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SINODO DEI VESCOVI

________________________________________________________

III ASSEMBLEA GENERALE STRAORDINARIA

LE SFIDE PASTORALI
SULLA FAMIGLIA
NEL CONTESTO
DELL’EVANGELIZZAZIONE

INSTRUMENTUM LABORIS

 

Città del Vaticano

2014

 

INDICE

Abbreviazioni
Presentazione
Premessa
 

I PARTE
COMUNICARE IL VANGELO DELLA FAMIGLIA OGGI

Capitolo I
Il disegno di Dio su matrimonio e famiglia

La famiglia alla luce del dato biblico (1-3)
La famiglia nei documenti della Chiesa
(4-7)

Capitolo II
Conoscenza e ricezione della Sacra Scrittura e dei documenti della Chiesa su matrimonio e famiglia
(8)

La conoscenza della Bibbia sulla famiglia (9-10)
Conoscenza dei documenti del magistero
 (11)
La necessità di sacerdoti e ministri preparati
(12)
Accoglienza diversificata dell’insegnamento della Chiesa
(13-14)
Alcuni motivi della difficoltà di ricezione
 (15-16)
Promuovere una migliore conoscenza del Magistero
(17-19)

Capitolo III
Vangelo della famiglia e legge naturale

Il nesso tra Vangelo della famiglia e legge naturale (20)
Problematicità della legge naturale oggi
 (21-26)
Contestazione pratica della legge naturale sull’unione tra uomo e donna
(27-29)
Auspicabile rinnovamento del linguaggio
 (30)

Capitolo IV
La famiglia e la vocazione della persona in Cristo

La famiglia, la persona e la società (31-34)
Ad immagine della vita trinitaria
 (35)
La Santa Famiglia di Nazareth e l’educazione all’amore
(36-38)
Differenza, reciprocità e stile di vita familiare
(39-42)
Famiglia e sviluppo integrale
 (43-44)
Accompagnare il nuovo desiderio di famiglia e le crisi (45-48)
Una costante formazione
(49)

II PARTE
LA PASTORALE DELLA FAMIGLIA DI FRONTE ALLE NUOVE SFIDE

Capitolo I
La pastorale della famiglia: le varie proposte in atto

Responsabilità dei Pastori e doni carismatici nella pastorale familiare (50)
La preparazione al matrimonio (51-56)
Pietà popolare e spiritualità familiare
 (57)
Il sostegno alla spiritualità familiare
 (58)
La testimonianza della bellezza della famiglia
 (59-60)

Capitolo II
Le sfide pastorali sulla famiglia
(61)

a) La crisi della fede e la vita familiare

L’azione pastorale nella crisi di fede (62-63)

b) Situazioni critiche interne alla famiglia

Difficoltà di relazione / comunicazione (64)
Frammentazione e disgregazione
(65)
Violenza e abuso
(66-67)
Dipendenze, media e social network
 (68-69)

c) Pressioni esterne alla famiglia

L’incidenza dell’attività lavorativa sulla famiglia (70-71)
Il fenomeno migratorio e la famiglia (72)
Povertà e lotta per la sussistenza
 (73)
Consumismo ed individualismo (74)
Contro-testimonianze nella Chiesa (75)

d) Alcune situazioni particolari

Il peso delle aspettative sociali sull’individuo (76)
L’impatto delle guerre
 (77)
Disparità di culto
 (78)
Altre situazioni critiche
 (79)

Capitolo III
Le situazioni pastorali difficili

A. Situazioni familiari (80)

Le convivenze (81-82)
Le unioni di fatto
 (83-85)
Separati, divorziati e divorziati risposati
 (86)
I figli e coloro che restano soli
(87)
Le ragazze madri
(88)
Situazioni di irregolarità canonica
 (89-92)
Circa l’accesso ai sacramenti
 (93-95)
Altre richieste
 (96)
Circa i separati e i divorziati
 (97)
Semplificazione delle cause matrimoniali
 (98-102)
La cura delle situazioni difficili
 (103-104)
Non praticanti e non credenti che chiedono il matrimonio
 (105-109)

B. Circa le unioni tra persone dello stesso sesso

Riconoscimento civile (110-112)
La valutazione delle Chiese particolari
(113-115)
Alcune indicazioni pastorali
 (116-119)
Trasmissione della fede ai bambini in unioni di persone dello stesso sesso
 (120)

III PARTE
L’APERTURA ALLA VITA E LA RESPONSABILITÀ EDUCATIVA

Capitolo I
Le sfide pastorali circa l’apertura alla vita
(121-122)

Conoscenza e ricezione del Magistero sull’apertura alla vita (123-125)
Alcune cause della difficile ricezione
 (126-127)
Suggerimenti pastorali
 (128)
Circa la prassi sacramentale
 (129)
Promuovere una mentalità aperta alla vita
 (130-131) 

Capitolo II
La Chiesa e la famiglia di fronte alla sfida educativa

a) La sfida educativa in genere

La sfida educativa e la famiglia oggi (132) 
Trasmissione della fede e iniziazione cristiana
(133-134)
Alcune difficoltà specifiche
 (135-137)

b) L’educazione cristiana in situazioni familiari difficili (138) 

Una visione generale della situazione (139-140) 
Le richieste rivolte alla Chiesa
 (141-145) 
Le risposte delle Chiese particolari
 (146-150) 
Tempi e modi dell’iniziazione cristiana dei bambini
 (151-152) 
Alcune difficoltà specifiche
 (153) 
Alcune indicazioni pastorali
(154-157) 

CONCLUSIONE (158-159)

   

Abbreviazioni

CCC Catechismo della Chiesa Cattolica

CDF Congregazione per la Dottrina della Fede

CTI Commissione Teologica internazionale

CV Caritas in VeritateLettera Enciclica di Benedetto XVI (29 giugno 2009)

DCE Deus Caritas Est, Lettera Enciclica di Benedetto XVI (25 dicembre 2005)

DV Dei Verbum, Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione, Concilio Ecumenico Vaticano II.

EG Evangelii Gaudium Esortazione Apostolica di Francesco (24 novembre 2013)

FC Familiaris Consortio Esortazione Apostolica di Giovanni Paolo II (22 novembre 1981)

GS Gaudium et Spes, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, Concilio Ecumenico Vaticano II

GE Gravissimum Educationis, Dichiarazione sull’educazione cristiana, Concilio Ecumenico Vaticano II

HV Humanae Vitae Lettera Enciclica di Paolo VI (25 luglio 1968)

LF Lumen Fidei Lettera Enciclica di Francesco (29 giugno 2013)

LG Lumen Gentium, Costituzione dogmatica sulla Chiesa, Concilio Ecumenico Vaticano II

SC Sacramentum Caritatis Esortazione Apostolica post-sinodale di Benedetto XVI (22 febbraio 2007) 


 

PRESENTAZIONE

L’8 ottobre 2013 Papa Francesco ha convocato la III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema: Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione. La Segreteria Generale del Sinodo ha iniziato la preparazione con il l’invio del Documento Preparatorio, che ha suscitato un ampio riscontro ecclesiale nel popolo di Dio, raccolto nel presente Instrumentum Laboris. Il Santo Padre, considerata l’ampiezza e la complessità del tema, ha stabilito un itinerario di lavoro in due tappe, che costituisce un’unità organica. Nell’Assemblea Generale Straordinaria del 2014, i Padri sinodali valuteranno e approfondiranno i dati, le testimonianze e i suggerimenti delle Chiese particolari, al fine di rispondere alle nuove sfide sulla famiglia. L’Assemblea Generale Ordinaria del 2015, maggiormente rappresentativa dell’episcopato, innestandosi sul precedente lavoro sinodale, rifletterà ulteriormente sulle tematiche affrontate per individuare adeguate linee operative pastorali.

L’Instrumentum Laboris nasce dalle risposte al questionario del Documento Preparatorio, reso pubblico nel mese di novembre 2013, strutturato in otto gruppi di domande riguardanti il matrimonio e la famiglia, cui è stata data ampia diffusione. Le risposte, numerose e dettagliate, sono pervenute dai Sinodi delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, dalle Conferenze Episcopali, dai Dicasteri della Curia Romana e dall’Unione dei Superiori Generali. Sono pure giunte direttamente alla Segreteria Generale risposte – dette osservazioni – da un numero significativo di diocesi, parrocchie, movimenti, gruppi, associazioni ecclesiali e realtà familiari, nonché quelle di istituzioni accademiche, specialisti, fedeli ed altri, interessati a far conoscere la propria riflessione.

Il testo è strutturato in tre parti e riprende, secondo un ordine funzionale all’Assemblea sinodale, le otto tematiche proposte nel questionario. La prima parte è dedicata al Vangelo della famiglia, tra disegno di Dio e vocazione della persona in Cristo, orizzonte entro il quale si rileva la conoscenza e la ricezione del dato biblico e dei documenti del Magistero della Chiesa, incluse le difficoltà, tra le quali la comprensione della legge naturale. La seconda parte tratta le varie proposte di pastorale familiare, le relative sfide e le situazioni difficili. La terza parte è dedicata all’apertura alla vita e alla responsabilità educativa dei genitori, che caratterizza il matrimonio tra l’uomo e la donna, con particolare riferimento alle situazioni pastorali attuali.

Il presente documento, frutto del lavoro collegiale proveniente dalla consultazione delle Chiese particolari, che la Segreteria Generale del Sinodo, insieme al Consiglio di Segreteria, ha raccolto ed elaborato, è messo nelle mani dei Membri dell’Assemblea sinodale come Instrumentum Laboris. Esso offre un ampio quadro, sia pur non esaustivo, della situazione familiare odierna, delle sue sfide e delle riflessioni che suscita.

I temi che non sono compresi nel documento, alcuni dei quali sono stati segnalati dalle risposte al n. 9 (varia) del questionario, saranno trattati nell’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo del 2015.

Lorenzo Card. Baldisseri
Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi

 

Vaticano, 24 giugno 2014
Solennità della Natività di San Giovanni Battista
 



PREMESSA

L’annuncio del Vangelo della famiglia è parte integrante della missione della Chiesa, poiché la rivelazione di Dio illumina la realtà del rapporto tra l’uomo e la donna, del loro amore e della fecondità della loro relazione. Nel tempo odierno, la diffusa crisi culturale, sociale e spirituale costituisce una sfida per l’evangelizzazione della famiglia, nucleo vitale della società e della comunità ecclesiale. Tale annuncio si pone in continuità con l’Assemblea sinodale su La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana e l’Anno della fede, indetto da Benedetto XVI.

L’Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo sul tema: Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione, tenendo conto che «la Tradizione di origine apostolica progredisce nella Chiesa con l’assistenza dello Spirito Santo» (DV 8), è chiamata a riflettere sul cammino da seguire, per comunicare a tutti gli uomini la verità dell’amore coniugale e della famiglia, rispondendo alle sue molteplici sfide (cf. EG 66). La famiglia è una risorsa inesauribile e una fonte di vita per la pastorale della Chiesa; pertanto, suo compito primario è l’annuncio della bellezza della vocazione all’amore, grande potenziale anche per la società. Dinanzi a questa urgenza, l’episcopato, cum et sub Petro, si pone in docile ascolto dello Spirito Santo, riflettendo sulle sfide pastorali odierne.

La Chiesa, cosciente che le difficoltà non determinano l’orizzonte ultimo della vita familiare e che le persone non si trovano solo di fronte a problematiche inedite, constata volentieri gli slanci, soprattutto tra i giovani, che fanno intravedere una nuova primavera per la famiglia. Testimonianze significative a questo proposito sono riscontrabili nei numerosi incontri ecclesiali dove si manifesta chiaramente, soprattutto nelle nuove generazioni, un rinnovato desiderio di famiglia. Di fronte a tale aspirazione, la Chiesa è sollecitata ad offrire sostegno e accompagnamento, a tutti i suoi livelli, con fedeltà al mandato del Signore di annunciare la bellezza dell’amore familiare. Il Sommo Pontefice, nei suoi incontri con le famiglie, incoraggia sempre a guardare con speranza al proprio futuro, raccomandando quegli stili di vita attraverso i quali si custodisce e si fa crescere l’amore in famiglia: chiedere permesso, ringraziare e chiedere perdono, non lasciando mai tramontare il sole sopra un litigio o un’incomprensione, senza avere l’umiltà di chiedersi scusa.

Sin dall’inizio del Suo pontificato, Papa Francesco ha ribadito: «Dio mai si stanca di perdonarci, mai! [...] noi, a volte, ci stanchiamo di chiedere perdono» (Angelus del 17 marzo 2013). Tale accento sulla misericordia ha suscitato un rilevante impatto anche sulle questioni riguardanti il matrimonio e la famiglia, in quanto, lungi da ogni moralismo, conferma e dischiude orizzonti nella vita cristiana, qualsiasi limite si sia sperimentato e qualsiasi peccato si sia commesso. La misericordia di Dio apre alla continua conversione e alla continua rinascita.

    

I PARTE 
COMUNICARE IL VANGELO DELLA FAMIGLIA OGGI

Capitolo I
Il disegno di Dio su matrimonio e famiglia

La famiglia alla luce del dato biblico

1. Il libro della Genesi presenta l’uomo e la donna creati ad immagine e somiglianza di Dio; nell’accoglienza reciproca, essi si riconoscono fatti l’uno per l’altro (cf. Gen 1,24-31; 2,4b-25). Attraverso la procreazione, l’uomo e la donna sono resi collaboratori di Dio nell’accogliere e trasmettere la vita: «Trasmettendo ai loro figli la vita umana, l’uomo e la donna, come sposi e genitori, cooperano in modo unico all’opera del Creatore» (CCC 372). La loro responsabilità, inoltre, si estende alla custodia del creato e alla crescita della famiglia umana. Nella tradizione biblica, la prospettiva della bellezza dell’amore umano, specchio di quello divino, si sviluppa soprattutto nel Cantico dei Cantici e nei profeti.

2. L’annuncio della Chiesa sulla famiglia trova il suo fondamento nella predicazione e nella vita di Gesù, il quale è vissuto e cresciuto nella famiglia di Nazareth, ha partecipato alle nozze di Cana, di cui ha arricchito la festa con il primo dei suoi “segni” (cf. Gv 2,1-11), presentandosi come lo Sposo che unisce a sé la Sposa (cf. Gv 3,29). Sulla croce, si è consegnato con amore fino alla fine, e nel suo corpo risorto ha stabilito nuovi rapporti tra gli uomini. Svelando pienamente la divina misericordia, Gesù concede all’uomo e alla donna di ricuperare quel “principio” secondo cui Dio li ha uniti in una sola carne (cf. Mt 19,4-6), per il quale – con la grazia di Cristo – essi sono resi capaci di amarsi per sempre e con fedeltà. Pertanto, la misura divina dell’amore coniugale, cui i coniugi sono chiamati per grazia, ha la sua sorgente nella «bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto» (EG 36), cuore stesso del Vangelo.

3. Gesù, nell’assumere l’amore umano, lo ha anche perfezionato (cf. GS 49), consegnando all’uomo e alla donna un nuovo modo di amarsi, che ha il suo fondamento nella irrevocabile fedeltà di Dio. In questa luce, la Lettera agli Efesini ha individuato nell’amore nuziale tra l’uomo e la donna “il grande mistero” che rende presente nel mondo l’amore tra Cristo e la Chiesa (cf. Ef 5,31-32). Essi possiedono il carisma (cf. 1Cor 7,7) di edificare la Chiesa con il loro amore sponsale e con il compito della procreazione ed educazione dei figli. Legati da un vincolo sacramentale indissolubile, gli sposi vivono la bellezza dell’amore, della paternità, della maternità e della dignità di partecipare così all’opera creatrice di Dio.

La famiglia nei documenti della Chiesa

4. Nel corso dei secoli, la Chiesa non ha fatto mancare il suo costante insegnamento sul matrimonio e la famiglia. Una delle espressioni più alte di questo Magistero è stata proposta dal Concilio Ecumenico Vaticano II, nella Costituzione pastorale Gaudium et Spes, che dedica un intero capitolo alla promozione della dignità del matrimonio e della famiglia (cf. GS 47-52). Esso ha definito il matrimonio come comunità di vita e di amore (cf. GS 48), mettendo l’amore al centro della famiglia, mostrando, allo stesso tempo, la verità di questo amore davanti alle diverse forme di riduzionismo presenti nella cultura contemporanea. Il «vero amore tra marito e moglie» (GS 49) implica la mutua donazione di sé, include e integra la dimensione sessuale e l’affettività, corrispondendo al disegno divino (cf. GS 48-49). Inoltre, Gaudium et Spes 48 sottolinea il radicamento in Cristo degli sposi: Cristo Signore «viene incontro ai coniugi cristiani nel sacramento del matrimonio», e con loro rimane. Nell’incarnazione, Egli assume l’amore umano, lo purifica, lo porta a pienezza, e dona agli sposi, con il suo Spirito, la capacità di viverlo, pervadendo tutta la loro vita di fede, speranza e carità. In questo modo gli sposi sono come consacrati e, mediante una grazia propria, edificano il Corpo di Cristo e costituiscono una Chiesa domestica (cf. LG 11), così che la Chiesa, per comprendere pienamente il suo mistero, guarda alla famiglia cristiana, che lo manifesta in modo genuino.

5. Sulla scia del Concilio Vaticano II, il Magistero pontificio ha approfondito la dottrina sul matrimonio e sulla famiglia. In particolare, Paolo VI, con la Enciclica Humanae Vitae, ha messo in luce l’intimo legame tra amore coniugale e generazione della vita. San Giovanni Paolo II ha dedicato alla famiglia una particolare attenzione attraverso le sue catechesi sull’amore umano, la Lettera alle famiglie (Gratissimam Sane) e soprattutto con l’Esortazione Apostolica Familiaris Consortio. In tali documenti, il Pontefice ha definito la famiglia “via della Chiesa”; ha offerto una visione d’insieme sulla vocazione all’amore dell’uomo e della donna; ha proposto le linee fondamentali per la pastorale della famiglia e per la presenza della famiglia nella società. In particolare, trattando della carità coniugale (cf. FC 13), ha descritto il modo in cui i coniugi, nel loro mutuo amore, ricevono il dono dello Spirito di Cristo e vivono la loro chiamata alla santità.

6. Benedetto XVI, nell’Enciclica Deus Caritas Est, ha ripreso il tema della verità dell’amore tra uomo e donna, che s’illumina pienamente solo alla luce dell’amore di Cristo crocifisso (cf. DCE 2). Egli ribadisce come: «Il matrimonio basato su un amore esclusivo e definitivo diventa l’icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa: il modo di amare di Dio diventa la misura dell’amore umano» (DCE 11). Inoltre, nella Enciclica Caritas in Veritate, evidenzia l’importanza dell’amore come principio di vita nella società (cf. CV 44), luogo in cui s’impara l’esperienza del bene comune.

7. Papa Francesco, nell’Enciclica Lumen Fidei affrontando il legame tra la famiglia e la fede, scrive: «L’incontro con Cristo, il lasciarsi afferrare e guidare dal suo amore allarga l’orizzonte dell’esistenza, le dona una speranza solida che non delude. La fede non è un rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita. Essa fa scoprire una grande chiamata, la vocazione all’amore, e assicura che quest’amore è affidabile, che vale la pena di consegnarsi ad esso, perché il suo fondamento si trova nella fedeltà di Dio, più forte di ogni nostra fragilità» (LF 53).

 

Capitolo II
Conoscenza e ricezione della Sacra Scrittura
e dei documenti della Chiesa
 su matrimonio e famiglia

8. La nostra stagione ecclesiale è caratterizzata da un’ampia riscoperta della Parola di Dio nella vita della Chiesa. La ripresa della Sacra Scrittura, in ambito ecclesiale, ha segnato, in modo differenziato, la vita delle diocesi, delle parrocchie e delle comunità ecclesiali. Dalle numerose risposte e osservazioni pervenute, risulta però che la conoscenza, la comunicazione e la ricezione degli insegnamenti della Chiesa riguardanti la famiglia avvengono in modalità assai diversificate, secondo il vissuto familiare, il tessuto ecclesiale e il contesto socio-culturale. Nelle zone in cui è viva una tradizione cristiana ed una pastorale ben organizzata, si trovano persone sensibili alla dottrina cristiana sul matrimonio e la famiglia. Altrove, per motivi diversi, si trovano molti cristiani che ignorano la stessa esistenza di questi insegnamenti.

