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DISCORSO DI PAOLO VI
AI RESPONSABILI DIOCESANI
DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

Sabato, 17 novembre 1973

 

Venerabili Fratelli e figli carissimi,

A voi il nostro deferente e cordiale saluto e l’espressione della nostra gioia per questo incontro, che ci offre l’opportunità di intrattenerci con quanti hanno partecipato al Convegno di studio su «Le Comunicazioni sociali e il messaggio cristiano», promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana e organizzato dall’Ufficio Nazionale delle Comunicazioni sociali, in occasione del decimo anniversario della promulgazione del Decreto Conciliare «Inter Mirifica».

Questa vostra presenza testimonia un interesse particolare e un rinnovato impegno - che fa molto onore alla sensibilità pastorale dell’Episcopato italiano - per i problemi che riguardano il campo quanto mai delicato delle comunicazioni sociali; problemi dalle dimensioni gigantesche, che tendono sempre più ad aggravarsi, perché mentre da una parte è incessante il progresso tecnico di questi mezzi e il crescere della loro potenza, dall’altra la vita dell’uomo moderno si rivela sempre più condizionata da essi. Potete quindi facilmente comprendere con quanta soddisfazione e con quanta speranza noi abbiamo seguito i lavori che vi hanno tenuti impegnati in questi giorni, densi di studio, di consultazioni, di riflessioni, di scambio di esperienze.

Già dall’argomento prescelto per le vostre discussioni, noi sappiamo bene di trovarci davanti a persone qualificate e responsabili, che intendono rendersi sempre più capaci ed idonee per una missione di essenziale importanza nella vita della Chiesa, quella di facilitare la comunicazione del messaggio evangelico al mondo di oggi. Non riteniamo tuttavia superfluo ricordare che tale missione, per essere esercitata con frutto, deve restare sempre inquadrata in una visione di fede, cioè in quella prospettiva missionaria di tutto il Popolo di Dio, così bene illustrata dal recente Concilio Ecumenico, per la quale tutti nella Chiesa hanno il dovere di essere missionari, in quanto tutti sono chiamati a portare il proprio contributo alla diffusione del Vangelo. È precisamente in tale luce che il Concilio Ecumenico stesso, nel Decreto «Inter Mirifica», ha giustamente collocato il ruolo che la Chiesa deve svolgere in questo settore, dichiarando, come voi ben sapete, che essa, proprio perché investita della missione di «arrecare la salvezza a tutti gli uomini e mossa dalla necessità di evangelizzare . . . giudica suo dovere predicare l’annuncio della salvezza anche mediante gli strumenti della comunicazione sociale e insegnare agli uomini il loro retto uso. Compete perciò alla Chiesa - continua sempre il Decreto stesso - il diritto nativo di usare e possedere siffatti strumenti nella misura in cui essi siano necessari od utili alla formazione cristiana e alla sua opera per la salvezza delle anime» (N. 3).

A dieci anni di distanza dalla pubblicazione di questo documento, il vostro Convegno costituisce una preziosa occasione non solamente per approfondire e sviluppare i suoi motivi di fondo e trovare alla loro luce una soluzione per i nuovi problemi che sono sorti nel frattempo, ma anche per fare un doveroso esame di coscienza di quanto si è compiuto per l’attuazione delle norme conciliari.

Ci è ben noto che la Chiesa cattolica in Italia, sotto la guida esperta dell’Episcopato, ha prontamente aderito nei vari campi della vita religiosa alle linee direttive emanate dal Concilio per il rinnovamento interiore e per il necessario aggiornamento delle strutture pastorali, come pure per assicurare, nella maniera consentita dalle circostanze, un influsso positivo di questi strumenti - stampa, radio, televisione e cinema - sulla cultura, sul costume pubblico e sull’animazione cristiana della comunità. Abbiamo perciò motivo di rallegrarci per quanto si è fatto nel corso di questi anni in un settore tanto importante, e ve ne esprimiamo tutta la nostra riconoscenza.

Ma il lavoro compiuto non deve impedire di guardare in faccia ad un’altra realtà, purtroppo non meno evidente, e cioè l’ampiezza enorme del campo che deve essere ancora seminato. È doveroso allora chiederci: qual è stato l’influsso che i testi Conciliari hanno esercitato sulla vita della Chiesa in Italia? Qual è il posto che occupa il messaggio cristiano oggi nella ridda, spesso assordante e caotica, di tante parole e di tanti messaggi che arrivano all’uomo, mediante gli strumenti della comunicazione sociale?

