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APERTURA DEL 3° ANNO DEL SINODO DIOCESANO

CELEBRAZIONE DELLA PAROLA E MEDITAZIONE

CARDINALE ANTONELLI
PRESIDENTE DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA

    Cattedrale di Adria– 19 settembre 2010

“La famiglia immagine di Dio e
cellula fondamentale della società e della Chiesa”

 

 

1. Lettura biblica (Mc, 10, 1-16)

Partito di là, venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare. Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio». Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

Il testo del Vangelo che abbiamo letto presenta due temi: 1) il matrimonio come unione fedele e indissolubile dell’uomo e della donna; 2) l’accoglienza dei bambini e il rispetto della loro dignità di persone e figli di Dio. Si tratta di due temi che nella vita familiare sono intimamente connessi tra loro.

 

2. “Per la durezza del vostro cuore egli (Mosè) scrisse per voi questa norma”.

Mosè aveva ordinato che, se il marito avesse deciso di ripudiare la moglie, doveva darle un documento scritto perché potesse dimostrare di essere libera. Si trattava di una concessione a motivo della durezza di cuore, ma in contrasto con l’intenzione originaria di Dio. La durezza di cuore (sclerocardia) è una sclerosi spirituale e culturale che rende insensibili come la pietra. Non solo non si riesce a vivere i valori di autentica umanità, ma non si riesce neppure a capirli. Non si capisce più l’amore come dono di sé a un’altra persona, come dono reciproco e comunione. Si entra nella logica del potere e del possesso che riduce l’altro a strumento per il proprio piacere e per la propria utilità. Allora l’incontro e la convivenza diventano convergenza di interessi e di egoismi; convergenza precaria, esposta alla conflittualità e alla separazione. La eventuale venuta dei figli può essere rifiutata perfino con l’aborto oppure può essere pretesa a qualsiasi costo come un possesso per la propria gratificazione, calpestando in ambedue i casi la loro dignità di persone.

Oggi con l’espandersi dell’economia dei servizi e con la rivoluzione informatica, si moltiplicano le opportunità di lavoro anche per le donne. Rimane però difficile conciliare le esigenze e i tempi del lavoro con quelli della famiglia. Viene enfatizzata per gli uomini e per le donne l’affermazione personale attraverso il lavoro e la professione; viene sottovalutata l’importanza delle relazioni personali, in particolare della cura e dell’educazione dei figli. A volte la famiglia viene perfino considerata un ostacolo all’efficienza produttiva del sistema economico e allo sviluppo sociale, mentre il single è ritenuto più funzionale, perché è in grado di offrire più mobilità, più disponibilità di tempo e di energie, più propensione ai consumi. Viene pubblicizzato come ideale di vita il benessere individuale, gettando discredito sui legami stabili del matrimonio e della genitorialità, promuovendo l’esercizio puramente ludico della sessualità. La famiglia è privatizzata, ridotta soltanto a luogo di gratificazione affettiva, sentimentale e sessuale degli adulti, misconoscendo il valore della coppia stabile e il bene prioritario dei bambini.

E’ in questo contesto che assume proporzioni sempre più preoccupanti la triplice crisi del matrimonio, della natalità e dell’educazione. Il numero annuo dei divorzi nell’Unione Europea è pari alla metà dei matrimoni. Le persone sole sono già 55 milioni corrispondenti al 29% delle abitazioni, ma si prevede che saliranno presto fino al 40%. Si moltiplicano le forme di convivenza: famiglie monoparentali, famiglie ricomposte, convivenze di fatto, convivenze omosessuali. Non manca chi considera la famiglia fondata sul matrimonio un residuo storico del passato e ne auspica la sparizione in un futuro non molto lontano. Nell’Unione Europea i 2/3 delle famiglie sono senza figli; l’indice medio di fecondità per donna è di 1,56, al di sotto della quota di ricambio generazionale (2,1 per donna). L’insufficienza dell’educazione è messa in risalto dalla larga diffusione tra i giovani di atteggiamenti negativi e devianze sociali. Molti di essi, anche se economicamente benestanti, crescono poveri di ideali e di speranze, spiritualmente vuoti, interessati solo al tifo sportivo, alle canzoni di successo, ai vestiti firmati, ai viaggi pubblicizzati, alle emozioni del sesso. Spesso, per uscire dalla noia e dall’insicurezza, si mettono in gruppo e diventano trasgressivi: bullismo, vandalismo, droga, rapine, stupri, delitti. I figli che crescono con un solo genitore hanno doppia probabilità di delinquere rispetto a quelli che vivono insieme con ambedue i genitori. Un quarto dei figli di genitori separati presenta problemi duraturi di equilibrio psichico, di rendimento scolastico e di adattamento sociale in misura doppia rispetto ai figli di genitori uniti, perché i bambini hanno un vitale bisogno di essere amati da genitori che si vogliono bene innanzitutto tra loro.

