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VIAGGIO APOSTOLICO IN URUGUAY, CILE E ARGENTINA

CELEBRAZIONE DELLA PAROLA CON I FEDELI DI VIEDMA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Aeroporto «Gobernador Edgardo Castello» di Viedma (Argentina)
 Martedì, 7 aprile 1987

 

1. “Lo Spirito del Signore è sopra di me; / per questo mi ha consacrato con l’unzione, / e mi ha mandato per annunziare ai poveri, / un lieto messaggio, / per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; / per rimettere in libertà gli oppressi, / e predicare un anno di grazia del Signore” (Lc 4, 18-19).

Carissimi fratelli e sorelle. Con queste parole del profeta Isaia, lette nella sinagoga di Nazaret, Gesù proclama gli obiettivi contenuti nella missione ricevuta dal Padre. “Mi ha mandato per evangelizzare i poveri” (cf. Lc 4, 18).

Queste stesse parole vorrei che risuonassero oggi anche dentro di voi che, attraverso il battesimo, siete stati fatti partecipi della missione evangelizzatrice di Cristo.

Provo una grande gioia per essere potuto venire fino a Viedma, centro di irradiazione evangelica nella vasta regione della Patagonia, per manifestare l’amore del Papa a tutti e a ciascuno di voi. Desidero rivolgere il mio deferente saluto alle autorità della nazione qui presenti. Il mio saluto, insieme al mio fraterno affetto, va anche al Pastore di questa diocesi di Viedma, e agli altri cari fratelli nell’episcopato, che partecipate a questo incontro, in essi desidero salutare anche tutti gli altri fedeli della Patagonia: sacerdoti, religiosi e religiose, diaconi, catechisti e laici.

Questa visita pastorale vuole raggiungere spiritualmente, e attraverso i mezzi di comunicazione, tutti gli abitanti di Rio Negro, di Neuquen, di Chubut, di Santa Cruz e della Terra del Fuoco. Il mio messaggio di pace e di speranza in Cristo, il mio sincero affetto e le mie preghiere sono per tutti! Mi rivolgo in particolare al nobile popolo araucano e a tutti gli antichi abitanti di questo vasto altipiano: il Papa vi porta con sé nel più profondo del suo cuore.

La Chiesa si accinge a celebrare il V centenario dell’evangelizzazione dell’America Latina. È senza dubbio, l’anniversario di un avvenimento di grande rilievo: l’arrivo della fede in questo continente. Lo Spirito Santo ci esorta a continuare la missione evangelizzatrice con nuovo slancio nelle condizioni del tempo presente. Per la Chiesa intera in America Latina si inaugura una nuova tappa nell’opera di evangelizzazione. Per questo, come pastore della Chiesa universale, esorto oggi tutti i membri della Chiesa che è al sud dell’Argentina affinché, sotto la guida dei suoi pastori, assumano con responsabilità la loro parte in questa grande missione: cioè far sì che in tutti i figli e le figlie di questa terra risplenda la luce di Cristo, con sempre maggiore intensità.

Lo Spirito scenderà su ciascuno e renderà possibile questa grande opera, per la quale potete contare sull’aiuto materno di Maria Ausiliatrice, patrona della Patagonia.

2. Voi, amatissimi fratelli, siete i continuatori di una magnifica tradizione evangelizzatrice e missionaria, che da poco più di un secolo, è andata sviluppandosi mirabilmente in queste terre, grazie al costante zelo apostolico dei salesiani, unito a quello delle figlie di Maria Ausiliatrice. L’insediamento della Chiesa in Patagonia è legato all’attività infaticabile e all’abnegazione di quei missionari, uomini e donne, che lasciarono la loro patria per venire a predicare il Vangelo e dar vita a numerose opere di educazione, di assistenza sociale, di promozione umana e cristiana.

Tra questi, non posso fare a meno di ricordare Mons. Giovanni Cagliero, primo Vicario Apostolico della Patagonia settentrionale, e Mons. Giuseppe Fagnano, primo Prefetto Apostolico della Patagonia meridionale, la Terra del Fuoco e le Isole Malvine. Rendo grazie al Signore, con molta emozione, per la generosità e la dedizione di quegli uomini e donne, che furono i collaboratori di Dio che realizzarono la visione profetica di san Giovanni Bosco: l’evangelizzazione della Patagonia.

