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SELIGSPRECHUNG VON SCHWESTER FRANZISKA SCHERVIER

 PREDIGT VON PAPST PAUL VI.

Sonntag, 28. April 1974

 

Unser gruss gilt heute zunächst der Stadt Aachen, dieser geschichtsreichen Stadt in Westdeutschland, und ihrer Diözese, in der unsere neue Selige, Franziska Schervier, die wir in dieser heutigen Feier ehren, geboren ist. Mit überaus grosser Freude sehen wir, wie diese grosse Ordensfrau ihrer berühmten und gesegneten Heimat zur Ehre gereicht, wo die kaiserliche und bürgerliche Geschichte Europas des Mittelalters und der Folgezeit sich mit der Tradition der katholischen Kirche verbindet, und wo im erhabenen Symbol der herrlichen zweifachen Kathedrale sich zwei ursprüngliche stilistische Ausdrucksformen, zwei Arten der Kunst und der Spiritualität, das Romanische und das Gotische nämlich, oder vielmehr zwei Volksarten, die lateinische und die germanische, in zwei berühmten und grossartigen Monumenten, die beide geschichtsreich und für dieselbe christhche Zivilisation äusserst bezeichnend sind, in einer unzertrennlichen brüderlichen Einheit begegnen.

Wir grüssen damit den verehrten Bischof von Aachen, unseren frommen und eifrigen Mitbruder, Monsignore Johannes Pohlschneider, und mit ihm zusammen den Klerus und die Gläubigen seiner Diözese; ferner auch all diejenigen, die aus der angrenzenden und ehrwürdigen Metropolitankirche von Köln und aus dem ganzen Katholischen Deutschland hier persönlich oder im Geiste zugegen sind. Und wie wir glauben, sind es recht viele, die uns alle teuer sind und in Frieden und Eintracht mit uns leben. Sodann gilt unser ehrerbietiger Gruss den Vertretern der deutschen staatlichen Behörden, die zu diesem festlichen Anlass erschienen sind.

Und schliesslich grüssen wir auch die Töchter der Seligen, die Armen Schwestern vom heiligen Franziskus, die heute mit uns und der ganzen Kirche die Freude teilen, von ihrer Gründerirr, der neuen Seligen, Franziska Schervier, die Tugenden offiziell anerkannt, ihre Verdienste gepriesen und ihre lokale Verehrung genehmigt zu sehen.


Noi siamo subito obbligati ad offrire alla medesima nuova Beata il tributo della nostra venerazione, quale da noi esige la narrazione storica della vita di Francesca Schervier; ma noi non oseremo in questo momento tracciare il profilo biografico della Beata, perché esso esigerebbe troppo lungo discorso, e perché pensiamo che la sua figura sia già ben nota agli uditori e alle uditrici presenti a questa cerimonia conclusiva dei lunghi studi analitici e agiografici sempre richiesti per una solenne ed ufficiale beatificazione.

Noi ricorderemo soltanto che il quadro storico nel quale si svolge la vita di Francesca Schervier è quello tanto ricco e complesso dell’ottocento; e precisamente il periodo che va dall’anno di nascita 1819 di Francesca all’anno della sua morte 1876; cinquantasette anni, pochi rispetto all’attività che li ha colmati e alle opere che vi hanno trovato l’origine; periodo storico di intensa trasformazione politica e spirituale, che si svolge dalla nuova configurazione dell’Europa dopo l’epopea napoleonica, e arriva all’affermazione dei due Imperi allora rivali, quello Francese e quello Germanico, dei quali tutti ricordiamo le avventurose vicende. Il quadro geografico invece è quello, dicevamo, della Germania occidentale, nella zona confinante con il Belgio e con la Francia, alla quale la diocesi di Aquisgrana, dal 1797 al 1815, era stata incorporata. Vi sarebbe molto da dire circa l’influsso che le condizioni sociali del tempo e del luogo esercitarono sulla famiglia, impegnata negli uffici civili della città, e sulla formazione della nostra Beata, e quindi circa la sua educazione spirituale e la sua sensibilità sociale. Il nuovo sviluppo civile e industriale era ai suoi inizi, ma in pieno svolgimento; grande attività, ma grandi bisogni; e questi tanto più avvertiti quanto maggiore il primo progresso economico e sociale segnava penosi, trascurati e intollerabili dislivelli nella compagine della popolazione.

Cattolico l’ambiente; donde l’avvertenza più urgente e più dolorosa della presenza dei poveri nella società in evoluzione ed in via di prendere quella coscienza di sé che troverà, alla metà del secolo, le sue più amare e caratteristiche espressioni, sia dottrinali che operative, di cui il nostro tempo sente tuttora le pesanti e colossali conseguenze.

