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DISCORSO DEL SANTO PADRE PAOLO VI
AL CONVEGNO DEI GIURISTI CATTOLICI D’ITALIA

Sabato, 7 dicembre 1974

 

Ricordi antichi e recenti della vostra Unione e più ancora delle vostre persone, illustri e cari Giuristi Cattolici Italiani, ci rallegrano in questo incontro conclusivo del vostro convegno su «La donna nell’attuale società italiana». Vi diamo perciò il nostro più cordiale benvenuto. Il tema che avete affrontato è tanto impegnativo, che richiederebbe ben più ampio studio e largo svolgimento di quanto ci sia possibile in questi brevi momenti. Desideriamo tuttavia esporvi qualche riflessione, del resto a voi non nuova, che contribuisca alla visione globale e universale del problema, tanto più attuale data l’imminenza dell’Anno Mondiale della Donna, promosso dalle Nazioni Unite per il 1975.

Voi sapete che anche e soprattutto la Chiesa è direttamente interessata alle questioni riguardanti la presenza e il ruolo della donna nella società contemporanea, a tutti i livelli. Proprio per questo abbiamo costituito una speciale Commissione per lo studio dei problemi della donna.

Effettivamente non sfugge a noi, né ad ogni altro osservatore dei fatti contemporanei, il processo di trasformazione socio-culturale che ha portato anche ad un notevole cambiamento della posizione e dei ruoli della donna. Il passaggio piuttosto rapido da una società prevalentemente agricola ad un nuovo tipo di società caratterizzata dalla industrializzazione, con i conseguenti fenomeni dell’urbanesimo, della mobilità ed instabilità della popolazione, della trasformazione della vita domestica e delle relazioni sociali, ha posto anche la donna al centro di una crisi delle istituzioni e dei costumi, finora non risolta, che si è ripercossa soprattutto sui rapporti familiari, sulla missione educativa, sulla stessa identità della donna come tale e su tutto il modo suo proprio di inserirsi nella vita sociale con il lavoro, le amicizie, le opere di assistenza, il sollievo. Anche lo spirito religioso e la conseguente pratica ne hanno risentito. Perciò oggi ci troviamo dinanzi ad alcuni fenomeni di vasta portata: specialmente l’equiparazione della donna, e anzi la sua crescente emancipazione per rapporto all’uomo; una nuova concezione e interpretazione dei suoi ruoli di sposa, madre, figlia, sorella; il suo accesso in misura sempre più grande e su di un piano di specializzazioni sempre più vasto al lavoro professionale; la sua accentuata tendenza a preferire lavori extradomestici non senza pregiudizio per i rapporti coniugali e soprattutto per l’educazione dei figli, precocemente emancipati dall’autorità dei genitori e specialmente della madre.

È chiaro che non è tutto da considerarsi negativo in questa nuova condizione di cose. Anzi, in tale contesto, alla donna d’oggi e di domani potrà forse essere più facilmente possibile esplicare in pienezza tutte le sue energie. Le stesse esperienze errate di questi anni potranno essere utili, se nella società si affermeranno i sani principii della coscienza universale, per giungere a un nuovo equilibrio nella vita domestica e sociale.

Il problema vero consiste appunto nel riconoscimento, nel rispetto e, ove sia necessario, nel ricupero di tali principii, che costituiscono anche dei valori insostituibili nella cultura di un popolo progredito. Li ricordiamo brevemente. Diciamo anzitutto la differenziazione funzionale, pur nell’identità di natura, della donna per rapporto all’uomo: quindi, l’originalità del suo essere, della sua psicologia, della sua vocazione umana e cristiana; e ancora la sua dignità, che non dev’essere avvilita come oggi avviene spesso nel costume, nel lavoro, nella promiscuità indiscriminata, nella pubblicità, nello spettacolo; aggiungiamo il primato che la donna possiede su tutta l’area umana dove più direttamente s’incontrano i problemi della vita, del dolore, dell’assistenza, soprattutto nella maternità.

Cosi che, se volessimo schematizzare questi semplici accenni allo sviluppo della posizione femminile nella rinnovata società potremmo riassumere così:

volentieri facciamo voti che siano riconosciuti pieni diritti civili come all’uomo, se già non fossero;

sia reso realmente possibile l’esercizio delle funzioni professionali, sociali e politiche come all’uomo, così alla donna, secondo le sue personali capacità;

non siano disconosciute le prerogative proprie della donna nella vita coniugale, familiare, educativa e sociale; siano anzi queste onorate e protette;

sia reclamata e difesa la dignità della sua persona, e del suo stato nubile, coniugato, vedovile e sia data alla donna l’assistenza che a lei conviene, specialmente quando il marito sia assente, inabile, detenuto, cioè non in grado di adempiere la sua funzione nell’ambito familiare.

Sono tutti principii e valori che, ove siano rispettati, assicurano alla donna la sua vera, unica, ineguagliabile grandezza. Come dicemmo in altra occasione: «Per noi, Donna è riflesso d’una bellezza che la trascende, è segno d’una bontà che ci appare sconfinata, è specchio dell’uomo ideale, quale Dio lo concepì, sua immagine e sua sembianza. Per noi, Donna è la visione di virginale purezza, che restaura i sentimenti affettivi e morali più alti del cuore umano; per noi è l’apparizione, nella solitudine dell’uomo, della sua compagnia, che sa le dedizioni supreme dell’amore, le risorse della collaborazione e dell’assistenza, la fortezza della fedeltà e dell’operosità, l’eroismo abituale del sacrificio; per noi è la Madre - inchiniamoci! -, la fonte misteriosa della vita umana, dove la natura riceve ancora il soffio di Dio, creatore dell’anima immortale . . . . per noi è l’umanità, che porta in sé la migliore attitudine all’attrazione religiosa, e che, quando saggiamente la segue, eleva e sublima se stessa nell’espressione più genuina della femminilità; e che perciò, cantando, pregando, anelando, piangendo, sembra naturalmente convergere verso una figura unica e somma, immacolata e dolente, che una Donna privilegiata, fra tutte la benedetta, fu destinata a realizzare, la Vergine Madre di Cristo, Maria» (Alla Società Italiana di ostetricia e ginecologia, 29 ottobre 1966; AAS 58, 1966, p. 1168).

Ben oltre l’ambito delle condizioni e dei problemi che si pongono a livello sociologico, il nostro ministero apostolico indica a tutti, in chiave teologica e spirituale, come punto di riferimento per risolvere anche molte questioni terrene, familiari, sociali, quella Creatura che Cristo stesso, suo Figlio, ha chiamato più volte col nome così significativo di « Donna ». E vorrebbe incoraggiare la donna d’oggi a guardare a quel Tipo di una giusta promozione femminile, fulgente di una bellezza vera e di una santità senza macchia, come ce la indica la solennità di domani.

Con questi voti, che ci nascono dal cuore, vi impartiamo la nostra benedizione.

                           



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