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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AGLI ANZIANI DELLA DIOCESI DI ROMA

Lunedì, 20 dicembre 1982

 

Cari fratelli e sorelle della terza età!

1. Sono particolarmente lieto di accogliere in speciale Udienza voi, anziani della mia amata diocesi di Roma, al termine di quest’anno, in cui sono stati discussi e posti in evidenza i vari ed urgenti problemi che riguardano le persone in età avanzata. Questo incontro vuole essere espressione del mio affetto e della mia stima per ciascuno di voi, che saluto cordialmente ad uno ad uno, pregando il Signore di esservi di conforto ed esortandovi alla speranza cristiana.

Rivolgo pure il mio pensiero riconoscente ai giovani della Comunità di sant’Egidio e a tutti i religiosi, le religiose e i volontari che dedicano le proprie energie nell’assistenza materiale e spirituale, presso le Case di Riposo o i singoli appartamenti, delle persone anziane, sole o abbandonate.

2. A voi, che lavorate in questo grave e delicato settore della vita umana, certamente non sfuggirà l’importanza sociale ed ecclesiale che la vostra opera altamente meritoria riveste oggi, in un momento in cui gli anziani, a causa anche del prolungamento della vita e della tendenza ad anticipare il pensionamento, sono cresciuti di numero, formando quasi un mondo a parte. La società contemporanea, poi, privilegiando gli individui capaci di apportare un valido contributo al comune benessere, nega agli anziani uno spazio adeguato sia in seno alle famiglie, che si sono trasformate da patriarcali in nucleari o essenziali, sia in seno alle pubbliche strutture, le quali li relegano in uno stato di emarginazione, in nome di un efficientismo produttivo. Sorge così nell’animo dell’anziano la triste impressione di essere un uomo inutile a se stesso e agli altri.

Al contrario, egli deve costituire per gli adulti e per i giovani un sicuro polo di orientamento in tempi di incertezza, un incitamento a vivere i valori superiori dello spirito, che non invecchiano mai, ed ancora un prezioso collegamento tra le generazioni passate e quelle presenti. Ciò esige però che egli sia considerato non solo per quello che ora dà, ma anche per quello che ha dato; non tanto per quello che fa, ma soprattutto per quello che è: occorre, in una parola, che gli sia riconosciuto ed apprezzato quel ricco tesoro di esperienza e di saggezza, di cui è portatore. Non deve sfuggire quanto egli sia utile alla famiglia ed alla società con il suo consiglio equilibrato e con la sua sapiente testimonianza.

3. Davanti a questa società, che emargina senza pietà i suoi figli già consumati dal lavoro, la Chiesa non può non ribadire il valore assoluto della persona umana, in qualunque fase essa si trovi. La Chiesa, sull’esempio del Maestro divino, che tanto si prodigò per i deboli e per i sofferenti, non cessa di proclamare la dignità degli anziani e l’onore che loro è dovuto. La Sacra Scrittura esige nei loro confronti massimo rispetto e doverosa considerazione. È noto con quanta affezione essa ci pone davanti agli occhi, nell’Antico Testamento, le venerande figure di Abramo e di Sara, di Isacco e di Rebecca, di Giacobbe e di Lia; e, nel Nuovo Testamento, quelle di Simeone e di Anna; del resto, anche i sacerdoti, responsabili delle comunità, vengono chiamati semplicemente col titolo di presbiteri, cioè di “anziani”, per significare ed esprimere la loro autorità, il loro prestigio, la loro saggezza e prudenza. Appare anche significativo come la stessa immagine di Dio venga presentata sotto le sembianze umane di un sapiente Vegliardo dai candidi capelli, a cui tutti si inchinano in atto di adorazione (cf. Dn 7, 9-10).

Alla scuola di questi insegnamenti, la Chiesa, che guarda anche e soprattutto al di là del tempo, rivendica per gli anziani il diritto ad un’esistenza onorata e serena che permetta loro di meditare, di pregare e di prepararsi all’incontro supremo con il Padre, perché questa nostra terra non ci è patria per sempre. Il pensiero della morte deve entrare nella vita, non per deprimerla o sconfortarla, ma per stimolarla a ben pensare ed operare per non perdere mai di vista quella letificante frontiera finale che è Dio stesso, unico e sommo bene. A questo proposito, la longevità è da considerare un dono prezioso, perché permette all’uomo, a mano a mano che si distacca dal contatto diretto col mondo, di usufruire di un grande spazio per la speculazione e per la conoscenza sempre più approfondita di Dio e della vita eterna.

4. L’amore della Chiesa per gli anziani si fa oggi appello, affinché ci si adoperi con grande generosità per favorire un avvicinamento e, direi quasi una riconciliazione, tra i vecchi e i giovani: una vitale osmosi tra queste due categorie che liberi i primi dalla solitudine e dall’abbandono e arricchisca i secondi di quella saggezza che è propria degli anziani. Tale opera davvero meritoria attinge la sua efficacia nell’Eucaristia, che è mistero di unità e di riconciliazione. Bisogna trovare in essa il segreto e la forza per far maturare e sviluppare tale auspicata e meravigliosa esperienza ecclesiale. Giovani ed anziani che si nutrono dello stesso Corpo e Sangue del Signore non possono sentirsi estranei gli uni agli altri, ma, al contrario, solidali e complementari in un unico ideale di amore e di fede, come afferma san Paolo: “Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, formiamo un solo corpo: tutti infatti partecipiamo all’unico pane” (1 Cor 10, 17).

È confortante costatare, a tale riguardo, come in questi ultimi anni siano sorti movimenti che si sforzano di prendere energia e calore dall’Eucaristia per vivere la propria vocazione cristiana e per avvicinare gli altri. Tra questi sono appunto gli appartenenti alla Comunità di sant’Egidio in Roma, che oggi si sono fatti promotori di questo singolare e familiare incontro. Vada ad essi, che danno prova di fattiva solidarietà verso gli anziani, la mia esortazione, affinché in ogni cosa diano il primato alla intimità con Cristo, presente nel mistero eucaristico. In virtù di tale vita interiore, sapranno certamente continuare a portare conforto a quanti soffrono per la malattia o per gli inconvenienti dell’età, e non temeranno intralci nel loro dinamismo apostolico, ben consapevoli che ciò che si dà a Dio, non è mai perduto per l’uomo.

5. Guardando negli occhi tutti voi, cari Anziani, vi lascio una parola di congedo: pellegrini come siete, e come siamo tutti, non rallentate il vostro passo, pur camminando su un sentiero talora irto di difficoltà, ma continuate con buona volontà la vostra marcia verso Colui che sarà la vostra gioia e che fin d’ora forma il desiderio dei vostri cuori. Non rifiutategli il dono del vostro sacrificio e della vostra perseverante fedeltà, e siate sicuri che egli non vi farà mancare la sua ricompensa.

Con questi sentimenti vi auguro buon Natale e un felice Anno Nuovo, mentre di gran cuore vi imparto la benedizione apostolica, estensibile a tutti i vostri benefattori.

 

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