Viedma fu uno dei centri da cui si irradiò quella prima azione missionaria. Da questa stessa città vi esorto a continuare ad adempiere al mandato missionario proprio della Chiesa, di diffondere la fede e la salvezza di Cristo (cf. Ad Gentes, 5) con lo sguardo rivolto - in primo luogo - a tutti gli abitanti di queste terre, senza tuttavia trascurare il resto dei vostri fratelli argentini e anche il mondo intero, tanto bisognoso della buona novella.

La Chiesa di Dio che è in Patagonia, erede di una così ricca tradizione evangelizzatrice, deve continuare ad essere sempre missionaria!

3. Cari fratelli e sorelle: non potete restare indifferenti di fronte alla salvezza degli uomini.

- Se credete in Cristo, dovrete credere anche al programma di vita che egli ci propone.

- Se amate Cristo, dovrete amare come egli ama e come egli li ama.

- Se siete uniti a Cristo, siete inviati da lui e come lui ad annunciare il Vangelo ad ogni creatura.

Nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato, abbiamo udito come Gesù si fece conoscere come il Messia attraverso l’evangelizzazione dei poveri, attraverso l’annuncio redentore agli schiavi, ai ciechi e agli oppressi; cioè attraverso il suo amore preferenziale per i più bisognosi. Anche la Chiesa, malgrado le debolezze e gli errori in cui sono caduti alcuni dei suoi figli, ha manifestato sempre questa predilezione per i poveri.

L’evangelizzazione non sarebbe autentica se non seguisse le orme di Cristo che fu inviato a evangelizzare i poveri. Dovete fare vostra la compassione di Gesù per gli uomini e le donne bisognosi. Il vero discepolo di Cristo si sente sempre solidale con il fratello che soffre, cerca di alleviare le sue pene - nella misura delle sue possibilità ma con generosità lotta perché sia rispettata sempre la dignità della persona umana, dal momento del concepimento fino alla morte. Mai dimentica che la “missione evangelizzatrice ha come parte indispensabile l’impegno per la giustizia l’opera della promozione dell’uomo” (Ioannis Pauli PP. II, Allocutio in urbe «Puebla» habita ad Episcopos Americae Latinae, III generali coetui adsisitentes, III, 2, die 28 ian. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II [1979] 203).

Tuttavia il vero zelo evangelizzatore si preoccupa soprattutto della situazione di necessità spirituale - talvolta estrema - in cui si dibattono tanti uomini e donne. Pensate a quanti ancora non conoscono Cristo, o hanno di lui un’immagine distorta, o hanno smesso di seguirlo, alla ricerca del proprio benessere nelle seduzioni della società secolarizzata o attraverso l’odioso scontro delle lotte ideologiche. Di fronte a questa povertà dello spirito, il cristiano non può restare passivo: deve pregare, dare testimonianza della sua fede in ogni momento, e parlare di Cristo, del suo grande amore, con coraggio e carità! E deve fare in modo che questi fratelli si stringano attorno al Signore o ritornino a lui e al suo corpo mistico, che è la Chiesa, mediante una profonda e gioiosa conversione della loro vita, che dia senso e valore di eternità a tutto il loro pellegrinaggio terreno.

Il primato di questa attenzione alle forme spirituali della povertà umana, impedirà che l’amore preferenziale di Cristo per i poveri - del quale la Chiesa è partecipe - sia interpretato esclusivamente da categorie socio-economiche, e allontanerà ogni pericolo di ingiusta discriminazione nell’azione pastorale.

4. In modo particolare desidero rivolgere in questo giorno, il mio saluto ai cari fratelli e sorelle araucani e a tutti i discendenti dei primitivi abitanti della Patagonia. Rendete grazie al Signore per i valori e le tradizioni della vostra cultura e sforzatevi di promuoverla, mentre vi impegnate ad avanzare in tutti gli aspetti della vostra esistenza.

Di fronte ai problemi che vi affliggono, voglio farvi, a nome della Chiesa, un fermo appello alla speranza: nostro Signore - che, essendo ricco, si fece povero per arricchire gli uomini - è giusto nei suoi disegni, e se è grande la sofferenza che talvolta ci dà ancora maggiore è l’aiuto che ci concede perché le lacrime si trasformino in grazia redentrice ed evangelizzatrice!

