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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
A S. E. L' ONOREVOLE BETTINO CRAXI,
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI ITALIANO*

Lunedì, 3 giugno 1985

 

1. Le sono molto grato, Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, per il gesto di cortese attenzione, che ella ha desiderato compiere nei riguardi del Romano Pontefice nel giorno in cui, con lo scambio degli strumenti di ratifica dei recenti Accordi tra l’Italia e la Santa Sede, entrano in vigore le nuove norme concordatarie. La ringrazio in particolare per le elevate espressioni, con cui ha interpretato il significato della vicenda pattizia che oggi raggiunge il suo coronamento, ponendo al centro di essa la tutela e la promozione della persona umana in ogni sua dimensione. Sono lieto di porgere un deferente e cordiale benvenuto a vostra Eccellenza, al Signor Ministro degli Affari Esteri e a tutte le distinte Personalità che l’accompagnano.

Si apre oggi un nuovo periodo nei rapporti istituzionali tra Chiesa e Stato in Italia. Sorge spontaneo l’augurio che esso sia fecondo di frutti per il progresso civile e religioso di questa cara Nazione, la cui storia e la cui cultura - come rilevavo al recente Convegno ecclesiale di Loreto - “sono intimamente intrecciate col cammino della Chiesa a partire dai tempi apostolici”.

Strumento di concordia e di collaborazione, il Concordato si situa ora in una società caratterizzata dalla libera competizione delle idee e dalla pluralistica articolazione delle diverse componenti sociali: esso può e deve costituire un fattore di promozione e di crescita, favorendo la profonda unità di ideali e di sentimenti, per la quale tutti gli italiani si sentono fratelli in una stessa Patria.

2. Ricordavo a Loreto che “proprio la forma di governo democratica che l’Italia ha conseguito . . . offre lo spazio e postula la presenza di tutti i credenti”. Nella società italiana la comunità ecclesiale ha coscienza di svolgere un ruolo attivo e di garantire un suo originale contributo di fronte ai grandi problemi, che oggi premono e che richiedono soluzioni tempestive e lungimiranti, quali la promozione della vita e della qualità della vita, la tutela della famiglia, lo sviluppo della cultura, l’organizzazione del lavoro e la creazione di nuovi posti di impiego, in particolare per i giovani; essa sa di poter proporre sue prospettive per il superamento di mali che sembrano divenuti endemici soprattutto negli agglomerati industriali ed urbani, come l’emarginazione dei deboli, degli anziani, delle persone impedite, degli immigrati, e il tremendo flagello della diffusione della droga.

È un contributo di valori, di idee e di forze, che la Chiesa italiana attinge al messaggio evangelico ed alla significativa e ricca tradizione religiosa, che ha segnato pagine luminose della storia di questa Nazione. Il pensiero si porta spontaneamente alla rigogliosa stagione della civiltà comunale, in cui la fede cristiana fu lievito di una originale e creativa esperienza di libertà civiche; si spinge all’età rinascimentale, quando esplose la splendida primavera delle arti, che ridisse col linguaggio della bellezza verità ed immagini della Rivelazione. Risalendo i secoli, il pensiero rileva ancora ammirato lo sforzo di evangelizzazione e elevazione del popolo scaturito dalla Riforma cattolica; e sosta pensoso di fronte al travaglio delle epoche romantica e risorgimentale, anch’esse percorse da fermenti ideali, le cui radici ultime affondano nell’humus della tradizione cristiana, come ben osservò Alessandro Manzoni, il Grande di cui quest’anno ricordiamo il secondo centenario della nascita. Il pensiero, infine, si esalta al ricordo ancor fresco della partecipazione dei credenti alle sofferenze della guerra e alla rinascita dalle rovine dell’immane conflitto, quando non pochi sacerdoti e laici suggellarono col sangue la testimonianza ai valori evangelici della fratellanza e della libertà.

La Chiesa di oggi si sente impegnata dall’esempio e dal mandato del suo divino Fondatore, e anche dalla memoria del suo passato, a proseguire nell’impegno di servizio all’uomo, nella cui centralità essa “individua il principio di convergenza tra credenti e non credenti nell’epoca presente”.

3. Nell’esercizio di questa “diaconia” per l’uomo, la Chiesa intende operare nel pieno rispetto dell’autonomia dell’ordine politico e della sovranità dello Stato. Parimenti, essa è attenta alla salvaguardia della libertà di tutti, condizione indispensabile alla costruzione di un mondo degno dell’uomo, che solo nella libertà può ricercare con pienezza la verità e aderirvi sinceramente, trovandovi motivo ed ispirazione per l’impegno solidale ed unitario al bene comune.