Abbiamo nominato i poveri; e subito ci ricordiamo che la nuova Beata prende da essi la sua qualifica caratteristica: ella è stata chiamata «Madre dei poveri», promotrice audace e vigorosa; fondatrice col genio organizzativo proprio del suo popolo di istituzioni che hanno per oggetto l’assistenza, allora mancante, nelle sue prestazioni più umili e più generose ai poveri, ai bisognosi cioè d’ogni categoria, agli sprovvisti d’ogni aiuto materiale e spirituale. Siamo in pieno Vangelo. Ci piace vedere emergere questa giovane e inerme figura di donna fra altre irradianti somiglianti virtù che il secolo scorso diede alla Chiesa (o meglio: la Chiesa al secolo!); e sarebbe molto interessante e molto edificante studiare l’insieme di questa numerosa e luminosa costellazione, apparsa nel cielo buio dell’ottocento, di anime sante, così consacrate alla carità da immolare non solo se stesse all’amore del prossimo, ma da generare schiere innumerevoli di silenziose ed eroiche seguaci allo stesso amore, allo stesso sacrificio.

E a questo punto la nostra riflessione si dirige spontaneamente sopra un tema immenso, che non possiamo certo esaurire in queste semplici e brevi parole: la santità, cioè la perfezione cristiana, che ammirata in una vita come quella di Francesca Schervier, ci sembra diventare attraente e ammirabile, e svelare anche ad uno sguardo fugace come il nostro la ricchezza dei suoi segreti. Ma anche considerata la santità nel suo aspetto a noi più accessibile, quello della carità, cioè della sua umanità, subito ci accorgiamo ch’essa ha dimensioni sconfinate: la santità della carità, chi la può misurare?

chi la può fino in fondo esplorare? e proprio perché essa, la santità, assume qui il profilo della carità, chi oserà presumere di poterla definire, tenendo conto della sua duplice misteriosa fonte componente? quella della carità divina, carisma soprannaturale per eccellenza, che si fa umana, come ci avverte San Paolo: «la carità di Dio è stata riversata nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo, che ci è stato dato» (Rom. 5, 5); e quella della carità umana, che, sempre secondo San Paolo, è descritta in termini senza misura: «la carità (voi ricordate) è longanime, è benigna, . . . soffre ogni cosa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta, e non verrà mai meno»; e così via (Cfr. 1 Cor. 13, 4 ss.).

E allora la nostra curiosità, guidata ora dalla nostra pietà, si domanda se la santità, così umanizzata dalla carità, ci offra ancora i segni religiosi, che sembrano più evidenti in altri tipi di santità. La santità della penitenza, ad esempio, ovvero quella dell’orazione e della contemplazione, quella della sofferenza e del martirio, non sono forse più trasparenti nella rivelazione della presenza divina dimorante, ovvero operante nella santità? È un confronto difficile, che solo nei fatti può trovare risposta. Ma nel caso nostro i fatti parlano.

E qui noi vorremmo invitare gli osservatori e ancor più i devoti della Beata Francesca a rilevare sia la frequenza di momenti e di episodi soprannaturali, divini certamente nella loro causa, che la sua biografia chiaramente registra, sia la continua conversazione con Dio sempre ardente nella esperienza spirituale della Beata, non distratta, ma piuttosto francescanamente attratta al divino colloquio della stessa attività caritativa esteriore, come Cristo ci insegnò: Egli si fa presente nell’uomo povero e disgraziato (Cfr. Matth. 25, 35 ss.).

Leggete la storia della Beata Francesca Schervier. Noi qui ci limitiamo alla citazione d’una sola, tipica testimonianza: «Tutto il suo fare era come se Dio fosse stato sempre in lei» (Test. Ap. 34). Sia lezione memorabile per noi.


Ausser diesem inneren Licht strahlt die Liebe der neuen Seligen, Franziska Schervier, noch ein anderes, ausseres Licht aus, das die Heiligkeit ihres Lebens bezeugt. Es ist ihr Beispiel. Es ist ihre christliche Vollkommenheit, die zur Nachahmung empfohlen wird, und zwar nicht nur den Personen, die sich dazu entschlossen haben, in ihrer Nachfolge zu leben, sondern auch den Christglaubigen, die ihr Taufversprechen treu verwirklichen wollen, obwohl sie ihre Berufung inmitten der Welt zu verwirklichen haben. Mitunter sind die Heiligen mehr zu bewundern als nachzuahmen; die selige Franziska hingegen bietet sich als ein Vorbild franziskanischer Heiligkeit in beispielhafter Weise zur Nachahmung an.

