VIAGGIO APOSTOLICO IN BRASILE
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Spianata adiacente allo stadio «Serra Dourada» (Goiania)
Martedì, 15 ottobre 1991
Cari fratelli e sorelle,
1. Per il Papa è una gioia fare, per la prima volta, la conoscenza dello stato di Goiás e visitare la città di Goiania. Sebbene, con i suoi cinquantacinque anni di esistenza, sia ancora tanto recente, oggi è una grande metropoli, che unisce la bellezza dei suoi viali e dei suoi edifici al calore umano e alla nota ospitalità dei suoi abitanti. Abbraccio tutta la popolazione gioiosa con grande affetto, saluto con deferenza il Signor Governatore e tutte le Autorità statali e municipali.
Saluto, con sincera emozione, la grande comunità cattolica di Goiás, che si è sviluppata grazie al lavoro impegnato di tanti missionari, giunti da altri Paesi o da altre regioni del Brasile. Queste ampie pianure conservano ancora i segni lasciati dallo zelo apostolico dei domenicani, dei redentoristi e dei francescani, di Pastori impegnati come Monsignor Prudêncio Gomes da Silva oppure il missionario domenicano Monsignor Alano Maria du Noday. Nella persona del decano dei Vescovi del Brasile, Monsignor Francisco Prada Carrera, i cui novantotto anni non gli hanno impedito di accogliermi all’aeroporto della città, esprimo il mio affetto versi i Pastori di questa terra. Ricordo, con ammirazione, la straordinaria attività educativa del grande figlio di Don Bosco, Monsignor Emanuel Gomes de Oliveira, le cui scuole aprirono la strada alla diffusione dell’istruzione nelle campagne dello stato. Questa sua opera di fede è stata coronata dall’Università Cattolica di Goiás, la prima istituzione universitaria del centro-ovest brasiliano, creata dopo la sua morte dal primo Arcivescovo di Goiania, Monsignor Fernando Gomes, e dal lavoro impegnato degli educatori gesuiti.
Sia lodato Iddio che ha consentito al Papa di vedere questa terra e di conoscere questo popolo!
2. “Essi perseveravano nella dottrina degli Apostoli, nelle riunioni comuni, nella frazione del pane e nelle preghiere” (At 2, 42).
Per noi il passo degli Atti degli Apostoli che abbiamo letto ora è molto importante. Questa era la vita della prima comunità cristiana di Gerusalemme, della prima comunità riunita attorno agli Apostoli di Cristo. Essi rimanevano ancora legati al tempio di Gerusalemme, ma, al tempo stesso, nella pratica, già avevano introdotto “nelle loro case” ciò che costituiva la Chiesa della Nuova Alleanza:
- l’insegnamento degli Apostoli, vale a dire la parola divina della Buona Novella trasmessa da Cristo, confermata dal sacrificio della Croce e suggellata dalla risurrezione;
- la frazione del pane, cioè l’eucaristia, il sacramento del mistero pasquale del Redentore;
- la preghiera, come Cristo stesso aveva insegnato loro.
Tutto ciò veniva confermato esternamente dai segni della divina onnipotenza, da “prodigi e miracoli” (cf. At 2, 43).
Vi si accompagnava anche la testimonianza delle opere, che trovavano la loro espressione nel comandamento dell’amore a Cristo, dell’amore fraterno, dell’amore sociale: “Dividevano i loro beni fra tutti, secondo le necessità di ciascuno” (At 2, 45).
3. In quanto contiene una testimonianza della vita delle prime comunità cristiane, il testo degli Atti degli Apostoli ha un’importanza particolare per i discepoli e i confessori di Cristo di tutti i tempi.
Esso è importante per noi che siamo qui riuniti.
Con particolare soddisfazione mi rivolgo a questa raffigurazione del Divino Padre Eterno nel gesto di incoronare la Beatissima Vergine Maria. So che il popolo di questa arcidiocesi e di tutto lo stato di Goiás ha molta devozione verso il Divino Padre Eterno, e che questa raffigurazione esprime molto bene il senso misterioso della Redenzione realizzata dal Dio-uomo che, al fine di salvarci, venne al mondo, per volere del Padre, incarnandosi nel seno purissimo della Vergine Maria.
Con ciò, carissimi figli del Brasile, si riassume tutta la bellezza delle insondabili ricchezze dell’amore di Dio verso gli uomini, che volle riunire nella Chiesa Cattolica tutte le pecore affinché, alla fine dei tempi, costituiscano un solo gregge con un unico Pastore!