La conoscenza della Bibbia sulla famiglia

9. In via generale, si può dire che l’insegnamento della Bibbia, soprattutto dei Vangeli e delle Lettere paoline, è oggi più conosciuto. Tuttavia, da parte di tutte le Conferenze Episcopali si afferma che resta ancora molto da fare, perché esso diventi il fondamento della spiritualità e della vita dei cristiani anche in riferimento alla famiglia. Da non poche risposte, si nota anche un grande desiderio tra i fedeli di conoscere meglio la Sacra Scrittura.

10. In questa prospettiva, risalta quanto sia decisiva la formazione del clero ed in particolare la qualità delle omelie, sulla quale il Santo Padre Francesco ha recentemente insistito (cf. EG 135-144). Infatti, l’omelia è uno strumento privilegiato per presentare ai fedeli la Sacra Scrittura nella sua valenza ecclesiale ed esistenziale. Grazie ad una adeguata predicazione, il popolo di Dio è messo in condizione di apprezzare la bellezza della Parola che attrae e conforta la famiglia. Insieme all’omelia, si riconosce come strumento importante la promozione, all’interno delle diocesi e delle parrocchie, di corsi che aiutino i fedeli ad accostarsi alle Scritture in modo adeguato. Si suggerisce non tanto di moltiplicare iniziative pastorali, ma di animare biblicamente tutta la pastorale familiare. Ogni circostanza in cui la Chiesa è chiamata a prendersi cura dei fedeli, nell’ambito della famiglia, è un’occasione perché il Vangelo della famiglia venga annunciato, sperimentato ed apprezzato.

Conoscenza dei documenti del Magistero

11. La conoscenza dei documenti conciliari e post-conciliari del Magistero sulla famiglia da parte del popolo di Dio, sembra essere generalmente scarsa. Certamente, vi è una certa conoscenza di essi da parte degli addetti ai lavori in ambito teologico. Tuttavia, questi testi non sembrano permeare nel profondo la mentalità dei fedeli. Vi sono anche risposte che schiettamente riconoscono il fatto che tali documenti, tra i fedeli, non sono affatto conosciuti. In qualche risposta, si fa notare che a volte i documenti vengono percepiti, soprattutto dai laici, che non hanno preparazione previa, come realtà un po’ “esclusive”. Si avverte una certa fatica nel prendere in mano e studiare questi testi. Spesso, se non c’è qualcuno preparato, in grado d’introdurre alla loro lettura, questi documenti appaiono di difficile accostamento. Soprattutto, si sente il bisogno di mostrare il carattere esistenziale delle verità affermate nei documenti.

La necessità di sacerdoti e di ministri preparati

12. Qualche osservazione pervenuta ha imputato la responsabilità della scarsa diffusione di questa conoscenza agli stessi pastori, che, secondo il giudizio di alcuni fedeli, non conoscono loro stessi in profondità l’argomento matrimonio-famiglia dei documenti, né sembrano avere gli strumenti per sviluppare questa tematica. Da alcune osservazioni pervenute, si può evincere come i pastori, talvolta, si sentano inadeguati ed impreparati a trattare problematiche che riguardano la sessualità, la fecondità e la procreazione, cosicché spesso si preferisce non affrontare questi temi. In alcune risposte, si trova anche una certa insoddisfazione nei confronti di alcuni sacerdoti che appaiono indifferenti rispetto ad alcuni insegnamenti morali. Il loro disaccordo con la dottrina della Chiesa ingenera confusione tra il popolo di Dio. Si chiede, per questo, che gli stessi sacerdoti siano più preparati e responsabili nello spiegare la Parola di Dio e nel presentare i documenti della Chiesa riguardo al matrimonio e alla famiglia.

Accoglienza diversificata dell’insegnamento della Chiesa

13. Un buon numero di Conferenze Episcopali nota che, là dove si trasmette in profondità, l’insegnamento della Chiesa con la sua genuina bellezza, umana e cristiana è accettato con entusiasmo da larga parte dei fedeli. Quando si riesce a mostrare una visione globale del matrimonio e della famiglia secondo la fede cristiana, allora ci si accorge della loro verità, bontà e bellezza. L’insegnamento è maggiormente accettato dove c’è un reale cammino di fede da parte dei fedeli, e non solo una curiosità estemporanea intorno a cosa pensi la Chiesa sulla morale sessuale. D’altra parte, molte risposte confermano che, anche quando l’insegnamento della Chiesa intorno a matrimonio e famiglia è conosciuto, tanti cristiani manifestano difficoltà ad accettarlo integralmente. In genere, si fa menzione di elementi parziali della dottrina cristiana, sebbene rilevanti, ove si nota una resistenza, in gradi diversi, come ad esempio riguardo a controllo delle nascite, divorzio e nuove nozze, omosessualità, convivenza, fedeltà, relazioni prematrimoniali, fecondazione in vitro, ecc. Molte risposte attestano come, invece, l’insegnamento della Chiesa sulla dignità e il rispetto per la vita umana sia più largamente e facilmente accettato, almeno in via di principio.

14. A ragione, viene fatto osservare che sarebbe necessaria una maggiore integrazione tra spiritualità familiare e morale, che permetterebbe di comprendere meglio anche il Magistero della Chiesa in ambito di morale familiare. Qualche intervento constata l’importanza di valorizzare elementi delle culture locali, che possono aiutare a comprendere il valore del Vangelo; è il caso di molta cultura asiatica, centrata frequentemente sulla famiglia. In questi contesti, alcune Conferenze Episcopali affermano che non è difficile integrare gli insegnamenti della Chiesa sulla famiglia con i valori sociali e morali del popolo, presenti in queste culture. Con ciò si vuole anche richiamare l’attenzione sull’importanza della interculturalità nell’annuncio del Vangelo della famiglia. In definitiva, dalle risposte e osservazioni pervenute, emerge la necessità di attivare percorsi formativi concreti e possibili, mediante i quali introdurre alle verità della fede che riguardano la famiglia, soprattutto per poterne apprezzare il profondo valore umano ed esistenziale.

Alcuni motivi della difficoltà di ricezione

15. Alcune Conferenze Episcopali rilevano che il motivo di molta resistenza agli insegnamenti della Chiesa circa la morale familiare è la mancanza di un’autentica esperienza cristiana, di un incontro personale e comunitario con Cristo, che non può essere sostituito da alcuna presentazione, sia pur corretta, di una dottrina. In questo contesto, si lamenta l’insufficienza di una pastorale preoccupata solo di amministrare i sacramenti, senza che a ciò corrisponda una vera esperienza cristiana coinvolgente. Inoltre, la stragrande maggioranza delle risposte mette in risalto il crescente contrasto tra i valori proposti dalla Chiesa su matrimonio e famiglia e la situazione sociale e culturale diversificata in tutto il pianeta. Si riscontra unanimità nelle risposte anche in relazione ai motivi di fondo delle difficoltà nell’accoglienza dell’insegnamento della Chiesa: le nuove tecnologie diffusive ed invasive; l’influenza dei mass media; la cultura edonista; il relativismo; il materialismo; l’individualismo; il crescente secolarismo; il prevalere di concezioni che hanno portato ad una eccessiva liberalizzazione dei costumi in senso egoistico; la fragilità dei rapporti interpersonali; una cultura che rifiuta scelte definitive, condizionata dalla precarietà, dalla provvisorietà, propria di una “società liquida”, dell’“usa e getta”, del “tutto e subito”; valori sostenuti dalla cosiddetta “cultura dello scarto” e del “provvisorio”, come ricorda frequentemente Papa Francesco.

16. Qualcuno ricorda gli ostacoli dovuti al lungo dominio di ideologie atee in tanti Paesi, che hanno creato un atteggiamento di diffidenza nei confronti dell’insegnamento religioso in genere. Altre risposte, poi, riferiscono delle difficoltà che la Chiesa incontra nel confronto con le culture tribali e le tradizioni ancestrali, in cui il matrimonio ha caratteristiche assai diverse rispetto alla visione cristiana, come ad esempio nel sostenere la poligamia o altre visioni che contrastano con l’idea di matrimonio indissolubile e monogamico. I cristiani che vivono in questi contesti certamente hanno bisogno di essere fortemente sostenuti dalla Chiesa e dalle comunità cristiane.

Promuovere una migliore conoscenza del Magistero

17. Molte risposte hanno messo a tema la necessità di trovare nuovi modi per trasmettere gli insegnamenti della Chiesa su matrimonio e famiglia. Molto dipende dalla maturità della Chiesa particolare, dalla sua tradizione in merito e dalle effettive risorse disponibili sul territorio. Soprattutto, si riconosce la necessità di formare operatori pastorali in grado di mediare il messaggio cristiano in modo culturalmente adeguato. Ad ogni modo, quasi la totalità delle risposte afferma che, a livello nazionale, esiste una Commissione per la Pastorale della Famiglia e il Direttorio della Pastorale Familiare. Generalmente, le Conferenze Episcopali propongono l’insegnamento della Chiesa attraverso documenti, simposi ed un’animazione capillare; come pure, a livello diocesano, si opera mediante vari organismi e commissioni. Certamente non mancano anche risposte che rivelano una situazione pesante per l’organizzazione ecclesiale, in cui mancano risorse economiche ed umane, per poter organizzare in modo continuativo una catechesi sulla famiglia.

18. Molti ricordano come sia decisivo stabilire rapporti con centri accademici adeguati e preparati su tematiche familiari, a livello dottrinale, spirituale e pastorale. In alcune risposte, si raccontano proficui collegamenti a livello internazionale tra centri universitari e diocesi, anche in zone periferiche della Chiesa, per promuovere momenti formativi qualificati su matrimonio e famiglia. Un esempio, più volte citato dalle risposte, è la collaborazione con il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli studi su matrimonio e famiglia di Roma, con diverse sedi in tutto il mondo. Al riguardo, diverse Conferenze Episcopali richiamano l’importanza di sviluppare le intuizioni di San Giovanni Paolo II sulla teologia del corpo, nelle quali si propone un accostamento fecondo alle tematiche della famiglia, con sensibilità esistenziale e antropologica, aperto alle nuove istanze emergenti nel nostro tempo.

19. Infine, è rilievo comune che la catechesi su matrimonio e famiglia non possa essere oggi solo limitata alla preparazione della coppia al matrimonio; occorre una dinamica di accompagnamento di carattere esperienziale che, attraverso testimoni, mostri la bellezza di quanto il Vangelo e i documenti del Magistero della Chiesa sulla famiglia ci trasmettono. Molto prima che si presentino per il matrimonio, i giovani hanno bisogno di essere aiutati a conoscere ciò che la Chiesa insegna e perché lo insegna. Molte risposte mettono in rilievo il ruolo dei genitori nella catechesi specifica sulla famiglia. Essi hanno un ruolo insostituibile da svolgere nella formazione cristiana dei figli in relazione al Vangelo della famiglia. Questo compito chiede una profonda comprensione della loro vocazione alla luce della dottrina della Chiesa. La loro testimonianza è già una catechesi vivente, non solo nella Chiesa, ma anche nella società.

  

Capitolo III
Vangelo della famiglia e legge naturale

Il nesso tra Vangelo della famiglia e legge naturale

20. Nel contesto dell’accoglienza dell’insegnamento della Chiesa su matrimonio e famiglia è necessario tenere presente il tema della legge naturale. Qui si considera il fatto che i documenti magisteriali fanno spesso riferimento a questo vocabolario, che oggi presenta delle difficoltà. La perplessità, oggi in atto su vasta scala intorno al concetto di legge naturale, tende a coinvolgere in modo problematico alcuni elementi della dottrina cristiana sul tema. In realtà, ciò che soggiace alla relazione tra Vangelo della famiglia e legge naturale non è tanto la difesa di un concetto filosofico astratto, quanto il necessario rapporto che il Vangelo stabilisce con l’umano in tutte le sue declinazioni storiche e culturali. «La legge naturale risponde così all’esigenza di fondare sulla ragione i diritti dell’uomo e rende possibile un dialogo interculturale e interreligioso» (CTI, Alla ricerca di un’etica universale: nuovo sguardo sulla legge naturale, 35).

Problematicità della legge naturale oggi

21. Alla luce di quanto la Chiesa ha sostenuto lungo i secoli, esaminando la relazione tra Vangelo della famiglia e l’esperienza comune ad ogni persona, è possibile considerare le numerose problematicità evidenziate nelle risposte al questionario rispetto al tema della legge naturale. Per la stragrande maggioranza delle risposte e delle osservazioni, il concetto di “legge naturale” risulta essere come tale, oggi nei diversi contesti culturali, assai problematico, se non addirittura incomprensibile. Si tratta di una espressione che viene intesa in modo differenziato o semplicemente non capita. Numerose Conferenze Episcopali, in contesti estremamente diversi, affermano che, sebbene la dimensione sponsale della relazione tra uomo e donna sia generalmente accettata come realtà vissuta, ciò non viene interpretato conformemente ad una legge universalmente data. Solo un numero molto ristretto di risposte e di osservazioni ha evidenziato una adeguata comprensione di tale legge a livello popolare.

22. Risulta pure dalle risposte ed osservazioni che l’aggettivo “naturale” tende ad essere talvolta recepito secondo la sfumatura soggettiva di “spontaneo”. Le persone sono orientate a valorizzare il sentimento e l’emotività; dimensioni che appaiono come “autentiche” e “originali” e, dunque, “naturalmente” da seguire. Le visioni antropologiche soggiacenti richiamano, da una parte, l’autonomia della libertà umana, non necessariamente vincolata ad un ordine oggettivo naturale, e, dall’altra, l’aspirazione alla felicità dell’essere umano, intesa come realizzazione dei propri desideri. Di conseguenza, la legge naturale viene percepita come retaggio sorpassato. Oggi, non solo in Occidente, ma progressivamente in ogni parte della terra, la ricerca scientifica rappresenta una seria sfida al concetto di natura. L’evoluzione, la biologia e le neuroscienze, confrontandosi con l’idea tradizionale di legge naturale, giungono a concludere che essa non è da considerarsi “scientifica”.

23. Anche la nozione di “diritti umani” viene generalmente vista come un richiamo all’autodeterminazione del soggetto, non più ancorata all’idea di legge naturale. Al riguardo, molti notano che i sistemi legislativi di numerosi Paesi si trovano a dover regolamentare situazioni contrarie al dettato tradizionale della legge naturale (per esempio, la fecondazione in vitro, le unioni omosessuali, la manipolazione di embrioni umani, l’aborto, ecc.). In questo contesto, si trova la crescente diffusione della ideologia chiamata gender theory, secondo la quale il gender di ciascun individuo risulta essere solo il prodotto di condizionamenti e di bisogni sociali, cessando, così, di avere piena corrispondenza con la sessualità biologica.

24. Inoltre, si fa ampiamente notare come ciò che viene stabilito dalla legge civile – basato sul positivismo giuridico, sempre più dominante – divenga, nella mentalità comune, anche moralmente accettabile. Ciò che è “naturale” tende ad essere definito tale soltanto dall’individuo e dalla società, divenuti gli unici giudici per le scelte etiche. La relativizzazione del concetto di “natura” si riflette anche sul concetto di “durata” stabile in rapporto all’unione sponsale. Oggi, un amore è considerato “per sempre” solo in relazione a quanto possa effettivamente durare.

25. Se, da una parte, si assiste ad una perdita di significato della “legge naturale”, dall’altra, come affermato da varie Conferenze Episcopali dell’Africa, dell’Oceania e dell’Asia orientale, in alcuni regioni è la poligamia ad essere considerata “naturale”, così come “naturale” è considerato il ripudiare una moglie che non sia in grado di dare figli – e, tra questi, figli maschi – al marito. Emerge, in altri termini, che dal punto di vista della cultura diffusa la legge naturale non sia più da considerarsi universale, dal momento che non esiste più un sistema di riferimento comune.

26. Dalle risposte emerge la convinzione generalizzata del fatto che la distinzione dei sessi possieda un fondamento naturale all’interno dell’umana esistenza. Esiste, dunque, per forza della tradizione, della cultura e dell’intuizione, il desiderio di mantenere l’unione tra l’uomo e la donna. La legge naturale è dunque universalmente accettata “di fatto” dai fedeli, pur senza la necessità di essere teoricamente giustificata. Poiché il venir meno del concetto di legge naturale tende a dissolvere il legame tra amore, sessualità e fertilità, intesi come essenza del matrimonio, molti aspetti della morale sessuale della Chiesa non vengono oggi capiti. Su questo si radica una certa critica alla legge naturale anche da parte di alcuni teologi.

Contestazione pratica della legge naturale sull’unione tra uomo e donna

27. Considerato lo scarso utilizzo odierno del riferimento alla legge naturale da parte di molte realtà accademiche, le contestazioni maggiori provengono dalla pratica massiccia del divorzio, della convivenza, della contraccezione, dalle procedure artificiali di procreazione, dalle unioni omosessuali. Tra le popolazioni più povere e meno influenzate dal pensiero dell’Occidente – in particolar modo si fa qui riferimento ad alcuni Stati africani –, si sono evidenziati altri tipi di contestazione di questa legge, come il fenomeno del machismo, della poligamia, dei matrimoni tra adolescenti e preadolescenti, del divorzio in caso di sterilità o, comunque, di mancanza di discendenza maschile, ma anche dell’incesto ed altre pratiche aberranti.

28. In quasi tutte le risposte, incluse le osservazioni, si registra il numero crescente di casi di famiglie “allargate”, soprattutto per la presenza di figli avuti da diversi partners. Nella società occidentale, sono ormai numerosi anche i casi in cui i figli, oltre che con genitori separati o divorziati, risposati o meno, si trovano pure con nonni nella medesima situazione. Inoltre, specialmente in Europa e in America del Nord (ma anche tra gli Stati dell’Asia orientale), sono riscontrati casi in netta crescita di unioni matrimoniali non aperte alla vita, così come di individui che impostano la loro vita come singles. Anche le famiglie monoparentali sono in netta crescita. In quegli stessi Continenti si assiste parimenti a un vertiginoso innalzamento dell’età matrimoniale. Molte volte, in special modo negli stati dell’Europa del Nord e dell’America settentrionale, i figli sono avvertiti come un ostacolo al benessere della persona e della coppia.

29. Degna di menzione è la volontà di riconoscere a livello civile, in particolare in alcune zone dell’Asia, unioni cosiddette “multipersonali” tra individui di orientamenti e di identità sessuali diversi, basate solo sui propri bisogni e sulle singole e soggettive necessità. In sintesi, si tende ad accentuare il diritto alla libertà individuale senza compromesso: le persone si “costruiscono” solo in base ai propri desideri individuali. Ciò che si giudica sempre più divenire “naturale” è più che altro l’autoreferenzialità della gestione dei propri desideri ed aspirazioni. A ciò contribuisce pesantemente l’influsso martellante dei mass media e dello stile di vita esibito da certi personaggi dello sport e dello spettacolo; aspetti, questi, che esercitano la loro influenza anche in quei Paesi in cui la cultura familiare tradizionale sembra aver più resistito (Africa, Medio Oriente e Asia centro-meridionale).

