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ENCICLICA
UBI NOS
DEL SOMMO PONTEFICE
PIO IX

 

A tutti i Patriarchi, Primati, Arcivescovi, Vescovi e agli altri Ordinari locali aventi grazia e comunione con la Sede Apostolica.
Il Papa Pio IX. Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione. 

Quando, per arcano volere divino, fummo ridotti sotto un potere ostile, e vedemmo la triste e amara sorte di questa Nostra Urbe e il civile Principato della Sede Apostolica oppresso dall’invasione armata, proprio allora, con una lettera a Voi inviata il primo novembre dell’anno scorso, dichiarammo a Voi e, per mezzo Vostro, a tutto il mondo cattolico, quale fosse la situazione Nostra e di questa Urbe e a quali eccessi di sfrenata licenza fossimo esposti. Per dovere del Nostro supremo ufficio, al cospetto di Dio e degli uomini, abbiamo dichiarato di voler salvi ed integri i diritti della Sede Apostolica, e abbiamo incitato Voi e tutti i diletti Figli affidati alle vostre cure a placare con fervide preci la divina Maestà. Da quel momento i mali e le sventure che già erano preannunciate a Noi e a questa Urbe da quei primi nefasti tentativi d’usurpazione si rovesciarono sulla dignità e autorità apostolica, sulla santità della Religione e dei costumi, e perciò anche sui dilettissimi Nostri sudditi. Anzi, Venerabili Fratelli, aggravandosi ogni giorno la situazione, siamo costretti a dire, con le parole di San Bernardo: “Gli inizi delle sventure sono questi, e ne temiamo di ancor più gravi” [Epist. 243]. L’iniquità infatti persevera nel seguire la sua strada e sviluppa i suoi piani, né si affanna d’altro che di stendere un velo sulle sue nefaste imprese che non possono restare nascoste, e si sforza di sottrarre le ultime spoglie alla giustizia oppressa, alla onestà e alla religione.

Tra queste angustie che colmano i nostri giorni di amarezza, soprattutto quando pensiamo a quali pericoli e a quali insidie sono sottoposti, giorno per giorno, i fedeli e la virtù del nostro popolo, non possiamo onorare o ricordare senza un profondo senso di gratitudine gli eccelsi meriti vostri, Venerabili Fratelli, e dei diletti fedeli avvinti dal vostro amore. Infatti, in ogni plaga della terra i fedeli di Cristo, rispondendo con ammirevole premura alle Nostre esortazioni, hanno seguito Voi come maestri e modelli, e da quel giorno infausto in cui fu espugnata questa Urbe, indissero assidue e ferventi preghiere e sia con pubbliche e ripetute suppliche, sia con sacri pellegrinaggi, sia con ininterrotta affluenza nelle Chiese e con la partecipazione ai Sacramenti, sia con altre opere di ispirazione cristiana, ritennero proprio dovere accostarsi assiduamente al trono della divina clemenza. Né invero queste appassionate invocazioni possono mancare di copiosissimi frutti presso Dio. Anzi, i molti beni già ottenuti da esse ne promettono altri, da Noi attesi con fiducia e speranza. Vediamo infatti la fermezza della fede e l’ardore della carità che si diffondono ogni giorno più ampiamente; scorgiamo negli animi dei fedeli, in favore di questa Sede e del supremo Pastore quella sollecitudine (risvegliata dall’offesa dell’attacco subito) che Dio solo poté ispirare, e avvertiamo tanta solidarietà di menti e di volontà che mai più, e più veracemente che in questi giorni, dai primordi della Chiesa fino a questi tempi, si potrà affermare che il cuore e l’anima di una moltitudine di credenti sono una sola realtà (At 4,32). Di fronte a una tale prova di virtù, non possiamo tacere che nei Nostri affettuosissimi figli, cittadini di ogni ordine e grado di questa Urbe, venne in piena luce un devoto, rispettoso amore verso di Noi, e insieme la fermezza pari all’impresa, e la grandezza d’animo non solo degna ma emula dei loro antenati.

