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VISITA PASTORALE IN VALLE D’AOSTA

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL CLERO, AI RELIGIOSI E ALLE PERSONE CONSACRATE

Chétif (Aosta) - Domenica, 7 settembre 1986

 

Carissimi sacerdoti, religiosi e religiose della città e della Valle di Aosta!

1. La commemorazione della conquista del Monte Bianco, avvenuta duecento anni fa, l’8 agosto 1786, per opera del dottor Michel Gabriel Paccard e del valligiano Jacques Balmat, è stata motivo anche della mia visita pastorale alla vostra città. La storica data, segnata dall’ardimentoso coraggio dei due pionieri delle Alpi, è stata giustamente festeggiata non solo dall’Italia e dalla Francia, ma dall’intera comunità internazionale. Anche la Chiesa vuole partecipare a questa rievocazione, volendo camminare a fianco degli uomini nelle loro imprese e incoraggiare i loro ideali.

In questa cornice storica, che tanto dice a tutti gli abitanti della Valle, bene si inserisce questo mio incontro con voi. Vi saluto con grande gioia, carissimi, sacerdoti, religiosi e religiose, che, chiamati da Dio per una consacrazione totale a lui e alle anime, formate la parte eletta e più responsabile della Chiesa. Vi ringrazio non solo per la vostra affabile accoglienza, ma soprattutto per il lavoro che svolgete in diocesi, nei vari settori dell’apostolato, in aiuto e sotto le direttive del vescovo.

Il mio incontro con voi perciò vuol essere prima di tutto uno stimolo a una sempre più cosciente e fervorosa perseveranza nell’opera della vostra personale santificazione e nell’impegno del ministero, convinti che veramente il Vangelo deve essere annunziato costantemente a tutti gli uomini e che la grazia divina di illuminazione e di conversione, pur sempre libera nelle sue manifestazioni e nella sua efficacia, passa ordinariamente attraverso la nostra opera e la nostra testimonianza.

2. Approfittando della straordinaria occasione dell’incontro con voi nella storica cattedrale dedicata a san Grato, di cui proprio oggi ricorre la solennità liturgica, desidero proporvi alcune brevi considerazioni, che vi possano servire come programma di vita e di apostolato.

È necessario oggi prima di tutto l’impegno per una “formazione permanente”. Se questa necessità è sempre presente, essa lo è specialmente oggi, in questa società così complessa ed esigente nella quale viviamo. La formazione permanente comporta innanzitutto un approfondimento teologico: il sacerdote, il religioso, la suora sono gli “specialisti di Dio”! Non possono bastare gli studi compiuti in seminario o in noviziato; occorre un aggiornamento continuo, richiesto dal progresso degli studi biblici, teologici, liturgici. Bisogna perciò riuscire a dedicare ogni giorno un po’ di tempo allo studio serio e metodico, tenendo nel debito conto i documenti ufficiali del magistero della Chiesa, le interpretazioni autentiche che vengono espresse su determinate questioni, le direttive della Conferenza episcopale. Da tale arricchimento scaturisce la pienezza della preghiera, in un contatto vivo con Dio, nel “gusto” delle cose spirituali. Lo studio infatti deve essere accompagnato dalla docilità della mente e della volontà.

La formazione in campo dottrinale deve essere accompagnata dalla continua formazione nel campo ascetico: l’umile e ardente preghiera deve alimentare tale proposito individuale e collettivo. Molto utili infatti sono gli incontri periodici di cultura e di aggiornamento per il clero e per i religiosi, durante i quali alla trattazione di determinati argomenti da parte di maestri sicuri ed esperimentati si unisce la preghiera liturgica e comunitaria. Come non pensare, parlandovi in questa città di Aosta, all’esempio di sant’Anselmo, il grande filosofo e teologo, che pur essendo stato abate di Bec in Francia e vescovo di Canterbury, sempre viene distinto con il nome della terra d’origine. Egli fu profondo pensatore, uno studioso di primo piano, un assertore convinto del valore della ragione nella ricerca della verità e anche un operatore dinamico e lungimirante nel campo della pastorale, ma si può dire che fu soprattutto un mistico, un contemplativo, un’anima illuminata dalla luce della fede, che tra le vicende della storia e della vita quotidiana e tra le controversie della dialettica razionale, anelava continuamente a Dio, nel fuoco della carità.

Lo studio delle verità rivelate da Cristo e il necessario aggiornamento delle varie questioni ad esse attinenti, devono portare a una vita sempre più intima con Dio, devono spingere alla santità e far sentire sempre più intensamente l’ansia pastorale. Dovremo fare nostra la sua preghiera: “Ti prego, o Dio, fa’ che io ti conosca, ti ami per godere di te. E se non lo posso pienamente in questa vita, che io avanzi almeno di giorno in giorno fino a quando giunga alla pienezza: cresca qui la mia conoscenza di te e diventi piena nell’altra vita” (Proslogion, 14).

La formazione permanente è poi assolutamente necessaria per la predicazione: senza aggiornamento si diventa aridi, vuoti, ripetitivi, o addirittura - come diceva san Paolo in altro contesto - “cembali squillanti” (cf. 1 Cor 13, 1). Il problema della predicazione, sia intesa come “omelia “liturgica, che come “catechesi” e “istruzione religiosa” è attualmente di massima importanza: i fedeli, giovani e adulti, abituati ormai a sentir parlare e stimolati a riflettere, desiderano ascoltare persone preparate e convincenti, che hanno già maturato e vissuto interiormente quanto annunziano con la voce. Ma non si può dare ciò che non si possiede. L’impegno fondamentale dell’evangelizzazione, tanto più nel mondo moderno così sensibile ed esigente, presuppone una grande ricchezza interiore, frutto appunto anche della continua preparazione e formazione.