Auspicabile rinnovamento del linguaggio

30. L’esigenza sottesa all’uso tradizionale dell’espressione “legge naturale” spinge a migliorare il linguaggio e il quadro concettuale di riferimento, così da comunicare i valori del Vangelo in modo comprensibile all’uomo di oggi. In particolare, dalla grande maggioranza delle risposte e, ancor di più, delle osservazioni, emerge la necessità di dare una enfasi decisamente maggiore al ruolo della Parola di Dio quale strumento privilegiato nella concezione della vita coniugale e familiare. Si raccomanda maggiore riferimento al mondo biblico, ai suoi linguaggi e forme narrative. In tal senso, degna di rilievo è la proposta di tematizzare e approfondire il concetto, di ispirazione biblica, di “ordine della creazione”, come possibilità di rileggere in modo esistenzialmente più significativo la “legge naturale” (cf. l’idea di legge scritta nel cuore in Rm 1,19-21 e 2,14-15). Si propone anche l’insistenza sui linguaggi accessibili, come ad esempio quello simbolico utilizzato dalla liturgia. Si raccomanda anche l’attenzione al mondo giovanile da assumere come interlocutore diretto, anche su questi temi.

 

Capitolo IV
La famiglia e la vocazione della persona in Cristo

La famiglia, la persona e la società

31. La famiglia è riconosciuta nel popolo di Dio come un bene inestimabile, l’ambiente naturale di crescita della vita, una scuola di umanità, di amore e di speranza per la società. Essa continua ad essere uno spazio privilegiato in cui Cristo rivela il mistero e la vocazione dell’uomo. Accanto all’affermazione condivisa di questo dato originario, la grande maggioranza delle risposte afferma che la famiglia può essere questo luogo privilegiato, lasciando intendere, e talvolta esplicitamente constatando, una distanza preoccupante tra la famiglia nelle forme in cui oggi è conosciuta e l’insegnamento della Chiesa al riguardo. La famiglia si trova obiettivamente in un momento molto difficile, con realtà, storie e sofferenze complesse, che necessitano di uno sguardo compassionevole e comprensivo. Questo sguardo è quello che consente alla Chiesa di accompagnare le famiglie come sono nella realtà e a partire da qui annunciare il Vangelo della famiglia secondo le loro specifiche necessità.

32. Si riconosce, nelle risposte, come per molti secoli la famiglia abbia ricoperto un ruolo significativo all’interno della società: essa è infatti il primo luogo dove la persona si forma nella società e per la società. Riconosciuta come il luogo naturale per lo sviluppo della persona, è per questo anche il fondamento di ogni società e Stato. In sintesi, essa è definita la “prima società umana”. La famiglia è il luogo dove si trasmettono e si possono imparare fin dai primi anni di vita valori come fratellanza, lealtà, amore per la verità e per il lavoro, rispetto e solidarietà tra le generazioni, così come l’arte della comunicazione e la gioia. Essa è lo spazio privilegiato per vivere e promuovere la dignità e i diritti dell’uomo e della donna. La famiglia, fondata sul matrimonio, rappresenta l’ambito di formazione integrale dei futuri cittadini di un Paese.

33. Una delle grandi sfide della famiglia contemporanea consiste nel tentativo della sua privatizzazione. Vi è il rischio di dimenticare che la famiglia è la «cellula fondamentale della società, il luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere ad altri» (EG 66). Occorre proporre una visione aperta della famiglia, sorgente di capitale sociale, vale a dire, di virtù essenziali per la vita comune. Nella famiglia s’impara cosa sia il bene comune, perché in essa si può fare esperienza della bontà di vivere insieme. Senza famiglia l’uomo non può uscire dal suo individualismo, poiché solo in essa s’impara la forza dell’amore per sostenere la vita, e «senza un amore affidabile nulla potrebbe tenere veramente uniti gli uomini. L’unità tra loro sarebbe concepibile solo come fondata sull’utilità, sulla composizione degli interessi, sulla paura, ma non sulla bontà di vivere insieme, non sulla gioia che la semplice presenza dell’altro può suscitare» (LF 51).

34. Occorrerà riflettere su che cosa voglia dire oggi promuovere una pastorale capace di stimolare la partecipazione della famiglia nella società. Le famiglie non sono solo oggetto di protezione da parte dello Stato, ma devono recuperare il loro ruolo come soggetti sociali. Tante sfide appaiono in questo contesto per le famiglie: il rapporto tra la famiglia e il mondo del lavoro, tra la famiglia e l’educazione, tra la famiglia e la sanità; la capacità di unire tra di loro le generazioni, in modo che non si abbandonino i giovani e gli anziani; lo sviluppo di un diritto di famiglia che tenga conto delle sue specifiche relazioni; la promozione di leggi giuste, come quelle che garantiscono la difesa della vita umana dal suo concepimento e quelle che promuovono la bontà sociale del matrimonio autentico tra l’uomo e la donna.

 Ad immagine della vita trinitaria

35. Un certo numero di risposte mette l’accento sull’immagine della Trinità riflessa nella famiglia. L’esperienza dell’amore reciproco tra gli sposi aiuta a comprendere la vita trinitaria come amore: attraverso la comunione vissuta in famiglia i bambini possono intravvedere un’immagine della Trinità. Recentemente, il Santo Padre Francesco ha ricordato nelle sue catechesi sui sacramenti che «quando un uomo e una donna celebrano il sacramento del Matrimonio, Dio, per così dire, si “rispecchia” in essi, imprime in loro i propri lineamenti e il carattere indelebile del suo amore. Il matrimonio è l’icona dell’amore di Dio per noi. Anche Dio, infatti, è comunione: le tre Persone del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo vivono da sempre e per sempre in unità perfetta. Ed è proprio questo il mistero del Matrimonio: Dio fa dei due sposi una sola esistenza» (Udienza generale del 2 aprile 2014).

La Santa Famiglia di Nazareth e l’educazione all’amore

36. In maniera pressoché costante, viene sottolineata dalle risposte l’importanza della famiglia di Nazareth come modello ed esempio per la famiglia cristiana. Il mistero dell’Incarnazione del Verbo nel seno di una famiglia ci rivela come essa sia un luogo privilegiato per la rivelazione di Dio all’uomo. Di fatto, si riconosce come proprio la famiglia sia il luogo ordinario e quotidiano dell’incontro con Cristo. Il popolo cristiano guarda alla famiglia di Nazareth come esempio di relazione e di amore, come punto di riferimento per ogni realtà familiare e come conforto nella tribolazione. Alla famiglia di Nazareth la Chiesa si rivolge per affidare le famiglie nella loro realtà concreta di gioia, di speranza e di dolore.

37. Viene evidenziata dalle risposte pervenute l’importanza dell’amore vissuto in famiglia, definita come “segno efficace dell’esistenza dell’Amore di Dio”, “santuario dell’amore e della vita”. La prima esperienza di amore e di relazione accade in famiglia: si sottolinea la necessità che ogni bambino viva nel calore e nella cura protettiva dei genitori, in una casa dove abita la pace. I bambini devono poter percepire che Gesù è con loro e non sono mai soli. La solitudine dei bambini a causa dell’allentamento dei legami familiari è presente, in particolare, in alcune aree geografiche. Anche le correzioni devono essere finalizzate a far sì che i bambini possano crescere in un ambiente familiare dove si viva l’amore, e i genitori realizzino la loro vocazione ad essere collaboratori di Dio nello sviluppo della famiglia umana.

38. Si sottolinea con insistenza il valore formativo dell’amore vissuto in famiglia, non solo per i figli, ma per tutti i suoi membri. La famiglia è così definita “scuola di amore”, “scuola di comunione”, una “palestra di relazioni”, il luogo privilegiato dove si impara a costruire relazioni significative, che aiutino lo sviluppo della persona fino alla capacità del dono di sé. Alcune risposte sottolineano come la conoscenza del mistero e della vocazione della persona umana sia legata al riconoscimento e all’accoglienza all’interno della famiglia dei differenti doni e capacità di ciascuno. Emerge qui l’idea della famiglia come “prima scuola di umanità”: in questo essa è considerata come insostituibile.

Differenza, reciprocità e stile di vita familiare

39. Il ruolo dei genitori, primi educatori nella fede, è considerato essenziale e vitale. Non di rado si pone l’accento sulla testimonianza della loro fedeltà e, in particolare, sulla bellezza della loro differenza; talvolta si afferma semplicemente l’importanza dei ruoli distinti di padre e madre. In altri casi, si sottolinea la positività della libertà, dell’uguaglianza tra i coniugi e della loro reciprocità, così come la necessità del coinvolgimento di entrambi i genitori sia nell’educazione dei figli che nei lavori domestici, come si afferma in alcune risposte, soprattutto in quelle dall’Europa.

40. In riferimento ancora alla differenza, viene talvolta sottolineata la ricchezza della differenza intergenerazionale che si può sperimentare in famiglia, al cui interno si vivono eventi decisivi come la nascita e la morte, i successi e le sventure, le mete raggiunte e le delusioni. Attraverso questi ed altri eventi, la famiglia diventa il luogo in cui i figli crescono nel rispetto della vita, nella formazione della loro personalità, attraversando ogni stagione dell’esistenza.

41. Si evidenzia insistentemente nelle risposte l’importanza che la fede sia condivisa e resa esplicita da parte dei genitori, a cominciare dallo stile di vita della coppia nella relazione tra loro e con i figli, ma anche attraverso la condivisione della loro conoscenza e consapevolezza di Cristo, il quale – come costantemente ribadito – deve essere al centro della famiglia. Nel contesto di una società plurale i genitori possono offrire così ai figli un orientamento di base per la loro vita, che possa sostenerli anche dopo l’infanzia. Per questo si affermano la necessità di creare uno spazio e un tempo per stare insieme in famiglia e il bisogno di una comunicazione aperta e sincera, in un dialogo costante.

42. È unanimemente sottolineata l’importanza della preghiera in famiglia, come Chiesa domestica (cf. LG 11), ove alimentare una vera e propria “cultura familiare di preghiera”. L’autentica conoscenza di Gesù Cristo è infatti promossa in famiglia dalla preghiera personale e, in particolare, familiare, secondo le forme specifiche e le ritualità domestiche, ritenute un modo efficace per trasmettere la fede ai bambini. Grande insistenza è posta anche sulla lettura comune della Scrittura, ma anche su altre forme di preghiera, come la benedizione della mensa e la recita del rosario. Si precisa però come la famiglia Chiesa domestica non possa sostituire la comunità parrocchiale; inoltre, si sottolinea l’importanza della partecipazione familiare alla vita sacramentale, all’Eucaristia domenicale e ai sacramenti dell’iniziazione cristiana. In più risposte, viene anche sottolineata l’importanza di vivere il sacramento della riconciliazione e la devozione mariana.

Famiglia e sviluppo integrale

43. Si sottolinea, inoltre, l’importanza della famiglia per uno sviluppo integrale: la famiglia risulta fondamentale per la maturazione di quei processi affettivi e cognitivi che sono decisivi per la strutturazione della persona. In quanto ambiente vitale in cui si forma la persona, la famiglia è anche la sorgente da cui attingere la consapevolezza di essere figli di Dio, chiamati per vocazione all’amore. Altri luoghi contribuiscono alla crescita della persona, come la convivenza sociale, il mondo del lavoro, la politica, la vita ecclesiale; tuttavia, si riconosce come i fondamenti umani acquisiti in famiglia permettano di accedere ad ulteriori livelli di socializzazione e strutturazione.

44. La famiglia si confronta quotidianamente con molte difficoltà e prove, come segnalano molte risposte. Essere una famiglia cristiana non garantisce automaticamente l’immunità da crisi anche profonde, attraverso le quali però la famiglia stessa si consolida, giungendo così a riconoscere la propria vocazione originaria nel disegno di Dio, con il sostegno dell’azione pastorale. La famiglia è una realtà già “data” ed assicurata da Cristo, ed insieme è da “costruire” ogni giorno con pazienza, comprensione e amore.

Accompagnare il nuovo desiderio di famiglia e le crisi

45. Un dato importante che emerge dalle risposte è che anche di fronte a situazioni assai difficili, molte persone, soprattutto giovani, percepiscono il valore del legame stabile e duraturo, un vero e proprio desiderio di matrimonio e famiglia, in cui realizzare un amore fedele e indissolubile, che offra serenità per la crescita umana e spirituale. Il “desiderio di famiglia” si rivela come un vero segno dei tempi, che domanda di essere colto come occasione pastorale.

46. È necessario che la Chiesa si prenda cura di famiglie che vivono in situazioni di crisi e di stress; che la famiglia sia accompagnata durante tutto il ciclo della vita. La qualità delle relazioni al suo interno deve essere una delle preoccupazioni cruciali della Chiesa. Il primo sostegno viene da una parrocchia vissuta come “famiglia di famiglie”, identificata come il centro principale di una pastorale rinnovata, fatta di accoglienza e di accompagnamento, vissuto nella misericordia e nella tenerezza. Si segnala l’importanza di organizzazioni parrocchiali a supporto della famiglia.

47. In alcuni casi, inoltre, urge la necessità di accompagnare situazioni in cui i legami familiari sono minacciati dalla violenza domestica, con interventi di sostegno atti a risanare le ferite subite, e sradicare le cause che le hanno determinate. Dove dominano abuso, violenza e abbandono non può esserci né crescita né percezione alcuna del proprio valore.

48. Si sottolinea, infine, l’importanza di una stretta collaborazione tra le famiglie/case e la parrocchia, nella missione di evangelizzazione, così come la necessità del coinvolgimento attivo della famiglia nella vita parrocchiale, attraverso attività di sussidiarietà e solidarietà a favore di altre famiglie. Al riguardo, si menziona l’aiuto prezioso di comunità composte da famiglie. Anche l’appartenenza a movimenti e associazioni può risultare particolarmente significativa dal punto di vista del sostegno.

Una costante formazione

49. Si sottolinea con grande frequenza la necessità di una pastorale familiare che miri ad una formazione costante e sistematica sul valore del matrimonio come vocazione, sulla riscoperta della genitorialità (paternità e maternità) come dono. L’accompagnamento della coppia non si deve limitare alla preparazione al matrimonio, rispetto alla quale si segnala – peraltro – la necessità di rivedere i percorsi. Si mette in luce piuttosto il bisogno di una formazione più costante e articolata: biblica, teologica, spirituale, ma anche umana ed esistenziale. Si fa presente la necessità che la catechesi assuma una dimensione intergenerazionale, che coinvolga attivamente i genitori nel percorso di iniziazione cristiana dei propri figli. In alcune risposte viene segnalata una particolare attenzione alle feste liturgiche, quali il tempo di Natale e soprattutto la festa della Sacra Famiglia, come momenti preziosi per mostrare l’importanza della famiglia e cogliere il contesto umano in cui Gesù è cresciuto, in cui ha imparato a parlare, amare, pregare, lavorare. Si raccomanda la necessità di salvaguardare, anche dal punto di vista civile, dove possibile, la domenica come giorno del Signore; come giorno in cui favorire l’incontro nella famiglia e con le altre famiglie.

 

II PARTE
LA PASTORALE DELLA FAMIGLIA DI FRONTE ALLE NUOVE SFIDE

Capitolo I
La pastorale della famiglia: le varie proposte in atto

Responsabilità dei Pastori e doni carismatici nella pastorale familiare

50. Nell’impegno pastorale per la famiglia si vede all’opera una interessante reciprocità tra la responsabilità dei pastori e i diversi carismi e ministeri nella comunità ecclesiale. Le esperienze più positive si hanno proprio quando avviene questa sinergia. Contemplando l’impegno di tanti fratelli e sorelle per la pastorale della famiglia, si possono immaginare forme nuove di presenza effettiva della Chiesa, che ha il coraggio di “uscire” da sé perché animata dallo Spirito. Per rappresentare questa ricchezza ci concentriamo su alcuni temi e passiamo in rassegna le diverse iniziative e gli stili di cui troviamo ampia traccia nelle risposte pervenute.

La preparazione al matrimonio

51. Vi sono risposte molto simili tra i diversi Continenti a proposito della preparazione al matrimonio. Troviamo frequentemente in atto corsi nelle parrocchie, seminari e ritiri di preghiera per coppie, che coinvolgono come animatori, oltre ai sacerdoti, anche coppie sposate di consolidata esperienza familiare. In questi corsi, gli obiettivi sono: la promozione della relazione di coppia, con la consapevolezza e libertà della scelta; la conoscenza degli impegni umani, civili, cristiani; la ripresa della catechesi dell’iniziazione, con l’approfondimento del sacramento del matrimonio; l’incoraggiamento alla partecipazione della coppia alla vita comunitaria e sociale.

52. Alcune risposte fanno notare la poca attenzione dei nubendi, in molti casi, ai corsi prematrimoniali. Si tende per questo in molti contesti a promuovere catechesi differenziate: per i giovani anche prima del fidanzamento; per i genitori dei fidanzati; per le coppie già sposate; per le persone separate; per la preparazione al battesimo; per la conoscenza dei documenti pastorali dei Vescovi e del Magistero della Chiesa. In qualche Paese si segnalano vere e proprie scuole di preparazione alla vita matrimoniale, indirizzate soprattutto alla istruzione e promozione della donna. Il discorso si differenzia in particolare nelle zone in cui vi è una forte secolarizzazione, ove si constata una crescente distanza culturale delle coppie nei confronti dell’insegnamento della Chiesa. I corsi particolarmente prolungati non sempre sono ben accolti. In quelli prematrimoniali, normalmente, si propone ai nubendi la conoscenza dei metodi naturali di regolazione della fertilità. Tale proposta viene offerta dalla testimonianza di “coppie guida”.

53. Alcune Conferenze Episcopali lamentano che le coppie si presentano spesso all’ultimo momento, avendo già fissato la data del matrimonio, anche quando la coppia presenta aspetti che necessiterebbero di particolare cura, come nel caso della disparità di culto (tra un battezzato e un non battezzato) o di un scarsa formazione cristiana. Altre Conferenze ricordano come gli itinerari alla preparazione al sacramento del matrimonio siano migliorati negli ultimi decenni, cercando sempre più di trasformare i “corsi” in “percorsi”, coinvolgendo insieme sacerdoti e sposi. Si rileva che in questi ultimi anni i contenuti dei programmi hanno subito un sostanziale cambiamento: da un servizio orientato al solo sacramento, si è passati ad un primo annuncio della fede.

54. In molte parti del mondo ci sono lodevoli iniziative di preparazione al matrimonio: “nuove comunità” che promuovono ritiri, incontri personali, gruppi di preghiera, di riflessione e di condivisione, pellegrinaggi, festival, congressi nazionali e internazionali della famiglia. Si rileva tuttavia che questi percorsi, spesso, sono percepiti più come una proposta obbligata che una possibilità di crescita a cui aderire liberamente. Altro momento importante è certamente il colloquio di preparazione al matrimonio con il parroco o con il suo incaricato; si tratta di un momento necessario per tutte le coppie di fidanzati; spesso le risposte lamentano che non venga sufficientemente utilizzato come un’opportunità per una discussione più approfondita, restando invece in un contesto piuttosto formale.

55. Molte risposte raccontano che nei corsi proposti si cerca di introdurre nuovi temi quali la capacità di ascoltare il coniuge, la vita sessuale coniugale, la soluzione dei conflitti. In alcuni contesti, segnati da tradizioni culturali piuttosto maschiliste, si fa notare la carenza di rispetto nei confronti della donna, da cui deriva un esercizio della coniugalità non conforme alla reciprocità tra soggetti di pari dignità. Da alcune zone segnate in passato da dittature atee, mancando spesso le fondamentali conoscenze sulla fede, vengono indicate nuove forme di preparazione dei fidanzati, come i ritiri nei fine settimana, attività in piccoli gruppi integrate con testimonianze di coppie sposate. Si segnalano anche giornate diocesane per la famiglia, via crucis ed esercizi spirituali per le famiglie.

56. Alcune risposte segnalano come in alcuni territori, a prevalenza multireligiosa e multiconfessionale, occorre tener presente alcuni aspetti particolari, come il numero considerevole di matrimoni misti e di disparità di culto. Ciò rende necessaria un’adeguata preparazione da parte dei sacerdoti per accompagnare queste coppie. Nelle diocesi dell’Europa orientale, si ricerca il dialogo con le Chiese ortodosse, in occasione della preparazione ai matrimoni misti. Vi sono testimonianze interessanti che illustrano le giornate diocesane con la presenza del Vescovo e la testimonianza di coppie mature nella fede. Si tende a creare occasione di relazioni tra famiglie, in dialogo con le coppie anziane, valorizzando iniziative di cultura biblica e momenti di preghiera per i nubendi. Le coppie più mature fungono da “padrini” delle giovani coppie, che si preparano al matrimonio.

