sacrificato, che voi date alla comunità cristiana, spendendo la vita nel silenzio e nella mortificazione per amore di Cristo, per comunicare al mondo, nelle varie forme dell’azione e della contemplazione, la salvezza da Lui operata sulla Croce. I fedeli debbono esservi grati per la vostra testimonianza di fedeltà ai consigli evangelici, che il Concilio ha luminosamente delineata come «un segno che può e deve attirare efficacemente tutti i membri della Chiesa a compiere con slancio i doveri della vocazione cristiana, poiché . . . lo stato religioso, che rende più liberi i suoi seguaci dalle cure terrene, meglio anche manifesta a tutti i credenti i beni celesti già presenti in questo mondo, testimonia la vita nuova ed eterna, acquistata dalla redenzione di Cristo, e preannunzia la futura risurrezione e la gloria del Regno celeste» (Lumen gentium, 44).

Se i fedeli guardano a voi, voi dovete per parte vostra sforzarvi di aderire sempre più fedelmente alla vostra alta vocazione: e che tale sia il vostro impegno, lo dimostrano i lavori capitolari, ai quali state attendendo per dare alle singole Congregazioni quello slancio di rinnovamento, nella fisionomia propria di ciascuna di esse, che il Concilio ha loro richiesto, per adempiere con sempre maggiore fecondità il servizio, a cui sono chiamate nella Chiesa, Noi confidiamo che le norme del Concilio, e le paterne esortazioni che Noi stessi abbiamo di recente rivolte ai Capitolari di Ordini Religiosi maschili, vi siano di luce nel momento che state vivendo, in sintonia di propositi e in operoso fervore di intenti. Vi assista lo Spirito di Cristo, facendovi sempre più sue; vi guidi la Vergine Maria, vostro ideale e modello di religione verso Dio e di donazione al prossimo; vi incoraggi la Nostra Apostolica Benedizione, che di cuore impartiamo a tutte le vostre Consorelle, sparse nel mondo.

UNO SPECIALE CONVEGNO DI ASSISTENTI SPIRITUALI

Salutiamo con particolare riguardo i sacerdoti e i religiosi incaricati dell’assistenza alle Suore d’Italia, che hanno celebrato a Roma in questi giorni il loro primo Convegno Nazionale.

L’occasione Ci è propizia, diletti Figli, per dirvi la stima e la riconoscenza che nutriamo verso di voi, e le speranze che la Chiesa ripone nella vostra opera.

È un apostolato, il vostro, che non è appariscente, non fa rumore, ma si svolge per lo più nel nascondimento e nel segreto delle coscienze. Non tutti perciò sanno comprenderlo e stimarlo nel suo giusto valore. Ma basta solamente pensare al posto eminente che le anime consacrate occupano nel Corpo Mistico, basta avere presente il capitale spirituale di fede, di pietà, di zelo e di dedizione, che gli Istituti Religiosi femminili rappresentano nella Chiesa, per capire quanto sia importante e urgente un’adeguata assistenza di queste anime da parte di sacerdoti esperti che apprezzino ed amino la vita consacrata.

Non per nulla, il Concilio Vaticano II così esorta i sacerdoti: «Ricordino i Presbiteri che i Religiosi tutti - sia uomini che donne - formano una parte di speciale dignità nella casa del Signore, e meritano quindi particolare attenzione, affinché progrediscano sempre nella perfezione per il bene di tutta la Chiesa» (Decr. Presbyterorum ordinis, n. 6).

Oggi, poi, i fermenti di rinnovamento portati dal Concilio propongono questo problema in termini non solo di maggiore urgenza, ma anche di qualificazione, per un più sicuro orientamento sia in campo dottrinale che in quello apostolico.

Di qui l’esigenza che voi avete sentito di questo vostro primo incontro nazionale, per uno scambio di idee e di esperienze e per avviare un dialogo fraterno fra quanti assolvono questa delicata missione.

Esprimiamo a questo riguardo il Nostro paterno compiacimento, e di cuore preghiamo il Signore che alle vostre fatiche faccia seguire un maggiore slancio, fra tutte le Religiose d’Italia, nell’esercizio coraggioso e costante della virtù e nella dedizione generosa verso le anime.

A questo auspicio volentieri aggiungiamo la Nostra Apostolica Benedizione.

A visitatori provenienti dalla Cecoslovacchia

Un saluto speciale Noi rivolgiamo ai visitatori provenienti dalla Cecoslovacchia, di cui seguiamo, in questo periodo, le vicende con cordiale e beneaugurante interesse, ben sapendo come esse tocchino profondamente l’anima del Popolo e lo rendano più cosciente delle sue tradizioni, più forte nella sua interiore unità, più pronto ad ogni civile e spirituale incremento.

Questo incontro Ci offre propizia occasione per esprimere i Nostri voti di prosperità e di pace nel cinquantesimo anniversario dell’indipendenza della Repubblica Cecoslovacca, e per accompagnare con i migliori auguri la riforma costituzionale che dà allo Stato Cecoslovacco la forma federativa, promovendo così una più fraterna e feconda unione delle due Popolazioni, che compongono un unico ed organico Paese. Possa questo avvenimento giovare allo sviluppo e alla concordia di tutta la .Nazione e dare alla sua vita moderna un’operante coerenza alla sua storia, alla sua fede e alla sua cultura.

Artistico complesso musicale di Lisbona

Queremos dizer agora urm palavra ao Grupo da Fundação «Calouste Gulbenkian», na bela língua portuguesa.

Durante a presente «tournée» artística, viestes aqui, dilectos Filhos, para testemunhar a vossa fé e render homenagem ao Vigário de Cristo. Com afecto vos saudamos: Sêde bem-vindos!

A vossa presença é um gesto de deferente delicadeza de alma, que Nos apraz sublinhar. É-Nos grado também exprimir a Nossa complacência, pela obra benemérita que a Fundação que representais, de algum modo, vem a desenvolver, em favor da educação, da cultura e da arte e no campo da beneficência.

Conhecemos a sua história, breve nos anos, mas densa de significado, pelas benemerências feitas, numa quantidade e dum modo digno de louvor, que honra a memória do magnânimo Fundador, para sempre ligada ao seu gesto humanitário de generosidade.

Equacionada por princípios sadios, ela parece ir mesmo beber e inspirar-se nas raizes escondidas, humilde e silenciosas da caridade e no espírito salutar do Evangelho de Cristo. Não dizemos isto para Ihe atribuir um carácter confessional ou religioso, que sabemos não ter; simplesmente, para congratular-Nos com todos os que têm mérito no conceber, promover e estender os seus benefícios; e para augurarlhes que possam continuar, com os aperfeicoamentos, sempre possíveis nas coisas humanas.

Uma palavra ainda, aos componentes da embaixada artística, palavra de simpatia, a que juntamos um voto: que a mensagem de beleza, de elevação e de serenidade, que pela vossa arte procurais transmitir aos homens, hoje tão passíveis de aridez de frieza e de crises, lhes proporcione a harmonia interior, feita da graça e da luz de Deus e da paz de consciência.

Para corroborar estes Nossos votos, de bom grado vos damos uma especial Bênçã Apostólica, extensiva a todos os vossos entes queridos.

                                 



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