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 DISCORSO DI PAOLO VI
ALLE PARTECIPANTI AL XIII CONGRESSO NAZIONALE
DEL CENTRO ITALIANO FEMMINILE

Sabato, 12 febbraio 1966

 

Salutiamo con compiacenza il XIII Congresso Nazionale del Centro Italiano Femminile, e rivolgiamo volentieri alle valorose persone che vi prendono parte il Nostro elogio ed il Nostro incoraggiamento. Conosciamo, fin dalle origini, le finalità, le attività, i meriti di cotesto movimento federativo, al quale l’alta e sincera ispirazione cristiana e l’ampia e leale apertura dei suoi quadri organizzativi conciliano la meritata fiducia di numerose schiere di Donne italiane; e sappiamo quale opera intelligente e pratica esso vada svolgendo, sia nel campo della formazione della Donna alla conoscenza e alla partecipazione della vita pubblica, sia in quello della assistenza; e Ci sentiamo perciò obbligati ad esprimere la Nostra riconoscenza per quanti e quante a tale opera hanno dato il loro concorso di appoggio, di consiglio, di attività, e soprattutto di dedizione tenace e fedele (pensiamo alle brave Dirigenti, specialmente); e vogliamo ancora una volta esprimere il voto che alla formula rappresentata e promossa dal Centro Italiano Femminile tutte le Donne italiane, a cui preme affermare l’efficienza dei valori morali e spirituali del cristianesimo e della tradizione civile del nostro popolo nella vita moderna, e preme insieme conferire alla presenza della Donna nella società un carattere intelligente, positivo e forte, vogliano francamente aderire.

Ci conforta a formulare questi apprezzamenti e questi voti il programma del vostro Congresso, al quale auguriamo felice successo, sicuri come siamo che promotori e promotrici, oratori e oratrici, tanto bene scelti e tanto competenti, ne faranno gustare a tutte le partecipanti la spiritualità, la serietà, la praticità.

In questa fiducia, Noi non faremo commenti ai vostri lavori; ma fermando la nostra attenzione sopra un punto del programma, quello della famiglia, Ci permettiamo intrattenervi un momento sopra questo tema, ricordando ciò che il Concilio ecumenico ha prospettato sinteticamente sulle questioni che lo riguardano. Non è stata possibile in sede conciliare una trattazione esauriente della materia, specialmente circa il grave e complesso problema sulle norme relative alla natalità. Non è ancora possibile sciogliere la riserva enunciata nel Nostro discorso del giugno 1964; ma in attesa di poter dare più precisi insegnamenti, crediamo opportuno da parte Nostra dire in proposito una parola di esortazione pastorale. Il Nostro pensiero si rivolge ora in modo particolare agli sposi e ai genitori cristiani, che per la prima volta nella storia della Chiesa sono stati ammessi a partecipare attivamente ad un Concilio ecumenico, come interpreti e rappresentanti di tutti gli sposi e genitori nella Chiesa, anzi di tutte le famiglie del mondo.

La vostra presenza al Concilio, dilettissimi figli, significa che la Chiesa rivolge oggi uno sguardo particolare, pieno di sollecitudine e di amore, alla famiglia ed ai suoi problemi. Essa ha sempre benedetto la famiglia e l’amore umano, seguendo l’esempio del suo divino Fondatore; ma oggi più che mai avverte che dalla sanità e dalla pienezza di vita spirituale della famiglia dipendono la vita fisica e morale dell’umanità: più ancora, la dilatazione reale del regno di Dio. Conosce la Chiesa anche i pericoli che minacciano, e le difficoltà che tentano di minare la saldezza della famiglia e la sua sanità morale. Per questo i Padri Conciliari hanno dedicato una attenzione particolare al capitolo della Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel mondo attuale, che parla del matrimonio e della famiglia e dei loro problemi.

Non tutti i problemi, dicevamo, sui quali gli sposi e i genitori cristiani attendono e desiderano una parola, hanno potuto essere affrontati: alcuni di essi, per la loro complessità e delicatezza, non potevano venire discussi facilmente in una assemblea numerosa; altri richiedevano e richiedono studi approfonditi, per i quali è stata costituita, com’è noto, una speciale commissione pontificia, la quale è stata incaricata di approfondire lo studio di questi problemi nei loro vari aspetti: scientifici, storici, sociologici e dottrinali, avvalendosi anche di larghissirne consultazioni di Vescovi e di esperti. Noi invitiamo, ad attendere i risultati di questi studi, accompagnandoli con la preghiera: il Magistero della Chiesa non può proporre norme morali, se non quando è certo di interpretare il volere di Dio; e per raggiungere questa certezza la Chiesa non è dispensata dalle ricerche, né dall’esame delle molte questioni da ogni parte del mondo proposte alla sua considerazione: operazioni queste talvolta lunghe e non facili.