Pietà popolare e spiritualità familiare

57. Dalle risposte pervenute si evince la necessità di salvaguardare e promuovere le diverse forme della pietà popolare diffuse nei vari Continenti, a sostegno della famiglia. Nonostante una certa disgregazione familiare, rimangono ancora significative la devozione mariana, le feste popolari, quelle dei santi del luogo, come momenti aggregativi della famiglia. Oltre alla preghiera del rosario, in alcune realtà è in uso l’Angelus; un certo valore mantiene la peregrinatio Mariae, il passaggio di un’icona o di una statua della Madonna da una famiglia ad un’altra, da una casa ad un’altra. Ancora si ricorda il valore del “pellegrinaggio del vangelo”, che consiste nella collocazione di una icona e della Sacra Scrittura nelle famiglie, con l’impegno di leggere regolarmente la Bibbia e pregare insieme per un certo periodo. Si constata che tra le famiglie che coltivano queste forme di pietà, come il “pellegrinaggio delle famiglie”, s’incrementano forti rapporti di amicizia e di comunione. Molti segnalano anche l’importanza di promuovere la comune liturgia delle ore, la lettura dei Salmi e degli altri testi della Sacra Scrittura. A volte si raccomanda anche la preghiera spontanea con parole proprie, di ringraziamento e di richiesta di perdono. In alcune nazioni si mette in rilievo la preghiera per le diverse circostanze della vita: in occasione dell’anniversario del battesimo, del matrimonio e della morte. Qualcuno segnala che spesso la preghiera familiare si pratica durante i viaggi, il lavoro e la scuola; in certi Paesi, utilizzando anche radio e televisione. Si segnala pure l’apporto benefico che le famiglie ricevono dalla vicinanza dei monasteri, mediante i quali si stabilisce una relazione di complementarità vocazionale tra matrimonio e vita consacrata. Discorso analogo viene fatto anche per la feconda relazione fra sposi e presbiteri, nelle loro rispettive funzioni.

Il sostegno alla spiritualità familiare

58. Molte Conferenze Episcopali hanno testimoniato come le Chiese particolari, con la loro azione pastorale, sostengono la spiritualità della famiglia. Dai movimenti di spiritualità viene un contributo specifico alla promozione di un’autentica ed efficace pastorale familiare nel nostro tempo. Si riscontrano situazioni ecclesiali molto diverse e cammini differenziati delle comunità cristiane. Ciò che appare evidente è il fatto che le Chiese locali devono poter trovare in questa realtà vere risorse non solo per promuovere qualche iniziativa sporadica per le coppie, ma per immaginare percorsi di pastorale familiare adeguati al nostro tempo. Alcuni interventi hanno sottolineato come, in molte diocesi, si riesca a promuovere un’animazione specifica, una formazione di coppie in grado di sostenere altre coppie e una serie di iniziative tese a promuovere una vera e propria spiritualità familiare. Alcuni osservano che talvolta le comunità locali, i movimenti, i gruppi e le aggregazioni religiose possono correre il rischio di rimanere chiusi in dinamiche parrocchiali o aggregative troppo autoreferenziali. Per questo, è importante che tali realtà vivano l’intero orizzonte ecclesiale in chiave missionaria, così da evitare il pericolo della autoreferenza. Le famiglie appartenenti a queste comunità svolgono un apostolato vivo e hanno evangelizzato tante altre famiglie; i loro membri hanno offerto una testimonianza credibile della vita matrimoniale fedele, di stima reciproca e di unità, di apertura alla vita.

La testimonianza della bellezza della famiglia

59. Un punto chiave per la promozione di una autentica ed incisiva pastorale familiare sembra essere ultimamente la testimonianza della coppia. Questo elemento è stato richiamato da tutte le risposte. Essenziale appare la testimonianza non solo di coerenza con i principi della famiglia cristiana, ma anche della bellezza e della gioia che dona l’accoglienza dell‘annuncio evangelico nel matrimonio e nella vita familiare. Anche nella pastorale familiare si sente il bisogno di percorrere la via pulchritudinis, ossia la via della testimonianza carica di attrattiva della famiglia vissuta alla luce del Vangelo e in costante unione con Dio. Si tratta di mostrare anche nella vita familiare che «credere in Lui e seguirlo non è solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace di colmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda, anche in mezzo alle prove» (EG 167).

60. Alcune Conferenze Episcopali fanno notare che, sebbene in molte aree geografiche la riuscita del matrimonio e della famiglia non sia più data per scontata, si osserva, tuttavia, che nei giovani c’è un’alta stima per coniugi che, anche dopo molti anni di matrimonio, vivono ancora una scelta di vita improntata all’amore e alla fedeltà. Anche per questo, in molte diocesi si celebrano, alla presenza dei vescovi, giubilei e feste di ringraziamento per i coniugi che hanno molti anni di matrimonio alle spalle. In questa stessa direzione, si riconosce la speciale testimonianza data da quei coniugi che restano accanto al proprio consorte nonostante problemi e difficoltà.

 

Capitolo II
Le sfide pastorali sulla famiglia

61. In questa sezione, si raccolgono le risposte e le osservazioni circa le sfide pastorali sulla famiglia, che si articolano in tre questioni fondamentali: la crisi della fede nel suo rapporto con la famiglia; le sfide interne e le sfide esterne, che riguardano la realtà familiare; alcune situazioni difficili, legate ad una cultura dell’individualismo e alla sfiducia nei rapporti stabili.

a) La crisi della fede e la vita familiare

L’azione pastorale nella crisi di fede

62. Alcune risposte rilevano come, nelle situazioni in cui la fede è debole o assente nelle realtà familiari, la parrocchia e la Chiesa nel suo insieme non siano percepite come un sostegno. Ciò avviene probabilmente per una percezione sbagliata e moralistica della vita ecclesiale, dovuta al contesto socio-culturale in cui viviamo, là dove è in crisi la stessa istituzione familiare in quanto tale. L’ideale della famiglia viene inteso come una meta irraggiungibile e frustrante, invece di essere compreso come indicazione di un cammino possibile, attraverso il quale imparare a vivere la propria vocazione e missione. Quando i fedeli avvertono questo scollamento, la crisi nella coppia, nel matrimonio o nella famiglia si trasforma spesso e gradatamente in una crisi di fede. Ci si pone pertanto la domanda su come agire pastoralmente in questi casi: come fare in modo che la Chiesa, nelle sue diverse articolazioni pastorali, si mostri in grado di prendersi cura delle coppie in difficoltà e della famiglia.

63. Molte risposte rilevano come una crisi di fede possa essere l’occasione per constatare il fallimento o un’opportunità per rinnovarsi, scoprendo ragioni più profonde a conferma dell’unione coniugale. Così che la perdita di valori, e addirittura la disgregazione della famiglia, possono trasformarsi in occasione di fortificazione del legame coniugale. Per superare la crisi può essere di aiuto il sostegno di altre famiglie disposte ad accompagnare il difficile cammino della coppia in crisi. In particolare, si sottolinea la necessità che la parrocchia si faccia prossima come una famiglia di famiglie.

b) Situazioni critiche interne alla famiglia

Difficoltà di relazione / comunicazione

64. C’è grande convergenza da parte delle risposte nel sottolineare la difficoltà di relazione e comunicazione in famiglia come uno dei nodi critici rilevanti. Si mette in luce l’insufficienza e persino l’incapacità di costruire relazioni familiari per il sopravvento di tensioni e conflitti tra i coniugi, dovuti alla mancanza di fiducia reciproca e di intimità, al dominio di un coniuge sull’altro, ma anche ai conflitti generazionali tra genitori e figli. Il dramma rilevato in queste situazioni è la progressiva scomparsa della possibilità di dialogo, di tempi e spazi di relazione: la mancanza di condivisione e comunicazione fa sì che ciascuno affronti le proprie difficoltà nella solitudine, senza alcuna esperienza di essere amato e di amare a sua volta. In alcuni contesti sociali, poi, la mancanza di esperienza dell’amore, in particolare dell’amore paterno, è frequente, e questo rende assai difficoltosa l’esperienza dell’amore di Dio e della sua paternità. La debolezza della figura del padre in tante famiglie genera forti squilibri nel nucleo familiare e incertezza identitaria nei figli. Senza l’esperienza quotidiana di amore testimoniato, vissuto e ricevuto risulta particolarmente difficile la scoperta della persona di Cristo come Figlio di Dio e dell’amore di Dio Padre.

Frammentazione e disgregazione

65. Sebbene in modi diversi, le risposte testimoniano come vi sia in molte circostanze una frammentazione e disgregazione di tante realtà familiari; il dramma che costantemente e per primo viene menzionato è quello del divorzio e della separazione all’interno della coppia, talvolta favorito dalla povertà. Tra le altre situazioni critiche si menzionano realtà familiari allargate, in cui appaiono relazioni molteplici invasive, oppure monoparentali (con madri sole o adolescenti), le unioni di fatto, ma anche le unioni e la genitorialità omosessuale (menzionata, in particolare, in Europa e Nord America). In determinati contesti culturali, si ricorda con insistenza la poligamia come uno dei fattori disgreganti il tessuto familiare. A questo si aggiunge la chiusura della famiglia alla vita. Molti episcopati sottolineano con grande preoccupazione la massiccia diffusione della pratica dell’aborto. La cultura dominante sembra per molti aspetti promuovere una cultura di morte rispetto alla vita nascente. Siamo di fronte ad una cultura dell’indifferenza di fronte alla vita. Da parte degli Stati, talvolta, non si contribuisce a un’adeguata tutela dei legami familiari, mediante legislazioni che favoriscono l’individualismo. Tutto ciò, tra la gente, crea una mentalità superficiale su temi di importanza decisiva. Non pochi interventi sottolineano come anche una mentalità contraccettiva segni di fatto negativamente le relazioni familiari.

Violenza e abuso

66. Unanime e trasversale nelle risposte è anche il riferimento alla violenza psicologica, fisica e sessuale, e agli abusi commessi in famiglia ai danni in particolare delle donne e dei bambini, un fenomeno purtroppo non occasionale, né sporadico, particolarmente in certi contesti. Si ricorda anche il terribile fenomeno del femminicidio, spesso legato a profondi disturbi relazionali e affettivi, e conseguenza di una falsa cultura del possesso. Si tratta di un dato davvero inquietante, che interroga tutta la società e la pastorale familiare della Chiesa. La promiscuità sessuale in famiglia e l’incesto sono ricordati esplicitamente in certe aree geografiche (Africa, Asia e Oceania), così come la pedofilia e l’abuso sui bambini. A questo proposito si fa menzione anche dell’autoritarismo da parte dei genitori, che trova espressione nella mancanza di cura e di attenzione per i figli. La mancanza di considerazione per i bambini si unisce all’abbandono dei figli e alla carenza ripetutamente sottolineata del senso di una genitorialità responsabile, che rifiuta non solo di prendersi cura, ma anche di educare i figli, abbandonati totalmente a se stessi.

67. Più episcopati segnalano il dramma del commercio e dello sfruttamento di bambini. A questo proposito, si afferma la necessità di rivolgere un’attenzione particolare alla piaga del “turismo sessuale” e alla prostituzione che sfrutta i minori specialmente nei Paesi in via di sviluppo, creando squilibri all’interno delle famiglie. Si sottolinea come tanto la violenza domestica, nei suoi diversi aspetti, quanto l’abbandono e la disgregazione familiare, nelle sue varie forme, abbiano un impatto significativo sulla vita psicologica della persona e conseguentemente sulla vita di fede, dal momento che il trauma psicologico intacca in maniera negativa la visione, la percezione e l’esperienza di Dio e del suo amore.

Dipendenze, media e social network

68. Tra le diverse situazioni critiche interne alla famiglia vengono menzionate costantemente le dipendenze da alcool e droghe,  ma anche dalla pornografia, talvolta usata e condivisa in famiglia, così come dal gioco d’azzardo e da videogiochi, internet e social network. Quanto ai media, da una parte, si sottolinea a più riprese l’impatto negativo di essi sulla famiglia, dovuto in particolare all’immagine di famiglia veicolata e all’offerta di anti-modelli, che trasmettono valori errati e fuorvianti. Dall’altra, si insiste sui problemi relazionali che i media, unitamente ai social network e internet, creano all’interno della famiglia. Di fatto, televisione, smartphone e computer possono essere un reale impedimento al dialogo tra i membri della famiglia, alimentando relazioni frammentate e alienazione: anche in famiglia si tende sempre più a comunicare attraverso la tecnologia. Si finisce così per vivere rapporti virtuali tra i membri della famiglia, dove i mezzi di comunicazione e l’accesso a internet si sostituiscono sempre di più alle relazioni. A questo proposito, si fa presente non solo il rischio della disgregazione e della disunione familiare, ma anche la possibilità che il mondo virtuale diventi una vera e propria realtà sostitutiva (in particolare in Europa, America del Nord e Asia). È ricorrente nelle risposte la sottolineatura di come anche il tempo libero per la famiglia sia catturato da questi strumenti.

69. Si sottolinea, inoltre, il fenomeno crescente nell’era di internet dell’overload informativo (information overloading): l’aumento esponenziale dell’informazione ricevuta, cui spesso non corrisponde un aumento della sua qualità, unitamente all’impossibilità di verificare sempre l’attendibilità delle informazioni disponibili on-line. Il progresso tecnologico è una sfida globale per la famiglia, al cui interno causa rapidi cambiamenti di vita riguardo ai valori, alle relazioni e agli equilibri interni. Le criticità emergono, perciò, con più evidenza laddove manca in famiglia un’educazione adeguata all’uso dei media e delle nuove tecnologie.

c) Pressioni esterne alla famiglia

L’incidenza dell’attività lavorativa sulla famiglia

70. Nelle risposte è unanime il riferimento all’impatto dell’attività lavorativa sugli equilibri familiari. In primo luogo, si registra la difficoltà di organizzare la vita familiare comune nel contesto di una incidenza dominante del lavoro, che esige dalla famiglia sempre più flessibilità. I ritmi di lavoro sono intensi e in certi casi estenuanti; gli orari spesso troppo lunghi, talvolta si estendono anche alla domenica: tutto questo ostacola la possibilità di stare insieme. A causa di una vita sempre più convulsa, i momenti di pace ed intimità familiare diventano rari. In alcune aree geografiche, viene evidenziato il prezzo pagato dalla famiglia alla crescita e allo sviluppo economico, cui si aggiunge la ripercussione ben più vasta degli effetti prodotti dalla crisi economica e dall’instabilità del mercato del lavoro. La crescente precarietà lavorativa, unitamente alla crescita della disoccupazione e alla conseguente necessità di spostamenti sempre più lunghi per lavorare, hanno ricadute pesanti sulla vita familiare, producendo tra l’altro un allentamento delle relazioni, un progressivo isolamento delle persone con conseguente crescita di ansia.

71. In dialogo con lo Stato e gli enti pubblici preposti, ci si aspetta da parte della Chiesa un’azione di concreto sostegno per un dignitoso impiego, per giusti salari, per una politica fiscale a favore della famiglia, così come l’attivazione di un aiuto per le famiglie e per i figli. Si segnala, in proposito, la frequente mancanza di leggi che tutelino la famiglia nell’ambito del lavoro e, in particolare, la donna-madre lavoratrice. Si constata inoltre che l’area del sostegno e dell’impegno civile a favore delle famiglie è un ambito in cui l’azione comune, così come la creazione di reti con organizzazioni che perseguono simili obiettivi, è consigliabile e fruttuosa.

Il fenomeno migratorio e la famiglia

72. In relazione all’ambito lavorativo, viene sottolineata anche l’incidenza che la migrazione produce sul tessuto familiare: per far fronte ai problemi di sussistenza, padri e, in misura crescente, madri si vedono costretti ad abbandonare la famiglia per motivi lavorativi. La lontananza di un genitore ha conseguenze gravi sia sugli equilibri familiari che sull’educazione dei figli. Allo stesso tempo, si ricorda come l’invio in famiglia di denaro, da parte del genitore lontano, possa generare una sorta di dipendenza negli altri familiari. In riferimento a questa situazione, si segnala la necessità di facilitare il ricongiungimento familiare attraverso la promozione di politiche adeguate.

Povertà e lotta per la sussistenza

73. Nelle risposte e nelle osservazioni, ricorrente e diffuso è il riferimento alle ristrettezze economiche che attanagliano le famiglie, così come alla mancanza di mezzi materiali, alla povertà e alla lotta per la sussistenza. Si tratta di un fenomeno esteso, che non coinvolge solo i Paesi in via di sviluppo, ma è menzionato con insistenza anche in Europa e in America del Nord. Si constata come nei casi di povertà estrema e crescente, la famiglia si trovi a lottare per la sussistenza, nella quale concentra la maggior parte delle sue energie. Alcune osservazioni chiedono una forte parola profetica della Chiesa in relazione alla povertà, che mette duramente alla prova la vita familiare. Una Chiesa “povera e per i poveri”, si afferma, non dovrebbe mancare di far sentire alta la sua voce in questo ambito.

Consumismo ed individualismo

74. Tra le varie pressioni culturali sulla famiglia si menzionano, in maniera costante, anche il consumismo, che ricade pesantemente sulla qualità delle relazioni familiari, centrate sempre di più sull’avere anziché sull’essere. La mentalità consumistica è menzionata, in particolare in Europa, anche in riferimento al “figlio ad ogni costo” ed ai conseguenti metodi di procreazione artificiale. Inoltre, si richiamano il carrierismo e la competitività come situazioni critiche che influenzano la vita familiare. Si sottolinea, soprattutto in Occidente, una privatizzazione della vita, della fede e dell’etica: alla coscienza e alla libertà individuale si conferisce il ruolo di istanza valoriale assoluta, che determina il bene e il male. Inoltre, si ricorda l’influsso di una cultura “sensoriale” e dell’effimero. A questo proposito, si ricordano le espressioni di Papa Francesco sulla cultura del provvisorio e dello scarto, che incide fortemente sulla fragile perseveranza delle relazioni affettive ed è spesso causa di profondo disagio e di precarietà della vita familiare.

Contro-testimonianze nella Chiesa

75. Con frequenza ed estesa distribuzione a livello geografico, nelle risposte appare rilevante la menzione degli scandali sessuali all’interno della Chiesa (pedofilia, in particolare), ma anche in generale quella di un’esperienza negativa con il clero o con alcune altre persone. Soprattutto in America del Nord e in Europa Settentrionale, si denuncia una rilevante perdita di credibilità morale a causa degli scandali sessuali. A ciò si aggiunge lo stile di vita a volte vistosamente agiato dei presbiteri, così come l’incoerenza tra il loro insegnamento e la condotta di vita. Viene ricordato inoltre il comportamento di quei fedeli che vivono e praticano la loro fede “in maniera teatrale”, venendo meno a quella verità e umiltà, che sono richieste dallo spirito evangelico. In particolare, si sottolinea la percezione del rifiuto nei confronti di persone separate, divorziate o genitori single da parte di alcune comunità parrocchiali, così come il comportamento intransigente e poco sensibile di presbiteri o, più in generale, l’atteggiamento della Chiesa, percepito in molti casi come escludente, e non come quello di una Chiesa che accompagna e sostiene. In tal senso, si sente il bisogno di una pastorale aperta e positiva, che sia in grado di ridonare fiducia nell’istituzione, attraverso una testimonianza credibile di tutti i suoi membri.

d) Alcune situazioni particolari

Il peso delle aspettative sociali sull’individuo

76. Accanto a queste situazioni critiche, interne ed esterne alla famiglia, altre trovano riscontro in particolari aree geografiche, come ad esempio nell’area asiatica, e non solo, dove le forti aspettative familiari e sociali incidono sulla persona fin dall’infanzia. Le prestazioni scolastiche e l’eccessivo valore attribuito ai titoli di studio (credentialism) è considerato dalla famiglia l’obiettivo prioritario da raggiungere. Oltre a caricare i figli di aspettative, in alcune aree, si segnala l’impatto negativo sulla famiglia della frequenza a corsi finalizzati al perseguimento di particolari traguardi formativi, dopo gli orari scolastici, fino a tarda sera, allo scopo di raggiungere migliori risultati (cram schools). In questi casi, ne risente la vita familiare e la vita di fede, come pure la mancanza di tempo libero, da dedicare al gioco dei bambini, oltre che al riposo e al sonno. La pressione delle aspettative è talora così forte, da comportare processi di esclusione sociale, che giungono persino al suicidio. Si ricorda, infine, la difficoltà – derivante dallo specifico contesto culturale e sociale – ad affrontare e a parlare apertamente, tanto nella società quanto nella Chiesa, di questo tipo di problemi.

