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VISITA PASTORALE A VERONA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Basilica di San Zeno - Verona
Domenica, 17 aprile 1988

 

1. Cari fratelli e sorelle, membri dei consigli pastorali vicariali, responsabili della catechesi agli adulti e fedeli della parrocchia, sono lieto di porgervi il mio saluto in questa splendida Basilica, preziosa per insigni ed antiche opere d’arte, singolarmente cara alla devozione di tutti i veronesi.

Saluto il vostro Vescovo, il caro monsignor Amari, e lo ringrazio per le parole che mi ha rivolto, interpretando i vostri sentimenti ed informandomi circa la vostra attività a servizio della pastorale e dell’istruzione della vostra comunità diocesana.

L’odierna celebrazione assume un particolare significato per la suggestione del luogo in cui ci troviamo: la Chiesa che i vostri padri dedicarono a san Zeno, patrono di questa città e diocesi. Qui sono custodite le sue spoglie mortali. È proprio in questo luogo che noi raccogliamo la testimonianza della sua predicazione, trasmessa dai vivaci e concreti sermoni, che egli rivolse alla popolazione veronese del suo tempo, guidandola sulle vie del Vangelo. E la suggestione è accresciuta dal ricordo di un altro grande Vescovo, sant’Adalberto, di cui cinque anni fa avete solennemente commemorato il millennio della ordinazione episcopale, conferitagli proprio in questa vostra città. Così la figura del santo Vescovo di Praga, apostolo degli slavi, missionario e patrono della Polonia, si congiunge a quella di san Zeno, evangelizzatore di queste terre, e perciò vostro padre nella fede.

2. Sulla scia tracciata da tali evangelizzatori vi siete proposti, in questi anni, di porre un particolare impegno nella evangelizzazione e nella catechesi del mondo degli adulti, cercando in tutti i modi di trovare nuove occasioni di annuncio e di incontro. È una linea pastorale che incoraggio di cuore.

La parola di Dio, che abbiamo or ora ascoltata, ci offre utili indicazioni al riguardo. Innanzitutto con le appassionate espressioni di san Paolo, che ben potremmo immaginare sulle labbra del vostro patrono come rivolte a voi tutti, fedeli di questa Chiesa veronese, ed in modo particolare a voi, catechisti e operatori pastorali, che più direttamente collaborate all’edificazione di questa comunità cristiana.

Essere evangelizzatori efficaci nel nostro mondo, come lo furono san Paolo, san Zeno e sant’Adalberto nei loro tempi, è certo il desiderio più vivo che portate nel cuore. A questo desiderio sincero e profondo risponde con vivacità e immediatezza il quadro di vita, presentatoci dal Vangelo di Marco (Mc 6, 30-34). In una scena di rara efficacia, infatti, dove il ritmo incalzante degli eventi sembra sottolineare l’urgenza della missione, ci vengono offerti alcuni tratti essenziali dell’azione evangelizzatrice: il ritorno dei missionari da Gesù, il desiderio del Maestro di sostare con loro, la pressione della folla disorientata, la compassione di Cristo, che risponde al bisogno della gente con un prolungato insegnamento.

Identificandoci con i discepoli, anche noi possiamo davvero assumere questo racconto evangelico come un paradigma ed un programma per la nostra formazione al compito di annunciatori.

3. “Riferirono quanto avevano fatto e insegnato”. Mandati, con lo stesso potere di Gesù (Mc 6, 7), per quella missione di proclamazione della salvezza (Mc 6, 12-13) che costituiva la ragione primaria della loro chiamata (Mc 3, 14-15), ora gli apostoli si radunano nuovamente attorno al loro Maestro.

Come ogni missione evangelizzatrice deve partire dal Signore, così ogni esperienza di annuncio, una volta attuata, a lui deve tornare come al suo punto di riferimento e di confronto. Questo ritrovarsi degli evangelizzatori con Gesù appare come il momento di una seria verifica, in cui essi prendono coscienza della loro identità di “mandati”, approfondiscono il significato della loro missione, apprendono a lodare Dio e a gioire per le meraviglie da lui compiute.