3. Una seconda esortazione che mi sta particolarmente a cuore riguarda la “pastorale d’insieme”, cioè la strategia della collaborazione ai fini dell’evangelizzazione e della formazione cristiana delle coscienze. È questo un argomento molto attuale e anche assai delicato, perché tocca l’unità di intenti e di azione che i battezzati devono perseguire, pur nella pluralità dei carismi e dei metodi, a cui occorre dare anche riconoscimento e spazio. La via concreta per giungere a ciò sta nelle direttive del Concilio Vaticano II, che ha appunto voluto e promosso il “Consiglio presbiterale” e il “Consiglio pastorale” nell’ambito della diocesi, e il “Consiglio parrocchiale” nell’ambito delle singole comunità particolari.

Entro tali strutture, tutti sono perciò chiamati a recare il loro contributo mediante suggerimenti e proposte, ma tutti sono anche tenuti a dar prova di docilità, di sensibilità comunitaria, di spirito di comunione, accettando le eventuali - prevedibili - rinunce in vista del maggior bene delle anime. L’ecclesiologia del Vaticano II tende a valorizzare comunità, movimenti, associazioni esistenti nel territorio, ma vuole coordinare tali diversi poli di riferimento entro le legittime forme istituzionali, in modo da promuovere la comunione e dare efficacia alle iniziative.

Non si può e non si deve contrapporre l’istituzione al carisma; si deve invece far convergere le due realtà nella “pastorale d’insieme”. Questa direttiva fondamentale è tanto più necessaria oggi, nella società moderna, in cui le varie ideologie imperanti tentano di disgregare il tessuto della fede cristiana e i fedeli si sentono soli e quasi emarginati, pur dovendo essere luce del mondo e sale della terra. Sia dunque vostro ideale e vostra preoccupazione lavorare uniti per il regno di Dio.

4. Infine vorrei ancora raccomandarvi la “pastorale familiare e giovanile”, con particolare riguardo alla cura delle vocazioni di speciale consacrazione. Si può dire che la famiglia è oggi il problema veramente fondamentale della pastorale. Infatti le condizioni psicologiche, economiche e sociali della famiglia esigono una cura specifica e costante. Essa è il nucleo centrale della Chiesa e della società, e non può essere una cellula a sé stante, una monade staccata e autonoma. Essa è influenzata dall’ambiente esterno e nello stesso tempo essa contribuisce a orientarlo e qualificarlo. Bisogna perciò dedicare con grande amore il proprio tempo e la propria fatica alla formazione dei giovani al matrimonio e alla cura della famiglia.

Conosciamo quali fattori sociali e politici incidano oggi negativamente sui nuclei familiari: la disoccupazione, la mancanza di casa o di ambienti adatti, l’insufficienza dello stipendio, la fragilità di carattere causata dai costumi correnti, l’instabilità e l’emotività prodotte dai mass-media e dalle vicende politiche, e tanti altri elementi inducono a chinarsi sulla famiglia con estrema sensibilità e carità per poter far capire e accettare la volontà di Dio circa l’esistenza dell’uomo e della donna nel disegno della Provvidenza. Un amore fedele, esclusivo, generoso suppone un’intensa vita spirituale, profonde convinzioni dottrinali e coraggioso esercizio dell’ascetica e della carità.

Nella nostra società, accanto a spinte deteriori, emergono ogni giorno più un profondo bisogno di certezza, un ardente desiderio di amore puro e stabile, una viva ansia di verità, e quindi di serietà e di coerenza. Specialmente i giovani sentono la delusione delle prospettive e delle conquiste solamente umane e terrene e la necessità di ancoraggi stabili e sicuri. La pastorale giovanile deve appunto considerare attentamente questa intima aspirazione dell’animo del giovane e non temere di chiedere molto. È questo un momento della storia denso di tensioni spirituali e culturali, in cui si percepisce in tutto il suo grandioso valore il senso della parola di Cristo: “Chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà!” (Mt 10, 39). Anche in questi nostri tempi moderni, il Signore fa comprendere a tanti giovani e adolescenti il vero significato dell’esistenza nella prospettiva della propria santificazione e del dono di sé per la salvezza degli altri. L’ideale della vita tutta consacrata a Dio e ai fratelli, la vocazione sacerdotale e religiosa, fanno parte anche oggi del disegno della Provvidenza. Voi però, cari sacerdoti e religiosi, con il vostro esempio, la vostra preghiera e una metodica pastorale vocazionale, basata specialmente sulla direzione spirituale, ne siete gli strumenti ordinari e qualificati.

5. Carissimi! Congedandomi da voi, voglio ancora ricordare le vette alpine che circondano questa vostra magnifica regione, i ghiacciai eterni, le cuspidi dentate, il Monte Bianco! E vengono in mente le parole del salmista: “Chi salirà il monte del Signore, chi starà nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro!” (Sal 23, 3-4).

La santità a cui dobbiamo tutti aspirare si può davvero paragonare a una vetta impervia, che esige ogni giorno l’impegno della salita dura e faticosa. Non scoraggiatevi mai, aiutatevi a vicenda, riprendete con gioia e generosità il vostro quotidiano cammino, ritemprate le forze spirituali nella preghiera e nell’Eucaristia, guardate sempre in alto, alla vetta, sicuri di raggiungerla con l’aiuto del Signore! E confidate in Maria santissima, nostra Madre celeste, che ci sostiene e ci consola.

Vi accompagni la mia benedizione apostolica, che ora di gran cuore vi imparto, e che estendo con affetto ai vostri confratelli e alle vostre consorelle.

 

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