L’impatto delle guerre

77. In particolare in Africa e in Medio Oriente, si ricorda l’impatto della guerra sulla famiglia, che causa morte violenta, distruzione delle abitazioni, necessità di fuggire abbandonando tutto, per rifugiarsi altrove. Con riferimento ad alcune regioni, viene inoltre segnalato l’effetto di disgregazione sociale provocato dalla guerra, che include talvolta la costrizione all’abbandono della propria comunità cristiana e della fede, soprattutto da parte di intere famiglie in situazione di povertà.

Disparità di culto

78. In alcune aree geografiche – come in Asia e nell’Africa del Nord –, data la scarsa percentuale di cattolici, un gran numero di famiglie è composto da un coniuge cattolico e dall’altro di un’altra religione. Alcune risposte, pur riconoscendo la grande ricchezza per la Chiesa delle coppie miste, evidenziano la difficoltà inerente all’educazione cristiana dei figli, specialmente ove la legge civile condiziona l’appartenenza religiosa dei figli della coppia. Talvolta, la disparità di culto in famiglia si configura come un’opportunità o una sfida per la crescita nella fede cristiana.

Altre situazioni critiche

79. Tra i fattori che incidono sulle difficoltà familiari, oltre alle malattie fisiche, tra le quali l’AIDS, si segnalano: la malattia mentale, la depressione, l’esperienza della morte di un figlio o di un coniuge. A tale proposito, si avverte la necessità di promuovere un approccio pastorale che si prenda cura del contesto familiare, segnato da malattia e lutto, come momento particolarmente opportuno per riscoprire la fede che sostiene e consola. Tra le situazioni critiche – in alcune zone del mondo, determinate dalla denatalità –, si ricordano anche la diffusione di sètte, le pratiche esoteriche, l’occultismo, la magia e la stregoneria. Nelle risposte si constata che nessun ambito e nessuna situazione può essere considerata a priori impermeabile al Vangelo. Risulta decisivo l’accompagnamento e l’accoglienza, da parte della comunità cristiana, delle famiglie particolarmente vulnerabili, per le quali l’annuncio del Vangelo della misericordia è particolarmente forte e urgente.

  

Capitolo III
Le situazioni pastorali difficili

A. Situazioni familiari

80. Dalle risposte emerge la comune considerazione che, nell’ambito di quelle che possono definirsi situazioni matrimoniali difficili, si celano storie di grande sofferenza, come pure testimonianze di sincero amore. «La Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre. […] la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa» (EG 47). La vera urgenza pastorale è quella di permettere a queste persone di curare le ferite, di guarire e di riprendere a camminare insieme a tutta la comunità ecclesiale. La misericordia di Dio non provvede ad una copertura temporanea del nostro male, altresì, apre radicalmente la vita alla riconciliazione, conferendole nuova fiducia e serenità, mediante un vero rinnovamento. La pastorale familiare, lungi dal chiudersi in uno sguardo legalista, ha la missione di ricordare la grande vocazione all’amore a cui la persona è chiamata, e di aiutarla a vivere all’altezza della sua dignità.

Le convivenze

81. Nelle risposte provenienti da tutte le aree geografiche, si rileva il numero crescente di coppie che convivono ad experimentum, senza alcun matrimonio né canonico né civile e senza alcuna registrazione. Soprattutto in Europa e in America, il termine è considerato improprio, in quanto spesso non si tratta di un “esperimento”, ovvero di un periodo di prova, ma di una forma stabile di vita. Talvolta, il matrimonio avviene dopo la nascita del primo bambino, in modo che nozze e battesimo si celebrino insieme. Le statistiche tendono a notare un’incidenza alta di tale realtà: si sottolinea una certa differenza tra zone rurali (convivenze più scarse) e zone urbane (ad esempio in Europa, Asia, America Latina). La convivenza è più comune in Europa e in America del Nord, in crescita in America Latina, quasi inesistente nei Paesi Arabi, minore in Asia. In alcune zone dell’America Latina, la convivenza è piuttosto un’abitudine rurale, integrata nella cultura indigena (servinacuy: matrimonio a prova). In Africa si pratica il matrimonio a tappe, legato alla comprovazione della fecondità della donna, che implica una sorta di legame tra le due famiglie in questione. Nel contesto europeo, le situazioni della convivenza sono molto diversificate; da una parte, si risente talvolta dell’influsso dell’ideologia marxista; altrove, si configura come una opzione morale giustificata.

82. Tra le ragioni sociali che portano alla convivenza si registrano: politiche familiari inadeguate a sostenere la famiglia; problemi finanziari; disoccupazione giovanile; mancanza di un’abitazione. Da questi ed altri fattori consegue la tendenza a dilazionare il matrimonio. In tal senso, gioca un ruolo anche il timore circa l’impegno che comporta l’accoglienza dei figli (in particolare in Europa e in America Latina). Molti pensano che nella convivenza si possa “testare” l’eventuale riuscita del matrimonio, prima di celebrare le nozze. Altri indicano come motivo a favore della convivenza, la scarsa formazione sul matrimonio. Per molti altri ancora la convivenza rappresenta la possibilità di vivere insieme senza alcuna decisione definitiva o impegnativa a livello istituzionale. Tra le linee di azione pastorale proposte troviamo le seguenti: offrire, fin dall’adolescenza, un percorso che apprezzi la bellezza del matrimonio; formare operatori pastorali sui temi del matrimonio e della famiglia. Si segnala anche la testimonianza di gruppi di giovani che si preparano al matrimonio con un fidanzamento vissuto in castità.

Le unioni di fatto

83. Le convivenze ad experimentum, molto spesso, corrispondono ad unioni libere di fatto, senza riconoscimento civile o religioso. Si deve tener conto che il riconoscimento civile di tali forme, in alcuni Paesi, non equivale al matrimonio, in quanto esiste una legislazione specifica sulle unioni libere di fatto. Nonostante ciò cresce il numero delle coppie che non chiedono alcuna forma di registrazione. Nei Paesi occidentali – si segnala –, la società ormai non vede più questa situazione come problematica. In altri (ad esempio, nei Paesi Arabi), rimane invece molto raro un matrimonio senza riconoscimento civile e religioso. Tra i motivi di tale situazione si segnalano, principalmente nei Paesi occidentali, il mancato aiuto da parte dello Stato, per il quale la famiglia non ha più un valore particolare; la percezione dell’amore come fatto privato senza ruolo pubblico; la mancanza di politiche familiari, per cui si percepisce lo sposarsi come una perdita economica. Un problema particolare è costituito dagli immigrati, soprattutto quando illegali, perché temono di essere identificati come tali nel momento in cui cercassero riconoscimento pubblico del loro matrimonio.

84. Legata al modo di vita dell’Occidente, ma diffusa anche in altri Paesi, appare un’idea di libertà che considera il legame matrimoniale una perdita della libertà della persona; incide la scarsa formazione dei giovani, che non pensano sia possibile un amore per tutta la vita; inoltre, i media promuovono ampiamente questo stile di vita tra i giovani. Spesso, la convivenza e le unioni libere sono sintomo del fatto che i giovani tendono a prolungare la loro adolescenza e pensano che il matrimonio sia troppo impegnativo, hanno paura davanti a un’avventura troppo grande per loro (cf. Papa Francesco, Discorso ai fidanzati del 14 febbraio 2014).

85. Tra le possibili linee di azione pastorale, al riguardo, si ritiene essenziale aiutare i giovani ad uscire da una visione romantica dell’amore, percepito solo come un sentimento intenso verso l’altro, e non come risposta personale ad un’altra persona, nell’ambito di un progetto comune di vita, in cui si dischiude un grande mistero e una grande promessa. I percorsi pastorali devono farsi carico dell’educazione all’affettività, con un processo remoto che inizi già nell’infanzia, come anche di un sostegno ai giovani nelle fasi del fidanzamento, mostrandone il rilievo comunitario e liturgico. Occorre insegnare loro ad aprirsi al mistero del Creatore, che si manifesta nel loro amore, perché comprendano la portata del loro consenso; bisogna ricuperare il legame tra famiglia e società, per uscire da una visione isolata dell’amore; infine, si deve trasmettere ai giovani la certezza che non sono soli nel costruire la propria famiglia, perché la Chiesa li affianca come “famiglia di famiglie”. Decisiva, al riguardo, è la dimensione della “compagnia”, mediante la quale la Chiesa si manifesta come presenza amorevole, che si prende particolare cura dei fidanzati, incoraggiandoli a farsi compagni di strada, tra loro e con gli altri.

Separati, divorziati e divorziati risposati

86. Dalle risposte risulta che la realtà dei separati, divorziati e divorziati risposati è rilevante in Europa e in tutta l’America; molto meno in Africa e in Asia. Dato il fenomeno in crescita di queste situazioni, molti genitori sono preoccupati per il futuro dei loro figli. Inoltre, viene notato che il numero crescente di conviventi rende il problema dei divorzi meno rilevante: la gente gradatamente divorzia di meno, perché in realtà tende a sposarsi sempre di meno. In certi contesti, la situazione è diversa: non c’è divorzio perché non c’è matrimonio civile (nei Paesi Arabi e in qualche Paese dell’Asia).

I figli e coloro che restano soli

87. Un’altra questione sollevata è quella riguardante i figli dei separati e dei divorziati. Si nota che da parte della società manca un’attenzione nei loro confronti. Su di essi ricade il peso dei conflitti matrimoniali di cui la Chiesa è chiamata a prendersi cura. Anche i genitori dei divorziati, che soffrono le conseguenze della rottura del matrimonio e spesso devono supplire ai disagi della situazione di questi figli, devono essere sostenuti da parte della Chiesa. Circa i divorziati e i separati che restano fedeli al vincolo matrimoniale si richiede ancora un’ attenzione per la loro situazione che spesso è vissuta in solitudine e povertà. Risulta che questi sono pure i “nuovi poveri”.

Le ragazze madri

88. Un’attenzione particolare va data alle madri che non hanno marito e si prendono cura da sole dei figli. La loro condizione è spesso il risultato di storie molto sofferte, non di rado di abbandono. Vanno ammirati anzitutto l’amore e il coraggio con cui hanno accolto la vita concepita nel loro grembo e con cui provvedono alla crescita e all’educazione dei loro figli. Da parte della società civile esse meritano un sostegno speciale, che tenga conto dei tanti sacrifici che affrontano. Da parte della comunità cristiana, poi, va prestata una sollecitudine che faccia loro percepire la Chiesa come vera famiglia dei figli di Dio.

Situazioni di irregolarità canonica

89. In linea generale, in varie aree geografiche, le risposte si concentrano soprattutto sui divorziati risposati, o comunque in nuova unione. Tra quelli che vivono in situazione canonicamente irregolare, si riscontrano diversi atteggiamenti, che vanno dalla mancanza di consapevolezza della propria situazione alla indifferenza, oppure ad una consapevole sofferenza. Gli atteggiamenti dei divorziati in nuova unione sono per lo più simili nei diversi contesti regionali, con un particolare rilievo in Europa e in America, e minore in Africa. Al riguardo, alcune risposte attribuiscono questa situazione alla formazione carente o alla scarsa pratica religiosa. In America del Nord, la gente pensa spesso che la Chiesa non sia più una guida morale affidabile, soprattutto per le questioni della famiglia, considerata come materia privata su cui decidere autonomamente.

90. Piuttosto consistente è il numero di coloro che considerano con noncuranza la propria situazione irregolare. In questo caso, non vi è alcuna richiesta di ammissione alla comunione eucaristica, né di poter celebrare il sacramento della riconciliazione. La consapevolezza della situazione irregolare si manifesta spesso quando interviene il desiderio dell’iniziazione cristiana per i figli, o se sopraggiunge la richiesta di partecipare ad una celebrazione di battesimo o cresima come padrino o madrina. A volte persone adulte che pervengono ad una fede personale e consapevole nel cammino catechistico o quasi catecumenale scoprono il problema della loro irregolarità. Dal punto di vista pastorale, queste situazioni vengono considerate una buona opportunità per cominciare un itinerario di regolarizzazione, soprattutto nei casi delle convivenze. Una situazione diversa viene segnalata in Africa, non tanto riguardo ai divorziati in nuova unione, ma in relazione alla pratica della poligamia. Ci sono casi di convertiti per i quali è difficile abbandonare la seconda o terza moglie, con cui si hanno ormai dei figli, e che vogliono partecipare alla vita ecclesiale.

91. Prima di entrare in merito alla sofferenza legata al non poter ricevere i sacramenti da parte di coloro che sono in situazione di irregolarità, viene segnalata una sofferenza più originaria, di cui la Chiesa deve farsi carico, ovvero quella legata al fallimento del matrimonio e alla difficoltà di regolarizzare la situazione. Qualcuno rileva, in questa crisi, il desiderio di rivolgersi alla Chiesa per un aiuto. La sofferenza sembra spesso legata ai diversi livelli di formazione – come segnalano diverse Conferenze Episcopali in Europa, Africa e America. Spesso non si coglie il rapporto intrinseco tra matrimonio, Eucaristia e penitenza; pertanto, risulta assai difficile comprendere perché la Chiesa non ammetta alla comunione coloro che si trovano in una condizione irregolare. I percorsi catechetici sul matrimonio non spiegano sufficientemente questo legame. In alcune risposte (America, Europa dell’Est, Asia), si evidenzia come a volte si ritenga, erroneamente, che il divorzio come tale, anche se non si vive in nuova unione, renda automaticamente impossibile accedere alla comunione. In tal modo si rimane, senza alcun motivo, privi dei sacramenti.

92. La sofferenza causata dal non ricevere i sacramenti è presente con chiarezza nei battezzati che sono consapevoli della propria situazione. Tanti sentono frustrazione e si sentono emarginati. C’è chi si domanda perché gli altri peccati si perdonano e questo no; oppure perché i religiosi e sacerdoti che hanno ricevuto la dispensa dai loro voti e dagli oneri sacerdotali possono celebrare il matrimonio, ricevere la comunione e i divorziati risposati no. Tutto questo evidenzia la necessità di opportuna formazione e informazione. In altri casi, non si percepisce come sia la propria situazione irregolare il motivo per non poter ricevere i sacramenti; piuttosto, si ritiene che la colpa sia della Chiesa che non ammette tali circostanze. In ciò, si segnala anche il rischio di una mentalità rivendicativa nei confronti dei sacramenti. Inoltre, assai preoccupante risulta essere l’incomprensione della disciplina della Chiesa quando nega l’accesso ai sacramenti in questi casi, come se si trattasse di una punizione. Un buon numero di Conferenze Episcopali suggerisce di aiutare le persone in situazione canonicamente irregolare a non ritenersi «separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita» (FC 84). Inoltre, ci sono risposte ed osservazioni, da parte di alcune Conferenze Episcopali, che mettono l’accento sulla necessità che la Chiesa si doti di strumenti pastorali mediante i quali aprire la possibilità di esercitare una più ampia misericordia, clemenza e indulgenza nei confronti delle nuove unioni.

Circa l’accesso ai sacramenti

93. Circa l’accesso ai sacramenti, si riscontrano reazioni differenziate da parte dei fedeli divorziati risposati. In Europa (ma anche in qualche Paese di America Latina ed Asia), prevale la tendenza a risolvere la questione attraverso qualche sacerdote che accondiscenda alla richiesta di accesso ai sacramenti. A questo proposito, si segnala (in particolare in Europa e in America Latina) un diverso modo di rispondere da parte dei pastori. Talvolta questi fedeli si allontanano dalla Chiesa o passano ad altre confessioni cristiane. In vari Paesi, non solo europei, questa soluzione individuale a molte persone non basta, in quanto aspirano ad una pubblica riammissione ai sacramenti da parte della Chiesa. Il problema non è tanto quello di non poter ricevere la comunione, ma il fatto che la Chiesa pubblicamente non li ammetta ad essa, cosicché sembra che questi fedeli semplicemente rifiutino di essere considerati in situazione irregolare.

94. Nelle comunità ecclesiali sono presenti persone che, trovandosi in situazione canonicamente irregolare, chiedono di essere accolte ed accompagnate nella loro condizione. Questo avviene specialmente quando si cerca di rendere ragionevole l’insegnamento della Chiesa. In simili circostanze è possibile che tali fedeli vivano la loro condizione sostenuti dalla misericordia di Dio, di cui la Chiesa si fa strumento. Altri ancora, come viene segnalato da alcune Conferenze Episcopali dell’area euroatlantica, accettano l’impegno di vivere in continenza (cf. FC 84).

95. Molte delle risposte pervenute segnalano che in tanti casi si riscontra una richiesta chiara di poter ricevere i sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza, specie in Europa, in America e in qualche Paese dell’Africa. La richiesta si fa più insistente soprattutto in occasione della celebrazione dei sacramenti da parte dei figli. A volte si desidera l’ammissione alla comunione come per essere “legittimati” dalla Chiesa, eliminando il senso di esclusione o di marginalizzazione. Al riguardo, alcuni suggeriscono di considerare la prassi di alcune Chiese ortodosse, che, secondo la loro opinione, apre la strada a un secondo o terzo matrimonio con carattere penitenziale; a questo proposito, dai Paesi di maggioranza ortodossa, si segnala come l’esperienza di tali soluzioni non impedisca l’aumento dei divorzi. Altri domandano di chiarire se la questione è di carattere dottrinale o solo disciplinare.

Altre richieste

96. In tanti casi, segnalati in particolare in Europa e in America del Nord, si chiede di snellire la procedura per la nullità matrimoniale; a questo riguardo, si indica la necessità di approfondire la questione del rapporto tra fede e sacramento del matrimonio – come suggerito a più riprese da Benedetto XVI. Nei Paesi a maggioranza ortodossa, si segnala il caso di cattolici che si risposano nella Chiesa ortodossa, secondo la prassi in essa vigente, e poi chiedono di accostarsi alla comunione nella Chiesa cattolica. Infine, altre istanze avanzano la richiesta di precisare la prassi da seguire nei casi di matrimoni misti, in cui il coniuge ortodosso è già stato sposato ed ha ottenuto il permesso per le seconde nozze dalla Chiesa ortodossa.

Circa i separati e i divorziati

97. In varie risposte e osservazioni, si mette in evidenza la necessità di porre più attenzione ai separati e ai divorziati non risposati fedeli al vincolo nuziale. Sembra che costoro spesso debbano aggiungere alla sofferenza del fallimento matrimoniale quella di non essere considerati convenientemente dalla Chiesa e pertanto di venire trascurati. Si nota che anch’essi hanno le loro difficoltà e il bisogno di essere accompagnati pastoralmente. Inoltre, si fa presente l’importanza di verificare l’eventuale nullità matrimoniale con particolare cura da parte dei pastori, al fine di non introdurre cause senza attento discernimento. In tale contesto, si trovano richieste di promuovere maggiormente una pastorale della riconciliazione, che si faccia carico delle possibilità di riunire i coniugi separati. Alcuni fanno notare che l’accettazione coraggiosa della condizione di separati rimasti fedeli al vincolo, segnata da sofferenza e solitudine, costituisce una grande testimonianza cristiana.