Alla crisi del matrimonio, della natalità e dell’educazione corrisponde la crisi della società europea, che appare piuttosto stanca e decadente. L’opinione pubblica è sensibile soprattutto al mercato e ai diritti individuali. Mancano ideali, speranze, progetti condivisi. Mancano la gioia di vivere e la fiducia verso il futuro. Con il progressivo invecchiamento della popolazione si prospettano anche gravi problemi economici: diminuiranno le forze produttive e aumenteranno le spese per le pensioni, la sanità e l’assistenza, dato che nel 2050 per ogni 100 lavoratori ci saranno 75 pensionati e ogni lavoratore dovrà provvedere a circa del sostentamento di un pensionato.

Per lo sviluppo sono necessari l’equilibrio demografico e la formazione del cosiddetto capitale umano. Occorre trattare le questioni della famiglia a partire dalla prospettiva dei figli. Se si privilegiassero i bambini e il loro bene, cambierebbe la percezione del divorzio, della procreazione artificiale, della pretesa all’adozione da parte di singles e coppie omosessuali, della corsa alla carriera professionale, dell’organizzazione del lavoro; si riscoprirebbe che la famiglia fondata sul matrimonio è davvero una risorsa per la società, un soggetto di interesse pubblico non equiparabile ad altre forme di convivenza di carattere privato.

 

3. “Ma all’inizio della creazione (Dio) li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”.

Nel suo progetto creativo Dio ha voluto e vuole un’unità duale tra l’uomo e la donna. Li ha creati e li crea due perché diventino uno nell’amore a somiglianza delle Tre Persone divine che sono un solo Dio. L’uomo e la donna sono diversi fisicamente e spiritualmente in vista del dono reciproco, dell’interazione, della crescita e felicità propria di ognuno. Sono chiamati a diventare una sola carne (quasi un solo essere umano) nella vita comune, nel rapporto sessuale, nei figli che derivano da ambedue.

Oggi si diffondono ideologie (teoria del gender) che negano l’importanza delle differenze dei due sessi, in nome di una uguaglianza male intesa. E’ giusto sostenere la pari dignità delle persone e le pari opportunità nella vita sociale. E’falsa e dannosa per tutti la confusione che non valorizza le differenze.

La sessualità è altruismo scritto nell’anima e nel corpo, differenza nell’eguaglianza in vista del dono reciproco e della comunione. L’uomo e la donna sono ambedue esseri umani, di pari dignità; ma hanno anche importanti diversità. Sono diversi nel corpo (organi genitali, aspetto, volto, voce). Generano ambedue, ma in modo diverso: l’uomo fuori di sé, la donna dentro di sé. Coerentemente con questa differenza basilare, hanno attitudini, interessi, intelligenza, desideri, caratteri diversi; comprendono, amano, comunicano in modo diverso. Ciò che è più spontaneo per uno, l’altro deve impegnarsi ad apprenderlo: l’uomo può imparare dalla donna l’accoglienza, la cura attenta e delicata verso le persone, la comprensione, la resistenza alla sofferenza; la donna può imparare dall’uomo l’iniziativa, la progettualità, la responsabilità etica, l’autorevolezza, il realistico senso del limite. La differenza nell’uguaglianza non crea di per sé discriminazione; ma interazione, scambio, complementarietà, collaborazione. Soprattutto ognuno dà all’altro il potere di procreare e di diventare genitore. L’amore valorizza e armonizza le differenze e ne fa un dono reciproco.

L’amore non chiude le persone nel proprio io; non proietta il proprio io sugli altri; ma spinge ad uscire da se stessi, a cercare gli altri, ad accogliere la loro alterità, per accrescere sia il proprio bene che quello degli altri. Ha bisogno di uguaglianza e di differenza; si muove nello stesso tempo verso la comunione e verso l’alterità. Il bambino nasce egocentrico; l’adolescente cerca amici dello stesso sesso; il giovane rivolge il suo interesse all’altro sesso; la coppia uomo-donna si apre ai figli. Si tratta di un cammino progressivo verso la comunione e l’alterità, secondo dimensioni sempre più ampie e ricche. L’amore desiderio (eros) si compenetra sempre più con l’amore dono (agàpe). Non si cerca solo il proprio bene, ma anche quello degli altri, che sono persone come me e non possono essere ridotti a strumenti. “Ama il prossimo tuo come te stesso”.

