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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI DOCENTI MEDICI DELL'UNIVERSITÀ
CATTOLICA DEL SACRO CUORE

Auditorium della Facoltà di Medicina - Giovedì, 28 giugno 1984

 

Fratelli e sorelle carissimi!

1. Entrando in questo auditorium della facoltà di Medicina dell’università Cattolica, ho provato un sentimento di gioiosa riconoscenza: mi tornano in mente le parole che il mio predecessore Benedetto XV disse a padre Gemelli e a monsignor Olgiati, quando si accingevano a presentargli il progetto della fondazione della prima sede della Cattolica: “Fate una cosa grandiosa, degna del nome cattolico”. Questa sede universitaria è realmente grandiosa e degna della Chiesa!

Da questo luogo, ove si vivono i momenti più solenni e qualificati della vita accademica e si celebrano i congressi di scienziati, che qui si ritrovano dall’Italia e dall’estero, sale al Signore il grazie del Papa e della Chiesa, un grazie che si espande nel ricordo di tante anime grandi ed esemplari, che ci hanno preceduto nel regno del Padre celeste: il padre Agostino Gemelli, Armida Barelli, Francesco Vito, Gian Carlo Brasca, personalità che per questa sede hanno dato idee, profuso energie, dedicato la vita ed elevato a Dio vibranti preghiere.

Il mio ringraziamento e il mio saluto vanno al signor rettore - al quale esprimo riconoscenza anche per le cortesi parole rivoltemi -, al preside, ai professori e agli studenti qui presenti e ai laureati sparsi in Italia e nel mondo; ma il mio pensiero va anche a tutti i servitori silenziosi e operosi, anime semplici di impiegati e operai; ai sacerdoti che svolgono il loro ministero di grazia e il mandato di formare le coscienze giovanili. A tutti dico il mio sentimento di affettuoso e grato apprezzamento.

2. Il padre Gemelli, che oggi ricordiamo in occasione del XXV della morte, spiegando ai cattolici italiani il perché della fondazione di questa facoltà di Medicina, affermava che si trattava non tanto e non solo di dare al futuro medico un’orientazione di pensiero, di farne cioè un medico, quanto di farne un medico cristiano. E aggiungeva che occorrevano medici i quali, avendo un’anima educata all’osservanza delle norme del Vangelo, vedessero nel malato un fratello da aiutare.

Padre Gemelli aveva ben intuito la finalità prioritaria e caratterizzante di questa facoltà, la finalità educativa.

La professione medica oggi soffre fondamentalmente di una crisi di identità: c’è il pericolo grave che questa professione, nata e cresciuta come impegno di servizio all’uomo sofferente, dalle ideologie venga deviata e impiegata a danno della vita umana. Là dove la professione medica viene chiamata a sopprimere la vita concepita; là dove viene impiegata all’eliminazione del morente; là dove si lascia indurre a intervenire contro il disegno del Creatore nella vita della famiglia o si lascia portare dalla tentazione della manipolazione della vita umana e quando perde di vista la sua autentica finalizzazione verso l’uomo più sfortunato e più malato, essa perde il suo ethos, diventa a sua volta malata, smarrisce e offusca la propria dignità e autonomia morale.

3. Era necessario allora, ed è più necessario oggi, avere una scuola, ove tutte le componenti operino armonicamente al conseguimento della finalità educativa, che è quella di mantenere e arricchire nella professione medica la dimensione etica e la visione cristiana dell’uomo. Ricerca, didattica, testimonianza e ambiente educativo, tutto può fortunatamente convergere in una istituzione universitaria, per favorire una tradizione e una “scuola” che sappiano offrire ai giovani volonterosi una ricchezza educativa non altrimenti raggiungibile. Studenti credenti e docenti consapevoli della loro fede e delle loro responsabilità educative possono trovarsi in ogni altra analoga istituzione civile, ma sono proprio queste persone, che vivono l’esperienza e la testimonianza cristiana nella diaspora del mondo secolarizzato, che attendono da una istituzione provvidenziale come questa una linea, un pensiero e un punto di riferimento.

