DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DEL CAPITOLO GENERALE
DEI MISSIONARI DI SAN CARLO (SCALABRINIANI)
Giovedì, 16 ottobre 1986
Carissimi!
1. È con gioia particolare che ricevo oggi voi, rappresentanti di tutti i missionari di san Carlo, convenuti a Roma per il vostro nono Capitolo generale, il quale segna l’inizio della commemorazione del primo centenario di fondazione del vostro Istituto.
Un Capitolo generale è indubbiamente sempre un avvenimento di grande importanza, una vera grazia di Dio, e costituisce, da una parte, un serio motivo di riflessione sul cammino percorso e sul modo con cui è stato vissuto il carisma dell’Istituto e, dall’altra, un intenso stimolo per proseguire in piena fedeltà a tale carisma.
Il Capitolo deve anzitutto portare ad un vitale rinnovamento del fervore spirituale, per una dedizione sempre più aderente all’ideale primitivo, e nell’ambito del periodo giubilare, che sta per iniziare, deve costituire per voi e i vostri confratelli un forte sprone a ristudiare ed a rimeditare la vita, le opere, gli ideali apostolici di colui, a cui il vostro Istituto deve la sua esistenza. Possa il suo spirito permeare profondamente la vostra vita, in modo che lo possiate esprimere concretamente nelle vostre opere e nei vostri contatti con i fratelli, verso i quali è rivolta la vostra specifica missione pastorale.
Fu appunto nel 1887 che il mio Predecessore Leone XIII approvò l’Istituto dei Missionari di San Carlo, fondato da Monsignor Giovanni Battista Scalabrini, Vescovo di Piacenza, per rispondere alle urgenti necessità del suo tempo, venendo in aiuto agli emigrati, che allora espatriavano in gran numero dall’Italia verso l’America.
Per meglio rispondere alle esigenze di tale vocazione, Monsignor Scalabrini comprese la necessità, per i membri del nascente Istituto, della totale consacrazione mediante la pratica dei consigli evangelici, ponendo nel medesimo tempo, come pilastri della fondazione, soprattutto la povertà e la vita comunitaria.
L’Istituto degli “Scalabriniani” si sviluppò nel corso degli anni, nonostante le difficoltà e le crisi che accompagnano sempre le opere di Dio. L’invito del Concilio Vaticano II a riscoprire lo spirito dei fondatori ha permesso di mettere in miglior luce le finalità intese da Monsignor Scalabrini, desideroso di venire in aiuto agli emigrati italiani, i quali erano allora in estremo abbandono e quindi maggiormente bisognosi di assistenza spirituale e materiale.
Nel 1966, con l’approvazione della Santa Sede, il vostro Istituto ha esteso la sua azione di servizio anche a tutti gli emigrati, che si trovano nelle analoghe condizioni degli emigrati italiani di cento anni fa, e attualmente il vostro servizio è rivolto ai rifugiati ed agli emigrati di ogni genere, in venti nazioni, nei quattro continenti.
2. Mi è pertanto gradito esprimervi ora la gratitudine della Chiesa per l’opera apostolica che voi avete svolto e svolgete nei confronti di questi fratelli provenienti da ogni parte del mondo, ai quali vi impegnate di portare il Vangelo di Cristo e di unirli in comunità di fede e di comunione. Ora più che mai, infatti, l’intuizione del vostro fondatore si rivela attuale. Il problema dell’emigrazione si estende sempre più, in una società in cui i poveri sono psicologicamente e qualche volta anche fisicamente emarginati o addirittura rifiutati e respinti.
La vostra azione pastorale, animata dalla carità di Cristo, tenendo conto del patrimonio spirituale, delle sane tradizioni, della cultura che gli emigrati portano con sé, vuole rispondere pienamente alle loro aspirazioni di partecipazione e di giustizia, per una promozione integrale della persona umana, alla luce della rivelazione biblica, che vede nell’uomo il fratello di Cristo e il figlio adottivo di Dio.
Una delle sofferenze caratteristiche degli emigrati è la lontananza con il conseguente isolamento, a motivo della loro situazione. Nella realizzazione della vostra missione, in collaborazione con la Chiesa locale e con i laici impegnati, voi aiuterete gli emigrati ad inserirsi nelle comunità di accoglienza, grazie allo spirito di reciproca accettazione nei confronti delle rispettive diversità, in modo da costituire una vera fraternità sul modello delle prime comunità cristiane.