Semplificazione delle cause matrimoniali

98. Esiste un’ampia richiesta di semplificazione della prassi canonica delle cause matrimoniali. Le posizioni sono diversificate: alcune affermano che lo snellimento non sarebbe un rimedio valido; altre, a favore dello snellimento, invitano a spiegare bene la natura del processo di dichiarazione di nullità, per una migliore comprensione di esso da parte dei fedeli.

99. Alcuni invitano alla prudenza, segnalando il rischio che tale snellimento e semplificando o riducendo i passi previsti, si producano ingiustizie ed errori; si dia l’impressione di non rispettare l’indissolubilità del sacramento; si favorisca l’abuso e si ostacoli la formazione dei giovani al matrimonio come impegno di tutta la vita; si alimenti l’idea di un “divorzio cattolico”. Propongono, invece, di preparare un numero adeguato di persone qualificate per seguire i casi; e, in America Latina, Africa e Asia, si avanza la richiesta di incrementare il numero dei tribunali – assenti in tante regioni –, e di concedere maggiore autorità alle istanze locali, formando meglio i sacerdoti. Altre risposte relativizzano la rilevanza di tale possibilità di snellimento, in quanto spesso i fedeli accettano la validità del loro matrimonio, riconoscendo che si tratta di un fallimento e non considerano onesto chiedere la dichiarazione di nullità. Molti fedeli considerano però valido il loro primo matrimonio perché non conoscono i motivi di invalidità. Talvolta, da parte di coloro che hanno divorziato, emerge la difficoltà di tornare sul passato, che potrebbe riaprire ferite dolorose personali e per il coniuge.

100. Molti avanzano richieste circa lo snellimento: processo canonico semplificato e più rapido; concessione di maggior autorità al vescovo locale; maggiore accesso dei laici come giudici; riduzione del costo economico del processo. In particolare, alcuni propongono di riconsiderare se sia veramente necessaria la doppia sentenza conforme, almeno quando non c’è richiesta di appello, obbligando però all’appello in certi casi il difensore del vincolo. Si propone anche di decentralizzare la terza istanza. In tutte le aree geografiche, si chiede un’impostazione più pastorale nei tribunali ecclesiastici, con una maggiore attenzione spirituale nei confronti delle persone.

101. Nelle risposte e nelle osservazioni, tenendo conto della vastità del problema pastorale dei fallimenti matrimoniali, ci si chiede se sia possibile far fronte ad esso soltanto per via processuale giudiziale. Si avanza la proposta di intraprendere una via amministrativa. In alcuni casi si propone di procedere a una verifica della coscienza delle persone interessate all’accertamento della nullità del vincolo. L’interrogativo è se vi siano altri strumenti pastorali per verificare la validità del matrimonio, da parte di presbiteri a ciò deputati. In generale, viene sollecitata una maggiore formazione specifica degli agenti pastorali in questo campo, in modo che i fedeli possano essere opportunamente aiutati.

102. Una più adeguata formazione dei fedeli riguardo ai processi di nullità aiuterebbe, in alcuni casi, ad eliminare difficoltà, come ad esempio quella di genitori che temono che un matrimonio nullo renda illegittimi i figli – segnalata da alcune Conferenze Episcopali africane. In molte risposte si insiste sul fatto che snellire il processo canonico sia utile solo se si affronta in modo integrale la pastorale familiare. Da parte di alcune Conferenze Episcopali asiatiche, si segnala il caso di matrimoni con non cristiani, che non vogliono cooperare al processo canonico.

La cura delle situazioni difficili

103. La carità pastorale spinge la Chiesa ad accompagnare le persone che hanno subito un fallimento matrimoniale e ad aiutarle a vivere la loro situazione con la grazia di Cristo. Una ferita più dolorosa si apre per le persone che si risposano entrando in uno stato di vita che non permette loro l’accesso alla comunione. Certamente, in questi casi, la Chiesa non deve assumere l’atteggiamento di giudice che condanna (cf. Papa Francesco, Omelia del 28 febbraio 2014), ma quello di una madre che sempre accoglie i suoi figli e cura le loro ferite in vista della guarigione (cf. EG 139-141). Con grande misericordia, la Chiesa è chiamata a trovare forme di “compagnia” con cui sostenere questi suoi figli in un percorso di riconciliazione. Con comprensione e pazienza, è importante spiegare che il non poter accedere ai sacramenti non significa essere esclusi dalla vita cristiana e dal rapporto con Dio.

104. In riferimento a queste situazioni complesse, tante risposte evidenziano la mancanza di un servizio di assistenza specifica nelle diocesi per queste persone. Molte Conferenze Episcopali ricordano l’importanza di offrire a questi fedeli una partecipazione attiva alla vita della Chiesa, attraverso gruppi di preghiera, momenti liturgici e attività caritative. Si indicano inoltre alcune iniziative pastorali, come per esempio una benedizione personale a chi non può ricevere l’Eucaristia o l’incoraggiamento alla partecipazione dei figli alla vita parrocchiale. Si sottolinea il ruolo dei movimenti di spiritualità coniugale, degli ordini religiosi e delle commissioni parrocchiali per la famiglia. Significativa è la raccomandazione della preghiera per le situazioni difficili, all’interno delle liturgie parrocchiali e diocesane, nella preghiera universale.

Non praticanti e non credenti che chiedono il matrimonio

105. Nel contesto delle situazioni difficili, la Chiesa s’interroga anche sull’azione pastorale da intraprendere nei confronti di quei battezzati che, sebbene non siano praticanti né credenti, chiedono di poter celebrare in chiesa il loro matrimonio. La quasi totalità delle risposte ha evidenziato che è molto più comune il caso di due cattolici non praticanti che decidono di contrarre matrimonio religioso, rispetto a quello di due non credenti dichiarati che richiedono il medesimo sacramento. Quest’ultima eventualità, seppur non ritenuta impossibile, è considerata assai remota. Più comune, invece, la richiesta di celebrazione canonica tra due nubendi, di cui uno solo cattolico, e spesso non praticante. Le motivazioni che inducono i cattolici non praticanti a riprendere i contatti con le proprie parrocchie, in vista della celebrazione del matrimonio, a giudizio di tutte le risposte che affrontano questo punto, nella maggioranza dei casi, risiedono nel fascino legato all’“estetica” della celebrazione (atmosfera, suggestione, servizio fotografico, ecc.) e, parimenti, in un condizionamento proveniente dalla tradizione religiosa delle famiglie di appartenenza dei nubendi. Molte volte la festa e gli aspetti esteriori tradizionali prevalgono sulla liturgia e sull’essenza cristiana di quanto viene celebrato. L’unanimità delle risposte indica questa opportunità come una occasione propizia per l’evangelizzazione della coppia, raccomandando, in tal senso, la massima accoglienza e disponibilità da parte dei parroci e degli operatori della pastorale familiare.

106. Secondo un cospicuo numero di risposte, e ancor più di osservazioni, di varia provenienza geografica, la preparazione al matrimonio religioso non dovrebbe comportare solo momenti catechistici, ma anche occasioni di scambio e di conoscenza tra le persone, che i pastori potrebbero favorire maggiormente. D’altra parte, varie risposte, sia dall’Oriente che dall’Occidente, hanno riscontrato una certa frustrazione da parte di alcuni parroci nel vedere molto spesso un innegabile insuccesso del loro sforzo pastorale, dal momento che un numero molto esiguo di coppie continua a mantenere qualche rapporto con la parrocchia di riferimento, dopo la celebrazione del matrimonio.

107. Molte risposte hanno denunciato una diffusa inadeguatezza degli attuali cammini formativi matrimoniali a condurre i nubendi ad una vera visione di fede. Gli incontri, nella maggioranza dei casi, sono impostati e recepiti come unicamente funzionali alla recezione del sacramento. Proprio perché tra i non praticanti, al termine dell’accompagnamento formativo previo alla ricezione del matrimonio, si è riscontrata un’alta percentuale di ritorno al precedente stato di vita, si è avvertita la necessità – specialmente in America Latina – di migliorare, incentivare e approfondire la pastorale e l’evangelizzazione dei bambini e della gioventù in genere. Quando una coppia di credenti non praticanti riprende contatto con la parrocchia, per la celebrazione del matrimonio, si evidenzia, da più parti, che il tempo per riprendere un autentico cammino di fede non è sufficiente, pur prendendo parte agli incontri pre-matrimoniali.

108. Imprescindibile, infatti, secondo la maggioranza delle risposte, è giudicata la necessità di seguire la coppia anche dopo il matrimonio, attraverso incontri mirati di accompagnamento. Inoltre, specialmente dalle Conferenze Episcopali dell’Europa occidentale e meridionale, è stata ribadita con una certa forza, in particolari casi di immaturità da parte dei nubendi, la necessità di valutare la scelta di sposarsi senza la celebrazione dell’Eucaristia. Secondo alcuni episcopati dell’Europa del Nord e dell’America settentrionale, quando si è posti di fronte all’evidenza che la coppia non capisca o non accetti gli insegnamenti basilari della Chiesa riguardo ai beni del matrimonio ed ai relativi impegni, sarebbe opportuno suggerire di posticipare la celebrazione delle nozze, pur sapendo già in anticipo di indurre con questo genere di proposta a incomprensioni e malumori. Tale soluzione comporterebbe anche il pericolo di un rigorismo poco misericordioso.

109. Alcuni episcopati dell’Asia orientale e meridionale riferiscono di richiedere come prerequisito alla celebrazione del matrimonio una partecipazione attiva alla vita pastorale della parrocchia. Anche in questo caso, tuttavia, si è riscontrata nella stragrande maggioranza dei casi la cessazione di tale partecipazione, una volta ottenuta la celebrazione del sacramento. Generalmente si riscontra una universale disomogeneità, già all’interno delle singole diocesi, per quanto riguarda la cura, la preparazione e l’organizzazione degli incontri formativi precedenti alla celebrazione del matrimonio. Quasi sempre, tutto viene demandato alle iniziative, felici o meno, dei singoli pastori. Una Conferenza Episcopale europea tratteggia lo stile e il modo con cui si dovrebbero tenere gli incontri in preparazione al matrimonio attraverso una sequenza di verbi programmatici: proporre, non imporre; accompagnare, non spingere; invitare, non espellere; inquietare, mai disilludere.

B. Circa le unioni tra persone dello stesso sesso

Riconoscimento civile

110. Nelle risposte delle Conferenze Episcopali, circa le unioni tra persone dello stesso sesso, ci si riferisce all’insegnamento della Chiesa. «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. […] nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali “devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione”» (CDF, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali, 4). Dalle risposte si può evincere che il riconoscimento da parte della legge civile delle unioni fra persone dello stesso sesso dipende in buona parte dal contesto socio-culturale, religioso e politico. Le Conferenze Episcopali segnalano tre contesti: un primo è quello in cui prevale un atteggiamento repressivo e penalizzante nei confronti del fenomeno dell’omosessualità in tutte le sue sfaccettature. Questo vale in particolare là dove la manifestazione pubblica dell’omosessualità è vietata dalla legge civile. Alcune risposte indicano che anche in questo contesto ci sono forme di accompagnamento spirituale di singole persone omosessuali che cercano l’aiuto della Chiesa.

111. Un secondo contesto è quello in cui il fenomeno dell’omosessualità presenta una situazione fluida. Il comportamento omosessuale non viene punito, ma tollerato solo fin quando non diventa visibile o pubblico. In questo contesto, di solito, non esiste una legislazione civile riguardo alle unioni tra persone dello stesso sesso. Specialmente in Occidente, nell’ambito politico, però, vi è un orientamento crescente verso l’approvazione di leggi che prevedono le unioni registrate o il cosiddetto matrimonio tra persone dello stesso sesso. A sostegno di tale visione si adducono motivi di non discriminazione; atteggiamento che viene percepito dai credenti e da gran parte dell’opinione pubblica, in Europa centro-orientale, come un’imposizione da parte di una cultura politica o estranea.

112. Un terzo contesto è quello in cui gli Stati hanno introdotto una legislazione che riconosce le unioni civili o i matrimoni tra persone omosessuali. Ci sono Paesi in cui si deve parlare di una vera e propria ridefinizione del matrimonio, che riduce la prospettiva sulla coppia ad alcuni aspetti giuridici, come l’uguaglianza dei diritti e della “non discriminazione”, senza che ci sia un dialogo costruttivo sulle questioni antropologiche coinvolte, e senza che al centro vi sia il bene integrale della persona umana, in particolare il bene integrale dei bambini all’interno di queste unioni. Dove c’è una equiparazione giuridica tra matrimonio eterosessuale ed omosessuale, lo Stato spesso permette l’adozione di bambini (bambini naturali di uno dei partner o bambini nati tramite fecondazione artificiale). Questo contesto è particolarmente presente nell’area anglofona e nell’Europa centrale.

La valutazione delle Chiese particolari

113. Tutte le Conferenze Episcopali si sono espresse contro una “ridefinizione” del matrimonio tra uomo e donna attraverso l’introduzione di una legislazione che permette l’unione tra due persone dello stesso sesso. Vi sono ampie testimonianze dalle Conferenze Episcopali sulla ricerca di un equilibrio tra l’insegnamento della Chiesa sulla famiglia e un atteggiamento rispettoso e non giudicante nei confronti delle persone che vivono in queste unioni. Nell’insieme, si ha l’impressione che le reazioni estreme nei confronti di queste unioni, sia di accondiscendenza che di intransigenza, non abbiano facilitato lo sviluppo di una pastorale efficace, fedele al Magistero e misericordiosa nei confronti delle persone interessate.

114. Un fattore che certamente interroga l’azione pastorale della Chiesa e rende complessa la ricerca di un atteggiamento equilibrato nei confronti di questa realtà, è la promozione della ideologia del gender, che in alcune regioni tende ad influenzare anche l’ambito educativo primario, diffondendo una mentalità che, dietro l’idea di rimozione dell’omofobia, in realtà propone un sovvertimento della identità sessuale.

115. Circa le unioni tra persone dello stesso sesso, molte Conferenze Episcopali forniscono diverse informazioni. Nei Paesi in cui esiste una legislazione delle unioni civili, molti fedeli si esprimono in favore di un atteggiamento rispettoso e non giudicante nei confronti di queste persone, e in favore di una pastorale che cerchi di accoglierle. Questo non significa, però, che i fedeli siano a favore di una equiparazione tra matrimonio eterosessuale e unioni civili fra persone dello stesso sesso. Alcune risposte ed osservazioni esprimono la preoccupazione che l’accoglienza nella vita ecclesiale delle persone che vivono in queste unioni potrebbe essere intesa come un riconoscimento della loro unione.

Alcune indicazioni pastorali

116. Riguardo alla possibilità di una pastorale verso queste persone, bisogna distinguere tra quelle che hanno fatto una scelta personale, spesso sofferta, e la vivono con delicatezza per non dare scandalo ad altri, e un comportamento di promozione e pubblicità attiva, spesso aggressiva. Molte Conferenze Episcopali sottolineano che, essendo il fenomeno relativamente recente, non esistono programmi pastorali al riguardo. Altre ammettono un certo disagio di fronte alla sfida di dover coniugare accoglienza misericordiosa delle persone e affermazione dell’insegnamento morale della Chiesa, con una appropriata cura pastorale che includa tutte le dimensioni della persona. Da qualche parte si raccomanda di non far coincidere l’identità di una persona con espressioni quali “gay”, “lesbica” o “omosessuale”.

117. Molte risposte e osservazioni richiedono una valutazione teologica che dialoghi con le scienze umane, per sviluppare una visione più differenziata del fenomeno dell’omosessualità. Non mancano richieste volte ad approfondire, anche attraverso organismi specifici, come ad esempio le Pontificie Accademie delle Scienze e per la Vita, il senso antropologico e teologico della sessualità umana e della differenza sessuale tra uomo e donna, in grado di far fronte alla ideologia del gender.

118. La grande sfida sarà lo sviluppo di una pastorale che riesca a mantenere il giusto equilibrio tra accoglienza misericordiosa delle persone ed accompagnamento graduale verso un’autentica maturità umana e cristiana. Alcune Conferenze Episcopali fanno riferimento, in questo contesto, a certe organizzazioni come modelli riusciti di una tale pastorale.

119. Si presenta, in modo sempre più urgente, la sfida dell’educazione sessuale nelle famiglie e nelle istituzioni scolastiche, particolarmente nei Paesi in cui lo Stato tende a proporre, nelle scuole, una visione unilaterale e ideologica della identità di genere. Nelle scuole o nelle comunità parrocchiali, si dovrebbero attivare programmi formativi per proporre ai giovani una visione adeguata della maturità affettiva e cristiana, in cui affrontare anche il fenomeno dell’omosessualità. Allo stesso tempo, le osservazioni dimostrano che non esiste ancora un consenso nella vita ecclesiale riguardo alle modalità concrete dell’accoglienza delle persone che vivono in tali unioni. Il primo passo di un processo lento sarebbe quello dell’informazione e dell’individuazione di criteri di discernimento, non soltanto a livello dei ministri e degli operatori pastorali, ma anche a livello dei gruppi o movimenti ecclesiali.

Trasmissione della fede ai bambini in unioni di persone dello stesso sesso

120. Si deve rilevare che le risposte pervenute si pronunciano contro una legislazione che permetta l’adozione di bambini da parte di persone in unione dello stesso sesso, perché vedono a rischio il bene integrale del bambino, che ha diritto ad avere una madre e un padre, come ricordato recentemente da Papa Francesco (cf. Discorso alla Delegazione dell’ufficio internazionale cattolico dell’infanzia, 11 aprile 2014). Tuttavia, nel caso in cui le persone che vivono in queste unioni chiedano il battesimo per il bambino, le risposte, quasi all’unanimità, sottolineano che il piccolo deve essere accolto con la stessa cura, tenerezza e sollecitudine che ricevono gli altri bambini. Molte risposte indicano che sarebbe utile ricevere delle direttive pastorali più concrete per queste situazioni. È evidente che la Chiesa ha il dovere di verificare le condizioni reali in vista della trasmissione della fede al bambino. Nel caso in cui si nutrano ragionevoli dubbi sulla capacità effettiva di educare cristianamente il bambino da parte di persone dello stesso sesso, se ne garantisca l’adeguato sostegno – come peraltro è richiesto ad ogni altra coppia che chiede il battesimo per i figli. Un aiuto, in tal senso, potrebbe venire anche da altre persone presenti nel loro ambiente familiare e sociale. In questi casi, la preparazione all’eventuale battesimo del bambino sarà particolarmente curata dal parroco, anche con un’attenzione specifica nella scelta del padrino e della madrina.

 

III PARTE
L’APERTURA ALLA VITA E LA RESPONSABILITÀ EDUCATIVA

Capitolo I
Le sfide pastorali circa l’apertura alla vita

121. In riferimento al tema della apertura alla vita, negli ultimi decenni, sono state sollevate obiezioni radicali. In questo campo si vanno a toccare dimensioni e aspetti dell’esistenza molto intimi, circa i quali si evidenziano le differenze sostanziali tra una visione cristiana della vita e della sessualità, ed una impostazione fortemente secolarizzata. Peraltro, già Paolo VI, pubblicando la lettera Enciclica Humanae Vitae, era ben consapevole delle difficoltà che le sue affermazioni avrebbero potuto suscitare nel tempo. Così, ad esempio, scriveva in quel documento: «Si può prevedere che questo insegnamento non sarà forse da tutti facilmente accolto: troppe sono le voci, amplificate dai moderni mezzi di propaganda, che contrastano con quella della Chiesa. A dir vero, questa non si meraviglia di essere fatta, a somiglianza del suo divin fondatore, “segno di contraddizione”, ma non lascia per questo di proclamare con umile fermezza tutta la legge morale, sia naturale, che evangelica» (HV 18).

122. L’Enciclica Humanae Vitae ha avuto un significato certamente profetico nel ribadire l’unione inscindibile tra l’amore coniugale e la trasmissione della vita. La Chiesa è chiamata ad annunciare la fecondità dell’amore, nella luce di quella fede che «aiuta a cogliere in tutta la sua profondità e ricchezza la generazione dei figli, perché fa riconoscere in essa l’amore creatore che ci dona e ci affida il mistero di una nuova persona» (LF 52). Molte delle difficoltà evidenziate da risposte e osservazioni mettono in risalto il travaglio dell’uomo contemporaneo intorno al tema degli affetti, della generazione della vita, della reciprocità tra l’uomo e la donna, della paternità e della maternità.