Dopo i vent’anni trascorsi e dopo che le strutture di ricerca, di didattica e di assistenza si sono ulteriormente sviluppate, si impone un impegno anche maggiore nel tutelare e sempre meglio promuovere l’identità morale e cristiana della facoltà voluta da padre Gemelli. La vostra facoltà ha avuto, fin dall’inizio, il beneficio di corsi istituzionalizzati di teologia e di etica, via via potenziati e armonizzati con la ricerca pluridisciplinare, in rapporto con le sempre nuove e gravi istanze provenienti dal mondo della scienza e della società; è perciò di estrema importanza che la dimensione etica e la testimonianza cristiana compenetrino tutto il clima didattico e tutto l’ambiente universitario, così che questa comunità, che padre Gemelli ha voluto limitata con il numero programmato degli studenti, diventi un ambiente educativo in sintonia con lo spirito ecclesiale e con quell’atteggiamento di servizio, che il fondatore vi ha trasmesso come suo testamento spirituale e realizzazione di quello che egli chiamava il “sogno” della sua esistenza; diventi, cioè, un ambiente di autentica fede cristiana!

Vorrei qui ricordare le parole che il mio predecessore Paolo VI rivolgeva ai professori e agli studenti di tutta l’università Cattolica del Sacro Cuore in occasione del pellegrinaggio del 5 aprile 1964: “La fede è beatitudine! Non stupefacente illusione, non mitica finzione, non surrettizia consolazione; ma autentica felicità. La felicità della verità  . . . la felicità della pienezza, la felicità della vita divina, resa possibile a qualche mirabile p artecipazione umana. Non mortificazione del pensiero, non intralcio alla ricerca scientifica, non inutile peso per la snellezza dello stile spirituale moderno; ma luce, ma voce, ma scoperta, che allarga l’anima, e rende comprensibile la vita e il mondo; felicità del sapere supremo; ancora una volta, felicità del conoscere, del conoscere la verità” (Pauli VI, Allocutio professoribus studentibusque Catholicae studiorum Universitatis Sacri Cordis Romae, die 5 apr. 1964: Insegnamenti di Paolo VI, II [1964] 231-232).

4. Carissimi docenti e responsabili della direzione! A voi soprattutto la Chiesa affida questo compito educativo, impegnativo ed esaltante, e ve lo affida con trepidazione, con lealtà e con fiducia: i giovani studenti, futuri medici, e coloro che sono già laureati, guardano a voi come a maestri del sapere scientifico, esperti dell’arte della professione medica, ma anche, e soprattutto, come a maestri di vita e di impegno morale. Questa testimonianza e questo impegno educativo esigono contatto continuato e fraterno con i collaboratori e gli studenti, richiedono dedizione di tempo e di energie, sacrificio di interessi personali forse anche legittimi; ma sarete ripagati dalla gioia di veder fiorire una generazione di professionisti adeguati ai tempi e alle necessità dell’umanità che attende il loro servizio.

Quando rifletto sul numero dei vostri laureati - sono già 2412, operanti in tutta Italia e all’estero e anche in Paesi di missione - quando penso al numero e alla qualificazione dei docenti e al personale amministrativo, che ogni giorno popola questa comunità e la rende operosa di bene, penso a quale dono padre Gemelli e i miei predecessori hanno fatto all’Italia, a Roma e alla Chiesa; penso a quanta illuminazione e aiuto potranno venire alla comunità ecclesiale e alla società civile con la formazione di medici, infermieri, diplomati nelle professioni sanitarie!

Voglio ricordare anche, tra gli altri organismi, il “Centro di studio e ricerca sui problemi della fertilità umana” e il Consultorio dedito alla formazione dei consulenti familiari: da tutte le scuole di preparazione e di specializzazione e da questi centri può venire alla società e alla Chiesa un immenso impulso di bene e di testimonianza che è, e sarà sempre più, la vera gloria di questa provvidenziale istituzione.

