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BOLLA
SOLLICITUDO OMNIUM
DEL SOMMO PONTEFICE
PIO VII

 

Il Vescovo Pio, servo dei servi di Dio. A futura memoria.

1. Il governo di tutte le Chiese affidato da Dio alla Nostra umiltà, benché insufficiente per meriti e per forze, Ci obbliga a mettere in opera tutti i mezzi che sono in Nostro potere e che Ci vengono forniti dalla Divina Provvidenza onde sovvenire opportunamente alle necessità spirituali del mondo cristiano, per quanto lo comportano le diverse e molteplici vicende dei tempi e dei luoghi, senza differenza di popoli e di nazioni.

2. Desiderosi di soddisfare al dovere del Nostro ufficio pastorale, tostoché l’allora vivente Francesco Kareu, ed altri preti secolari viventi da molti anni nel vastissimo Impero Russo, e un tempo aggregati alla Compagnia di Gesù, soppressa dal Nostro Predecessore Clemente XIV di felice memoria, Ci presentarono le loro preghiere con cui supplicavano con la Nostra autorizzazione di restare uniti in un solo corpo, onde, secondo il loro Istituto, adoperarsi più agevolmente nell’istruire la gioventù nelle cose della Fede, e nell’educarla ai buoni costumi, esercitare l’ufficio della predicazione, ascoltare le confessioni e amministrare gli altri Sacramenti, Noi giudicammo opportuno aderire alle loro istanze, tanto più volentieri in quanto l’imperatore Paolo Primo, allora regnante, Ci aveva caldamente raccomandato tali sacerdoti con una sua umanissima lettera dell’11 agosto 1800, a Noi indirizzata, nella quale, significando la singolare sua benevolenza verso di loro, dichiarava che gli sarebbe stata cosa gradita se, per il bene dei cattolici del suo Impero, la Società di Gesù fosse ivi stabilita per Nostra disposizione.

3. Per la qual cosa, considerando Noi con animo attento quanto grandi utilità sarebbero derivate a quelle vastissime regioni quasi prive di operai evangelici, e quanto accrescimento avrebbero recato alla Religione Cattolica Ecclesiastici di tal fatta, i probi costumi dei quali venivano elogiati con tante lodi per il continuo impegno, per il fervido zelo dedicato alla salute delle anime e per l’indefessa predicazione della parola di Dio, Noi abbiamo reputato ragionevole assecondare i voti di un Principe così grande e benefico. Pertanto, con Nostra lettera in forma di Breve, il 7 marzo 1801 abbiamo concesso al predetto Francesco Kareu ed ai suoi soci dimoranti nell’Impero Russo, o a coloro che colà fossero giunti da altre parti, la facoltà di unirsi in corpo, o Congregazione di Società di Gesù, ed accordato la libertà di raccogliersi uniti in una o più case, ad arbitrio del Superiore, ma soltanto entro i confini dell’Impero Russo, e abbiamo deputato, a beneplacito Nostro e della Sede Apostolica, quale Preposito generale di tale Congregazione lo stesso prete Francesco Kareu, con le facoltà necessarie e opportune per mantenere e seguire la Regola di Sant’Ignazio di Loyola, approvata e confermata con le sue Costituzioni dal Nostro Predecessore Paolo III di felice memoria. Ciò, affinché in tal modo i soci riuniti in un gruppo religioso si occupassero ad educare la gioventù nella Religione e nelle buone arti, a reggere seminari e collegi e, con l’approvazione e il consenso degli Ordinari dei luoghi, ascoltare le confessioni, annunziare la Parola di Dio, e liberamente amministrare i Sacramenti. Accogliemmo la Congregazione della Compagnia di Gesù sotto la diretta tutela e soggezione Nostra e della Sede Apostolica, e riservammo a Noi ed ai Nostri Successori di prescrivere e stabilire quelle cose che Ci fossero sembrate nel Signore efficaci a rafforzarla, a presidiarla, e a purgarla da quegli abusi e da quelle corruttele che per avventura avessero potuto introdurvisi. A tale effetto Noi abbiamo espressamente derogato alle Costituzioni Apostoliche, statuti, consuetudini, privilegi ed indulti in qualunque modo concessi e confermati in opposizione alla premessa Nostra lettera, specialmente alla lettera Apostolica del citato Clemente XIV, che comincia «Dominus ac Redemptor Noster» in quelle parti, solamente, che fossero contrarie alla detta Nostra lettera in forma di Breve, il cui principio è «Catholicae» e rilasciata per il solo Impero della Russia.