Il vostro Convegno diventa così - come del resto è detto giustamente nel vostro programma - una opportuna celebrazione, ma più ancora un’occasione di confronto e di rilancio dell’impegno apostolico in un mondo aperto a meravigliose possibilità di bene, ma anche, purtroppo, a tanti reali pericoli per i valori più sacri di una Nazione cristiana e per lo sviluppo di quegli ideali che sono e devono rimanere alla base di una sana educazione della gioventù, della stabilità della famiglia, di una comunità nazionale prospera e bene ordinata. A questo riguardo, come a voi è ben noto, la situazione in Italia non è affatto confortante. Basti soltanto accennare alla crisi morale che attraversa oggi il cinema, per cui assistiamo alla proliferazione di spettacoli i quali non solo urtano contro la sensibilità morale e spirituale dello spettatore, ma ormai hanno talvolta sconfinato nell’irrisione sacrilega e blasfema. Ed anche nella stampa, come in genere negli altri veicoli di informazione, quando non si giunge a tanto, troppo spesso eventi attinenti a valori religiosi e cristiani vengono snaturati a notizia scandalistica, a fatti politici, a curiosità folcloristiche.

Occorrerà, pertanto, che l’Episcopato italiano affronti con chiarezza sempre maggiore i problemi connessi con queste situazioni. Ed è per questo che noi riteniamo quanto mai necessario in questo momento che ci si impegni in particolar modo a dare piena attuazione anche alle indicazioni pratiche e alle strutture pastorali previste in questo settore dall’Istruzione «Communio et Progressio», che costituisce ormai una guida insostituibile per chiunque opera in questo campo dell’apostolato. «Le Conferenze Episcopali - si afferma nello stesso documento - sono istantemente pregate di considerare l’importanza sempre crescente degli strumenti di comunicazione sociale . . . per la vita della Chiesa; e di riservare, molto più di quanto oggi per lo più si faccia, a questi argomenti di attività pastorale nel settore delle comunicazioni una priorità nella programmazione pastorale, e di destinare allo stesso scopo, per i propri paesi e per le necessità di tutti i popoli, il danaro occorrente» (N. 134).

Sappiamo a questo riguardo quanta buona volontà e quanto nobili aspirazioni si riscontrino tra i professionisti di questi strumenti e tra gli utenti stessi, accomunati nel desiderio di dare una fisionomia nuova e più positiva alle comunicazioni sociali; accogliere questa collaborazione e utilizzare così preziose energie significa offrire ai cattolici italiani la possibilità di contribuire affinché questo settore sia quale l’Italia cristiana si attende, e come è del resto richiesto dal suo dovere di esemplarità nei riguardi delle altre Nazioni che ad essa guardano con particolare attenzione per i suoi stretti rapporti e la sua vicinanza al Vicario di Cristo.

Questo compito diventa particolarmente urgente e trova anche condizioni eccezionalmente favorevoli per essere attuato nelle celebrazioni dell’Anno Santo da noi indetto, che ha modo di raggiungere capillarmente, mediante le moderne tecniche, tutta si può dire la popolazione del globo. Se tutto ciò presenta vantaggi, contiene anche non pochi rischi. Noi perciò auspichiamo un amichevole incontro tra quanti operano in questi strumenti e i responsabili della programmazione pastorale, in modo che possano armonizzarsi felicemente le legittime aspirazioni professionali ed artistiche con la necessaria funzione informativa e formativa di questi strumenti. E dipenderà molto da questo non facile equilibrio fra così diverse esigenze, se l’informazione giubilare non scenderà verso il sensazionale, l’esteriore, l’aneddotico, ed anche magari lo scandalistico, ma sarà in grado di trasmettere il messaggio religioso in tutta la sua integrità e purezza, cioè nel suo autentico significato di preghiera, di penitenza, di conversione e di riconciliazione dell’uomo con Dio.

Ecco, Venerabili Fratelli e figli carissimi, quanto abbiamo sentito il bisogno di dirvi in questo per noi tanto gradito incontro. Noi siamo certi che la visione realistica delle cose che vi abbiamo presentato, lungi dallo scoraggiarvi, vi sarà invece di stimolo all’azione. Che Dio vi assista in questi vostri sforzi: è il nostro voto, la nostra preghiera!

In pegno della nostra stima e benevolenza, di cuore impartiamo a voi tutti qui presenti la nostra paterna Apostolica Benedizione.

                                              



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