Come il mercato è l’istituzione dello scambio utilitario secondo giustizia (purtroppo deformata spesso dal peccato e dall’errore), così la famiglia è l’istituzione del dono e della reciprocità tra le persone (purtroppo anch’essa deformata spesso dal peccato e dall’errore). Più precisamente la famiglia è l’istituzione del dono reciproco totale e della comunione integrale di vita. In essa l’essere con e per l’altro si regge su un impegno incondizionato e un progetto senza limiti di tempo (il matrimonio); riguarda la vita in tutte le sue dimensioni, mentre nell’amicizia impegna solo qualche aspetto di essa.

Il rapporto sessuale tra i coniugi è l’espressione corporea propria ed esclusiva di questo dono reciproco totale. Tale gesto ha due significati inscindibili, unitivo e procreativo. Mentre si donano l’uno all’altro, i coniugi si aprono a una eventuale ulteriore alterità e a una più profonda unità. Il figlio che nascerà da loro sarà il loro essere “una sola carne”, in senso pieno e permanente. L’amore li muove a trascendere la situazione presente verso un di più di vita e di bene.

Secondo l’insegnamento di Giovanni Paolo II, la famiglia, già come realtà semplicemente naturale, trova la sua sorgente e il suo modello nella Trinità divina. “L’immagine divina si realizza non soltanto nell’individuo, ma anche in quella singolare comunione di persone che è formata da un uomo e da una donna, uniti a tal punto nell’amore da diventare una sola carne. E’ scritto infatti: a immagine di Dio li creò; maschio e femmina li creò (Gen 1, 27)” (Messaggio per la giornata della pace 1994, n. 1). “Il noi divino costituisce il modello eterno del noi umano; di quel noi innanzitutto che è formato dall’uomo e dalla donna, creati a immagine e somiglianza di Dio” (Giovanni Paolo II, Gravissimam Sane, 6). Dunque ogni comunione di persone fondata sull’amore è in qualche modo un riflesso di Dio amore, uno e trino. Ma la famiglia lo è in modo specifico. “Il fatto che l’uomo, creato come uomo e donna, sia immagine di Dio non significa solo che ciascuno di loro individualmente è simile a Dio, come essere razionale e libero. Significa anche che l’uomo e la donna, creati come unità dei due nella comune umanità, sono chiamati a vivere una comunione di amore e in tal modo rispecchiare la comunione di amore che è in Dio, per la quale le tre Persone si amano nell’intimo mistero della vita divina (…) Nell’unità dei due l’uomo e la donna sono chiamati sin dall’inizio non solo ad esistere uno accanto all’altra oppure insieme, ma sono chiamati anche ad esistere reciprocamente l’uno per l’altro” (Mulieris Dignitatem, 7). Per questa reciprocità ogni matrimonio autentico di un uomo e di una donna merita la qualifica di sacramento primordiale della creazione. Fin dall’inizio della storia “si costituisce un primordiale sacramento, inteso quale segno che trasmette efficacemente nel mondo visibile il mistero invisibile nascosto in Dio dall’eternità. E’ questo il mistero della Verità e dell’Amore, il mistero della vita divina, alla quale l’uomo partecipa realmente” (Catechesi  20.02.1980, n. 3). Inoltre ogni matrimonio autentico è di per se stesso segno “dell’amore che Dio nutre verso l’essere umano” (Angelus 6 febbraio 1994).

Il matrimonio, già realtà sacramentale in virtù della stessa creazione, è stato elevato da Gesù Cristo a sacramento della nuova ed eterna alleanza. Come alle nozze di Cana l’acqua fu cambiata in vino, così il legame coniugale dell’uomo e della donna è diventato una “comunione nuova d’amore”, segno e partecipazione della comunione nuziale di Cristo con la Chiesa, per rivelare e irradiare in modo visibile e trasparente nel mondo l’unità trinitaria delle persone divine (cfr FC 19; Omelia a Rio de Janeiro 4 ottobre 1997). Il Signore Gesù, sposo della Chiesa, comunica ai coniugi il suo Spirito, il suo amore per la Chiesa, maturato fino al sacrificio supremo della croce, in modo che il loro amore reciproco sia alimentato dal suo stesso amore sponsale, sia elevato a carità coniugale e prefiguri le nozze eterne dell’amore e della gioia, quando Dio sarà “tutto in tutti” (1Cor 15, 28). “Lo Spirito, che il Signore effonde, dona il cuore nuovo e rende l’uomo e la donna capaci di amarsi come Cristo ci ha amati” (FC 13), anzi capaci di amarsi con l’amore stesso di Cristo, al quale partecipano realmente (Discorso 13 settembre 1982), in quanto l’autentico amore coniugale è assunto dall’amore divino ed è sostenuto e arricchito dalla forza redentiva di Cristo” (Concilio Vaticano II, GS 48). Nella famiglia cristiana il sacramento della nuova alleanza porta a compimento il sacramento primordiale della creazione; perfeziona la partecipazione e la manifestazione della comunione trinitaria.

