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DISCORSO DI PAOLO VI
AI DIRIGENTI E AGLI ATLETI DELLA SQUADRA DEL «GENOA»

Sabato, 5 ottobre 1968

 

Siamo lieti di soffermarCi un istante con voi, diletti figli, Dirigenti e Atleti della Società Calcistica «Genoa», venuti a Roma in occasione della vostra prima trasferta di campionato. Sappiamo che avete desiderato tanto questo incontro: e il calice che Ci offrite in dono, conferma in forma molto significativa codesta vostra attesa.

Ve ne ringraziamo ed elogiamo di cuore. Se il tempo a Nostra disposizione non fosse così scarso, vorremmo trattenerci più a lungo con la vostra «Squadra», e ripetervi la sollecitudine, l’interesse, l’incoraggiamento con cui la Chiesa segue i suoi figli anche nell’attività sportiva, e che i Nostri Predecessori, segnatamente Pio XII e Giovanni XXIII di s. m., e Noi stessi con loro vi abbiamo ripetuto più volte, formando una compiuta trattazione delle questioni spirituali, delle applicazioni morali, del valore umano e formativo che lo Sport rappresenta per la gioventù, e per la società in generale. Non abbiamo ora l’intenzione di ripetere cose note: soltanto vi ricordiamo ancora una volta questa stima profonda, materna, premurosa, che la Chiesa vi dedica, vedendo nelle esercitazioni sportive non un fenomeno pianificatore delle masse, non un perditempo più o meno elegante, non un’attività di second’ordine, ma, come bene ha detto il Concilio Vaticano II, mezzi «che giovano a mantenere l’equilibrio dello spirito anche nella comunità, e offrono un aiuto per stabilire fraterne relazioni fra gli uomini di tutte le condizioni, di nazioni o di stirpi diverse» (Gaudium et spes, 61).

E questo propriamente auguriamo anche a voi: di sviluppare attraverso il particolare agonismo delle vostre gare, da una parte, cioè individualmente, le doti più preziose del vostro spirito, specialmente la magnanimità, la gentilezza, il rispetto degli altri, la vigilanza su di voi stessi; e dall’altra, cioè socialmente, la fratellanza, la bontà lieta e benefica, la leale e franca cooperazione allo stabilirsi di un mondo giusto, ordinato e pacifico. Voi comprendete come il culto di tutte queste doti non si possa improvvisare, né fondarsi unicamente su parole belle ma vuote, bensì invece com’esso presupponga un terreno interiore, diciamo così, spiritualmente fertile, docile, aperto alle sollecitazioni dell’insegnamento del Vangelo di Cristo, alla forza della sua parola, al nutrimento della sua vita, immolata «per la Vita del mondo» (Io. 6, 52). E quale significato assume in tal modo il calice che Ci offrite, che nei suoi preziosi riflessi d’oro Ci fa capire come le vostre anime abbiano il desiderio e l’impegno di vivere in questa luce: nella luce della fede, convinta, profonda, sentita, e soprattutto nella luce che è Cristo, senza il quale la vita presente è buio, è enigma, è disperazione, e quella futura è «pianto e stridore di denti»! (Matth. 8, 12).

Camminate in questa luce, progredite in essa, ogni giorno di più, per la vostra piena maturazione di uomini e di cristiani: è l’augurio che vi formuliamo, con la Nostra paterna e affettuosa Benedizione Apostolica.



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