4. Le decisioni che abbiamo stabilito di prendere per l’Impero Russo, abbiamo giudicato opportuno estenderle non molto tempo dopo al Regno delle Due Sicilie, su richiesta del carissimo figlio Nostro in Cristo, il Re Ferdinando, il quale domandò che la Società di Gesù fosse stabilita nella sua giurisdizione e nei suoi Stati nello stesso modo in cui era stata da Noi stabilita nel predetto Impero, dato che in quei tempi luttuosissimi egli pensava di servirsi dell’opera specialmente dei chierici regolari della Società di Gesù per ammaestrare nella cristiana pietà e nel timore di Dio – che è il principio della Sapienza – e per istruire nelle lettere e nelle scienze la gioventù nei collegi e nelle pubbliche scuole. Noi, desiderosi di aderire ai pii desideri di così illustre Principe, che miravano unicamente alla maggior gloria di Dio e alla salute delle anime, per dovere del pastorale Nostro ufficio abbiamo esteso la Nostra lettera, redatta per l’Impero Russo, al Regno delle Due Sicilie, con nuova lettera in simile forma di Breve, che comincia «Per alias», spedita il 30 luglio 1804.

5. Calde e pressanti istanze per la restaurazione della stessa Società di Gesù, con unanime consenso di quasi tutto il mondo cristiano Ci pervengono ogni giorno dai Venerabili Nostri Fratelli Arcivescovi e Vescovi, e dall’ordine e dal ceto di tutti i personaggi insigni, specialmente da quando si diffuse ovunque la fama dei frutti ubertosi che questa Società aveva prodotti nelle menzionate regioni; poiché essa era feconda di giorno in giorno di prole in aumento, si riteneva opportuno adornare e dilatare ampiamente il campo del Signore.

6. La stessa dispersione delle pietre del Santuario dovuta alle recenti calamità e vicende (le quali giova più deplorare che richiamare alla memoria), la disciplina fatiscente degli Ordini Regolari (splendore e salvezza della Religione e della Chiesa Cattolica) a riparare i quali tutti i Nostri pensieri e tutte le Nostre cure sono ora dirette, esigono che diamo il Nostro assenso a voti così giusti e così diffusi. Pertanto, Noi Ci crederemmo rei di gravissimo delitto al cospetto del Signore se in necessità così gravi della cosa pubblica trascurassimo di mettere in opera quegli aiuti salutari che Iddio, con singolare Provvidenza, Ci fornisce e se Noi, collocati nella navicella di Pietro agitata e scossa da continui turbini, rigettassimo i remiganti esperti e valorosi, i quali si offrono a rompere i flutti del pelago, che ad ogni momento Ci minaccia naufragio e rovina.

7. Indotti dal peso di tante e così forti ragioni e da motivi cosi gravi che scuotevano l’animo Nostro, Noi abbiamo deliberato di mandare finalmente ad effetto ciò che grandemente desideravamo di fare nel principio stesso del Nostro Pontificato. Dunque, dopo aver implorato con fervide preci l’aiuto Divino, uditi i pareri e i consigli di molti Venerabili Fratelli Nostri, Cardinali della Santa Romana Chiesa, di certa scienza e con la piena potestà Apostolica abbiamo deliberato di ordinare e stabilire, come di fatto con questa Nostra Costituzione, che dovrà valere perpetuamente, ordiniamo e stabiliamo che tutte le concessioni e tutte le facoltà da Noi accordate unicamente per l’Impero Russo e per il Regno delle Due Sicilie, ora s’intendano estese, e per estese si abbiano, così come veramente le estendiamo, a tutto il Nostro Stato Ecclesiastico e a tutti gli altri Stati e Governi.