 

4. “Lasciate che i bambini vengano a me”.

Nella famiglia l’amore fa condividere il vissuto quotidiano, il presente e il futuro, la totalità della vita. Integra nella relazione tra i coniugi l’impegno del matrimonio, l’affetto reciproco, l’attrazione sessuale. Porta i genitori a elargire ai figli i beni materiali e spirituali, dedicandosi alla loro cura ed educazione.

La famiglia ha la possibilità di educare in modo proprio e insostituibile, basato sul clima di amore e fiducia reciproca, sulla testimonianza e l’esempio, nell’esperienza vissuta e l’esercizio quotidiano. Perciò i valori umani e le norme etiche, la trasmissione della fede e la proposta della vita cristiana non rimangono insegnamenti teorici; non vengono subiti come un’imposizione, ma interiorizzati e assimilati come esigenze vitali di crescita personale. Si apprendono così le dinamiche fondamentali dell’umanità autentica: essere amati e amare, bene personale e bene comune, libertà e solidarietà, gestione ragionevole dei sentimenti e superamento delle difficoltà.

Tutti i membri della famiglia si educano reciprocamente. I coniugi si educano l’un l’altro; i genitori educano i figli e anche i figli educano i genitori. Tuttavia è peculiare la responsabilità dei genitori nei confronti dei figli. Una buona relazione educativa comporta tenerezza e affetto, ragionevolezza e autorità. Il clima di amore e di fiducia, l’esempio e l’esperienza concreta, l’esercizio quotidiano conferiscono all’educazione familiare una speciale efficacia, che fa interiorizzare e assimilare i valori, le norme, gli insegnamenti come esigenze vitali di crescita personale. I figli vengono accompagnati a superare il narcisismo infantile, ad aprirsi agli altri, ad affrontare le sfide e le prove della vita, a sviluppare personalità equilibrate, solide e affidabili, costruttive e creative.

La famiglia, nella misura in cui è unita e aperta, alimenta in tutti i suoi membri e specialmente nei figli le cosiddette virtù sociali: il rispetto per la dignità di ogni persona, la fiducia in se stessi, negli altri e nelle istituzioni, la responsabilità per il bene proprio e degli altri, la sincerità, la fedeltà, il perdono, la condivisione, la laboriosità, la collaborazione, la progettualità, la sobrietà, la propensione al risparmio, la generosità verso i poveri, l’impegno fino al sacrificio e altre virtù preziose per la coesione e lo sviluppo della società.

Le virtù sociali incidono positivamente anche nell’economia. Oggi le imprese diventano sempre più immateriali e relazionali; più che il capitale fisico, richiedono le risorse umane: conoscenza, idee nuove, iniziativa, gusto del lavoro, capacità di progettare e lavorare insieme, impegno per il bene comune, affidabilità. Il mercato, istituzione dello scambio utilitario, ha bisogno di energie morali, di fiducia, gratuità e solidarietà, che vengono generate specialmente dalla famiglia istituzione del dono. E’ questo l’insegnamento di Benedetto XVI nell’ultima enciclica Caritas in Veritate: “Anche nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono possono e devono trovare posto dentro la normale attività economica” (Benedetto XVI, CV  36). L’ipertrofia dell’utilitarismo, che porta a cercare il massimo profitto ad ogni costo, finisce per danneggiare il bene comune della società e pregiudicare la stessa felicità individuale, che in realtà dipende più dalla qualità delle relazioni che dall’aumento del reddito.

