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DISCORSO DI PAOLO VI
A SACERDOTI E DIACONI DI VARIE DIOCESI ITALIANE

Mercoledì, 14 giugno 1972

 

Il Signore ci procura una grande letizia, facendoci trovare stamane, sia pur brevemente, in mezzo a codesta vibrante assemblea di sacerdoti e di diaconi, guidati dai rispettivi Vescovi: vi accogliamo con affetto, vi salutiamo con le parole dell’Apostolo Paolo: Fratres mei carissimi et desideratissimi gaudium meum et corona mea! (Phil. 4, 1), vorremmo soffermarci a uno a uno con voi, per sentire i vostri problemi, confortare i vostri propositi, lasciar effondere i vostri cuori. Alcuni di voi sono giunti al traguardo del venticinquesimo di sacerdozio e, in questa data propizia alla riflessione, avete voluto venire da Pietro, centro visibile di coesione dell’intera compagine ecclesiale, per riaffermare la vostra fede nella Chiesa e per rinnovare a lei la vostra dedizione, a cui avete consacrato gli anni migliori della vostra vita: e sono i sacerdoti di Verona, di Modena, e di varie diocesi Pugliesi, già alunni del Seminario regionale di Molfetta. Altri, fra voi, sono sacerdoti novelli, come quelli di Brescia, appena ordinati quattro giorni fa, o come quelli di Bergamo, che hanno concluso il corso di pastorale dopo l’ordinazione ricevuta nel 1971: giovinezze offerte definitivamente al Signore, su cui è sceso il dono dello Spirito che vi ha abilitati al sacro ministero e vi ha dato l’arcano tremendo potere sul Corpo eucaristico e sul Corpo mistico di Cristo! E infine, i diaconi, che provengono sia dal Seminario Maggiore regionale della Sardegna, sia dalla diocesi di Tortona, anche voi associati ormai al «servizio» vero e proprio della Chiesa, al quale vi preparate per essere i ministri di quel Dio che vi ha chiamati a partecipare più da vicino alla cooperazione per l’avvento del suo regno.

Siete qui con i vostri Vescovi, tra cui i Cardinali Corrado Ursi e Sebastiano Baggio, accompagnandoli con gesto significativo in queste giornate di studio e di preghiera, in cui tutto l’Episcopato italiano è riunito per la sua assemblea annuale, qui a Roma, presso la Tomba di Pietro, rinnovando una presenza che ci fa pensare a una frase dell’antico Concilio romano, del 378: innumeri fere (episcopi) ex diffusis Italiae partibus ad sublime Sedis Apostolicae sacrarium congregati (Ep. Concilii Romani, Et hoc gloriae; BALLERINI, S. Ambrosii, op. omn. V, 235).

Vi ringraziamo per essere venuti, cari sacerdoti e diaconi. La vostra è una testimonianza che conforta, perché dà come la rappresentazione visiva dei singoli presbiterii diocesani, uniti nella comunione col Papa che, «in forza del suo ufficio, cioè di Vicario di Cristo e di Pastore di tutta la Chiesa, ha su questa una potestà piena, suprema e universale» (Lumen Gentium, 22); e stretti attorno al proprio Vescovo, per costituire «una sola famiglia, di cui il Vescovo è padre» (Christus Dominus, 28). In questa duplice granitica unione trova fondamento la fecondità del proprio sacerdozio, l’ininterrotta continuità della sana dottrina, la vigile e affettuosa dedizione della cura pastorale. Quale gioia per quanti, tra voi, si volgono indietro a considerare gli anni del loro ministero! E quale incoraggiamento, quale speranza, quale certezza per coloro che vi si accingono o vi si preparano!

Rimanete sempre così! E sappiate che il Papa vi vuole bene, vi considera come la pupilla dei suoi occhi, vi pensa e prega per voi: siatene sicuri, sempre, anche nei momenti di solitudine, di crisi, di sconforto. Noi invochiamo su ciascuno di voi i doni della grazia di Cristo, Eterno Sacerdote; e, nel suo Nome santo, a tutti impartiamo la Benedizione Apostolica, che estendiamo ai vostri cari, e alle dilette diocesi di origine.

                                   



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