Per un disegno insondabile della Provvidenza, la Chiesa è questo mistero, manifestato dal libero decreto della sapienza e della bontà del Padre di volersi comunicare. Questa comunicazione si realizza mediante la missione del Figlio e l’invio dello Spirito Santo, per la salvezza degli uomini. Dall’azione divina trae la sua origine la creazione, in quanto storia degli uomini, poiché, nel suo senso più pieno, aveva il suo “principio” nella parola (cf. Gv 1, 1), in Gesù Cristo, il Verbo fattosi carne. La Chiesa è questo mistero che trae la sua origine dalla Santissima Trinità, alla quale è intimamente unita e senza la quale non potrebbe sussistere. È questo il fondamento della stessa unità ecclesiale, e dell’unità con il suo Popolo.
Questo è anche il senso più profondo della espressione Popolo di Dio che il Concilio Vaticano II ci ha voluto proporre (cf. Lumen gentium, 9). Non si tratta più di un popolo riunito attorno agli ideali dell’Antica Alleanza, poiché è sorto il “nuovo popolo di Dio”, costituito da tutti coloro che credono in Gesù Cristo e hanno sperimentato la rinascita, nel battesimo nell’acqua e nello Spirito Santo (Gv 3,3 -6). Il Concilio ci presenta questo Popolo come una “comunità di fede, di speranza e di carità” (cf. Ivi, 8), la cui sorgente è l’Eucaristia. “Nella frazione del pane eucaristico partecipando noi realmente al corpo del Signore, siamo elevati alla comunione con lui e tra di noi” (cf. Ivi, 7).
Cosa il Papa desidera dire oggi ai suoi amati fratelli e sorelle, con la speranza che le sue parole possano raggiungere, da questo bell’altipiano, gli angoli più reconditi del Brasile?
Desidera dire, il Successore di Pietro, vuole ricordare a tutti che questa unione intima dei fedeli con il loro Salvatore, al pari dell’unità dei fedeli fra di loro, costituisce il frutto inscindibile della partecipazione feconda alla Chiesa e trasforma l’intera esistenza dei cristiani in un “culto spirituale”. Da qui nasce la dimensione comunitaria della Chiesa, affinché vi si possano vivere e condividere la fede, la speranza e la carità, e affinché una simile comunione, radicata nei cuori di tutti coloro che credono, si realizzi sul piano comunitario, nella piena unione con i Pastori che sono a capo del loro gregge.
4. Leggendo e meditando le Direttive generali per l’azione pastorale che la Chiesa Brasiliana ha l’intenzione di mettere in pratica nel prossimo quadriennio, ho potuto constatare lo spirito che animava i Vescovi riuniti a Itaicí. Essi volevano attuare quella dimensione evangelica, frutto dello Spirito del Signore: evangelizzare con rinnovato ardore missionario, testimoniando Gesù Cristo, in comunione fraterna, alla luce dell’opzione preferenziale evangelica per i poveri, al fine di formare il Popolo di Dio.
Mi sembra di percepire in queste parole il sapore della cristianità primitiva. Quella società nata all’ombra del Cenacolo, chiamata ad essere una nuova “luce delle nazioni”, quella società di coloro che erano stati scelti da Gesù Cristo (cf. Rm 1, 6), divinamente progettata e costituita da esseri umani, chiamati a farne parte per un disegno organico e soprannaturale, è oggi quella che indica il destino dell’uomo per una nuova speranza, per la risurrezione definitiva.
Anche oggi la Chiesa è il fondamento di quella “universale comunione della carità (cf. Lumen gentium, 23), fondata nella fede, nei sacramenti e nell’ordine gerarchico, nella quale Pastori e fedeli si alimentano personalmente e comunitariamente alle sorgenti della grazia, obbedendo allo Spirito del Signore, che è Spirito di verità e di amore” (Giovanni Paolo II, Discorso alla Curia Romana, 20 dicembre 1990, n. 3).
Anzitutto comunione nella fede, che non esclude la diversità, poiché tale diversità esiste per il servizio reciproco nella carità. In questo senso, un ruolo essenziale viene svolto dal servizio universale del Romano Pontefice, a cui è affidata la Chiesa in tutto il mondo, al punto che la piena ecclesialità di qualsiasi comunità cristiana include necessariamente e per natura la comunione con il Successore di Pietro (cf. Lumen gentium, 23). Essere semplicemente una comunità non significa essere in comunione. Nemmeno la comunità stessa che si riunisce nel nome del Signore diventa con ciò stesso Chiesa. Essere Chiesa è sempre un dono dall’alto, radicato nell’unione di ciascuno con Dio, in Cristo, mediante i doni della fede e dei sacramenti. Questi doni, a loro volta, sono vincolati, per divina disposizione, all’unità dell’Episcopato “cum Petro et sub Petro”, con Pietro e sotto l’autorità di Pietro.
