DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI GIORNALISTI DELL'UNIONE CATTOLICA
DELLA STAMPA ITALIANA
Lunedì, 14 febbraio 1983
Signori giornalisti e cari amici!
1. Sono veramente lieto di questo incontro che ha luogo a pochi giorni dalla Festa del vostro patrono, san Francesco di Sales, celebrata questa volta con particolare solennità, a motivo dell’Anno mondiale delle comunicazioni, indetto dall’Organizzazione delle Nazioni Unite, per il 1983.
Ringrazio la Sezione regionale del Lazio dell’Unione cattolica della stampa italiana per essersi fatta promotrice di tale iniziativa, interpretando anche il desiderio che molti operatori dei “mass media” hanno manifestato durante il recente convegno sul tema: “Etica e professionalità del giornalista”. Sono riconoscente a tutti voi per la vostra cordiale partecipazione, che mi consente di parlarvi a cuore aperto. E ringrazio altresì l’Onorevole Piccoli per le parole rivoltemi, interpretando i vostri sentimenti.
2. Come ho avuto modo di accennare in altre circostanze, sono profondamente compreso della nobiltà e del grave impegno della vostra professione. Attraverso l’esercizio della parola - scritta, detta, raffigurata - il giornalismo è lavoro che impegna l’intelligenza a servizio della verità e del bene, e svolge un ruolo di vasta portata nell’orientamento della mentalità e della coscienza individuale e collettiva. Esso richiede, pertanto, doti non comuni di perspicacia, di equilibrio, di sensibilità che, unitamente ad un profondo senso di responsabilità, devono essere messe in opera simultaneamente e in ogni circostanza, in adempimento di quei compiti che sono propri di una professione, divenuta ognor più difficile, col progredire della gamma dei mezzi tecnici e del loro perfezionamento.
La vostra professione, infatti, domanda molteplicità di sacrifici, dedizione illimitata, diuturna esperienza, costante sforzo di maturazione umana, intellettuale e spirituale. Essa espone i suoi operatori a facili rischi, il più grave dei quali è sempre quello di offuscare o deturpare - Dio voglia che ciò avvenga solo involontariamente - il volto sacro della verità e il supremo ideale del bene.
Come il Magistero pontificio ha ripetutamente indicato in questi decenni, la professione giornalistica dev’essere intesa come una “missione” di informazione e di formazione della pubblica opinione, alla cui origine si situa una spinta fortemente interiore, che potremmo chiamare vocazione. Tale missione, cioè compito qualificato, mentre richiede dal soggetto un impegno personale che mobilita le sue migliori facoltà, esige per natura sua di esercitarsi al riparo di ogni arbitrio e si incanala nell’alveo di un “ministerium”, di un servizio - come si dice in gergo anche di talune prestazioni giornalistiche - incessantemente ancorato ai criteri della veracità, obiettività e chiarezza.
In tal modo, se emerge, da una parte, l’inscindibile alleanza tra professionalità e moralità, non si restringe, dall’altra, lo spazio delle risorse personali dell’artefice della parola, della sua capacità di osservazione e di discernimento, del suo peculiare ed irripetibile stile espressivo. Queste risorse, anzi, dal confronto con la verità e col bene, traggono stimolo permanente di perfezionamento e di valorizzazione. La verità e il bene possiedono una propria virtù diffusiva che affascina, convince e insieme corrobora.
3. Bisogna, in certo modo, poter sempre onorare in voi, cattolici, i “ministri sermonis” (Lc 1, 2), i servitori della parola, applicando a voi la bella definizione adoperata da san Luca, nel prologo del suo Vangelo, per indicare coloro che prima di lui avevano cercato di mettere per iscritto gli avvenimenti di cui erano stati testimoni. Come dimostrano il decreto conciliare “Inter Mirifica”, l’istruzione Communio et progressio e i numerosi interventi pontifici, la Chiesa guarda con grande simpatia e amicizia al vostro lavoro di giornalisti cattolici. Essa ha particolarmente a cuore la stampa “specificamente cattolica” (cf. Inter Mirifica, 14), non in base a un calcolo preclusivo o ad una prospettiva monopolistica, ma in conformità all’esigenza della propria divina missione di far giungere a tutti gli strati dell’umanità il messaggio cristiano, consapevole di immettere l’istanza della verità e della formazione spirituale in quel pluralismo di voci che è caratteristica dell’odierna società.
Purtroppo, in tale pluralismo di voci, a motivo delle contrastanti ideologie e dei vari interessi, vi sono anche quelle che percorrono i sentieri della menzogna, fomentano l’odio e l’eversione, o si fanno fautrici di amoralità o di immoralità. Esse sono giustamente ripudiate dal comune buon senso e dall’autentica professionalità del mondo giornalistico, perché insidiano i valori spirituali e morali, come pure l’elementare dignità dell’uomo, la solidità del suo vivere libero e pacifico. La loro diffusione costituisce un assillante motivo per contrapporvi la vostra positiva opera professionale.
