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LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
ALL’ARCIVESCOVO DI BIRMINGHAM,
MAURICE COUVE DE MURVILLE

 

Al mio caro confratello
Maurice Couve de Murville,
Arcivescovo di Birmingham

1. Approssimandosi il primo Centenario della morte di John Henry Newman, e rispondendo al Tuo cortese invito, mi unisco con gioia alle celebrazioni che segnano questo avvenimento in Inghilterra e in molti altri Paesi del mondo. Il ricordo della nobile vita del grande Cardinale ed i suoi numerosi scritti sembrano toccare le menti e i cuori di molti uomini d’oggi con una freschezza e un’incisività che non sono venute meno col trascorrere di un secolo.

L’anno del Centenario coincide con l’inizio di un periodo di profondo cambiamento della scena mondiale. Questo periodo è iniziato con nuove prospettive di autentica libertà e segni di una rinnovata consapevolezza della necessità di costruire la vita, sia individuale che sociale, sulle solide fondamenta dell’indefettibile rispetto per la persona umana e per gli inalienabili diritti che le vengono da Dio. A tutte le menti speculative, nell’attuale contesto storico, la voce di Newman parla con un messaggio profetico.

2. La lunga vita di Newman ce lo mostra come un ardente discepolo della verità. Lo svolgersi della sua carriera conferma la sincerità dei suoi obbiettivi espressi con le seguenti parole che fece sue: “Il mio desiderio è stato quello di avere la Verità come amica più cara, e nessun nemico eccetto l’errore” (The Via Media, Londra 1911, volume 1, pp. XXII-XIII). Nei momenti di prova e sofferenza egli ha perseverato con fiducia, sapendo che il tempo era a fianco della verità.

Il desiderio di verità di Newman lo ha condotto a cercare una voce che gli parlasse con l’autorità del Cristo vivente. Il suo esempio costituisce un costante appello per tutti gli studiosi ed i discepoli sinceri della verità. Egli li sollecita a continuare a porsi le domande più profonde e più fondamentali sul significato della vita e di tutta la storia umana; a non accontentarsi di una risposta parziale al grande mistero che è l’uomo; ad avere l’onestà intellettuale e il coraggio morale di accettare la luce della verità, quali che siano i sacrifici personali che ciò comporti. Soprattutto, Newman è una magnifica guida per quanti si rendono conto che la chiave, il punto focale e lo scopo di tutta la storia umana si trovano in Cristo (cf. Gaudium et spes, 10) e, in unione con lui, in quella comunità di fede, speranza e carità che è la sua santa Chiesa, attraverso cui Egli comunica a tutti la verità e la grazia (cf. Lumen gentium, 8).

3. L’insegnamento di John Henry Newman sull’importanza della coscienza quale mezzo per acquisire la verità, è strettamente legato a questa chiamata. La sua dottrina sulla coscienza, così come il suo insegnamento in generale, è sottile e completa, e non deve essere eccessivamente semplificata nella sua presentazione. Egli parte dall’affermazione fondamentale che la coscienza non è semplicemente un senso di proprietà, rispetto di sé o buon gusto, che si forma con la cultura generale, l’educazione e i costumi sociali. Essa invece è l’eco della voce di Dio dentro il cuore dell’uomo, la pulsazione della legge divina che batte dentro ogni persona come un modello di ciò che è giusto e sbagliato, con un’indiscutibile autorità.

La luce interiore della coscienza mette una persona in contatto con la realtà di un Dio personale. In uno dei suoi libri egli scrisse: “La mia natura sente la voce della coscienza come una persona. Quando le obbedisco, mi sento soddisfatto; quando le disobbedisco, provo una afflizione - proprio come ciò che sento quando accontento o dispiaccio qualche amico caro... Un’eco implica una voce; una voce, qualcuno che parla. È colui che parla che io amo e venero” (Callista, Londra 1910, pp. 314-315).

Inoltre, secondo Newman, l’obbedienza religiosa a questa voce interiore mette una persona in grado di accogliere una rivelazione divina, la conduce da luce a luce e la porta infine alla fede cristiana. “L’obbedienza alla coscienza conduce all’obbedienza al Vangelo, che, invece di essere qualcosa di differente, non è altro che il completamento e la perfezione di quella religione che insegna la coscienza naturale” (Parochial and Plain Sermons, Londra 1908, vol. VIII, pagine 202).

4. Uno dei meriti imperituri del Cardinale Newman, infatti, è la sua battaglia per chiarire e sostenere il principio vitale che la religione rivelata, con il suo contenuto di dottrina e morale, è la depositaria di verità oggettive che possono essere apprese con certezza e a cui è possibile conformarsi con gioia e facilità (cf. Dei Verbum, 5). Poche persone hanno sostenuto i pieni diritti della coscienza come ha fatto lui; pochi scrittori hanno perorato in modo tanto persuasivo la causa della sua autorità e libertà, eppure egli non ha mai permesso che la minima traccia di soggettività o relativismo inquinasse il suo insegnamento.

