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ORDINAZIONE EPISCOPALE DI MONSIGNOR ANTONIO LUCIBELLO

OMELIA DEL CARDINALE ANGELO SODANO*

 Sabato, 4 novembre 1995

 

 

Venerati Confratelli nell'Episcopato e nel Presbiterato,
Fratelli e sorelle nel Signore;
Caro Don Antonio,

«Colui che vorrà diventare grande fra voi, si farà vostro servo... come il Figlio dell'uomo che non è venuto per essere servito, ma per servire e per dare la sua vita in riscatto di molti» (Mt 20, 26-28).

Sono queste le parole rivolte un giorno da Gesù ai suoi Apostoli, lungo il tragitto che li portava a Gerusalemme per la celebrazione della Pasqua. Sono queste le parole del Vangelo che è stato or ora proclamato, per sottolineare lo spirito che deve animare ogni Successore degli Apostoli, nello svolgimento del suo ministero.

È questo, del resto, il motto che il Vescovo eletto ha scelto come emblema della sua vita: «Servus et Apostolus».

In realtà, ogni sacerdote ed a maggior ragione ogni Vescovo è, in primo luogo, servo di Cristo. È a Lui che deve essere consacrata tutta l'esistenza di ogni suo ministro. È Cristo la ragione della sua vita; è Lui che riempie la sua giornata; è a Lui che è diretta la sua preghiera ed il suo lavoro.

Ma appunto perché servo di Cristo, ogni suo ministro è anche servo dei fratelli, nei quali vede risplendere il volto stesso di Gesù.

Con questo spirito il nuovo Vescovo intende svolgere il suo ministero ecclesiale, al quale il Signore lo ha chiamato, per mezzo della voce del Papa.

La natura del servizio che Cristo, Buon Pastore, affida agli Apostoli ed ai loro Successori ci è ben nota dalle parole della Sacra Scrittura, dalle testimonianze della Tradizione divino-apostolica, che ci sono poi attualizzate dal Magistero ecclesiastico.
E’ un servizio che ci porta ad aiutare gli uomini, a scoprire i misteri della Parola di Dio; è un servizio che ci porta a santificare gli uomini con i tesori della grazia divina, è un servizio che ci porta a guidare gli uomini sul cammino della salvezza.

«Insegnare, santificare e guidare» diventano così i tre aspetti del ministero apostolico, tanto più quando esso è svolto nel grado più alto dell'Ordine sacro, qual è il grado dell'episcopato.

«Magistero, ministero e governo», diventano così le tre facce di un'unica esigenza pastorale, tutta animata da quella carità, che, secondo l'Apostolo Paolo, è il fuoco interiore che anima ogni ministro di Dio nella sua sollecitudine pastorale.

«Caritas Christi urget nos», «L'amore di Cristo ci spinge», scriveva San Paolo ai Corinzi (2 Cor 5, 14). Ed è questa pure la molla segreta che muove il lavoro quotidiano di ogni Apostolo di Cristo: la carità della verità, con il suo magistero; la carità della grazia, con il suo ministero; la carità della guida, con il suo governo pastorale.

Come voi ben sapete, il Papa non ha affidato a Mons. Antonio l'ufficio di essere Vescovo di una diocesi particolare, ma gli ha chiesto di aiutarlo nel mantenere i contatti con i Vescovi e le autorità civili di quattro importanti Paesi dell'Africa.

Per ora, egli risiederà a Freetown, capitale di Sierra Leone e di lì seguirà la vita della Chiesa anche in Liberia, Guinea e Gambia.

Come Inviato del Papa, egli visiterà quelle comunità cristiane e porterà ai Pastori ed ai fedeli una testimonianza viva della sollecitudine del Sommo Pontefice verso quelle Chiese.

Alcune di esse già furono visitate personalmente dal Papa, nel febbraio del 1992, allorquando dopo la visita in Senegal, Egli si recò a Banjul, capitale de Gambia, e poi a Conakry, capitale delle Guinea.

Io stesso fui testimone dell'entusiasmo con il quale quelle popolazioni ricevettero il Papa. Ora con grande affetto esse riceveranno il suo Inviato e vedranno in lui un aiuto nel loro cammino ecclesiale.

Anche nelle vaste regioni africane, ove il nuovo Vescovo dovrà lavorare, la messe è molta e gli operai sono pochi.