Pertanto rendiamo grazie e gloria immortale a Dio misericordioso in nome di Voi tutti, Venerabili Fratelli, e dei Nostri diletti figli, fedeli di quel Cristo che tanto ha operato e opera in Voi e nella Sua Chiesa, e ha fatto sì che, mentre sovrabbonda l’iniquità, sovrabbondi anche la grazia della fede, dell’amore e della confessione. “Quale è dunque la Nostra speranza, il Nostro gaudio e la corona di gloria? Non è forse la vostra presenza davanti a Dio? Il figlio sapiente è gloria del Padre. Vi benefichi dunque Dio, e si ricorderà del fedele servizio, della pia compassione, della consolazione e dell’onore che alla Sposa di suo Figlio in tempo avverso e nei giorni del suo dolore avete mostrato e mostrate” [S. Bern. Ep. 238 et 130].

Frattanto il Governo Subalpino, mentre per un verso si affretta a raccontare al mondo fandonie sull’Urbe [S. Bern. Ep. 243], per l’altro, allo scopo di gettar polvere negli occhi dei cattolici e di sopire le loro ansie, ha studiato e sviluppato alcune inconsistenti immunità e alcuni privilegi volgarmente detti guarentigie, che intende concedere a Noi in sostituzione di quel potere temporale di cui Ci ha spogliato con una lunga serie d’inganni e con armi parricide. Su queste immunità e garanzie, Venerabili Fratelli, abbiamo già espresso il Nostro giudizio, rilevando la loro oltraggiosa doppiezza nella lettera del 2 marzo scorso, inviata al Nostro Venerabile Fratello Costantino Patrizi, Cardinale della Santa Romana Chiesa, decano del Sacro Collegio e Nostro Vicario nell’Urbe: lettera che subito fu pubblicata a stampa.

Ma poiché è tipico del Governo Subalpino coniugare l’ostinata e turpe ipocrisia con l’impudente disprezzo verso la Nostra dignità e autorità Pontificia, nei fatti dimostra di non tenere in alcun conto le Nostre proteste, richieste, censure; perciò, senza dare alcun peso al giudizio da Noi espresso circa le predette garanzie, non desiste dal sollecitare e promuovere il dibattito e l’esame di esse presso i supremi Ordini del Regno, come se si trattasse di cosa seria. In quel dibattito emerse in piena luce sia la verità del Nostro giudizio circa la natura e l’indole di quelle garanzie, sia il vano tentativo dei nemici di occultarne la malizia e la frode. Certo, Venerabili Fratelli, è incredibile che tanti errori, apertamente incompatibili con la fede cattolica e perfino con gli stessi fondamenti del diritto naturale, e tante bestemmie che in quella occasione furono pronunciate, abbiano potuto pronunciarsi in questa Italia che si è sempre gloriata e si gloria del culto della religione cattolica e della Sede Apostolica del Romano Pontefice. E in realtà, proteggendo Iddio la Sua Chiesa, del tutto diversi sono i sentimenti che nutre la maggior parte degli Italiani: essi con Noi lamentano e deplorano questa inaudita forma di sacrilegio e Ci hanno dimostrato, con le loro meritevoli prove e con impegni di devozione ogni giorno più evidenti, di essere solidali, in unione di spirito e di sentimenti, con gli altri Fedeli della terra.

Perciò oggi di nuovo Noi Vi rivolgiamo le Nostre parole, Venerabili Fratelli, e sebbene i Fedeli a Voi affidati o con le loro lettere o con severe proteste abbiano chiaramente significato con quanta amarezza subiscano la situazione che Ci affligge, e quanto siano lontani dal farsi ingannare da quei raggiri che si nascondono sotto il nome di garanzie; tuttavia riteniamo sia dovere del Nostro ufficio Apostolico dichiarare solennemente a tutto il mondo, per mezzo Vostro, che non solo le cosiddette garanzie malamente fabbricate dal Governo Subalpino, ma anche titoli, onori, immunità, privilegi e qualunque altra offerta fatta sotto il nome di garanzie o di guarentigie non hanno alcuna validità quando dichiarano sicuro e libero l’uso del potere a Noi affidato da Dio e di voler proteggere la necessaria libertà della Chiesa.