 

5. Sostegno culturale e politico alla famiglia

Le famiglie fondate sul matrimonio offrono alla società beni essenziali attraverso la generazione dei nuovi cittadini e l’incremento delle virtù sociali. Perciò hanno diritto a un adeguato riconoscimento culturale, giuridico, economico. Trenta anni fa Giovanni Paolo II lanciava questo appello: “Le famiglie devono essere le prime a far sì che le leggi e le istituzioni dello Stato non solo non danneggino, ma sostengano e difendano positivamente i diritti e i doveri delle famiglie. In questo senso devono crescere nella consapevolezza di essere protagoniste della cosiddetta politica familiare e assumersi la responsabilità di trasformare la società; altrimenti le famiglie saranno le prime vittime di quei mali che si sono limitate ad osservare con indifferenza” (Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, 44).

Questo appello non è caduto nel vuoto; sta avendo una risposta sempre più vigorosa nell’attività delle associazioni familiari. Attività multiforme: animazione culturale nelle scuole, nelle parrocchie, nelle diocesi, nei media (stampa, radio, televisione, internet); organizzazione di eventi con risonanza nell’opinione pubblica; progetti ed esperienze pilota di città amica delle famiglie; pressione sui responsabili delle istituzioni comunali, regionali, nazionali, internazionali per una amministrazione e una politica favorevole alle famiglie; promozione di incontri di studio e di proposta; monitoraggio delle attività parlamentari; formazione di uomini politici e di operatori della cultura e della comunicazione sociale, motivati e competenti.

Da parte della Chiesa, è necessario che l’azione pastorale a diversi livelli (nazionale, diocesano, parrocchiale) motivi fortemente le famiglie ad aderire in massa alle associazioni familiari di impegno civile, coerenti con il Vangelo, perché abbiano peso nell’opinione pubblica e nella politica. La dottrina sociale cristiana approva gli autentici valori moderni, come la parità delle donne, la libertà di pensiero, di parola e di religione, la laicità intesa come rispetto del pluralismo religioso e culturale presente nella società civile. Non confonde però i desideri soggettivi con i diritti umani, che sono beni oggettivi, i diritti degli individui con quelli della famiglia, gli interessi privati con l’interesse pubblico: realtà diverse da trattare in modo diverso. I cristiani laici hanno comunque ampie possibilità di collaborazione con gli uomini di buona volontà per costruire una società a misura di famiglia.

Le associazioni familiari di ispirazione cristiana chiedono che non si guardi alla famiglia come a una somma di individui e di bisogni individuali, ma la si veda come una preziosa e necessaria risorsa per la società da sostenere e valorizzare; si adoperano perché siano rivalutate culturalmente la maternità e la paternità come ruoli importanti per la maturazione umana e la felicità delle donne e degli uomini e per il bene dei figli e della società; rivendicano provvedimenti per incentivare la stabilità delle coppie, la natalità, la responsabilità educativa. Le loro principali proposte si possono così riassumere: a) conciliazione di famiglia e lavoro, offrendo una varietà di opportunità professionali per ambedue i coniugi (ad es. flessibilità di orari, part-time, telelavoro, congedi e permessi), evitando sia la forzata omologazione dei ruoli sia il rigido dualismo; b) meccanismi di protezione per supportare il lavoro intermittente e offrire una ragionevole sicurezza economica; c) servizi di cura per i bambini e di assistenza per disabili e anziani; d) prelievo fiscale equo e commisurato non solo al reddito, ma anche al numero di persone a carico; ulteriori agevolazioni e sconti per le famiglie numerose; f) pensione anticipata per le donne lavoratrici che hanno avuto figli; g) prevenzione dell’aborto mediante provvedimenti di sostegno alla maternità, in modo da offrire alle donne una concreta alternativa; h) tutelare il diritto dei bambini ad avere il padre e la madre e a crescere con entrambi i genitori; i) diritto dei genitori a scegliere la scuola per i loro figli senza oneri economici penalizzanti; l) ricongiungimento delle famiglie dei migranti. Sono tutte proposte ragionevoli sulle quali i cristiani possono collaborare con tante persone di buona volontà.

 

6. La famiglia cristiana “piccola Chiesa missionaria”.

Secondo Giovanni Paolo II, la famiglia cristiana “piccola Chiesa” (o chiesa domestica) non è un modo di dire, una metafora, per suggerire una vaga somiglianza. Si tratta, invece di una attuazione della Chiesa, specifica e reale; di una comunità evangelizzata ed evangelizzante; di “una piccola chiesa missionaria” (Angelus 4 dicembre 1994). “(I coniugi) – egli spiega – non solo ricevono l’amore di Cristo, diventando comunità salvata, ma sono anche chiamati a trasmettere ai fratelli il medesimo amore di Cristo, diventando comunità salvante” (FC 49). Essi ricevono “la missione di custodire, rivelare e comunicare l’amore quale riflesso vivo e reale partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa” (FC 17). Perciò la famiglia cristiana partecipa alla sacramentalità della chiesa, è anch’essa sacramento della presenza di Cristo. Come la Chiesa, evangelizza innanzitutto con quello che è e poi con quello che fa e dice; prende parte alla missione evangelizzatrice impegnando “se stessa nel suo essere e agire, in quanto intima comunità di vita e di amore” (FC 50). Il suo essere in Cristo comunità di vita e di amore si ripercuote in tutto il suo agire: prestazione di aiuto reciproco, procreazione generosa e responsabile, educazione dei figli, contributo alla coesione e allo sviluppo della società, impegno civile, servizio caritativo, impegno di apostolato e partecipazione alle attività ecclesiali (cfr. FC 17).