Conoscenza e ricezione del Magistero sull’apertura alla vita

123. Le risposte relative alla conoscenza della dottrina della Chiesa sull’apertura alla vita degli sposi, con particolare riferimento all’Humanae Vitae, descrivono realisticamente il fatto che essa, nella stragrande maggioranza dei casi, non è conosciuta nella sua dimensione positiva. Coloro che affermano di conoscerla appartengono per lo più ad associazioni e gruppi ecclesiali particolarmente impegnati nella frequentazione delle parrocchie o in cammini di spiritualità familiare. Nella stragrande maggioranza delle risposte pervenute, si evidenzia come la valutazione morale dei differenti metodi di regolazione delle nascite venga oggi percepita dalla mentalità comune come un’ingerenza nella vita intima della coppia e una limitazione all’autonomia della coscienza. Certamente vi sono differenziazioni di posizione e atteggiamenti diversi tra i credenti intorno a questo tema, a seconda dei contesti geografici e sociali, fra chi si trova immerso in culture fortemente secolarizzate e tecnicizzate e chi vive in contesti semplici e rurali. Molte risposte riportano l’impressione che per parecchi cattolici il concetto di “paternità e maternità responsabile” inglobi la responsabilità condivisa di scegliere in coscienza il metodo più adeguato per la regolazione delle nascite, in base a una serie di criteri che vanno dalla efficacia alla tollerabilità fisica, passando per la reale praticabilità.

124. Soprattutto nelle osservazioni, si evidenzia la fatica a cogliere la distinzione tra i metodi naturali di regolamentazione della fertilità e la contraccezione, tanto che generalmente tale differenza viene tradotta mediaticamente nella terminologia di metodi contraccettivi “naturali” e “non naturali”. Da ciò, si comprende perché tale distinzione venga sentita come pretestuosa e i metodi “naturali” vengano ritenuti semplicemente inefficaci e impraticabili. I metodi naturali per la regolazione della fertilità non sono “tecniche” naturali che si applicano ad un problema per risolverlo: essi rispettano l’“ecologia umana”, la dignità della relazione sessuale fra i coniugi, e si inquadrano in una visione della coniugalità aperta alla vita. In questo senso, si differenziano dalla contraccezione e l’esperienza dimostra l’efficacia del loro impiego.

125. Risposte e osservazioni rilevano come sia percepita in modo forte la differenza tra metodi contraccettivi “abortivi” e “non abortivi”. Spesso è questo il criterio di giudizio utilizzato sulla bontà morale dei differenti metodi. Inoltre, nelle risposte pervenute, e soprattutto in diverse osservazioni, si fanno notare le difficoltà relative alla profilassi contro l’AIDS/HIV. Il problema appare grave in alcune zone del mondo dove tale malattia è molto diffusa. Si sente il bisogno che la posizione della Chiesa a questo proposito venga spiegata meglio, soprattutto di fronte a talune riduzioni caricaturali dei media. Proprio in ottemperanza ad uno sguardo personalistico e relazionale, sembra necessario non limitare la questione a problematiche meramente tecniche. Si tratta di accompagnare drammi che segnano profondamente la vita di innumerevoli persone, facendosi promotori di un modo veramente umano di vivere la realtà della coppia, in situazioni spesso ardue, che meritano la dovuta cura e un sincero rispetto.

Alcune cause della difficile ricezione

126. Tutte le risposte tendono a sottolineare come le difficoltà a recepire il messaggio della Chiesa sull’amore fecondo tra l’uomo e la donna si relazionano al grande divario tra la dottrina della Chiesa e l’educazione civile, soprattutto nelle aree geografiche maggiormente segnate dalla secolarizzazione. Le risposte provenienti dalle Conferenze Episcopali pongono prevalentemente l’accento sulla differente antropologia di fondo. Si rileva come vi siano grosse difficoltà nel saper esprimere adeguatamente la relazione tra l’antropologia cristiana e il senso della regolamentazione naturale della fertilità. La riduzione della problematica alla casistica non giova alla promozione di una visione ampia dell’antropologia cristiana. Spesso si fa notare come l’insegnamento della Chiesa venga sbrigativamente rifiutato dalla mentalità dominante come retrogrado, senza confrontarsi con le sue ragioni e con la sua visione dell’uomo e della vita umana.

127. In alcune risposte, si mette in relazione la diffusa mentalità contraccettiva con la presenza massiccia dell’ideologia del gender, che tende a modificare alcuni assetti fondamentali dell’antropologia, tra cui il senso del corpo e della differenza sessuale, sostituita con l’idea dell’orientamento di genere, fino a proporre il sovvertimento della identità sessuale. Emerge a questo proposito, da molte voci, la necessità di andare oltre le generiche condanne nei confronti di tale ideologia sempre più pervasiva, per rispondere in maniera fondata a tale posizione, oggi diffusa capillarmente in molte società occidentali. In tal senso, il discredito dato alla posizione della Chiesa in materia di paternità e maternità non è che un tassello di una mutazione antropologica che talune realtà molto influenti stanno promuovendo. La risposta, pertanto, non potrà essere solo relativa alla questione dei contraccettivi o dei metodi naturali, ma dovrà porsi al livello dell’esperienza umana decisiva dell’amore, scoprendo il valore intrinseco della differenza che segna la vita umana e la sua fecondità.

Suggerimenti pastorali

128. Dal punto di vista pastorale, le risposte, in moltissimi casi, indicano il bisogno di una maggiore diffusione – con linguaggio rinnovato, proponendo una coerente visione antropologica – di quanto affermato nell’Humanae Vitae, non limitandosi ai corsi prematrimoniali, ma anche attraverso percorsi di educazione all’amore. Alcune risposte suggeriscono che la presentazione dei metodi di regolazione naturale della fertilità avvenga in collaborazione con persone veramente preparate, sia dal punto di vista medico che pastorale. A tal scopo, s’insiste sulla collaborazione con centri universitari deputati allo studio e all’approfondimento di tali metodi, nell’ambito della promozione di una visione più ecologica dell’umano. Allo stesso modo, si suggerisce di dare più spazio a questa tematica nell’ambito della formazione dei futuri presbiteri nei seminari, dato che i sacerdoti risultano a volte impreparati ad affrontare tali temi, e talvolta offrono indicazioni inesatte e fuorvianti.

Circa la prassi sacramentale

129. Nell’ambito dei suggerimenti pastorali relativi all’apertura alla vita, s’incontra il tema della prassi sacramentale legata a queste situazioni, sia per quanto riguarda il sacramento della penitenza, che la partecipazione all’Eucaristia. A tal proposito, le risposte sono essenzialmente concordi nell’osservare come, nelle aree di forte secolarizzazione, in genere, le coppie non ritengano peccato l’uso dei metodi anticoncezionali; di conseguenza, si tende a non farne materia di confessione e ad accostarsi senza problemi all’Eucarestia. Diversamente, si sottolinea come permanga integra tra i fedeli la coscienza dell’aborto come peccato estremamente grave, sempre materia di confessione. Alcune risposte affermano che oggi “l’esame di coscienza” delle coppie cristiane si concentra sul rapporto tra i coniugi (infedeltà, mancanza di amore), trascurando piuttosto gli aspetti dell’apertura alla vita, a conferma della debolezza con cui spesso viene avvertito il rapporto fra il dono di sé all’altro nella fedeltà e la generazione della vita. Le risposte evidenziano pure come sia molto diversificato l’atteggiamento pastorale dei sacerdoti in riferimento a questo tema: tra chi assume una posizione di comprensione e di accompagnamento e chi, invece, si mostra molto intransigente o, al contrario, lassista. Si conferma così la necessità di rivedere la formazione dei presbiteri su tali aspetti della pastorale.

Promuovere una mentalità aperta alla vita

130. In alcune zone del mondo, la mentalità contraccettiva e la diffusione di un modello antropologico individualistico determinano un forte calo demografico, le cui conseguenze sociali e umane non vengono tenute adeguatamente in considerazione. Le politiche di denatalità cambiano la qualità del rapporto tra i coniugi e la relazione tra le generazioni. Pertanto, nell’ambito della responsabilità pastorale della Chiesa s’impone una riflessione su come poter sostenere una mentalità maggiormente aperta alla vita.

131. Molte risposte e osservazioni rilevano il legame fra apertura alla natalità e questione sociale e lavorativa: la promozione della natalità appare intrinsecamente connessa alla presenza di condizioni che consentano alle giovani coppie di assumere con libertà, responsabilità e serenità la scelta di generare ed educare dei figli. Asili nido, orari di lavoro flessibili, congedi parentali e facilità di reinserimento nella situazione lavorativa, appaiono condizioni decisive in merito. In tal senso, c’è anche una responsabilità civile dei cristiani nel promuovere leggi e strutture che favoriscano un approccio positivo nei confronti della vita nascente. Da un punto di vista più prettamente pastorale, nelle risposte si evidenzia l’utilità dei consultori familiari legati alle diocesi e delle associazioni di famiglie, che si rendano testimoni della bellezza e del valore dell’apertura alla vita. Si raccomanda che il Sinodo aiuti a riscoprire il senso antropologico profondo della moralità della vita coniugale, che, al di là di ogni moralismo, appare come una tensione sincera a vivere la bellezza esigente dell’amore cristiano tra l’uomo e la donna, valorizzato in vista dell’amore più grande, che giunge a «dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13). Non sono mancate risposte che invitano a riscoprire il senso della castità coniugale, in relazione all’autenticità dell’esperienza amorosa.

Capitolo II
La Chiesa e la famiglia di fronte alla sfida educativa

a) La sfida educativa in genere

La sfida educativa e la famiglia oggi

132. Le sfide che la famiglia deve affrontare in ambito educativo sono molteplici; spesso, i genitori si sentono impreparati davanti a questo compito. Il Magistero recente ha insistito sull’importanza dell’educazione, per la quale i coniugi ricevono anche una grazia singolare nel loro matrimonio. Nelle risposte ed osservazioni, si è sottolineato che l’educazione deve essere integrale, suscitando la grande domanda sulla verità, che può guidare nel cammino della vita (cf. Benedetto XVI, Discorso del 21 gennaio 2008), e che nasce sempre all’interno di un amore, a cominciare dell’esperienza di amore che vive il figlio accolto dai genitori (cf. Benedetto XVI, Discorso del 23 febbraio 2008). L’educazione consiste in una introduzione ampia e profonda nella realtà globale e in particolare nella vita sociale, ed è responsabilità primaria dei genitori, che lo Stato deve rispettare, custodire e promuovere (cf. GE 3; FC 37). Papa Francesco ha sottolineato l’importanza dell’educazione nella trasmissione della fede: «I genitori sono chiamati, secondo una parola di sant’Agostino, non solo a generare i figli alla vita, ma a portarli a Dio affinché, attraverso il battesimo, siano rigenerati come figli di Dio e ricevano il dono della fede» (LF 43).

Trasmissione della fede e iniziazione cristiana

133. L’azione pastorale della Chiesa è chiamata ad aiutare le famiglie nel loro compito educativo, a cominciare dall’iniziazione cristiana. La catechesi e la formazione parrocchiale sono strumenti indispensabili per sostenere la famiglia in questo compito educativo, in particolare in occasione della preparazione a battesimo, cresima ed Eucaristia. A fianco della famiglia e della parrocchia, si evidenzia la fecondità della testimonianza dei movimenti di spiritualità familiare e delle aggregazioni laicali, all’interno delle quali tende sempre più a svilupparsi un “ministero di coppia”, dove i formatori delle famiglie portano avanti la crescita della Chiesa domestica attraverso incontri personali e tra famiglie, soprattutto curando la preghiera.

134. L’educazione cristiana in famiglia si realizza, anzitutto, attraverso la testimonianza di vita dei genitori nei confronti dei figli. Alcune risposte ricordano che il metodo di trasmissione della fede non muta nel tempo, pur adattandosi alle circostanze: cammino di santificazione della coppia; preghiera personale e familiare; ascolto della Parola e testimonianza della carità. Là dove si vive questo stile di vita, la trasmissione della fede è assicurata, anche se i figli sono sottoposti a pressioni di segno opposto.

Alcune difficoltà specifiche

135. La sfida dell’educazione cristiana e della trasmissione della fede è spesso segnata, in molti Paesi, dal profondo cambiamento del rapporto tra le generazioni, che condiziona la comunicazione dei valori nella realtà familiare. In passato, questo rapporto stava alla base di una vita di fede condivisa e comunicata come patrimonio tra una generazione e l’altra. Tutti gli episcopati, e tante osservazioni, rilevano i profondi mutamenti a tale proposito, e il loro influsso sulla responsabilità educativa della famiglia; anche se è inevitabile notare delle differenziazioni a seconda degli elementi tradizionali ancora presenti nella propria società o degli sviluppi dei processi di secolarizzazione. Gli episcopati dell’Europa occidentale ricordano come, negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso, vi sia stato un forte conflitto generazionale. Oggi, anche forse sotto il condizionamento di quelle esperienze, i genitori appaiono molto cauti nello spingere i figli alla pratica religiosa. Proprio in questo campo si cerca di evitare conflitti, piuttosto che di affrontarli. Inoltre, sui temi religiosi, gli stessi genitori si sentono spesso insicuri, cosicché proprio nel trasmettere la fede essi restano spesso senza parole e delegano questo compito, anche se lo ritengono importante, ad istituzioni religiose. Questo sembra attestare una fragilità degli adulti e soprattutto dei giovani genitori a trasmettere con gioia e convinzione il dono della fede.

136. Si rileva dalle risposte come le scuole cattoliche, nei loro diversi livelli, svolgano un ruolo importante nella trasmissione della fede ai giovani e siano di grande aiuto al compito educativo dei genitori. Si raccomanda che esse vengano incrementate e sostenute da tutta la comunità ecclesiale. Ciò risulta particolarmente rilevante in quelle situazioni in cui lo Stato è particolarmente invasivo nei processi educativi, cercando di esautorare la famiglia dalla propria responsabilità educativa. In tal senso, la scuola cattolica esprime la libertà di educazione, rivendicando il primato della famiglia come vero soggetto del processo educativo, a cui le altre figure in gioco nell’educazione devono concorrere. Si chiede una maggiore collaborazione tra famiglie, scuole e comunità cristiane.

137. Il compito della famiglia nella trasmissione ed educazione alla fede è sentito ancora più importante nelle regioni in cui i cristiani sono minoritari, come viene ricordato dagli episcopati del Medio Oriente. Un’esperienza dolorosa viene segnalata nelle risposte provenienti dai Paesi dell’Europa dell’Est: le generazioni più anziane hanno vissuto la vita nel socialismo, avendo ricevuto i fondamenti cristiani prima dell’avvento di quel regime. La giovane generazione, invece, è cresciuta in un clima postcomunista, segnato da forti processi di secolarizzazione. Tutto ciò ha negativamente condizionato la trasmissione della fede. Le giovani generazioni, comunque, sono sensibili soprattutto all’esempio e alla testimonianza dei genitori. In genere, le famiglie che partecipano ai movimenti ecclesiali sono quelle più attive nel cercare di trasmettere la fede alle nuove generazioni. In alcune risposte, si trova un certo paradosso educativo riguardo alla fede: in diverse realtà ecclesiali non sono i genitori a trasmettere la fede ai figli, ma viceversa, sono i figli che, abbracciandola, la comunicano a genitori che da tempo hanno lasciato la pratica cristiana.

b) L’educazione cristiana in situazioni familiari difficili

138. Se la trasmissione della fede e l’educazione cristiana risultano inseparabili dall’autentica testimonianza di vita, si comprende come le situazioni difficili in seno al nucleo familiare acuiscano la complessità del processo educativo. In tal senso, una maggiore attenzione pastorale circa l’educazione cristiana va rivolta a quelle realtà familiari i cui figli possono particolarmente risentire della situazione dei genitori, definita come irregolare. A questo proposito si auspica l’utilizzo di espressioni che non diano la percezione di una distanza, ma di un’inclusione; che possano maggiormente trasmettere accoglienza, carità e accompagnamento ecclesiale, in modo da non generare, soprattutto nei bambini e nei ragazzi coinvolti, l’idea di un rifiuto o di una discriminazione dei loro genitori, nella consapevolezza che “irregolari” sono le situazioni, non le persone.

Una visione generale della situazione

139. Il panorama attuale dell’educazione è alquanto complesso e mutevole. Ci sono regioni in cui la fede cattolica continua a ricevere un alto consenso, ma dove il numero di bambini e ragazzi nati e cresciuti in famiglie regolari è in netta decrescita. In altre regioni le Chiese particolari devono affrontare altre sfide educative in un contesto in cui le convivenze extra-matrimoniali, l’omosessualità o i matrimoni civili non sono permessi. Sebbene con gradi diversi, tuttavia, la Chiesa incontra queste situazioni difficili o irregolari ormai ovunque. Questo fenomeno, anche là dove è ancora consistente la presenza di nuclei biparentali regolarmente uniti col matrimonio religioso, è in aumento.

140. Dalle risposte, emergono tre elementi a proposito delle situazioni irregolari e della loro incidenza sull’educazione. Circa le unioni fra persone dello stesso sesso, dalle risposte si evince che questa realtà, ancora circoscritta a Paesi “liberal-progressisti”, al momento, non suscita interrogativi pastorali specifici. Su alcune indicazioni pastorali si è già fatto cenno al termine della II parte. Un secondo elemento da considerare è l’attuale esistenza e l’accrescersi di nuclei monoparentali: spesso si tratta di madri con figli minorenni a carico, in contesti di povertà. Il fenomeno interpella soprattutto le sensibilità delle Chiese dell’America Latina e dell’Asia dove, non di rado, queste mamme sono costrette a delegare l’educazione dei figli al clan familiare. In terzo luogo, ha una grande rilevanza, nel Sud del mondo, il fenomeno dei “bambini di strada”, lasciati a se stessi da genitori in difficoltà, orfani per la morte violenta dei genitori, talvolta affidati ai nonni.

Le richieste rivolte alla Chiesa

141. In linea generale, dall’analisi delle risposte, si ricava l’idea che i genitori in situazioni irregolari si rivolgono alla Chiesa con atteggiamenti molto differenti, a seconda dei sentimenti e delle motivazioni che li animano. Vi è chi nutre molto rispetto e fiducia verso la Chiesa e, al contrario, chi mostra un atteggiamento negativo a causa della vergogna provata per le scelte fatte, o chi esita ad avvicinarsi per paura di essere respinto o marginalizzato. Mentre taluni ritengono che la comunità ecclesiale li possa comprendere ed accogliere benevolmente, malgrado i loro fallimenti e le difficoltà, altri giudicano la Chiesa un’istituzione che s’intromette troppo nello stile di vita delle persone, oppure sono convinti che essa sia una sorta di tutore che deve garantire educazione e accompagnamento, ma senza avanzare troppe pretese.

142. La principale e più diffusa richiesta, che i genitori in queste situazioni di vita rivolgono alle Chiese particolari, è quella dell’amministrazione dei sacramenti ai figli, specialmente il battesimo e la prima comunione, con una difficoltà netta, però, a riservare la debita importanza e il giusto valore alla formazione religiosa e alla partecipazione alla vita parrocchiale. Molti sanno che la catechesi è un prerequisito per ricevere i sacramenti, ma più che un’opportunità la ritengono un obbligo, una formalità o un compromesso da accettare perché il figlio possa ricevere ciò che è stato chiesto. Le risposte fanno notare che di frequente si riscontrano reticenza e disinteresse da parte dei genitori nei confronti del percorso di preparazione cristiana proposto dalle comunità. L’esito è che sovente i genitori, se possono, evitano di partecipare ai cammini previsti per i figli e per loro, giustificandosi con ragioni di tempo e di lavoro, mentre spesso si tratta di noncuranza e di ricerca di soluzioni più comode o rapide. Talvolta essi manifestano anche atteggiamenti negativi di fronte alle richieste dei catechisti. In altri casi, è palese la loro indifferenza, perché permangono sempre passivi nei confronti di qualsiasi iniziativa, e non si coinvolgono nell’educazione religiosa del figlio.