È vero che, per ora, i cattolici costituiscono soltanto «un piccolo gregge»: nei quattro Paesi vi sono circa 14 milioni di abitanti e i cattolici non raggiungono il 3%, in mezzo a una popolazione a maggioranza mussulmana in Guinea ed animista negli altri tre Paesi.

L'opera di evangelizzazione è però recente, come del resto lo è stato nella maggior parte dell'Africa. È però consolante notare come, grazie all'opera eroica di tanti missionari e missionarie, il seme della Parola di Dio abbia già dato frutti abbondanti di bene. Ed è giusto qui ricordare in particolare l'opera della Società per le Missioni Africane, dei Padri Bianchi, dei Sacerdoti dello Spirito Santo e delle Suore di S. Giuseppe di Cluny. Il Signore saprà premiare generosamente, come Egli solo sa, tanti nascosti sacrifici, tanto sudore e tante lacrime!

Oggi vi sono nei quattro Paesi sopra citati dieci diocesi, guidate da Pastori zelanti. Ai primi missionari si sono aggiunti altri. È aumentata la presenza delle religiose. Ad inizio d'anno tutta la stampa ha parlato dello spirito di sacrificio delle Suore Saveriane di Parma, che furono rapite in Sierra Leone, nella diocesi di Makeni, e che poi furono liberate dopo tante peripezie.

Il doloroso episodio ha contribuito a farci conoscere il difficile campo di lavoro, in cui si trovano a lavorare tanti operai del Vangelo sparsi in quelle terre. Nelle tensioni dell'ora presente il Rappresentante del Papa è però chiamato a gettare dei ponti, per la riconciliazione degli animi e la pace sociale. Noi lo sosterremo con la nostra preghiera.

Nel suo difficile lavoro il nuovo vescovo potrà ispirarsi all'esempio di San Carlo, di cui oggi celebriamo la festa. Nominato Vescovo di Milano in tempi difficili sia per il momento sociale in cui fu chiamato ad operare, sia per la situazione interna della Chiesa; egli si consacrò totalmente alla sua missione, sì da diventare un modello di Vescovo non solo per l'Italia ma per la Chiesa intera.

Il 15 luglio 1584, ordinando Mons. Ottavio Pallavicini, Vescovo di Alessandria, egli gli ricordava quanto lui stesso viveva, e cioè che qualunque sia il fardello da portare e le difficoltà da superare, i Vescovi devono ricordare di essere servitori, perché come «episcopi» hanno ricevuto da Dio l'incarico di seguire, di osservare la vita della loro città. «Se lo svolgimento dei loro doveri è esigente, i Vescovi devono trovare nel loro cuore, insieme paterno e materno, le energie contenute nell'amore» (cf. André Deroo - Saint Charles Borromée, Cardinal Reformateur, Docteur de la Pastorale – Paris 1963, pag. 231).

Quattrocento anni ci separano dalla morte di San Carlo, però la sua figura gigantesca di Pastore continua a ricordarci come si ama e come si serve la Chiesa, come si amano e si servono i fratelli, anche nei momenti più tragici della vita.

Basti pensare alla sua opera di carità durante la famosa peste del 1576, che tante vittime fece fra la popolazione di Milano. Basti pensare a tante difficoltà trovate nel suo ministero, sulla via del rinnovamento ecclesiale tracciata dal Concilio di Trento. Eppure egli seppe calare quei principi indicati dal Concilio nella concretezza delle situazioni. Come scrisse di lui il Card. Seripando, egli era «huomo di frutto e non di fiore, di fatti e non di parole» (S. Carlo Borromeo in «Dizionario biografico degli italiani» 20, Roma 1977, pag. 235).

Questo è anche l'augurio che formuliamo al nuovo Vescovo.

Caro Don Antonio, presto tu partirai per la tua missione in terra africana. Noi ti accompagneremo con la nostra preghiera e con la nostra solidarietà. Ti sarà sempre vicino il Santo Padre Giovanni Paolo II che colà ti invia e che ora per mezzo mio ti benedice. Ti sarà vicina la Curia Romana qui rappresentata da tanti benemeriti Collaboratori. Ti accompagneranno sempre le preghiere dei tuoi familiari ed amici di Rossano, qui rappresentati dall'Arcivescovo Mons. Andrea Cassone.

Si, parti sereno nel nome del Signore! Sii sempre «servo ed apostolo». Amen!


*L'Osservatore Romano 6-7.11.1995 p.8.
 

 

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