La famiglia cristiana è stata da sempre la prima via di trasmissione della fede e anche oggi ha grandi possibilità di evangelizzazione. Può evangelizzare nella propria casa con l’amore reciproco, la preghiera, l’ascolto della Parola di Dio, la catechesi familiare, l’edificazione scambievole. Può evangelizzare nel suo ambiente mediante le relazioni con i vicini, i parenti, gli amici, i colleghi di lavoro, la scuola, i compagni di sport e divertimento. Può evangelizzare in parrocchia mediante la fedele partecipazione alla Messa domenicale, la collaborazione al cammino catechistico dei figli, la partecipazione a incontri di famiglie, movimenti e associazioni, la vicinanza alle famiglie in difficoltà, l’animazione di itinerari di preparazione al matrimonio e di preparazione dei genitori al battesimo dei figli (molti spazi pastorali si possono aprire alle coppie animatrici). Può evangelizzare nella società civile dandole nuovi cittadini, incrementando le virtù sociali, aiutando le persone bisognose, aderendo alle associazioni familiari per promuovere una cultura e una politica più favorevole alle famiglie e ai loro diritti (cfr. FC  44).

Per evangelizzare non basta essere battezzati; non basta neppure essere praticanti della domenica, se non si ha uno stile di vita coerente col Vangelo. Occorre una robusta spiritualità. “Le sfide e le speranze che sta vivendo la famiglia cristiana – dice Giovanni Paolo II – esigono che un numero sempre maggiore di famiglie scopra e metta in pratica una solida spiritualità familiare nella trama quotidiana della propria esistenza” (Discorso, 12.10.1988). La solida spiritualità, di cui parla il Papa, va intesa come rapporto vivo con Cristo vivo e presente, in virtù dello Spirito; rapporto coltivato con l’ascolto della Parola, la partecipazione all’Eucaristia, la frequenza al sacramento della penitenza; rapporto vissuto concretamente nelle relazioni e attività quotidiane, sia all’interno che all’esterno della famiglia, in atteggiamento permanente di conversione; rapporto da cui attingere un di più di amore e unità, generosità e coraggio, sacrificio e perdono, gioia e bellezza.

Merita una speciale sottolineatura la stretta relazione tra l’Eucaristia e il matrimonio cristiano. “L’eucaristia è la fonte stessa del matrimonio cristiano. Il sacrificio eucaristico, infatti, ripresenta l’alleanza di amore di Cristo con la Chiesa, in quanto sigillata con il sangue della sua croce. E’ in questo sacrificio della nuova ed eterna alleanza che i coniugi cristiani trovano la radice dalla quale scaturisce, è interiormente plasmata e continuamente vivificata la loro alleanza coniugale. In quanto ripresentazione del sacrificio d’amore di Cristo per la Chiesa, l’eucaristia è sorgente di carità. E nel dono eucaristico della carità la famiglia cristiana trova il fondamento e l’anima della sua comunione e della sua missione” (FC 57).

Una famiglia cristiana dovrebbe mettere la messa della domenica come impegno fisso nel suo progetto di vita. “Non è tempo perso; – ammonisce Benedetto XVI – è invece ciò che tiene la famiglia veramente unita, dandole il suo centro. La domenica diventa più bella, tutta la settimana diventa più bella” (Omelia 10 settembre 2006).

