DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI PARTECIPANTI AL VI SINODO DELLA CHIESA UCRAINA
Giovedì, 5 ottobre 1989
Eminentissimo Arcivescovo maggiore di Leopoli,
eccellenze reverendissime,
Arcivescovi metropoliti e voi tutti Vescovi,
partecipanti al sesto Sinodo della Chiesa cattolica ucraina!
Nel primo anniversario dell’indimenticabile giubileo del millennio del battesimo della Rus’ di Kiev, desidero ripetere con l’apostolo Paolo: “Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale” (Ef 1, 3). Veramente è stato un anno di grazia e di ringraziamento per il grande dono del battesimo, per l’opera di san Vladimiro, principe della Rus’ di Kiev, di santa Olga e di tutti coloro che diedero inizio alla fede che inserì quelle popolazioni in una nuova vita in Gesù Cristo crocifisso e risorto. Tutta la Chiesa, insieme con il successore di Pietro, qui a Roma, un anno fa ha cantato l’inno di lode per questo avvenimento storico: Gloria a te, Padre, Figlio e Spirito Santo! / Gloria a te, o santa Chiesa!
1. Nell’anno millenario è iniziato un intenso movimento spirituale. Il programma delle solenni celebrazioni ha abbracciato tutte le comunità ucraine negli Stati Uniti di America, Canada, Brasile, Argentina, Australia, nei paesi dell’Europa occidentale, a Czestochowa in Polonia e nelle terre dell’Ucraina. La ricorrenza del millennio ha offerto una buona occasione per approfondire la vostra identità spirituale, ha permesso di riscoprire le radici storiche ed ha mostrato al mondo il tesoro spirituale del vostro rito e della vostra cultura nelle sue più vaste dimensioni.
Mi rallegro che nel programma delle vostre discussioni sinodali siano stati presi in considerazione la proposta di celebrare il quattrocentesimo anniversario dell’unione di Brest e il progetto di organizzare un Congresso Eucaristico previsto per il 1992, all’insegna del motto: “Un pane, un corpo”.
2. Attraverso questi due avvenimenti, prossimi a noi, desiderate continuare l’impegno di rinnovamento spirituale della vostra Chiesa in patria e nella diaspora. La dimensione dello spirito ecumenico nella celebrazione del millennio, a cui ho dato rilievo nei documenti Euntes in Mundum e Magnum Baptismi Donum, ci obbliga a non desistere dagli sforzi della “ricostruzione dell’amicizia delle Chiese di Dio” secondo le parole di san Basilio (cf. Epistula, 70). Dai tempi della dolorosa lacerazione e divisione nel seno della Chiesa, non ha cessato di ardere l’ansia della unità.
L’evento del 1596, iscritto in tutto un contesto storico, non era diretto “contro nessuno”, ma verso l’edificazione di una Chiesa e verso il ripristino dell’unità perduta (cf. Magnum Baptismi Donum, 4). Nutro la fiducia che il tempo della preparazione al quarto centenario di quest’evento sarà contrassegnato da simposi e conferenze d’alto livello, in vista di un dialogo vicendevole nello spirito evangelico della fraternità, perché possiamo coraggiosamente formare il migliore avvenire ecumenico, “dimentico del passato e proteso verso il futuro” (Fil 3, 13), “poiché l’amore di Cristo ci spinge” (2 Cor 5, 14).
3. Parimenti con grande gioia plaudo all’iniziativa del Congresso Eucaristico in programma nella vostra Chiesa. Sempre più frequentemente gli Episcopati dei singoli paesi cercano nell’Eucaristia la forza dello spirito per rinnovare il volto della loro terra e i cuori dei loro fedeli. Tra qualche giorno inizierò un altro mio viaggio apostolico che mi porterà a Seul, nella Corea del Sud, per partecipare al Congresso Eucaristico Internazionale.
L’Eucaristia, come sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo, ci introduce nel mistero della Chiesa-corpo, corpo di Cristo, corpo mistico. Da questo mistero senza interruzione nasce la Chiesa: nasce, vive e si rinnova. Ricordiamoci che tutta la sfera della spiritualità può essere minacciata non soltanto dalla mancanza di libertà religiosa o di strutture ecclesiali, ma anche dalla mancanza di carità, dalla secolarizzazione e dai dissidi interni. Nel sacramento dell’Eucaristia cercheremo la forza dello spirito, perché “le armi della nostra battaglia non sono carnali” (2 Cor 10, 4).
4. Delle prime comunità cristiane che si radunavano accanto agli apostoli leggiamo che “spezzavano il pane a casa, nutrendosi in letizia e semplicità di cuore” (At 2, 46). Così dunque l’Eucaristia, la più grande espressione dell’amore di Cristo, condurrà la comunità dei cattolici ucraini verso un profondo rinnovamento spirituale, sull’esempio delle prime comunità cristiane.