Ma la Chiesa non è solo una comunione, bensì anche un sacramento: segno e strumento della comunione degli uomini con Dio e fra di sé (Lumen gentium, 1). Questa forza unificante della Chiesa, che edifica la comunione, ha la sua massima espressione nell’Eucaristia. La comunione nella fede, al pari del battesimo e degli altri sacramenti, è ordinata all’Eucaristia (S. Thomae, Summa theologiae, III, q. 65, a. 3, ad 1). Il Concilio Vaticano ci diceva che “l’Eucaristia si presenta come fonte e culmine di tutta l’evangelizzazione” (Presbyterorum ordinis, 5). Organizzare quindi le strutture comunitarie, la catechesi, l’azione evangelizzatrice, di modo che tutti, bambini e adulti, possano ricevere i sacramenti della salvezza cristiana, è un grave dovere che spetta ai sacerdoti, agli operatori pastorali, ai religiosi e alle religiose, a tutti coloro che collaborano all’evangelizzazione del Popolo di Dio. Prepararli quindi a una recezione adeguata e a una viva partecipazione nel Mistero Eucaristico è dare il loro senso pieno alle parole del Maestro, “ut omnes unum sint”, “che tutti siano una cosa sola” (Gv 17, 21). Perciò, auspico che la predicazione, le Celebrazioni della Parola, necessarie a causa della scarsità dei sacerdoti, la catechesi, tutte le iniziative pastorali, siano permeate da questo che è il senso fondamentale dell’“ardore missionario” che la Conferenza Episcopale Brasiliana ha voluto riproporre alla Chiesa nel Brasile.
Perciò desidero incoraggiare tutte le istanze ecclesiali, i miei fratelli nell’episcopato, i religiosi e le religiose e, in particolar modo, tutti coloro che danno vita alle comunità ecclesiali in questa terra generosa di Goiás, e in tutto il Brasile, affinché siano sempre più “espressione di comunione e mezzo per costruire una comunione più profonda” in tutta la Chiesa nella Terra della Santa Croce (cf. Ioannis Pauli PP. II, Redemptoris missio, 51).
5. Ora, cari fratelli e sorelle, torniamo ancora una volta alla città santa di Gerusalemme. Andiamo al Cenacolo il primo giorno della Passione di Cristo.
Il Signore Gesù prega per i suoi discepoli. Non solo per quelli che si trovavano accanto a Lui, ma per tutti, per coloro che, grazie alle parole degli Apostoli, avrebbero creduto in Lui, in ogni tempo e luogo! Prega quindi anche per noi che siamo qui riuniti. Per tutti coloro che partecipano all’edificazione della società, affinché in essa vi siano più giustizia, più solidarietà per coloro che subiscono la povertà e vengono danneggiati dall’indifferenza di molti, per i malati (e qui desidero ricordare coloro che sono deceduti e le oltre cento persone che sono state coinvolte nell’incidente radioattivo del 1987), affinché la società contribuisca a superare i loro problemi e il Signore li consoli nelle loro sofferenze.
6. La preghiera di Cristo nel Cenacolo viene detta “preghiera sacerdotale”.
Cosa chiede al Padre il Redentore del mondo? “Che tutti siano una sola cosa” (Gv 17, 21). Quale unità chiede? “Come tu, Padre, sei in me e io in te, che anch’essi siano una sola cosa” (Gv 17, 21-22).
E aggiunge: “Affinché siano perfetti nell’unità, e il mondo riconosca che mi hai inviato e li hai amati come hai amato me” (Gv 17, 23).
“. . . affinché tutto il mondo creda” (Gv 17, 21). Soffermiamoci a meditare queste parole!
Oggi ci uniamo alla Preghiera Sacerdotale del Nostro Signore e Redentore. Preghiamo per l’unità della Chiesa, che cinque secoli orsono piantò le sue radici nelle terre del Brasile. Preghiamo per l’unità dei cristiani, per l’unità di tutto il Popolo di Dio. Preghiamo per l’unità dell’intera famiglia umana, poiché tutti siamo stati redenti dal Sangue di Cristo sulla Croce, e tutti abbiamo un unico creatore e Padre che sta nei cieli.
Carissimi fratelli e sorelle, desidero infine ringraziare l’accoglienza da parte dell’Arcivescovo di Goiania, Monsignor Antônio Ribeiro de Oliveira e di tutti i Vescovi di questo Stato. Che la Vergine Maria, venerata dagli abitanti come Nostra Signora della Badia, volga il suo sguardo verso questo popolo amato, verso i suoi Pastori, le sue case e le sue opere, dando a ciascuno di sperimentare sempre gli effetti della sua protezione materna.
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