Stando così le cose, come più volte dichiarammo e denunciammo, Noi, per non violare la fede, non possiamo aderire con giuramento ad alcuna conciliazione forzata che in qualche modo annulli o limiti i Nostri diritti, che sono diritti di Dio e della Sede Apostolica; così ora, per dovere del Nostro ufficio, Noi dichiariamo che mai potremo in alcun modo ammettere o accettare quelle garanzie, ossia guarantigie, escogitate dal Governo Subalpino, qualunque sia il loro dispositivo, né altri patti, qualunque sia il loro contenuto e comunque siano stati ratificati, in quanto essi ci furono proposti con il pretesto di rafforzare la Nostra sacra e libera potestà in luogo e in sostituzione del Principato civile di cui la divina Provvidenza volle dotata e rafforzata la Santa Sede Apostolica, come Ci è confermato sia da titoli legittimi e indiscussi, sia dal possesso di undici secoli ed oltre. Infatti ad ognuno deve risultare chiaro che necessariamente, qualora il Romano Pontefice fosse soggetto al potere di un altro Principe, né fosse dotato di più ampio e supremo potere nell’ordine politico, non potrebbe per ciò che riguarda la sua persona e gli atti del ministero Apostolico, sottrarsi all’arbitrio del Principe dominante, il quale potrebbe anche diventare eretico o persecutore della Chiesa, o trovarsi in guerra o in stato di guerra contro altri Principi. Certamente questa stessa concessione di garanzie di cui parliamo non è forse, di per sé, evidentissima prova che a Noi fu data una divina autorità di promulgare leggi concernenti l’ordine morale e religioso; che a Noi, designati in tutto il mondo come interpreti del diritto naturale e divino, verrebbero imposte delle leggi, e per di più leggi che si riferiscono al governo della Chiesa universale, il cui diritto di conservazione e di esecuzione non sarebbe altro che la volontà prescritta e stabilita dal potere laico? Per ciò che riguarda il rapporto tra Chiesa e Società civile, ben sapete, Venerabili Fratelli, che Noi ricevemmo direttamente da Dio, in persona del Beatissimo Pietro, tutte le prerogative e tutta la legittima autorità necessaria al governo della Chiesa universale, e che anzi quelle prerogative e quei diritti, e quindi anche la stessa libertà della Chiesa, derivano dal sangue di Gesù Cristo e devono essere stimati secondo l’infinito valore del Suo sangue divino.

Pertanto Noi saremmo immeritevoli (e ciò non accada) del divino sangue del Nostro Redentore se questi Nostri diritti, che ora soprattutto si vorrebbero così sviliti e deturpati, dipendessero dai Principi della terra. I Principi Cristiani infatti, sono figli, non padroni della Chiesa. Ad essi propriamente si rivolgeva Anselmo, quel lume di santità e di dottrina, Arcivescovo di Canterbury: “Non dovete credere che la Chiesa di Dio vi sia stata data per servire a un padrone, ma piuttosto per servire come avvocato e difensore; in questo mondo nulla Dio ama di più che la libertà della sua Chiesa” [S. Anselmo, Ep. 8. 1. 4]. E aggiungendo altre esortazioni per essi, in altro momento scriveva: “Non dovete pensare mai che diminuisca la dignità della vostra grandezza se amate e difendete la libertà della Chiesa, Sposa di Dio e Madre vostra; non crediate di umiliarvi se la esaltate; non temete di indebolirvi se la rafforzate. Guardatevi attorno, gli esempi sono evidenti. Abbiate presenti i Principi che la combattono e la opprimono: che giovamento ne traggono? A qual esito pervengono? È abbastanza chiaro, non c’è bisogno di dirlo. Sicuramente, coloro che la glorificano, con essa ed in essa saranno glorificati” [Ep. 12. 1. 4].

Dunque, Venerabili Fratelli, dopo tutto ciò che vi abbiamo detto, a nessuno per certo può sfuggire che l’offesa recata a questa Santa Sede, in questi tempi crudeli, ricade su tutta la Comunità Cristiana. Ad ogni Cristiano dunque, come diceva San Bernardo, è rivolta l’offesa che colpisce gli Apostoli, appunto i gloriosi Principi della terra; e siccome la Chiesa Romana si dà pensiero di tutte le Chiese, come diceva il predetto Sant’Anselmo, chiunque ad essa sottrae ciò che è suo, deve essere giudicato colpevole di sacrilegio non solo verso di essa ma verso tutte le Chiese . Né certo alcuno può dubitare che la tutela dei diritti di questa Sede Apostolica non sia strettamente congiunta e collegata con le supreme ragioni e i vantaggi della Chiesa universale e con la libertà del vostro ministero Episcopale.