Intanto però il Concilio ha già approvato un testo che Noi, in piena comunione di pensiero con i Padri Conciliari, abbiamo promulgato : il capitolo primo della seconda parte della Costituzione Pastorale sulla Chiesa e mondo attuale, dedicato appunto alla considerazione della grande dignità che la Chiesa attribuisce al matrimonio e alla famiglia. Vogliamo ricavarne qui alcuni principi fondamentali della dottrina della Chiesa, capaci di illuminare la via da percorrere per il bene della famiglia e di tutti i suoi membri, quasi come il messaggio del Concilio agli sposi e alle famiglie del mondo, ed in particolare agli sposi cristiani; ed incarichiamo voi di portarlo a conoscenza di tutti, e di esserne le prime, fedeli interpreti con la parola e con l’esempio della vita.

1. Il matrimonio e la famiglia non sono opera dell’uomo soltanto, una costruzione umana prodotta e dominata nel suo intimo essere dalle condizioni storiche ed ambientali, e mutevole come queste. Il matrimonio e la famiglia vengono da Dio: sono opera di Dio e rispondono ad un disegno essenziale, che Egli stesso ha tracciato e che sovrasta le mutevoli condizioni dei tempi, perdurando immutato attraverso di essi. È Dio che per mezzo di essi vuol rendere l’uomo partecipe delle sue prerogative più alte: del suo amore per gli uomini e della sua facoltà creatrice di vita. Per questo il matrimonio e la famiglia hanno una trascendente relazione con Dio: da Lui vengono ed a Lui sono ordinati: le famiglie si fondano e vivono inizialmente sulla terra, ma sono destinate a ricomporsi in cielo.

Qualunque concezione o dottrina, che non tenga sufficientemente presente questa relazione essenziale del matrimonio e della famiglia con la sua origine divina e il suo destino trascendente l’umana esperienza, non ne comprenderebbe la più profonda realtà e non potrebbe trovare la via esatta per risolverne i problemi.

2. Per mezzo del matrimonio e della famiglia Iddio ha sapientemente unite due tra le maggiori realtà umane: la missione di trasmettere la vita e l’amore vicendevole e legittimo dell’uomo e della donna, per il quale essi sono chiamati a completarsi vicendevolmente in una donazione reciproca non soltanto fisica, ma soprattutto spirituale. O per meglio dire: Dio ha voluto rendere partecipi gli sposi del suo amore: dell’amore personale che Egli ha per ciascuno di essi e per il quale li chiama ad aiutarsi e a donarsi vicendevolmente per raggiungere la pienezza della loro vita personale; e dell’amore che Egli porta all’umanità e a tutti i suoi figli, e per il quale desidera moltiplicare i figli degli uomini per renderli partecipi della sua vita e della sua felicità eterna.

Nato dall’amore creatore e paterno di Dio, il matrimonio trova nell’amore umano, corrispondente al disegno e al volere di Dio, la legge fondamentale del suo valore morale: nell’amore reciproco degli sposi, per cui ciascuno si impegna con tutto sé stesso ad aiutare l’altro ad essere quale Dio lo vuole; nel desiderio comune di interpretare fedelmente l’amore di Dio creatore e padre, generando nuove vite.

«Nell’ufficio di trasmettere la vita e di formarla mediante l’educazione - che deve considerarsi come la missione loro propria - gli sposi sappiano di essere i cooperatori dell’amore di Dio creatore e come i suoi interpreti» (Cost. Past. n. 50).

In questa luce gli sposi troveranno normali e necessarie quelle leggi di unità, indissolubilità e fedeltà vicendevole, che là dove mancasse l’amore potrebbero apparire soltanto come un peso; e troveranno energie di generosità, di saggezza e di fortezza insospettate, per donare ad altri la vita.