Per questa ragione egli insegna che, nonostante la coscienza esista nel cuore umano prima che esso riceva qualsiasi formazione, è tuttavia dovere di un cristiano informarla ed educarla con la guida di un’autorità, al fine di condurla a maturazione e perfezione. Lasciata a se stessa e trascurata, essa può diventare una contraffazione del sacro potere che è, e trasformarsi in una specie di fiducia in sé e di deferenza verso il proprio giudizio soggettivo e personale. Le parole di Newman sono inequivocabili e perennemente valide: “La coscienza ha i suoi diritti perché ha i suoi doveri” (Difficulties felt by Anglicans, Londra 1910, Vol. II, p. 250).

5. Seguendo la luce della sua coscienza, Newman ha percorso un itinerario di fede che ha descritto con forza e chiarezza nelle sue opere. Dopo aver trascorso la prima metà della sua vita in generoso servizio alla Chiesa d’Inghilterra, che amava profondamente, egli spese la seconda metà al servizio della Chiesa cattolica, manifestando una uguale sincerità e una ferma lealtà. I pensieri e le convinzioni che furono alla base della sua conversione trovarono le proprie radici ed ispirazione negli scritti dei Padri della Chiesa, che sono patrimonio comune di tutti i cristiani. Ho spesso sottolineato che occorre che i cristiani riscoprano insieme il loro comune retaggio di fede se vogliamo la reintegrazione dei seguaci di Cristo in quell’unità per cui Lui pregava. Questo è un processo che può essere notevolmente promosso guardando con attenzione all’opera di Newman.

Era una sua caratteristica essere fermamente fedele alla verità una volta afferrata, sempre pronto a sviluppare ed approfondire la sua comprensione del deposito della fede. Si può aggiungere, inoltre, che egli combinava la fedeltà alla verità con un atteggiamento di rispetto e ricettività nei confronti delle idee e della testimonianza di coloro da cui dissentiva. Con la sua persona e con il suo lavoro, quindi, il Cardinale Newman illumina il cammino ecumenico che intraprendiamo in obbedienza alla volontà di Cristo (cf. Gv 17, 21). La sua vita e la sua testimonianza ci forniscono oggi una risorsa vitale per comprendere e far progredire il movimento ecumenico che si è sviluppato così fortemente nel secolo successivo alla sua morte.

6. È mia fervida speranza che il presente Centenario susciti, nelle menti di tante persone che anelano alla verità e all’autentica libertà, una rinnovata consapevolezza delle lezioni che possono essere tratte dalla vita e dagli scritti di questo eminente inglese, sacerdote e Cardinale. Un uomo di tale coerente lealtà e sincerità non può fare a meno di ispirare e di attrarre molti altri verso l’ideale che egli fedelmente serviva. Non tutti erano d’accordo con le gravi decisioni che prese o con i princìpi religiosi che difendeva, ma tutti immancabilmente hanno testimoniato dell’influenza spirituale che il suo esempio esercitava sugli altri. Alcuni lo chiamavano a loro guida lungo il cammino della santità; altri restavano meravigliati dalla forza silenziosa dei suoi modi umili e schivi; altri ancora trovarono conforto e pace nella sua semplice esposizione della verità; mentre tutti erano colpiti dalla sua vita di costante preghiera e studio, e dalla sua familiarità nella fede con le “cose di lassù” (Col 3, 1).

Da allora fino ai nostri giorni, Newman resta per molti un punto di riferimento in un mondo inquieto. Guardano a lui come a un uomo di grande talento naturale, che ha messo ogni goccia di questo talento al servizio di Dio e della Chiesa. La sua vita esemplare, scevra di ipocrisia e di ambizione, ma impregnata in devota comunione con l’Invisibile, restando aperta ai problemi del suo tempo nella Chiesa e nella società, continua ad ispirare, ad elevare e ad illuminare.

Possano le celebrazioni del Centenario tradursi in grazia abbondante e vigore spirituale per la Chiesa in Inghilterra, per la tua Arcidiocesi e per i membri della Congregazione Inglese dell’Oratorio di San Filippo Neri, fondata da John Henry Newman.

Infine, colgo l’occasione per mandare i miei saluti e la mia Benedizione Apostolica a tutti gli Amici del Cardinale Newman di tutto il mondo.

Dal Vaticano, 18 giugno 1990.

IOANNES PAULUS PP. II

 

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