Cari giovani studenti, sono venuto a portarvi il conforto e l’incoraggiamento della Chiesa; soprattutto sono venuto per proclamare con voi la fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio incarnato, Redentore dell’uomo e centro della storia. Non trascurate la luce della fede; mettetela al primo posto nell’animo vostro; meditatela ogni giorno e dissetatevi alla purissima sorgente dell’insegnamento della Chiesa, che, insieme all’Eucaristia che ogni giorno si celebra in diversi orari nella vostra Chiesa, sarà il centro propulsore e il cuore vigoroso della vostra comunità, sorta dall’amore di Cristo, a cui attinsero i fondatori, e aperta all’amore degli uomini e dei fratelli più sofferenti e più bisognosi.

5. L’avvenire di questa facoltà, per la cui esistenza ed espansione i responsabili incontrano tante difficoltà di ordine materiale, dipenderà da una triplice armonia: l’armonia della vostra vita e dei vostri intenti educativi con l’insegnamento di Cristo e della Chiesa; l’armonia della vostra facoltà con la vita e i problemi della Chiesa di Roma e dell’Italia; l’armonia all’interno della vita universitaria fra le persone e le componenti di questa comunità. Armonia sostanziata di verità, di collaborazione leale e sincera, di reciproco aiuto.

Certamente il compito scientifico e le responsabilità operative sono immense, diuturne e quasi assillanti; la facoltà deve rispondere a impegni di ricerca, di didattica, di aggiornamento, di cultura, di assistenza medica; ma tutto questo ha bisogno di un’anima e di una chiara orientazione: la stella polare del lavoro quotidiano si può unicamente trovare nella parola di Dio e nell’insegnamento della Chiesa. E affinché questo contatto con la parola di Cristo e della Chiesa sia costante e duraturo, occorre potenziare e vivificare il legame con la comunità ecclesiale: con la Chiesa di Roma, che vi ospita e che ha bisogno del vostro pensiero e del vostro contributo; con la Chiesa italiana, che indubbiamente continuerà a sentire e a sostenere sempre meglio questa università e questa facoltà che già le rende tanti servizi; con la Chiesa universale, ricca di umanità e carica dei problemi di tutti gli uomini.

È la natura stessa della ricerca della didattica universitaria, che richiede armonia e multiforme collaborazione, ma è ancor più l’esigenza di formare un ambiente educativo per un’espressione di alta tensione morale, che esige vera e fraterna collaborazione. Sarà tale armonia a far sentire ai giovani la gioia di trovarsi in una famiglia e in una comunità ecclesiale, che - con l’aiuto dei docenti, dei responsabili e dei sacerdoti - prosegua e intensifichi l’opera formativa delle parrocchie e delle diocesi, da cui essi sono stati inviati. Sarà questa armonia a consentire il raggiungimento dei fini istituzionali e l’adempimento delle molteplici responsabilità di servizio; sarà quest’armonia, arricchita dalla vita ecclesiale, a dare la testimonianza che oggi si attende sempre maggiormente da tutte le espressioni e le opere del mondo cattolico.

Con questi sentimenti ripeto la supplice preghiera, pronunciata nel giorno dell’inaugurazione del primo anno accademico, dal mio venerato predecessore Giovanni XXIII, mentre affidava a Maria, sede della sapienza, questa comunità esprimendosi con le parole scolpite nel marmo della parete della vostra chiesa centrale: “Beatissima Virgo Maria, sedes sapientiae, salus infirmorum, caelestis patrona, praesentissima opifera, in hoc domicilium, quod tuum est, misericordes oculos converte, hoc materno tuere praesidio!” (“O beatissima Vergine Maria, sede della sapienza, salute degli infermi, celeste patrona, potentissima soccorritrice, volgi i tuoi occhi misericordiosi verso questa casa che è tua, e proteggila col tuo materno aiuto”).

La mia benedizione vi accompagni sempre!

 

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