4. Desiderando ora richiamare, anche solo brevemente, la figura del vostro caro patrono san Francesco di Sales, “dolcissimo Santo” come amava definirlo il futuro Papa Giovanni Paolo I (cf. Albino Luciani, Illustrissimi, p. 142), giornalista lui stesso - mi sovviene della descrizione compiuta dal mio predecessore Paolo VI. Nella Lettera apostolica emanata nel quarto centenario della nascita dell’insigne pastore e scrittore, quel Papa ne celebrò l’acuta intuizione di mente, l’intelligenza forte e chiara, il giudizio penetrante, l’incredibile amorevolezza e bontà, la sorridente soavità di volto e di parola, la moderazione inalterata e sempre sicura (cf. AAS 59 [1967], 116).
In queste lapidarie espressioni non sono delineate le virtù del professionista dell’informazione? e non vi sono indicati il segreto e le piste che l’artefice della parola deve seguire per sapersi proporre degnamente al pubblico, e per farsi leggere e comprendere, assolvendo così convenientemente la propria difficile missione?
Nel rievocare quel magnifico paradigma, mi piace sottolineare che il nostro incontro odierno avviene in prossimità ormai dell’Anno Giubilare della Redenzione, a poche settimane dal giorno in cui, con la grazia del Signore, si compirà la simbolica e commovente cerimonia dell’apertura della Porta Santa.
5. Voi, cari amici della stampa cattolica, sapete già quanto è stato preannunziato e stabilito per il grande avvenimento; avete presente l’esposizione fattane al Sacro Collegio e alla Prelatura Romana, l’antivigilia del Santo Natale; siete al corrente della recente Bolla Aperite portas Redemptori con cui è stato indetto il Giubileo. Non starò dunque ad insistere su temi e prospettive indicati in quei documenti: voi siete maestri, come dicevo, nell’arte di raccogliere e trasmettere le notizie e soprattutto le valenze in esse contenute.
Sollecito piuttosto la vostra collaborazione. Con la potenza degli strumenti di cui disponete, avvalendovi di un linguaggio semplice e limpido, reso incisivo dalle doti smaglianti delle vostre singole penne, fate vostro l’elevante messaggio di riconciliazione personale e sociale, al quale ho richiamato i figli della Chiesa e tutti gli uomini ben disposti verso la buona novella del Vangelo.
L’evento giubilare si svolgerà in tutto il mondo. Tuttavia, il mondo guarderà in modo particolare a Roma, e i “mass media” saranno, per così dire, gli amplificatori di quanto accadrà qui, nella Sede del successore di Pietro, al centro della cristianità.
Nel contesto cronologico e religioso dell’Anno Giubilare, si inseriscono altri eventi, come - per citarne due particolarmente significativi - la sessione del Sinodo dei Vescovi e l’entrata in vigore del Codice di diritto canonico, recentemente promulgato. Abbonderanno spunti e temi emergenti dalla vitalità della Chiesa del nostro tempo, che si presteranno ad essere analizzati nelle loro dimensioni profonde, al di là di una curiosità momentanea, in collegamento anche con le problematiche, gli aneliti e i tormenti che segnano lo sviluppo della storia.
La Chiesa è seriamente impegnata a far sì che su questo cammino risplendano quei luminosi traguardi che il venerato Paolo VI, alla conclusione dell’Anno Santo 1975, ha condensato profeticamente nel programma della “civiltà dell’amore”. Fidando nella grazia di Dio e nell’intercessione di Maria santissima, spero con tutto il cuore che tale civiltà dell’amore abbia a prevalere, grazie anche al contributo di un giornalismo fautore di pace e di concordia, sulla base dei perenni valori dello spirito.
6. Con questi fervidi voti, vi rinnovo l’espressione della mia sincera fiducia, mentre invoco sulle vostre persone e sul vostro lavoro la protezione di san Francesco di Sales, a lui affidando tutti i vostri colleghi sparsi nel mondo. Egli sia a voi tutti, cari operatori delle comunicazioni sociali, modello e ispiratore; renda agevole con la sua intercessione il vostro impegno a favore dell’umanità, diretto prima di tutto a servire la verità, ciò che positivamente costruisce, ciò che forma e migliora l’uomo. Nella misura in cui perseguite questo altissimo ideale di trascendente valore, vi assicuro, come ebbi a dire in altra circostanza (cf. Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II [1979], p. 318), che la Chiesa rimarrà al vostro fianco perché anch’essa serve la verità e la libertà: libertà di conoscere la verità, di predicarla e di farla scendere nell’intimo di ogni cuore.
A voi, alle vostre famiglie, e a tutti i vostri cari la mia affettuosa benedizione apostolica.
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