Il mio appello alla speranza si estende a tutti, in particolare a quanti sono responsabili della vita economica e politica affinché, con impegno e senso della giustizia, sfruttiate tutte le ricchezze naturali di questa regione e concentriate efficacemente tutte le energie nel bene comune della Patagonia, in modo da ottenere condizioni di vita sempre più umane e, malgrado i rigori del vostro clima, si popolino sempre più queste vaste estensioni. Allo stesso tempo, vi esorto a promuovere generose ed efficaci iniziative di solidarietà con i più bisognosi. Che nessuno si senta tranquillo finché vi sarà nella vostra patria un uomo, una donna, un bambino, un anziano, un malato, un figlio di Dio!, la cui dignità umana e cristiana non sia rispettata e amata.

A tutti coloro che sono nell’indigenza - Araucani, emigranti, e tanti altri nei campi e nella città - desidero manifestare il mio particolare affetto e ricordare che siete voi stessi i primi responsabili della vostra promozione umana. Non vi abbandonate allo sconforto e alla passività! Lavorate con impegno e costanza per ottenere le condizioni di legittimo benessere per voi e per le vostre famiglie e per partecipare sempre più ai beni dell’educazione e della cultura. Ma non usate, per raggiungere questi obiettivi, le armi dell’odio e della violenza, bensì quelle dell’amore e del lavoro solidale, le uniche che conducono a mete di vera giustizia e rinnovamento.

Non dimenticate che più insidiosa della povertà materiale o delle oppressioni, è la mancanza di dignità umana nell’agire: e nessuno può togliervi questa dignità! Dignità significa magnanimità, apertura del cuore, amare tutti senza discriminazioni di alcun genere, perdonare coloro che vi hanno offeso.

Cari Argentini, in occasione di questa visita pastorale, vi chiedo una profonda riconciliazione fraterna che affonda le sue radici nella riconciliazione di ciascuno con Dio, nostro Padre, affinché estirpi per sempre gli odi e i rancori da questa bella e ospitale terra argentina, in modo che trionfi in tutti i cuori la giustizia e la pace di Cristo.

5. Perché risulti davvero efficace la nuova tappa dell’evangelizzazione che il Signore si attende da voi, dovete formare autentiche comunità cristiane, come quelle dei nostri primi fratelli nella fede (cf. At 2, 42-47; 4, 32-36). Si giungerà in questo modo ad un profondo rinnovamento di tutte le comunità parrocchiali, come quello che intendete attuare. E se nell’adempimento della loro missione sono impregnate dell’amore a Dio, saranno veramente comunità missionarie e servitrici degli uomini.

Per continuare a crescere nello stile di vita evangelica come i primi cristiani, è necessario che, come loro; perseveriate nell’unione tra di voi e con i vostri pastori; nelle verità della nostra fede meditandole nel vostro cuore; nella vita sacramentale e liturgica.

Dovete portare avanti la vostra missione evangelizzatrice sentendovi membri vivi di una Chiesa che è comunione. Il recente Sinodo straordinario dei Vescovi si è soffermato a lungo sul fatto che “l’ecclesiologia di comunione è l’idea centrale e fondamentale dei documenti del Concilio” (Synodi Extraord. Episcoporum, 1985 Relatio finalis II, C, 1). Solo dall’interno di una Chiesa-comunione si può intendere la vocazione e la missione del cristiano. Cercate di riprodurre la bellissima testimonianza della Chiesa delle origini: “La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola” (At 4, 32).

È necessario e urgente offrire al mondo di oggi la testimonianza di una Chiesa-comunione, animata dallo Spirito Santo, tutta impegnata in una nuova evangelizzazione.

Ciò presuppone un rapporto molto stretto con i pastori, i quali, come primi collaboratori dello Spirito Santo, sono il principio visibile della comunione ecclesiale; ed esige anche unità, collaborazione fraterna e comunione fra i sacerdoti, i religiosi e i laici che cercano - ognuno secondo il proprio carisma - di costruire il regno di Dio.

6. In questo momento in cui lo Spirito Santo invita alla corresponsabilità e alla partecipazione attiva di tutti i cristiani alla missione evangelizzatrice della Chiesa, si avverte sempre più la necessità di approfondire la formazione e la spiritualità adeguate alla propria vocazione. Ogni cristiano deve ascoltare e meditare assiduamente la parola di Dio e sforzarsi di scoprire la presenza del Signore negli avvenimenti quotidiani della loro vita personale e di tutta la società. Manca una formazione permanente che porti tutti i fedeli ad una continua conversione, fino a riprodurre nella loro vita l’immagine di Cristo. Ogni persona ha bisogno di una formazione integrale e integrante - culturale, professionale, dottrinale, spirituale e apostolica - che la disponga a vivere in una coerente unità interiore, e le permetta sempre di dare ragione della sua speranza a chiunque gliela chieda (cf. 1 Pt 3, 15).

