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LETTERA ENCICLICA
LACRIMABILI STATU
DEL SOMMO PONTEFICE
PIO X

 

Profondamente commosso per lo stato lagrimevole degli indios dell'America del Sud, il Nostro illustre predecessore Benedetto XIV prese, come vi è noto, seriamente a cuore la loro causa con la lettera Immensa pastorum, in data 22 dicembre 1741; e poiché quasi le cose stesse, deplorate in essa da lui, abbiamo a deplorare tuttora anche Noi in molti luoghi, Ci affrettiamo perciò a richiamare al vostro pensiero la memoria di quella lettera. Ivi infatti, insieme ad altre cose, di questo pure Benedetto si duole, che, cioè, sebbene da lungo tempo la sede apostolica molto si fosse adoperata per sollevare la loro misera sorte, vi fossero tuttavia anche allora «uomini professanti la vera fede, i quali, quasi del tutto dimentichi dei sensi di carità infusi nei nostri cuori dallo Spirito santo, si credono lecito verso i miseri indios, non solamente se privi della luce della fede, ma anche se bagnati del santo lavacro della rigenerazione, o di ridurli in schiavitù o di venderli ad altri come schiavi, o di privarli dei loro beni, e di comportarsi con essi con tale inumanità da distoglierli soprattutto dall'abbracciare la fede di Cristo, e raffermarli sempre più nell'odio contro di essa».

La peggiore fra siffatte indegnità, cioè la schiavitù propriamente detta, poco appresso, per grazia di Dio misericordioso, venne tolta di mezzo; e ad abolirla pubblicamente in Brasile e in altre regioni molto contribuì la materna insistenza della chiesa presso gli uomini egregi che governano quegli stati. E di buon grado riconosciamo che se non vi si fossero opposti numerosi ostacoli di luoghi e di circostanze, i loro propositi avrebbero ottenuto risultati molto migliori. Sebbene dunque qualche cosa sia stata già fatta per gli indios, molto di più è tuttavia quello che ancora rimane da fare. E in verità, quando Ci soffermiamo a considerare le sevizie e i delitti che si sogliono ora commettere contro di essi, abbiamo davvero di che inorridire e sentiamo nell'animo una profonda commiserazione per quella razza infelice. Che cosa può esservi, infatti, di più barbaro e più crudele dell'uccidere, spesso per cause lievissime, e non di rado per mera libidine di torturare, degli uomini a colpi di sferza o con ferri roventi, o con improvvisa violenza farne strage, uccidendoli insieme a centinaia e a migliaia; o saccheggiare borghi e villaggi, massacrando gli indigeni, dei quali talune tribù abbiamo appreso essere state in questi pochi anni quasi distrutte? A rendere gli animi tanto feroci certo grandemente influisce la cupidigia del lucro, ma non poco altresì vi contribuisce la natura stessa del clima e la posizione di quelle regioni. Infatti essendo quei luoghi soggetti ad un'atmosfera torrida, che inoculando nelle vene un certo languore, viene quasi ad affievolire la forza degli animi, e, trovandosi essi lontani da ogni pratica della religione, dalla vigilanza dello stato, e quasi dallo stesso consorzio civile, facilmente accade che se taluni, di costumi non pervertiti, si rechino colà, in breve tratto di tempo comincino a depravarsi e man mano, rotti tutti i ritegni del dovere e delle leggi, precipitino in tutti gli eccessi del vizio. Né da costoro si perdona la debolezza del sesso e dell'età, che anzi fa vergogna il riferire le loro scelleratezze e malvagità, nel fare incetta e mercato di donne e fanciulli, talché si direbbero per essi, con tutta verità, sorpassati gli esempi più estremi della turpitudine pagana.

Noi, invero, per qualche tempo, quando Ci venivano riportate siffatte voci, dubitavamo di prestare fede a simili atrocità, tanto Ci sembravano incredibili. Ma dopo che da amplissime testimonianze, cioè dalla maggior parte di voi, venerabili fratelli, dai delegati della sede apostolica, dai missionari e da altre persone del tutto degne di fede, ne siamo stati informati, non Ci è più lecito avere alcun dubbio sulla verità delle cose.

Fissi pertanto, da lungo tempo, nel pensiero di sforzarCi, per quanto è in Nostro potere, di riparare a tanti mali, chiediamo a Dio, con umili e supplichevoli istanze, che voglia benignamente additarci qualche mezzo opportuno a curarli. Ma egli, che è il Creatore e Redentore amorosissimo di tutti gli uomini, avendo ispirato alla Nostra mente di lavorare per la salute degli indios, Ci darà certamente i mezzi per conseguire l'intento. Frattanto però, Ci è di somma consolazione il sapere che coloro i quali reggono quelle repubbliche si sforzano, con ogni mezzo, di cancellare questa macchia e questa ignominia dai loro stati; della quale sollecitudine loro, in verità, non possiamo mai abbastanza approvarli e lodarli. Quantunque in quelle regioni, lontane come sono dalle sedi dei governi, remote, e per la maggior parte inaccessibili, questi sforzi così umani dei poteri civili sia per la scaltrezza dei malvagi, che varcano in tempo i confini, sia per l'inerzia e perfidia dei funzionari, spesso a nulla giovano, e non di rado cadono nel vuoto. Che se all'opera dello stato si aggiungesse quella della chiesa, allora sì che molto più ubertosi sarebbero i frutti desiderati.