Proprio a questa pedagogia evangelica ed ecclesiale occorre che si ispirino la vita e l’opera del catechista. In verità dai tempi in cui san Zeno predicava a difesa della fede cristiana, nel contesto confuso dell’eresia (S. Zenonis “Sermones”, II, 3), ed esortava ad abbracciarla con tenacia, a custodirla con ogni genere di virtù, ad applicarsi ad essa con coraggio, perché essa è il fondamento stabile della vita (cf. S. Zenonis “Sermones”, I, 36, 2), l’impegno della Chiesa veronese nell’opera di evangelizzazione non ha conosciuto soste, ed anche nei tempi recenti la catechesi si è fatta puntuale e costante veicolo di annuncio della parola di Dio.

Voglio solo ricordare la splendida fioritura di iniziative per l’educazione cristiana, la trasmissione della fede e la testimonianza della carità che ha contraddistinto nel secolo scorso la vostra comunità ecclesiale. A coronamento di questa lunga storia di evangelizzazione e di fede, oggi proporrò alla venerazione della Chiesa, come modelli di vita e di testimonianza cristiana, le figure a voi care di mons. Nascimbeni e di don Calabria.

Insieme possiamo davvero gioire e lodare il Signore per le cose stupende che egli ha compiuto in mezzo a voi e attraverso la vostra Chiesa. Voi siete oggi il segno vivo di una lunga tradizione, siete il ponte che Verona lancia verso le generazioni del suo futuro.

Voi lo guardate con motivata speranza, anche se lo vedete non privo di problemi e di interrogativi.

4. Proprio nella coscienza delle nuove sfide che la società e la cultura moderna lanciano alla fede tradizionale, la vostra Chiesa, in questi anni, ha fatto la scelta prioritaria di nuove forme di evangelizzazione e di catechesi per il mondo degli adulti.

L’impegnativo cammino iniziato ha già dato qualche frutto, ma ha anche messo in luce le molteplici difficoltà che l’evangelizzatore d’oggi deve affrontare. Avete così sentito il bisogno, in questo anno pastorale, di confrontare e verificare le iniziative di catechesi in atto, per valutare con cura in quali condizioni l’annuncio del mistero di Cristo può avere efficace riscontro nella complessa vita dell’adulto di oggi.

Mi compiaccio con voi e con voi lodo il Signore per questa rinnovata opera evangelizzatrice. Partecipo alle vostre difficoltà e desidero confortare ed incoraggiare il vostro cammino.

5. In questo incontro, però, Gesù maestro rivolge a voi un altro invito: “Venite in disparte . . . riposatevi un pò” (Mc 6, 31). È un richiamo che non si può eludere, perché in esso sta la segreta efficacia dell’azione apostolica.

La pressione delle folle, le esigenze immediate dell’operatività, la complessità dei problemi da affrontare possono esporre al pericolo della distrazione e della dispersione o indurre nella tentazione della illusione e dello scoraggiamento.

Occorre, quindi, che il discepolo si illumini costantemente nella contemplazione del mistero divino, dal quale e verso il quale tutta la sua azione si muove. Senza intimità con Cristo la parola perde la sua forza e il suo contenuto, il gesto scade nell’efficientismo inconcludente, l’esigenza del servire si trasforma in inquietudine.

L’odierno incontro vuole essere anche per voi un’occasione privilegiata per “ritirarvi in disparte” e ricevere nuovamente da Gesù istruzioni e grazia per proseguire sulle sue orme l’opera dell’evangelizzazione.

6. “Vide molta folla e si commosse”. La presenza discreta e carica di attenzione per i complessi risvolti di ogni situazione concreta, è il primo atteggiamento che Gesù suggerisce agli evangelizzatori.