L’identità cristiana esige lo sforzo costante di formarsi sempre meglio, poiché l’ignoranza è il peggiore nemico della nostra fede. Chi potrà dire che ama davvero Cristo, se non si impegna a conoscerlo meglio? Amati fratelli, non abbandonate la lettura assidua della sacra Scrittura, approfondite costantemente le verità della nostra fede, ricorrete con speranza alla catechesi che, se è imprescindibile per i più giovani, non è meno necessaria per gli adulti. Come potrete trasmettere la parola di Dio se voi stessi non la conoscete in modo vivo e profondo?

Formazione e spiritualità! Un binomio inseparabile per chi aspira a condurre una vita cristiana veramente impegnata nell’edificazione e nella costruzione di una società più giusta e fraterna. Se desiderate essere fedeli nella vostra vita quotidiana alle esigenze di Dio e alle aspettative degli uomini e della storia, dovete nutrirvi costantemente della parola di Dio e dei sacramenti: perché “la parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente” (Col 3, 16); vivete le esigenze e la grazia sacramentale del vostro battesimo e della vostra cresima, del sacramento della riconciliazione e dell’Eucaristia, del sacramento del matrimonio per quanti siete stati chiamati a questo stato di vita che manifesta e realizza il mistero dell’alleanza di Gesù con la Chiesa.

Siate uomini e donne di preghiera. Preparate, nell’intimità con il Signore, l’incontro salvifico con gli uomini! Nella preghiera filiale, il cristiano ha la possibilità di instaurare un dialogo con Dio Uno e Trino, che dimora nell’anima di colui che vive nella grazia (cf. Gv 14, 23), per poterlo poi annunciare ai fratelli. Questa è la dignità filiale dei cristiani: invocare Dio come Padre, e lasciarsi guidare dallo Spirito per identificarsi nella pienezza con il Figlio. Per mezzo della preghiera, cerchiamo, troviamo e rivolgiamoci al nostro Dio, come ad un amico intimo (cf. Gv 15, 15) al quale confidiamo le nostre pene e le nostre gioie, le nostre debolezze e i nostri problemi, i nostri desideri di essere migliori e di fare in modo che anche gli altri lo siano.

Il Vangelo ricorda “la necessità di pregare sempre, senza stancarsi” (Lc 18, 1). Dedicate, dunque, tutti i giorni un po’ di tempo della vostra giornata a conversare con Dio, come prova sincera del fatto che lo amate, poiché l’amore cerca sempre la vicinanza di colui che si ama. Pertanto, la preghiera deve venire prima di tutto; chi non la pensa così, chi non la mette in pratica, non può giustificarsi con la mancanza di tempo: ciò che manca è l’amore.

7. Gli apostoli: “erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con ( . . .) Maria, la Madre di Gesù” (At 1, 14).

Prima di impartirvi con affetto la mia benedizione apostolica, chiedo a Maria Ausiliatrice, regina degli apostoli, che interceda per tutti voi affinché il vostro zelo apostolico e missionario aumenti ogni giorno di più e, con la vostra testimonianza cristiana, la luce di Dio che risplende sul volto di Cristo Gesù, per tutti gli uomini nello Spirito Santo! Amen.

E ora voglio rivolgere un saluto speciale ai nostri fratelli araucani nella loro lingua:

Poyén pu mapúche peñi ka pu déya: marimári, pu wen! Ayüwnkéchi tykúlpanién, déuma rupái kiñe patáka trípántü, féichi ñi llegmúm támyn wéche peñi, Ceferino Namúnkura. Inchetáñi mlen fau fachántü, tfáchi nütrám ayüafún ñi nieál eiwyn mu: féichi Pápa, rumél mleái aiwyn ñi ináu méu; Peumanén, inchíñ táiñ Wénu-Cháu, pile támyn rumél kümélkaleál, mynél pu pyñéñ. Kúmé feleáimn, pu wén!

(“Stimati fratelli e sorelle: cari amici. Con gioia ricordo che sono già trascorsi cento anni dalla nascita del vostro giovane fratello Ceferino Namuncura. Vorrei che la mia presenza qui oggi avesse per voi questo senso: il Papa sarà sempre al vostro fianco; voglia il nostro Padre celeste concedere a voi tutti un benessere permanente, in particolare ai vostri bambini. Felicitazioni, amici”).

 

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