143. Ciò che emerge dall’analisi dei dati è che moltissimi di questi genitori, come del resto una buona porzione di genitori cattolici regolarmente sposati, chiedono per i figli l’iniziazione ai sacramenti per non venire meno ad un’abitudine, a un costume tipico della società. Il sacramento rappresenta ancora per molti una festa tradizionale, che essi chiedono più per conformazione ad una consuetudine familiare e sociale, che per convinzione. Tuttavia vi sono genitori che desiderano sinceramente trasmettere la fede ai figli, e per questo si affidano agli itinerari di formazione che la parrocchia propone in vista dell’amministrazione dei sacramenti. Talvolta essi stessi chiedono di essere aiutati ad uscire dalle situazioni che li rendono fragili, sono disposti a iniziare un autentico cammino di spiritualità e desiderano partecipare attivamente alla vita della Chiesa, lasciandosi coinvolgere nel percorso catechetico-sacramentale dei figli. Non sono rari i casi in cui i genitori riscoprono la fede in modo più genuino, qualche volta arrivando fino a chiedere il matrimonio dopo anni di convivenza.

144. Dalle risposte sono stati censiti anche altri generi di richieste, che i genitori in situazioni irregolari presentano alla Chiesa. In particolari realtà culturali, capita che essi domandino i sacramenti per i figli per motivi di superstizione o per evitare il permanere nel paganesimo. In altre circostanze essi si rivolgono ai sacerdoti locali semplicemente per poter ricevere un sostegno economico ed educativo. Diminuisce generalmente la richiesta della Confermazione per i propri figli, soprattutto nei Paesi più secolarizzati. Si diffonde l’idea che sia bene accordare ai ragazzi la libertà e la responsabilità di cominciare il percorso di iniziazione alla vita cristiana. Una difficoltà si presenta quando i genitori divorziati sono in disaccordo riguardo al percorso di iniziazione cristiana del figlio; in questi casi, la Chiesa è chiamata ad assumere un ruolo di mediazione importante, attraverso la comprensione e il dialogo.

145. Per quanto riguarda la richiesta dell’insegnamento della religione cattolica ai propri figli, dalle risposte e dalle osservazioni pervenute, s’individuano due tipologie. Da un lato vi sono casi in cui è possibile richiedere di avvalersi o meno dell’insegnamento della religione cattolica a scuola, al di là della catechesi parrocchiale. Optano per tale richiesta, in genere, anche i genitori che vivono in situazioni irregolari e, specie in Europa, molti tra i non cattolici o i non battezzati. Nel corso degli ultimi anni, in alcune aree di Paesi europei, si è accresciuto il numero degli iscritti all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche. Dall’altra parte, vi sono alcuni sistemi scolastici di base (come quello australiano), che offrono la possibilità di una buona educazione alla fede ed istruzione religiosa. In questi casi, molti genitori in situazioni irregolari, quando il figlio è battezzato, si avvalgono facilmente della possibilità di seguire i programmi di formazione cristiana offerti dalla stessa scuola, che preparano a ricevere i sacramenti senza dover prendere parte ai percorsi di catechesi parrocchiale. Altra ancora è la realtà delle scuole cattoliche e collegi cattolici presenti e attivi in tutti i continenti. Ad essi, i figli di genitori in situazioni irregolari possono iscriversi senza pregiudiziali. In effetti, risulta che si rivolgono volentieri ad essi, principalmente perché sanno che riceveranno sostegno e collaborazione nell’opera educativa dei figli. In Africa, le scuole cattoliche costituiscono dei luoghi importanti per l’educazione cristiana dei bambini. È stata scarsamente affrontata, nelle risposte, la questione dell’incidenza dell’insegnamento della religione cattolica nel percorso di educazione alla fede. Si segnalano tentativi di lavoro congiunto tra catechesi parrocchiale, attività scolastiche e istruzione religiosa, lavorando maggiormente in questo campo. Questa sembra essere la via da favorire specialmente là dove l’insegnamento della religione cattolica si limita all’aspetto intellettuale.

Le risposte delle Chiese particolari

146. Le Chiese particolari si sono impegnate per accompagnare le famiglie e, con loro, anche le situazioni irregolari. Quando i  genitori, di solito dopo un allontanamento dalla Chiesa, vi si avvicinano e chiedono alla comunità ecclesiale la preparazione sacramentale per i loro figli, l’approccio più proficuo registrato nelle risposte è quello dell’accoglienza senza pregiudizi. Ciò significa che il rispetto, l’apertura benevola e l’ascolto dei bisogni umani e spirituali si dimostrano attitudini fondamentali per creare un ambiente favorevole e adatto alla comunicazione del messaggio evangelico. Tra le esperienze ecclesiali efficaci e significative, finalizzate a sostenere il percorso di questi genitori, sono state evidenziate: le catechesi comunitarie e familiari; i movimenti di sostegno alla pastorale coniugale; le messe domenicali; le visite alle famiglie; i gruppi di preghiera; le missioni popolari; la vita delle comunità ecclesiali di base; i gruppi di studio biblico; le attività e la pastorale dei movimenti ecclesiali; la formazione cristiana offerta ai genitori dei bambini e dei ragazzi, che frequentano i numerosi collegi e i centri di educazione cattolica, soprattutto in America Latina. Molte volte sono i figli ad evangelizzare i genitori.

147. Nonostante quanto si è detto, non poche risposte notano che la pastorale attuale della Chiesa non sempre è in grado di accompagnare in modo adeguato queste specifiche realtà familiari. L’azione pastorale necessiterebbe di rinnovamento, di creatività e di gioia per essere più incisiva e propositiva nel creare un rapporto di osmosi tra formazione dei ragazzi, formazione alla fede dei genitori e vita comunitaria. Esistono nuove iniziative che si muovono in questa direzione: i momenti formativi, di preghiera e di ritiro, destinati ai genitori, spesso in contemporanea alla catechesi sacramentale dei figli; le “scuole per genitori”; i programmi catechetici sulla morale familiare e sessuale; l’opportunità di riunire più coppie di sposi in una medesima celebrazione del matrimonio (mass-marriage), per andare incontro anche al problema finanziario, che talvolta rallenta e scoraggia la richiesta del matrimonio, come ad esempio in Nigeria e Sud Africa. Alcuni rilevano che si tratta, comunque, di offerte ancora non pienamente strutturate.

148. Dalle risposte ai questionari emerge che, se da un lato l’accompagnamento dei genitori dipende dalla disponibilità a lasciarsi coinvolgere e guidare, la loro cura nasce principalmente dal senso di responsabilità, dalla sollecitudine dei sacerdoti locali e dalla loro capacità di coinvolgere il più possibile l’intera comunità parrocchiale. Nelle parrocchie tedesche, per esempio, sia i bambini che i genitori sono seguiti da un gruppo di catechisti che li accompagnano lungo tutto il percorso catechistico. Nelle grandi città sembra più complesso riuscire ad attuare un approccio pastorale personalizzato. In ogni caso, rappresenta una sfida la possibilità di avvicinare con profonda attenzione queste sorelle e fratelli, di seguirli, di ascoltarli, di aiutarli ad esprimere le domande che stanno loro a cuore, di proporre un itinerario che possa far rinascere il desiderio di un approfondimento della relazione con il Signore Gesù, anche mediante autentici legami comunitari. Andrebbero incentivate le iniziative già esistenti, come quella promossa da alcune Conferenze Episcopali sudamericane, che producono e offrono sussidi formativi per aiutare questi genitori nell’educazione dei figli.

149. Le Chiese particolari sanno bene che non sono i bambini o i ragazzi ad aver colpa delle scelte o del vissuto dei propri genitori. Ovunque, perciò, i figli sono accolti senza distinzioni rispetto agli altri, con lo stesso amore e la stessa attenzione. L’offerta formativa cristiana che viene loro proposta non si differenzia dalle iniziative di catechesi e di attività pastorale rivolte ai ragazzi dell’intera comunità: la catechesi; le scuole di preghiera; l’iniziazione alla liturgia; i gruppi, specialmente l’infanzia missionaria in America Latina; le scuole di teatro biblico e i cori parrocchiali; le scuole e i campi parrocchiali; i gruppi giovanili. Si fa notare che non ci sono attività speciali che possano essere di sostegno a questi bambini per rimarginare o elaborare le loro ferite. Si auspica la promozione di itinerari a loro favore, l’organizzazione di percorsi di sostegno, specialmente nel periodo difficile della separazione e del divorzio dei genitori, momento in cui devono poter continuare a sperare nei legami familiari nonostante il fatto che i genitori si separino. In una diocesi nord-europea, in cui il tasso di bambini figli di divorziati è molto alto, per andare incontro ai problemi di queste realtà familiari e alla fatica dei ragazzi, che nei fine settimana non possono sempre partecipare alla catechesi, alcuni parroci organizzano la catechesi a fine settimana alterni, così che i bambini possano sempre partecipare, senza sentirsi diversi.

150. Oltre che dalle parrocchie, dalle associazioni e dai movimenti, un apporto valido è offerto a questi genitori e ai loro figli dall’apostolato degli istituti religiosi femminili, soprattutto là dove vi sono forme di estrema povertà, di intolleranza religiosa o di sfruttamento della donna; dall’Opera della Propagazione della Fede che contribuisce all’educazione e formazione cristiana di bambini, anche di quelli con genitori in situazioni irregolari, tramite sussidi ordinari e straordinari.

Tempi e modi dell’iniziazione cristiana dei bambini

151. Per l’iter di preparazione ai sacramenti e per la pratica sacramentale ci si attiene a quanto indicato dalle norme canoniche, dalle Conferenze Episcopali e dalle linee direttive diocesane. Non è previsto un cammino di preparazione alternativo a quello dei figli di famiglie regolari. Pertanto, in linea di massima, si segue il percorso classico che prevede la preparazione al sacramento del battesimo mediante incontri con i genitori; ad esso segue la catechesi ordinata e progressiva secondo l’età per la preparazione, in circa tre o quattro anni, agli altri sacramenti dell’iniziazione cristiana, sempre se i genitori chiedono che i figli li possano ricevere. Dopo la confermazione, in alcune diocesi, il percorso formativo prosegue con esperienze pastorali come la solenne professione di fede e specifiche iniziative per i gruppi giovanili. In generale, dopo la confermazione, si assiste sia a un brusco calo nella frequenza, imputato talora ad una catechesi poco adatta ai giovani, sia all’abbandono della pratica sacramentale, da attribuire alle scarse motivazioni personali. Ciò conferma il mancato ancoraggio alla fede e la mancanza di accompagnamenti personalizzati. Le variazioni che intercorrono tra le Chiese particolari e le diverse Chiese Orientali Cattoliche, in merito a questi temi, possono essere legate all’ordine in cui i sacramenti vengono amministrati, all’età in cui possono essere ricevuti, oppure all’organizzazione dei programmi catechistici, oltre che a scelte pastorali che dovrebbero incoraggiare ed aprire vie nuove di accompagnamento.

152. Vi è chi sostiene l’impegno a celebrare i sacramenti non ad un’età fissata in anticipo, ma tenendo conto della maturità spirituale dei ragazzi, sebbene tale pratica non di rado susciti difficoltà tra i genitori. In altri casi, i bambini di famiglie costituite irregolarmente ricevono il battesimo dopo tre-quattro anni di catechesi, all’età in cui i loro compagni sono ammessi alla prima comunione, come ad esempio stabilito da alcune Conferenze Episcopali africane. Quando i genitori chiedono il battesimo per i figli, ma si trovano in situazione di convivenza, vi sono Chiese in cui si opta per un accompagnamento personale dei genitori prima di amministrare il sacramento ai piccoli, con istruzioni che li guidano a riaccostarsi ai sacramenti, fino alla celebrazione del matrimonio. Solo dopo alcuni anni anche i figli riceveranno il battesimo. Questa prassi è attestata in alcuni Paesi africani e arabi. In altri Paesi il rigorismo pastorale circa il livello morale della vita dei genitori comporterebbe il rischio di negare ingiustamente i sacramenti ai bambini e fare discriminazione ingiusta tra diverse situazioni moralmente inaccettabili (punire per esempio i bambini per l’invalidità del matrimonio dei genitori, ma non prendere in considerazione la situazione di quelli che vivono di delinquenza e di sfruttamento). Sono pochi i casi in cui si fa riferimento al catecumenato per i bambini.

Alcune difficoltà specifiche

153. Le difficoltà che si rilevano a proposito della pratica sacramentale sollevano l’attenzione su aspetti delicati e nodi problematici per la prassi delle Chiese particolari. In relazione al sacramento del battesimo si denuncia, per esempio, l’atteggiamento di tolleranza con cui, a volte, viene amministrato ai figli di genitori in situazioni irregolari, senza percorsi formativi. Sullo stesso tema, si registrano casi in cui è stato rifiutato il percorso di iniziazione cristiana, perché uno dei due genitori era in situazione irregolare. Compare più volte, nelle risposte, il riferimento al forte disagio di genitori per non poter accedere al sacramento della penitenza e dell’Eucaristia, mentre i bambini sono invitati a partecipare ai sacramenti. Tale disagio è vissuto in proporzione alla comprensione o meno del senso della non ammissione, percepito solo in termini negativi, oppure all’interno di un possibile percorso di guarigione.

Alcune indicazioni pastorali

154. Appare sempre più necessaria una pastorale sensibile, guidata dal rispetto di queste situazioni irregolari, capace di offrire un fattivo sostegno all’educazione dei figli. Si avverte la necessità di un accompagnamento migliore, permanente e più incisivo verso i genitori che vivono queste situazioni. Poiché è alto il numero di quanti si riaffacciano alla fede in occasione della preparazione ai sacramenti dei figli, bisognerebbe pensare a livello locale ad opportuni cammini di riscoperta e di approfondimento della fede, che richiederebbero un’adeguata preparazione e una conveniente azione pastorale. Una segnalazione significativa è quella circa la ricomprensione del valore e del ruolo che assumono il padrino o la madrina nel cammino di fede dei bambini e dei ragazzi. I suggerimenti che provengono su questo tema spaziano dalla necessità di ripensare ai criteri per la loro scelta, resa sempre più complessa dal crescente numero di persone in situazioni irregolari, alla necessità di incentivare o rendere attiva la catechesi ai genitori e ai padrini e alle madrine, considerando l’alta percentuale di quanti non hanno neppure consapevolezza del significato del sacramento. Un accompagnamento pastorale specifico dovrà essere dedicato ai matrimoni misti e di disparità di culto, che spesso incontrano difficoltà rilevanti nell’educazione religiosa dei figli.

155. Ci si chiede, da parte delle Conferenze Episcopali, se non sia possibile avviare in ogni comunità cristiana coppie di sposi che possano seguire e sostenere il percorso di crescita delle persone interessate in maniera autentica, come madrine e padrini idonei. Nelle zone in cui i catechisti svolgono un ruolo importante e delicato, si suggerisce che vengano formati con più impegno e che siano scelti con maggior discernimento, giacché destano divisioni e perplessità i casi di catechisti che vivono in situazioni di irregolarità matrimoniale. Si rileva che la Chiesa dovrebbe prendere in considerazione maggiormente la qualità dell’offerta catechistica, e si chiede una formazione migliore ai catechisti, perché siano testimoni dalla vita credibile. Si fa notare la necessità di una più profonda necessità della preparazione ai sacramenti mediante l’evangelizzazione delle persone: occorrerebbe lavorare di più per una iniziazione alla fede e alla vita. Si chiede che sia garantita una pastorale appropriata ai genitori compresi nella fascia che va dal battesimo alla prima comunione del figlio. Si propone di organizzare, a livello di decanati-vicariati, degli incontri per chi vive o si trova ad affrontare problematiche familiari, ed insieme è chiamato ad educare alla fede i figli.

156. Le scuole cattoliche hanno una grande responsabilità verso questi bambini, ragazzi, giovani, figli di coppie in situazioni irregolari, che sono ormai presenti in numero elevato in esse. Al riguardo, la comunità educativa scolastica dovrebbe sempre più supplire al ruolo familiare creando un’atmosfera accogliente, capace di mostrare il volto di Dio. Si auspica, comunque, che la preparazione ai sacramenti si realizzi mediante una effettiva collaborazione tra la parrocchia e la scuola cattolica, per rafforzare il senso di appartenenza alla comunità. Si chiede che possano essere incentivati a tutti i livelli ecclesiali i cammini di educazione e formazione all’amore, all’affettività e alla sessualità per i bambini, i ragazzi e i giovani. La proposta di nuovi modelli di santità coniugale potrebbe favorire la crescita delle persone all’interno di un tessuto familiare valido, nelle sue trame di protezione, di educazione e d’amore.

157. Nei casi di alcune delle situazioni difficili, ad esempio di coppie di rifugiati o di migranti, la Chiesa dovrebbe offrire anzitutto un supporto materiale e psicologico, aiutando l’istruzione e la prevenzione degli abusi o sfruttamenti dei minori. Nel caso dei “nomadi”, che in genere chiedono il sacramento del battesimo per i loro figli, le Chiese particolari dovrebbero impegnarsi più intensamente per un accompagnamento spirituale della famiglia, perché possa completarsi l’intero arco di iniziazione cristiana.

CONCLUSIONE

158. L’ampio materiale pervenuto alla Segreteria del Sinodo dei Vescovi è stato organizzato in questo Instrumentum Laboris in modo da favorire il confronto e l’approfondimento previsto durante i lavori della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi. Certamente, la ricchezza di quanto è contenuto nelle risposte e nelle osservazioni è molto più ampia di quanto è stato qui riportato al fine di offrire un primo punto di riferimento per il dialogo sinodale. I tre grandi ambiti su cui la Chiesa intende sviluppare il dibattito per arrivare ad indicazioni che rispondano alle nuove domande presenti nel popolo di Dio sono, comunque, quelli qui richiamati: il Vangelo della famiglia da proporre nelle circostanze attuali; la pastorale familiare da approfondire di fronte alle nuove sfide; la relazione generativa ed educativa dei genitori nei confronti dei figli.

159. Concludiamo questo itinerario, in cui abbiamo colto gioie e speranze, ma anche incertezze e sofferenze nelle risposte e nelle osservazioni pervenute, tornando alle fonti della fede, della speranza e della carità: ci affidiamo alla Santissima Trinità, mistero di amore assoluto, che si è rivelato in Cristo e che ci è stato partecipato per mezzo dello Spirito Santo. L’amore di Dio risplende in modo peculiare nella famiglia di Nazareth, punto di riferimento sicuro e di conforto di ogni famiglia. In essa rifulge il vero amore a cui tutte le nostre realtà familiari devono guardare, per attingere luce, forza e consolazione. Alla Santa Famiglia di Nazareth vogliamo affidare la III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi, con le parole di Papa Francesco:


Preghiera alla Santa Famiglia

Gesù, Maria e Giuseppe,
in voi contempliamo
lo splendore dell’amore vero,
a voi con fiducia ci rivolgiamo.

Santa Famiglia di Nazareth,
rendi anche le nostre famiglie
luoghi di comunione e cenacoli di preghiera,
autentiche scuole del Vangelo
e piccole Chiese domestiche.

Santa Famiglia di Nazareth,
mai più nelle famiglie si faccia esperienza
di violenza, chiusura e divisione:
chiunque è stato ferito o scandalizzato
conosca presto consolazione e guarigione.

Santa Famiglia di Nazareth,
il prossimo Sinodo dei Vescovi
possa ridestare in tutti la consapevolezza
del carattere sacro e inviolabile della famiglia,
la sua bellezza nel progetto di Dio.

Gesù, Maria e Giuseppe,
ascoltate, esaudite la nostra supplica.

Amen.


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