3. La missione ricevuta da Dio di interpretarne l’amore creatore e paterno, domanda oggi agli sposi una accresciuta coscienza della loro responsabilità, umana e cristiana, nella trasmissione della vita.

Le condizioni della vita attuale, diverse per molti aspetti da quelle passate, e diverse nei diversi Paesi, non giustificano certamente l’egoismo o un timore senza fiducia in Dio nell’adempimento di questa primaria missione degli sposi; ma richiedono pure una decisione matura e consapevole di tutti gli aspetti, particolarmente della responsabilità educativa, per la ricerca del maggior bene.

Anche in questo problema, che Dio ha pure voluto regolato da leggi emananti da Lui, autore del matrimonio e della famiglia, ed inscritte nella natura stessa e nella finalità molteplice di queste divine istituzioni, gli sposi cristiani troveranno nel dovere della carità la luce per risolvere i loro personali problemi. Nell’osservanza della legge divina, Dio infatti ha affidato alla loro responsabile decisione il compito e la gioia di trasmettere la vita, e nessuno può sostituirsi a loro o coartare la loro volontà. Ma essi pure dovranno mirare ad una carità veramente piena ed universale: alla carità verso Dio in primo luogo, di cui devono desiderare la gloria e la dilatazione del regno; alla carità verso i figli in secondo luogo, attuando il principio che «la carità . . . non cerca il proprio interesse» (1 Cor. 13, 5); alla carità vicendevole, per la quale ciascuno cerchi il bene dell’altro e di prevenirne i buoni desideri, piuttosto che imporre il proprio volere. Questo atteggiamento di carità, illuminato dalla legge di Dio, faciliterà la via alla verità, cioè la soluzione esatta del loro problema: quella che corrisponde al volere di Dio su di loro, quella di cui saranno senza rimpianti al termine della loro vita, e di cui godranno i frutti per tutta l’eternità.

Il Concilio Vaticano II appena concluso diffonda negli sposi cristiani questo spirito di generosità per dilatare il nuovo popolo di Dio; e susciti in essi anche il desiderio di avere dei figli da offrire a Dio nella vita sacerdotale e religiosa per la salvezza e il servizio dei fratelli e per la sua maggior gloria. Ricordino sempre che la dilatazione del regno di Dio e la possibilità di penetrazione della Chiesa nella umanità per la sua salvezza, eterna e terrena, è affidata anche alla loro generosità.

4. La legge della carità verso Dio, verso il coniuge e verso i figli, con le conseguenti responsabilità, indica chiaramente che il matrimonio e la famiglia cristiana esigono un impegno morale: non sono una via facile di vita cristiana, sebbene sia la più comune, quella che la maggioranza dei figli di Dio è chiamata a percorrere. È piuttosto un lungo cammino verso la santificazione, che si nutre delle gioie e dei sacrifici di ogni giorno, della vita apparentemente più normale, quando sia guidata dalla legge di Dio e imbevuta dall’amore.

Gli sposi cristiani sanno però di non essere mai soli. Il Concilio ricorda loro che: «il Salvatore degli uomini e lo Sposo della Chiesa per mezzo del sacramento del matrimonio viene incontro agli sposi cristiani. Rimane con loro perché, come egli ha amato la Chiesa ed ha dato sé stesso per essa, così anche gli sposi si amino l’un l’altro con fedeltà perpetua. Il legittimo amore coniugale viene assunto nell’amore divino e viene governato ed arricchito dalla forza redentrice di Cristo e dall’opera salvifica della Chiesa, perché gli sposi siano condotti efficacemente verso Dio e siano aiutati e confortati nella sublime missione di padre e di madre» (Cost. Past. n. 48).

Affidiamo a Voi, Sposi e Genitori cristiani, ed alle molte iniziative che promuovono oggi nella Chiesa la spiritualità della vita coniugale, il compito di studiare in modo sempre più approfondito le ricchezze del sacramento del matrimonio, la sua ripercussione nella vita degli sposi, della famiglia e della società; ed il compito di aiutare tutti gli sposi cristiani a prendere coscienza del loro dono.

5. Nel quadro di questo doveroso impegno morale e della grandezza del dono sacramentale del matrimonio, il Concilio ricorda agli sposi cristiani un’altra virtù che essi devono coltivare: la virtù della castità coniugale, fortemente tracciata da Sua Santità Pio XI e richiamata da Pio XII.