Nel medesimo tempo tale azione apostolica vi mostra la necessità di stringere sempre più i legami che vi uniscono come missionari di san Carlo. Infatti la missione che voi avete ricevuto dalla Chiesa, avrà senso e credibilità se nell’annuncio del messaggio di Cristo voi vivrete in comunione con Lui e con i vostri confratelli: vi impegnerete pertanto a rinvigorire di fede e di patrimonio spirituale la vostra comunità, mediante la preghiera, che culmina nell’Eucaristia, segno efficace di amore e di unità.
Fin dalle origini il vostro fondatore ha insistito in modo particolare sull’importanza della povertà nell’esercizio del vostro apostolato specifico. Molti rifugiati ed emigrati vivono in situazioni di insicurezza, di sfruttamento, di miseria anche; alcuni si lasciano trascinare nella corsa al denaro a scapito della coerenza ai principi morali e della solidarietà con i loro simili.
La povertà evangelica, che vi farà porre la vostra assoluta fiducia in Dio, vi renderà sensibili al “grido dei poveri”; farà di voi dei testimoni autentici della libertà interiore di fronte alla diffusa sete del guadagno. Vivendo poveramente, sia sotto l’aspetto individuale che comunitario, vi libererete dalla tirannia della società del consumismo. Questo atteggiamento, ispirato al Vangelo, aprirà sempre più il vostro cuore ai fratelli, i quali riconosceranno in voi lo spirito di Cristo, di cui voi trasmettete il calore e la forza: “In una civiltà e in un mondo contrassegnati da un prodigioso movimento di crescita materiale quasi indefinita, quale testimonianza offrirebbe un religioso che si lasciasse trascinare da una ricerca sfrenata delle proprie comodità, trovasse normale concedersi senza discernimento né ritegno tutto ciò che oli viene proposto?” - sono parole del mio grande Predecessore Paolo VI.
3. Per far fronte ai problemi pastorali più urgenti, che richiedono da voi una disponibilità costante, un adattamento infaticabile a situazioni sempre più difficili, è indispensabile che diate la preminenza alla vita spirituale; che viviate in pienezza, ogni giorno con sempre maggiore impegno, le esigenze della vostra consacrazione religiosa; in una parola che sappiate spogliarvi dell’uomo vecchio per rivestirvi dell’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera (cf. Ef 4, 22-24). Questa consacrazione - ho scritto ai religiosi ed alle religiose in occasione dell’anno giubilare straordinario della Redenzione - “determina il vostro posto nella vasta comunità della Chiesa, del popolo di Dio. Al tempo stesso, essa introduce nella missione universale di questo popolo una speciale risorsa di energia spirituale e soprannaturale: una particolare forma di vita, di testimonianza e di apostolato, in fedeltà alla missione del vostro Istituto, alla sua identità e al suo patrimonio spirituale”.
In questo atteggiamento di totale donazione a Dio, sarete presenti ai fratelli in modo più profondo nella “tenerezza di Cristo” e, collaborando spiritualmente con essi, contribuirete efficacemente alla costruzione della città terrena, che avrà il suo fondamento nel Signore e che a Lui sarà necessariamente diretta (Lumen Gentium, 46).
Durante questi cento anni i missionari di san Carlo si sono sempre impegnati per poter corrispondere fedelmente agli ideali ed alle intenzioni del loro fondatore, che tendevano all’edificazione della Chiesa di Cristo, in piena comunione di pensiero e di azione con i suoi pastori.
Come successore di Pietro, io oggi vi manifesto pubblicamente il mio apprezzamento e vi incoraggio a perseverare in queste disposizioni interiori.
Chiedo alla Madre di Dio, costretta Ella pure nello sua vita terrena o cercare rifugio a Betlemme ed a vivere straniera in Egitto, di accompagnarvi nel vostro lavoro apostolico in mezzo ai fratelli isolati ed abbandonati, e La prego perché ottenga dal Signore numerosi operai apostolici, i quali, inserendosi nelle vostre file, possono rafforzare la vostra capacità di azione nella pastorale tra gli emigrati, vostra tipica missione.
Con questi voti imparto di cuore la mia affettuosa Benedizione Apostolica a voi qui presenti ed a ciascun membro della vostra benemerita Famiglia religiosa.
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