8. Pertanto concediamo e accordiamo al diletto figlio prete Taddeo Borzozowski, attuale Preposito generale della Compagnia di Gesù, e agli altri da lui legittimamente deputati, tutte le necessarie ed opportune facoltà, a beneplacito Nostro e della Sede Apostolica, di poter ammettere ed aggregare liberamente e lecitamente in tutti i predetti Stati e Governi tutti coloro i quali chiederanno di essere ammessi ed aggregati all’Ordine Regolare della Compagnia di Gesù i quali, uniti in una o più case, in uno o più collegi, in una o più province, e distribuiti secondo l’esigenza delle circostanze sotto l’obbedienza del Preposito generale pro tempore, conformino la loro maniera di vivere alle prescrizioni della Regola di Sant’Ignazio di Loyola approvata e confermata dalle Costituzioni Apostoliche di Paolo III. Concediamo ancora e dichiariamo che per attendere ad istruire la gioventù nei rudimenti della Religione Cattolica e per addestrarla nei buoni costumi, sia loro lecito di liberamente e lecitamente reggere seminari e collegi, e col consenso e l’approvazione degli Ordinari dei luoghi in cui avvenisse loro di soggiornare, ascoltare confessioni, predicare la parola di Dio e amministrare Sacramenti. Tutti poi i collegi, le case, le province e i Soci in tal modo uniti, e che in avvenire si uniranno e aggregheranno, Noi li riceviamo sin da questo momento sotto l’immediata tutela, presidio ed obbedienza Nostra, e di questa Apostolica Sede, riservando a Noi, ed ai Romani Pontefici Successori Nostri lo stabilire e prescrivere quelle cose, che si troverà conveniente stabilire e prescrivere per maggiormente consolidare, munire e purgare la Società stessa da quegli abusi, che per avventura si fossero intrusi, il che tolga Iddio.

9. Per quanto possiamo nel Signore, esortiamo tutti e ciascuno, superiori, prepositi, rettori, soci ed alunni di questa ristabilita Società a mostrarsi in ogni luogo e tempo fedeli seguaci e imitatori di un così grande loro padre e fondatore, ad osservare accuratamente la Regola da lui redatta e prescritta, ed a procurare di eseguire con sommo fervore gli avvisi e i consigli da lui lasciati ai suoi figliuoli.

10. Infine raccomandiamo grandemente nel Signore la predetta Società, e ciascuno dei suoi figliuoli, ai diletti figli in Cristo, gl’illustri e nobili Principi e Signori temporali, come pure ai Venerabili Fratelli Arcivescovi e Vescovi, e agli altri costituiti in qualunque dignità, e li esortiamo e preghiamo non solo a non permettere e tollerare che siano da chicchessia molestati, ma a riceverli benignamente e con quella carità che si conviene. 

11. Decretiamo che la presente lettera e ogni cosa in essa contenuta siano e debbano essere sempre ed in perpetuo valide, ferme ed efficaci, e che sortiscano ed ottengano i loro pieni ed interi effetti, e siano da tutti, e da ciascuno, ai quali compete e in qualunque modo competerà, inviolabilmente osservate. In pari guisa, e non altrimenti, determiniamo che in tutte le cose premesse ed in ciascuna di esse si giudichi e si definisca per mezzo di qualsiasi giudice, di qualunque autorità investito, e se qualcuno per qualunque autorità, scientemente o ignorantemente, ardisse di procedere differentemente sopra tali cose, vogliamo che tutto resti inutile e di nessun valore.

12. Nonostante le Costituzioni e le Ordinazioni Apostoliche, e specialmente la menzionata lettera in forma di Breve di Clemente XIV di felice memoria, la quale incomincia «Dominus ac Redemptor Noster», sotto l’anello del Pescatore del 21 luglio 1773, ad essa per gli effetti suddetti espressamente e specialmente intendiamo derogare, ed a qualunque altra cosa contraria analoga.

13. Vogliamo poi che ai transunti o agli esemplari della presente lettera, ancorché stampati, sottoscritti per mano di qualche pubblico notaio, e muniti del sigillo di qualche persona costituita in dignità ecclesiastica, si presti la medesima fede, tanto in giudizio che fuori di quello, che si avrebbe per lo stesso presente originale, se fosse esibito o mostrato. 

14. Non sia dunque lecito ad alcuno rompere od opporsi con temerità a questa carta di Nostra ordinazione, statuto, estensione, concessione, indulto, facoltà, dichiarazione, riserva, avviso, decreto e deroga; se alcuno presumesse tentare ciò, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

Dato a Roma, presso Santa Maria Maggiore, nell’anno dell’Incarnazione del Signore 1814, il 7 agosto, nell’anno quindicesimo del Nostro Pontificato.



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