Nel riflettere e considerare tali questioni, come è Nostro dovere, Noi siamo costretti a confermare nuovamente e a dichiarare con insistenza ciò che più di una volta esponemmo a Voi, del tutto consenzienti con Noi, ossia che il potere temporale della Santa Sede è stato concesso al Romano Pontefice per singolare volontà della Divina Provvidenza e che esso è necessario affinché lo stesso Pontefice Romano, mai soggetto a nessun Principe o a un Potere civile, possa esercitare la suprema potestà di pascere e governare in piena libertà tutto il gregge del Signore con l’autorità conferitagli dallo stesso Cristo Signore su tutta la Chiesa e perché possa provvedere al maggior bene della stessa Chiesa ed agli indigenti. Voi certamente comprendete tutto ciò, Venerabili Fratelli, e con Voi i Fedeli a Voi affidati, e giustamente Voi tutti siete in ansia per la causa della religione, della giustizia e della pace che sono i fondamenti di tutti i beni, e date lustro alla Chiesa di Dio con un degno spettacolo di fede, di amore, di costanza, di virtù e, fedelmente intenti alla sua difesa, tramandate un nuovo e ammirevole esempio, degno dei suoi annali e della memoria delle future generazioni. Poiché il Dio della misericordia è autore di questi beni, a Lui sollevando gli occhi, i cuori e la speranza Nostra, Lo supplichiamo con insistenza perché confermi, rafforzi, accresca i sentimenti Vostri e dei Fedeli, la pietà comune, l’amore e lo zelo. Con ogni premura esortiamo Voi e i popoli affidati alla Vostra vigilanza affinché ogni giorno, con tanta più fermezza e rigoglio quanto più minacciosamente si agitano i nemici, invochiate con Noi il Signore perché si degni di maturare i giorni della sua benevolenza. Provveda Iddio perché i Principi della terra che hanno particolare interesse ad evitare che il caso di usurpazione di cui siamo vittime diventi regola a danno di ogni ordine e potere, si uniscano in un perfetto accordo di animi e di volontà e, placate le discordie, sedate le turbolenze delle ribellioni, disperse le esiziali opinioni delle sette, svolgano un’opera comune affinché siano restituiti a questa Santa Sede i suoi diritti, e con essi la piena libertà al Capo visibile della Chiesa e la desiderata pace al consorzio civile. E con altrettanto ardore, Venerabili Fratelli, con le suppliche Vostre e dei Fedeli, chiedete alla divina clemenza che converta alla penitenza i cuori degli empi, rimuovendo la cecità delle menti prima che sopraggiunga il grande e terribile giorno del Signore o, col reprimere i loro infami propositi, dimostri quanto ottusi e stolti sono coloro che tentano di rovesciare la pietra posata da Cristo e di violare i divini privilegi [S. Greg. VII Ep. 6. 1. 3]. In queste preghiere si fondino più saldamente le Nostre speranze in Dio. “Davvero pensate che Dio potrebbe distogliere l’orecchio dalla sua carissima Sposa quando invoca aiuto contro coloro che la fanno soffrire? Come non riconoscerebbe un osso delle sue ossa, la carne della sua carne, anzi in certo modo, in verità, lo spirito del suo spirito? È certamente giunta l’ora della malizia, il potere delle tenebre. D’altronde è l’ultima ora, e il potere presto scompare. Cristo, potenza e sapienza di Dio, è con Noi, partecipa con Noi. Abbiate fiducia, Egli vince il mondo” [S. Bern. Ep. 126, n. 6 et 14]. Frattanto ascoltiamo con animo aperto e con salda fede la voce dell’eterna verità che dice: “Combatti per la giustizia, per la tua anima, e fino alla morte lotta per la giustizia: Dio sconfiggerà per te i tuoi nemici” (Sir 4,28)

Infine, con tutto il cuore invocando doni fecondi di celesti grazie per Voi, Venerabili Fratelli, per tutti gli Ecclesiastici e per i fedeli Laici affidati alla cura di ciascuno di Voi, come pegno del Nostro grande e intimo affetto verso Voi e i Fedeli, amorosamente impartiamo a Voi e agli stessi diletti Figli l’Apostolica Benedizione. 

Dato a Roma, presso San Pietro, il 15 maggio 1871, nel venticinquesimo anno del Nostro Pontificato.

 



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