Certo, il contributo proprio ed originale della Chiesa al bene della società civile - tramite i suoi membri che sono anche cittadini dello Stato - è di ordine propriamente morale. Tale contributo non manca, per intrinseca dinamica, di ripercuotersi negli altri settori dell’umana esperienza, stimolandone il coerente sviluppo verso mete sempre più alte. Per questo la Chiesa è convinta che “la promozione dei valori morali è un fondamentale contributo al vero progresso della società”.

Eminente e prioritaria è, a questo proposito, l’ispirazione morale delle singole persone: anche una Repubblica dotata delle leggi più perfette sarebbe infatti lontana dal poter raggiungere i suoi scopi, se non fosse sorretta dalla tensione etica dei suoi membri. Parimenti, l’operosa partecipazione di tutti gli enti e movimenti ecclesiali alla vita del Paese, in un dialogo aperto con tutte le altre forze, garantisce alla società italiana un insostituibile contributo di alta ispirazione morale e civile.

4. In tale contesto vorrei rivolgere un doveroso e cordiale pensiero all’intera Conferenza Episcopale Italiana, a cui le nuove norme concordatarie opportunamente riconoscono un ruolo di particolare responsabilità. Sono infatti i Vescovi i primi garanti e promotori di quell’apporto di valori che la Comunità cristiana assicura alla costruzione della società. La vicinanza dei pastori alle famiglie sin dal loro costituirsi nella celebrazione sacramentale del matrimonio a cui si riconoscono effetti civili; la cura pastorale che essi porranno perché l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali sia impartito in fedeltà al magistero della Chiesa e soddisfi adeguatamente alle finalità della scuola; lo stimolo che essi sapranno dare agli enti ecclesiastici perché siano ancor più rispondenti ai bisogni degli uomini d’oggi: ecco alcuni dei principali momenti per proficui apporti all’incremento dei valori cristiani della società, additati dalle stesse norme concordatarie.

Mi sembra doveroso aggiungere: la comunità ecclesiale è ben conscia di non poter essere la sola promotrice di valori nella società civile. Essa dà, ma al tempo stesso riceve, in una sorta di dialogo esistenziale. Non è forse questa la verità che emerge dalla stessa storia della spiritualità cristiana, ove si distinguono santi quali Francesco, Chiara, Caterina da Siena, Filippo Neri, nei quali l’impronta del “genio” italiano è stata così marcata da conferire alla loro testimonianza tratti di un’originalità inconfondibile? Ma il discorso vale per molti altri aspetti della vita ecclesiale, tra cui mi limito a ricordare l’impegno di carità e di assistenza, quale diretta risposta ad una precisa indicazione di Cristo (cf. Lc 10, 9; Mt 25, 36). Come non riconoscere i caratteri squisitamente italiani delle “Misericordie” e di altre Confraternite con finalità caritative e come non restare ammirati di fronte ai primi grandi complessi ospedalieri, ai quali geniali architetti del Rinascimento diedero anche una nobiltà di linea estetica, a cui l’uomo del tempo era particolarmente sensibile? Nella storia della Nazione si registrano testimonianze continue di questa simbiosi feconda, che di tanta importanza si è rivelata per la promozione dei singoli e per il progresso dell’intera società.

5. Questa Sua visita in Vaticano, Signor Presidente del Consiglio, ha luogo mentre il Governo italiano svolge il suo turno semestrale di Presidenza del Consiglio dei Ministri della Comunità Europea. Sin dalla fondazione l’Italia si è sempre lodevolmente impegnata per promuoverne le istituzioni, rafforzarne l’unità e facilitarne l’apertura - generosa e lungimirante - ad altri paesi. Anche il recente progetto di unione europea si caratterizza per il fattivo contributo di iniziativa e di sostegno italiani. Nella costruzione dell’Europa di domani, i cattolici d’Italia (come del resto i cattolici degli altri Paesi europei) saranno spontaneamente alleati di quanti desiderano operare perché l’unità politica del continente sia costruita sul solido fondamento di una comunione di valori morali e culturali, ponendo attenzione più alle comuni radici ideali che alla pur necessaria convergenza di interessi. È su tali basi, infatti, che l’Europa del duemila potrà essere nuovamente un polo di diffusione di cultura e civiltà ed un centro propulsore di solidarietà per lo sviluppo dei Paesi meno fortunati.

In tale contesto di ideali, rinnovo il più sentito augurio perché l’Italia possa rispondere pienamente alla vocazione che per tante ragioni - storiche, culturali, geografiche e, non da ultimo, religiose - la distingue nel consesso dei popoli.

E di cuore invoco la benedizione di Dio sull’Italia, sui suoi governanti, su tutti i suoi cittadini.


*AAS 77 (1985), p. 1055-1059.

Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. VIII 1 pp. 1705-1709.

L’Attività della Santa Sede 1985 pp. 473-475.

L'Osservatore Romano 4.6.1985 pp.1, 4.



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