A voi, pertanto, venerabili fratelli prima che ad ogni altro, facciamo appello, affinché rivolgiate particolari cure e sollecitudini a questa causa degnissima del vostro pastorale ufficio e ministero. E, lasciando il rimanente alla vostra sollecitudine e al vostro zelo, prima di ogni altra cosa e maggiormente vi esortiamo a promuovere con ogni studio tutte quelle istituzioni che nelle vostre diocesi siano dirette al bene degli indios, e a procurare di istituirne delle altre che sembrino utili allo stesso scopo. Porrete poi ogni diligenza nell'avvertire i vostri fedeli del sacro loro dovere di aiutare le sacre missioni fra gli indigeni, che primi abitarono questo suolo americano. Sappiano dunque che in doppio modo debbono essi concorrere a questo intento: con la raccolta, cioè, delle offerte e col sussidio delle preghiere, e che questo a loro domanda non soltanto la religione, ma anche la patria stessa. Voi, poi, dovunque si attende alla buona educazione dei costumi, negli istituti giovanili e negli educandati delle fanciulle, e soprattutto nei sacri templi, fate sì che non abbia mai a venir meno la raccomandazione e predicazione della carità cristiana, che considera tutti gli uomini come fratelli, senza alcuna diversità di nazione e di colore e che, non tanto a parole quanto coi fatti, vuole essere dimostrata. Parimenti non si deve lasciar passare alcuna occasione che si presenti, per dimostrare quanto disonore spargano sul nome cristiano queste indegnità, che abbiamo qui denunziato.

Per quanto Ci riguarda, avendo non senza ragione buona speranza dell'assenso e del favore dei pubblici poteri, avremo cura principalmente di estendere, in quelle così vaste regioni, il campo dell'azione apostolica con l'istituire altre stazioni di missionari, nelle quali gli indios trovino un rifugio e un salutare presidio. Infatti la chiesa cattolica non fu mai sterile di uomini apostolici, che, spinti dalla carità di Gesù Cristo, non fossero pronti e disposti a dare la vita stessa per i loro fratelli. E oggi ancora, mentre tanti aborrono dalla fede o ad essa vengono meno, l'ardore di diffondere l'evangelo presso i barbari non solo non affievolisce fra le persone dell'uno e dell'altro clero, e fra le sacre vergini, ma aumenta ancora e si diffonde più largamente per virtù dello Spirito santo, che, secondo le necessità dei tempi soccorre la sua sposa, la chiesa. Perciò crediamo di adoperare, in tanto maggior abbondanza, quei presidi che per divina grazia sono in mano nostra, per liberare gli indios dalla schiavitù di satana e da quella di uomini perversi, quanto maggiore è il bisogno che li stringe. D'altra parte, poiché quelle terre furono dai banditori dell'evangelo bagnate non solo dai loro sudori, ma anche dal loro sangue, nutriamo fiducia che da tante fatiche abbia infine a germogliare una larga messe e ottimi frutti di civiltà cristiana.

Intanto, affinché a quello che voi di vostra spontanea iniziativa o per esortazione Nostra, sarete per fare a vantaggio degli indios si aggiunga la maggiore efficacia possibile, Noi, seguendo l'esempio ricordato dal Nostro predecessore, condanniamo e dichiariamo rei d'immane delitto tutti coloro, com'esso dice, che «osino o presumano di ridurre i predetti indios in schiavitù, di venderli, comprarli, commutarli o donarli, di separarli dalle mogli e dai figli, di spogliarli delle loro cose e dei loro beni, di condurli o trasportarli altrove o in qualunque modo privarli della libertà e tenerli schiavi, nonché di prestare, a coloro che ciò fanno, consiglio, aiuto, favore, sotto

qualunque pretesto e nome, o di insegnare e proclamare essere tutto ciò lecito, in qualsiasi altra maniera cooperare a quanto detto sopra». Vogliamo pertanto riservata agli ordinari dei luoghi la potestà di assolvere da siffatti delitti i penitenti, nel sacro tribunale della confessione.

Queste cose abbiamo creduto di scrivervi, venerabili fratelli, nell'interesse degli indios, sia per obbedire agli impulsi dell'animo nostro paterno, sia per seguire le orme di molti fra i nostri predecessori, tra i quali va pure particolarmente ricordato Leone XIII, di felice memoria. Toccherà a voi battervi con tutte le forze, affinché i Nostri voti vengano appieno soddisfatti.

Certamente vi sosterranno in quest'opera coloro che governano queste repubbliche; non mancheranno sicuramente di assistervi con l'opera e col consiglio i sacerdoti e in prima linea gli addetti alle sacre missioni; vi aiuteranno infine, senza dubbio, tutti i buoni e sia col denaro, coloro che possono, e sia con altre industrie della carità favoriranno un'impresa nella quale sono insieme impegnate le ragioni della religione e quelle della dignità umana. Ma, ciò che è di capitale importanza, vi assisterà la grazia di Dio onnipotente, in auspicio della quale, e altresì come attestato della Nostra paterna benevolenza, impartiamo di tutto cuore a voi, venerabili fratelli, e ai vostri greggi l'apostolica benedizione.

Roma, presso San Pietro, 7 giugno 1912, anno IX del Nostro pontificato.

 

PIO PP. X



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