 

7. Pastorale per famiglie evangelizzate ed evangelizzanti

 

a) Educazione all’amore e preparazione al matrimonio

Per avere famiglie di “solida spiritualità”, evangelizzate ed evangelizzanti, occorre una seria preparazione al matrimonio, come cammino teorico e pratico di sequela del Signore Gesù e di conversione. “La preparazione al matrimonio – dice Giovanni Paolo II – va vista e attuata come un processo graduale e continuo. Essa, infatti, comporta tre principali momenti: una preparazione remota, una prossima e una immediata” (FC 66), rispettivamente destinate a bambini e adolescenti, ai fidanzati, ai prossimi sposi. Inoltre Giovanni Paolo II auspica che la preparazione prossima, quella dei fidanzati, tenda sempre più a diventare “un itinerario di fede” (FC 51) simile a “un cammino catecumenale” (FC 66). Questa indicazione merita di essere presa in seria considerazione, cercando di offrire almeno opportunità differenziate, corsi brevi o itinerari prolungati, secondo il bisogno e la disponibilità delle coppie. Si potranno così avere famiglie più stabili (la appropriata preparazione al matrimonio abbassa del 30% le probabilità di divorzio), famiglie capaci di testimoniare la fede, di svolgere servizi a favore di altre famiglie, di animare le attività catechistiche, caritative, culturali, sociali.

Benedetto XVI ha sviluppato le indicazioni del suo predecessore nel discorso rivolto all’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per la famiglia nello scorso febbraio, soffermandosi sulla triplice articolazione, “preparazione remota, prossima e immediata”.

“La preparazione remota – ha detto il Papa – riguarda i bambini, gli adolescenti e i giovani. Essa coinvolge la famiglia, la parrocchia e la scuola, luoghi nei quali si viene educati a comprendere la vita come vocazione all’amore, che si specifica, poi, nelle modalità del matrimonio e della verginità per il Regno dei Cieli, ma è sempre vocazione all'amore. In questa tappa, inoltre, dovrà progressivamente emergere il significato della sessualità come capacità di relazione e positiva energia da integrare nell’amore autentico”.

Ancor più diffusamente il Papa ha trattato la preparazione prossima, dicendo: “La preparazione prossima riguarda i fidanzati e dovrebbe configurarsi come un itinerario di fede e di vita cristiana, che conduca ad una conoscenza approfondita del mistero di Cristo e della Chiesa, dei significati di grazia e di responsabilità del matrimonio (cfr FC 66). La durata e le modalità di attuazione saranno necessariamente diverse secondo le situazioni, le possibilità e i bisogni. Ma è auspicabile che si offra un percorso di catechesi e di esperienze vissute nella comunità cristiana, che preveda gli interventi del sacerdote e di vari esperti, come pure la presenza di animatori, l’accompagnamento di qualche coppia esemplare di sposi cristiani, il dialogo di coppia e di gruppo e un clima di amicizia e di preghiera. Occorre, inoltre, porre particolare cura perché in tale occasione i fidanzati ravvivino il proprio rapporto personale con il Signore Gesù, specialmente ascoltando la Parola di Dio, accostandosi ai Sacramenti e soprattutto partecipando all’Eucaristia. Solo ponendo Cristo al centro dell’esistenza personale e di coppia è possibile vivere l’amore autentico e donarlo agli altri: “Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” ci ricorda Gesù (Gv 15,5)”.

Quanto alla preparazione immediata, il Papa ha detto: “La preparazione immediata ha luogo in prossimità del matrimonio. Oltre all’esame dei fidanzati, previsto dal Diritto Canonico, essa potrebbe comprendere una catechesi sul Rito del matrimonio e sul suo significato, il ritiro spirituale e la cura affinché la celebrazione del matrimonio sia percepita dai fedeli e particolarmente da quanti vi si preparano, come un dono per tutta la Chiesa, un dono che contribuisce alla sua crescita spirituale”.

Infine il papa ha rivolto un invito ai Vescovi: “E’ bene, inoltre, che i Vescovi promuovano lo scambio delle esperienze più significative, offrano stimoli per un serio impegno pastorale in questo importante settore e mostrino particolare attenzione perché la vocazione dei coniugi diventi una ricchezza per l’intera comunità cristiana e, specialmente nel contesto attuale, una testimonianza missionaria e profetica”.

 

b) Accompagnamento pastorale delle famiglie

Una seria preparazione al matrimonio è necessaria, ma non è sufficiente. Giovanni Paolo II raccomandava anche l’accompagnamento delle coppie dopo il matrimonio, “la cura pastorale della famiglia regolarmente costituita” (FC 69). Anche questa indicazione, peraltro confermata anche da Benedetto XVI (Discorso 8 luglio 2006), deve entrare sempre più nella pastorale ordinaria delle comunità ecclesiali mediante una varietà di iniziative: proposta della preghiera in famiglia con sussidi adatti per ascoltare insieme e vivere la Parola di Dio; incontri periodici tra famiglie per costruire una rete di amicizia e solidarietà, umanamente e spiritualmente significativa; piccole comunità familiari di evangelizzazione; coinvolgimento sistematico delle famiglie nel percorso di iniziazione cristiana dei figli dal battesimo, alla cresima, alla comunione eucaristica; promozione delle associazioni, dei movimenti e delle nuove comunità ecclesiali, realtà preziose per la formazione spirituale, l’apostolato e la stessa pastorale ordinaria; consultori familiari; sostegno alle associazioni familiari di impegno civile (cfr. FC 22).