Wenn die Heiligkeit im Grunde darin besteht, dem Willen Gottes entsprechend zu leben, so können wir im ganzen Leben der seligen Franziska, ja schon von frühester Jugend an, die stete Absicht feststellen, in Übereinstimmung mit dem Willen Gottes zu handeln; eine Absicht, die in einigen Augenblicken fast ängstlich, aber doch immer fest und zuversichtlich gewesen ist. Dies ist, wie ein Biograph von ihr schreibt, der vorherrschende Charakterzug ihrer Heiligkeit.

Zeigt uns sodann nicht diese ihre franziskanische Berufung, die von ihr mit der Treue und dem entschlossenen Einsatz gelebt wurde, die der starken deutschen Geistesart zu eigen ist, und die schliesslich auch mit bewundernswerter Anpassung San die moderne amerikanische Pädagogik in die neue Welt übertragen wurde, - zeigt uns diese ihre Berufung nicht wiederum, wie ewig gültig und doch anpassungsfähig das evangelische Ideal ist, das in dem Heiligen von Assisi personifiziert und mit solch magischer Anziehungskraft dargestellt wird? Lehrt sie uns nicht, wie dieses mit seinen fast widersprüchlich erscheinenden, aber doch wirklich christlichen Forderungen von lauteren christlichen Seelen jeder Zeit und jedes Volkes immer wieder neu gelebt werden kann? Die Beispielhaftigkeit unserer Seligen wird insbesondere von euch bezeugt und verkündet, liebe Armen-Schwestern vom heiligen Franziskus, denen heute die ganze Kirche durch uns ihr Lob und ihre Ermutigung zum Ausdruck bringen will.

So möge man also von der Armut sprechen, die die selige Franziska mit mutiger Strenge hat üben wollen, um ihre ganze Liebestätigkeit gleichsam noch opfervoller, aber zugleich auch überzeugender in ihrem evangelischen Zeugnis zu machen. Ist nicht diese Armut eine beispielhafte Lehre für uns Katholiken und insbesondere für unsere Gesellschaft, die den Besitz und den Genuss der zeitlichen Güter in ihren Programmen und ihrer Weltanschauung an die erste Stelle setzt?

Und werden nicht auch wir, gerade an diesem Tag der kirchlichen Ehrung dieser «Mutter der Armen», ihr Beispiel, ihre Einladung und ihren Aufruf zur Liebe der Armen in der Kraft der Liebe und dem Gebot Christi uns zu Herzen nehmen? Erblicken nicht auch wir in dieser erneuten Verteidigung der Armen, die vor der Kirche und der Welt unserer Zeit geschieht, die iiberzeugendste Ermahnung, aus unserem christlichen Bekenntnis den Antrieb und den Geist ftir ein echtes und wirksames Sozialprogramm zugunsten so vieler armer oder notleidender Brtider zu schtipfen, die wir immer unter uns haben? (Vgl. Io. 12, 8) Dies lehre uns und dazu verhelfe uns die selige Franziska Schervier!

Hierzu erteilen wir euch allen von Herzen unseren Apostolischen Segen.


Diamo una nostra traduzione dei saluti rivolti dal Santo Padre agli intervenuti nella basilica, all’inizio dell’Omelia.

Salutiamo dapprima Aquisgrana, la storica città della Germania occidentale, la diocesi che ha dato i natali alla nuova Beata, che oggi festeggiamo, Francesca Schervier. Con immenso gaudio noi vediamo questa grande figura religiosa onorare quella sua patria gloriosa e benedetta, dove la storia imperiale e civile dell’Europa medioevale e successiva s’intreccia con la tradizione della Chiesa cattolica, e dove nel sublime simbolo della sua stupenda, duplice cattedrale sembrano incontrarsi in un inseparabile abbraccio fraterno due espressioni stilistiche originali di due forme d’arte e di spiritualità, il romanico e il gotico, anzi due forme etniche, quella latina e quella germanica, in due monumenti celebri e magnifici, entrambi storici, altamente significativi, d’una medesima civiltà cristiana, Salutiamo così il venerato Vescovo di Aquisgrana, il pio e zelante Fratello nostro Monsignor Giovanni Pohlschneider, e con lui il Clero ed i Fedeli della suddetta diocesi, con quelli della non lontana e degnissima Chiesa metropolitana di Colonia e di tutta la Germania cattolica, qui presenti di persona, ovvero in spirito, e pensiamo siano moltitudine, da noi amatissima e con noi in pace e concordia; come pure il nostro rispettoso saluto si rivolge alle Autorità civili tedesche che hanno voluto intervenire a questa solenne cerimonia.

Ma poi il nostro saluto va alle Figlie della Beata, le Religiose Suore Francescane dei Poveri, che oggi hanno con noi e con tutta la Chiesa la gioia di vedere ufficialmente riconosciute le virtù, esaltati i meriti, autorizzato il culto locale della loro fondatrice, la nuova Beata Francesca Schervier.

                     



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