Non è una legge nuova o inumana: è la dottrina dell’onestà e della saggezza, che la Chiesa illuminata da Dio ha sempre insegnato, e che lega fra loro con legame indissolubile le legittime espressioni dell’amore coniugale con il servizio di Dio nella missione da Lui derivante di trasmettere la vita: è la dottrina che ha nobilitato e santificato l’amore coniugale cristiano, purificandolo dagli egoismi della carne e dagli egoismi dello spirito, da una superficiale ricerca delle realtà effimere di questo mondo a preferenza del dono di sé a qualcosa di eterno. È la dottrina e la virtù che nei secoli ha redento la donna dalla schiavitù di un dovere subito per forza e con umiliazione; ed ha affinato invece il senso del rispetto vicendevole e la stima reciproca tra i coniugi. Comprendano gli sposi quale forza morale stimola, e quale ricchezza spirituale alimenta la virtù della purezza della vita coniugale fedelmente osservata secondo la legge di Dio: la serenità, la pace, la grandezza d’animo, la limpidità dello spirito! Comprendano in modo particolare l’inestimabile valore che essa possiede per prepararli al loro compito di educatori! È vero oggi come ieri e come sempre: i figli trovano nella vita dei genitori la formazione più profonda alla fedeltà a Dio; mentre i genitori trovano nella obbedienza a Dio la certezza della grazia, che loro abbisogna per il compito di educatori cristiani, oggi tanto difficile.

Non si scoraggino per le difficoltà che possono incontrare, e non abbandonino la fedeltà alla Chiesa per questo; ma affidandosi con fiducia alla forza della grazia divina, che domanderanno istantemente nella preghiera, piuttosto che ridurre la legge divina alla misura della propria volontà, elevino se stessi all’altezza dell’ideale divino; e rinnovando ogni giorno la propria buona volontà, ogni giorno ricomincino serenamente da capo il proprio cammino, che ha come mèta un’eternità di vita con Dio, e come premio qui sulla terra un amore più profondo e più beatificante. «Beati i puri di cuore perché vedranno Dio» (Matt. 5, 1).

La nuova Pentecoste della Chiesa, che tutto il Popolo di Dio ha domandato intensamente nella preghiera di questi anni, e che speriamo la misericordia di Dio abbia a donare alla sua Chiesa, non potrà essere un tempo di maggiore facilità morale, ma piuttosto di maggiore impegno per tutti, anche per gli sposi cristiani. «Entrate per la porta stretta . . . stretta è la porta e impervia la via che conduce alla vita» (Matt. 7, 13-14).

6. Queste Nostre parole sono dirette in primo luogo agli sposi cristiani, ma vorrebbero estendersi a tutti gli sposi. E Noi speriamo che tutti i figli della Chiesa ascoltino la voce della loro madre, e che con la loro generosità meritino a tutto il popolo di Dio, a tutti gli uomini la luce necessaria per comprendere bene le leggi di Dio che regolano il matrimonio, ed ottengano alla Chiesa la luce necessaria per risolvere le difficoltà e i problemi, che ancora sono oggetto di studio, secondo il volere di Dio.

Domandiamo per questo agli sposi cristiani che con il loro spirito di fede, la loro fiducia in Dio, la loro vera carità verso Dio, vicendevole e verso i figli, abbiano ad essere nel mondo un «segno» della santità della Chiesa, sposa fedele e gloriosa «senza macchia e senza difetto . . . . ma santa e immacolata» di Cristo Signore (Ef. 5, 27).

E queste Nostre parole pronunciamo davanti a questa bella assemblea del Centro Femminile Italiano, che fra le sue attività, fra le sue benemerenze, iscrive anche quella di onorare, di assistere, di istruire, di difendere la famiglia, e nella famiglia la Donna specialmente, che in essa trova, con una maggiore somma di cure e di affanni, la sua più naturale e amorosa missione, la sua più riconosciuta dignità, la sua più sicura garanzia di salvezza e di premio: «la sua salvezza, dice San Paolo della Donna, sarà nella maternità, purché dimori santamente pudica nella fede e nella carità» (1 Tim. 2, 15).

A voi dunque, dilette figlie del Centro Italiano Femminile. ai vostri bravi Assistenti e Maestri, raccoglierle e diffonderle, con la Nostra Apostolica Benedizione.

                                                             



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