 

c) Verità e misericordia per le convivenze irregolari

L’atteggiamento della Chiesa, scrive Giovanni paolo II in Reconciliatio et poenitentia, applica “la coesistenza e il mutuo influsso di due principi, egualmente importanti, in merito a questi casi. Il primo è il principio della compassione e della misericordia, secondo il quale la Chiesa, continuatrice nella storia della presenza e dell'opera di Cristo, non volendo la morte del peccatore ma che si converta e viva, attenta a non spezzare la canna incrinata e a non spegnere il lucignolo che fumiga ancora, cerca sempre di offrire, per quanto le è possibile, la via del ritorno a Dio e della riconciliazione con lui. L'altro è il principio della verità e della coerenza, per cui la Chiesa non accetta di chiamare bene il male e male il bene. Basandosi su questi due principi complementari, la Chiesa non può che invitare i suoi figli, i quali si trovano in quelle situazioni dolorose, ad avvicinarsi alla misericordia divina per altre vie, non però per quella dei sacramenti della penitenza e dell'eucaristia, finché non abbiano raggiunto le disposizioni richieste” (Reconc. et Poenitentia, 34).

Si attribuisce a Giovanni Paolo II questo detto: Non si deve abbassare la montagna; ma bisogna aiutare le persone a salirla, ognuna con il proprio passo. Ciò significa: no alla gradualità della legge morale; sì alla legge della gradualità, perché l’uomo “conosce, ama e compie il bene morale secondo tappe di crescita” (FC 34).

E’ compito della Chiesa additare la montagna in tutta la sua altezza, cioè insegnare integralmente (senza sconti) la verità oggettiva sul bene morale, sui valori e le norme che si manifestano nella divina rivelazione e nella natura spirituale, corporea e sociale dell’uomo. Nello stesso tempo è compito della Chiesa accompagnare maternamente nella salita i passi delle persone, cioè aiutarle a vivere la verità secondo la loro capacità di comprendere e mettere in pratica. Le norme morali sono uguali per tutti, ma la responsabilità davanti a Dio è propria di ciascuno.

Occorre non solo insegnare la verità, ma anche educare le coscienze. Sembra che si possano dare alcune indicazioni pedagogiche per esplicitare la legge della gradualità e indicare almeno i primi passi possibili a tutti:

a)     desiderio sincero della verità e del bene, perché la coscienza non può decidere che cosa è bene e che cosa è male, può solo riconoscerlo;

b)     preghiera perseverante per poter conoscere sempre meglio la volontà di Dio e ottenere la grazia e la forza di compierla;

c)     impegno da subito a compiere il bene che si è già capaci di fare, anche con sacrificio;

d)     ricerca umile, sincera e perseverante per capire il senso e il valore che hanno le norme morali in vista di una vita pienamente umana e felice nell’amore di Dio e degli altri;

e)     umile riconoscimento del proprio essere peccatore e fiducia incrollabile nella divina misericordia, che può condurre alla salvezza “per altre vie”, oltre “i sacramenti della penitenza e dell’Eucaristia” (Reconc. et Poenit., 34).

 

8. Conclusione

“Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt 18, 20). La promessa si compie nella misura in cui si vive la comunione ecclesiale, in ogni comunità, in ogni famiglia cristiana. Allora non ci sono solo il bene, l’amore, le virtù, i valori; c’è Gesù stesso in persona, il crocifisso risorto, l’unico Signore e Salvatore. Egli è presente per irradiare il suo Spirito, la sua potenza salvifica, per edificare la Chiesa e illuminare il mondo. Bastano poche persone unite nel suo nome, nella fede, nella speranza e nella carità reciproca, ed egli viene in mezzo a loro e opera attraverso di loro. Questo – esclamava Chiara Lubich – “ha suscitato dentro di me una passione immensa di costruirgli mille, mille, mille, mille, migliaia, migliaia, milioni di Chiese, non fatte di muratura, ma di due o tre uniti nel suo nome sparsi in tutto il mondo” (Conversazione a Loppiano 27 novembre 1975).

  

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