Oggi, di fronte alle contraddizioni del mondo adulto, e alla rapidità delle trasformazioni, l’evangelizzatore potrebbe sentirsi scoraggiato e subire la tentazione di limitare, con diversi pretesti, il suo impegno missionario. Occorre ravvivare l’invito del Maestro: a tutto il mondo! A tutte le creature! Fino agli estremi confini della terra!

Certamente anche nella vostra terra si sono prodotte negli ultimi decenni trasformazioni economiche, sociali e culturali che hanno mutato il tessuto religioso di un tempo. È possibile, perciò, che il vostro rinnovato slancio missionario incontri il clima di un secolarismo per il quale è divenuta irrilevante ogni ricerca della trascendenza e dei significati ultimi della vita.

Forse l’annuncio evangelico si trova di fronte al muro dell’indifferenza religiosa, determinata dall’impoverimento degli interessi incapaci spesso di oltrepassare la soglia meschina dell’utile, dell’effimero, dell’appagamento dei bisogni immediati. Si tratta delle nuove sfide che la fede deve affrontare.

San Zeno denunciava per il suo tempo la situazione spirituale dei credenti incerti ed incoerenti: “Non sono fedeli perché hanno in loro una qualche infedeltà, non sono infedeli perché c’è in loro un’ombra di fede, in quanto con le parole servono Dio, con i fatti il mondo” (S. Zenonis “Sermones”, I, 35, 2).

Tra i credenti si può ben annidare il pericolo di una tale soggettivizzazione della fede e delle scelte morali, per cui si accetta solo parzialmente e con riserva il contenuto della fede ecclesiale. Di fronte a queste situazioni l’evangelizzatore non deve scoraggiarsi né innalzare barriere incolmabili. Il suo atteggiamento è quello della “compassione” del buon Pastore di fronte al gregge disperso. La compassione non è né un semplice atteggiamento psicologico né quella passività acritica che a tutto accondiscende e s’adatta. Essa riflette, invece, quel lasciarsi commuovere di Dio per le schiavitù e le resistenze del suo popolo che lo porta a rinnovare, in modo creativo, l’offerta dell’alleanza e della salvezza.

7. È quanto fa, appunto, il buon Pastore: “Insegnava loro molte cose” (Mc 6, 34).

È questo ancor oggi il dono che la Chiesa, fedele all’esempio di Cristo, può fare agli uomini del nostro tempo. Tale dono è anche nelle vostre mani di testimoni e di catechisti.

In un contesto di lunga tradizione cristiana come quello della Chiesa veronese - dove il seme della parola, pur in mezzo a fatiche e rischi, è ancora presente, assume particolare importanza la proposta di una catechesi approfondita. Essa, infatti, può portare anche cristiani incerti o poco informati a dire il loro “si” convinto e consapevole a Gesù Cristo (cf. Mc 6, 20).

Al centro di tutta l’azione catechetica, che la vostra Chiesa ha posto come primo obiettivo del proprio piano pastorale, deve essere collocato il mistero di Cristo. È in lui che si svela e si dona il mistero di Dio-Trinità. È nella sequela di lui, che lo Spirito ci introduce nell’amore del Padre per partecipare alla vita trinitaria (cf. Mc 6, 5). È lui la verità che ogni catechista deve fedelmente annunciare (cf. Mc 6, 6).

È in lui che ogni uomo può trovare con stupore sempre rinnovato la risposta alle domande più profonde circa la verità e la salvezza.

8. A lui dunque guardate, carissimi catechisti e responsabili dell’attività pastorale. In lui cercate luce per le vostre menti e calore per i vostri cuori. Lui è e resta l’unico Maestro. Parli lui con le vostre labbra, lui risplenda nella vostra vita!

Con questi sentimenti rinnovo per tutti voi il mio saluto e l’augurio che la forza di Cristo vi sostenga e vi conforti nel vostro lavoro, mentre imparto a tutti la benedizione apostolica, estensibile agli amici, alle famiglie, a tutte le persone care, soprattutto a coloro che incontrerete nelle diverse mansioni pastorali che la Chiesa vi affida.

 

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