Da quasi mezzo secolo i fedeli e i Pastori della Chiesa ucraina nella madrepatria sono costretti a “spezzare” e distribuire il Corpo di Cristo nella clandestinità, sull’esempio delle prime comunità cristiane. Sempre più fortemente e sempre più spesso la loro voce, i loro appelli giungono a Roma: “Aiutateci - chiedono - perché possiamo pregare pubblicamente, non più in clandestinità ma nelle chiese che avevamo costruito”. Il Vescovo di Roma deve ascoltare queste suppliche, specialmente dopo l’anno del giubileo, diventato “un anno di grazia del Signore” (Lc 4, 19).
5. Ci separano ormai cinquant’anni dall’inizio dell’orribile guerra. Essa “non risparmiò le Chiese, e la Chiesa cattolica in particolare, la quale, prima e durante il conflitto, conobbe anch’essa la passione. La sua sorte non è stata certamente migliore nelle contrade dove si impose l’ideologia marxista del materialismo dialettico” (Epistula L elapso anno ab initio secundo magno bello saec. XX, 6, die 27 aug. 1989: vide supra, p. 381). Questo si riferisce anche alla Chiesa cattolica in Ucraina, la quale, spinta nelle catacombe, sperimentò il martirio dei Vescovi e dei sacerdoti, le deportazioni, gli arresti, la chiusura delle chiese e dei monasteri.
Sull’esperienza dei tempi passati ed in nome dei principi dell’amore, della misericordia e della solidarietà cristiane, prego i responsabili della Chiesa sorella ortodossa di voler superare i pregiudizi e di venire in aiuto ai fratelli cattolici che sono nel bisogno. Questo è un compito da realizzare alla soglia del nuovo millennio, tenendo presente che “siamo messi sotto un continuo processo a causa delle divisioni e opposizioni confessionali nel Corpo di Cristo” (cf. Documento di Lima 1982, Eucaristia, n. 20). È una esigenza non soltanto umanitaria e morale, ma un comando del Vangelo.
6. A tale riguardo non dovrebbero mancare lo sforzo e la buona volontà delle autorità affinché, edotte dalle tristi vicende socio-politiche del passato, risolvano il problema, ignorato per decenni, del riconoscimento dei diritti della Chiesa cattolica ucraina. La campagna di ostilità e di accuse condotta contro di essa ed i suoi Pastori non aiuta l’esito delle riforme, anzi lo impedisce. Senza la legalizzazione della comunità ucraina, il processo di democratizzazione non sarà mai completo.
7. Questa Sede Apostolica fa voti perché, in base ai principi dei diritti dell’uomo e nel rispetto degli accordi internazionali sottoscritti e garantiti dalla costituzione, le autorità competenti procedano speditamente al riconoscimento dei diritti della vostra Chiesa.
È a tutti ben noto il documento di Vienna della conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa del gennaio di quest’anno. Esso non solo conferma i principi dell’atto finale di Helsinki, ma indica anche i mezzi da adoperare nella promozione della libertà religiosa. Alcuni di essi possono essere adottati per rimediare alla situazione presente della Chiesa cattolica ucraina:
- libero accesso a luoghi di culto;
- diritto all’organizzazione della propria struttura gerarchica;
- possibilità di mantenere liberi contatti con i fedeli e con le loro comunità, sia nel proprio Paese che con l’estero.
L’accettazione di questi principi implica l’accettazione degli impegni non soltanto verso gli Stati, ma soprattutto nei riguardi dei propri cittadini. Il cittadino che si sente discriminato a causa della propria fede non può in pieno prender parte alla costruzione della società in cui vive (cf. Allocutio in urbe “Helsinki” habita, die 6 iun. 1989: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XII, 1 [1989] 1535).
Durante i miei numerosi viaggi apostolici ho avuto occasione di incontrarmi con le comunità ucraine che vivono nella diaspora. Oggi desidero assicurarvi che anche i fedeli che vivono nella vostra Patria sono presenti nelle mie preghiera quotidiane. E prendendo le parole di san Paolo per mie, voglio dire a tutti: “Ho un vivo desiderio di vedervi per comunicarvi qualche dono spirituale perché ne siate fortificati, o meglio, per rinfrancarmi con voi e tra voi mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io” (Rm 1, 11-12).
Fratelli nell’Episcopato!
All’inizio del nuovo millennio intraprendete con vigore ed entusiasmo l’opera di grande rinnovamento spirituale nelle vostre comunità. Questo lo desidera ardentemente anche il Vescovo di Roma, augurandosi che ogni persona battezzata nella terra di Vladimiro e Olga diventi la “pietra vivente” (1 Pt 2, 5) nella costruzione dell’edificio spirituale.
Possa quest’opera coinvolgere tutte le famiglie ucraine nella diaspora e in Patria. Non c’è via più efficace per la rinascita di una comunità ecclesiale che la rinascita nel sacramento dell’Eucaristia. Dobbiamo diventare il Popolo di Dio, popolo tra il quale dimora l’Emmanuele, “popolo chiamato alla santità” (cf. 1 Pt 2, 9).
Questo è il compito che ci sta dinanzi all’inizio del secondo millennio. Ci incamminiamo verso il futuro con la speranza nell’Emmanuele.
La pace e la benedizione del Signore siano con tutti voi, con la vostra Chiesa e il vostro popolo!
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